Lo spettacolo deve ancora cominciare, lo spettacolo deve ancora cominciare... [...] Lo spettacolo s'ha da fa...

LO SPETTACOLO

Piero: Capita sempre che quando diventi un personaggio pubblico ti venga affibiato un ruolo, anche se molti di questo non hanno coscienza. Noi però a un certo punto non ne potevamo più, e allora abbiamo sentito la voglia di sfogarci cercando di dimostrare che possiamo fare qualsiasi genere di musica secondo, la nostra sensibilità del momento, senza dover per forza apparire sempre come i più tosti, i più cattivi, i più provocatori, perché non ce ne frega proprio un cazzo di tutti questi cliché.

“Tu, da quelli a cui non piaci, sei sempre stato considerato uno che si prende troppo sul serio…”

Piero: è esattamente l’opposto…

Ghigo: Noi, guarda, abbiamo ripensato a fondo a tutta l’operazione Terremoto (l’album, il tour ecc.) e abbiamo capito che era stata l’esperienza giusta per quel momento, ma che sarebbe stato sbagliato volerla ripetere, perché una cosa del genere ti limita abbastanza, artisticamente: ti costringe ad urlare e basta, perdendo per strada tutta l’espressività, la sensibilità che avresti magari potuto sviluppare in altre direzioni. I Litfiba non sono solo questo, ci siamo detti. La nostra musica è sempre stata, fin dall’inizio, l’incrocio di tante tendenze, di tanti sapori diversi. Perché allora continuare a pompare sempre solo un aspetto di noi stessi unicamente per esigenze commerciali e di immagine? Non ci stava più bene, e allora abbiamo preso le nostre decisioni, anche lottando contro tanti…

“Cioè c’erano delle pressioni per tenervi legati a quel cliché?”

Ghigo: Si.

“E il cambio di casa discografica è collegato anche questo?”

Ghigo: Si, ma non solo. Soprattutto al tentativo che volgiamo fare di migliorare l’immagine della musica italiana all’estero, perché è assurdo che sia rappresentata solo dai vari Ramazzotti e Pausini. Per cui alcune clausole del nuovo contratto con la EMI vanno proprio in questo senso: promozione e diffusione in tuta Europa. La vediamo un po’ come una sfida: dimostrare che in Italia non ci sono solo quelli lì...la Pausini...quattrocentomila copie in Olanda, cazzo!

“Eh che cazzo, ma quanti abitanti ha l’Olanda?”

Ghigo: E che, scherzi? Mezzo milione di copie in Belgio, ottomila paganti a Bruxelles, la Pausini...insomma, bella immagine c’abbiamo all’estero…

ANIMALE DI ZONA

Piero: La canzone parla di vita vissuta. E’ una canzone d’amore, non ha altri significati che quello, per come l’ ho scritta. Ho voluto raccontare uno stato d’animo che mi capita di vivere quando ho una storia d’amore con una ragazza: a un certo punto sento di dover tirare su una serie di barriere, perché nell’amore credo non si possa esser legati al cento per cento verso nessuno…la libertà deve restare alla base di tutto.

“Parli di limiti difensivi, di delimitare la tua zona vitale per non essere invaso?”

Piero: Si, è quello il senso. Certo, è un modo di pensare molto personale, comunque io la vedo così.

Ghigo:Parlando dal punto di vista compositivo, perché più che un chitarrista io mi considero un compositore, “Animale di zona” è forse il pezzo più interessante, il più particolare. Ha un giro d’accordi basato sugli intervalli armonici classici della musica popolare italiana, quasi come avrebbe potuto usarla un Carosone, per dire: cioè, su quel tipo di scala. Il che, inserito in un contesto rock, fa suonare il pezzo in modo tutto diverso. Sono esperimenti…

SPIRITO

Piero: Prima di cominciare a lavorare al disco abbiamo fatto una gran cosa, io e Ghigo. Ci siamo messi a parlare con calma di tutto quello che non ci piaceva di ciò che avevamo fatto insieme fino a quel giorno. Siamo stati quasi feroci in questo, ci siamo detti in faccia anche cose pesanti, che però sono servite moltissimo a crescere. E da questo ha cominciato a prendere forma la musica che volevamo fare, il disco dell’aria, dopo EL DIABLO, dedicato al fuoco, TERREMOTO alla terra. Com’è l’aria, ci siamo chiesti, come può essere resa musicalmente? Senza porci limiti, anzitutto, senza schemi, senza recinti. Quindi musica a 360 gradi, generi completamente diversi dentro lo stesso album, e libertà totale di espressione.

Ghigo: “Spirito” comunque era una canzone fra le altre, abbiamo deciso dopo di dare quel titolo all’album. Cera una rosa di tre possibili (“Spirito”, “No Frontiere” e “Ora D’Aria”), ma poi abbiamo pensato che il testo giocoso e liberatorio di quel pezzo era il più giusto per sintetizzare la nostra ispirazione del momento.

Piero: E’ stato un processo lungo. Già Terremoto era un disco che alle nostre orecchie suonava strano fin dal primo giorno che l’abbiamo sentito mixato. Cioè, Alberto Pirelli aveva un gusto e noi 2 un altro, che poi si è dimostrato molto diverso dal suo. Per cui quell’album accelerò una specie di insoddisfazione rispetto al taglio da dare al nostro suono: ci furono grandi discussioni con lui, finché ci si rese conto che si stava semplicemente parlando di gusti differenti. Allora ci siamo detti ok, ci sarà bisogno di un nuovo produttore, e insieme ad Alberto ci siamo messi a cercarlo: ed è venuto fuori Rick (Parashar, 32 anni, americano, polistrumentista e producer di Ten dei Pearl Jam).

Ghigo: Siamo stati 3 settimane in sala prove, ci siamo fatti un culo così: suonare, suonare, suonare sempre, e lui registrava tutto, tutto, abbiamo fatto decine di ore di nastri. Ma Rick è stato grande, perché è una persona di una sensibilità pazzesca: senza stravolgerci la musica, mantenendo intatte le atmosfere che c’erano nei provini è riuscito a tirar fuori il meglio da noi.

LA MUSICA FA

“Con quello che siete diventati, col business e tutte le sovrastrutture e le pranoie che ci sono, è ancora vero? La musica “vi fa” ancora?”

Piero: Ci fa completamente. E’ tutto ancora oggi la musica, per noi, come sempre. Al di là dello scrivere io poi sono sempre stato un grande fruitore di musica fin da quando ero ragazzo, dai Beatles ai Black Sabbath a tutto il resto. E in quella canzone c’è una frase che dice :”Giocare coi mostri delle mie insicurezze/ E trasformarli in canzoni come un miracolo”, perché siamo un momento di grande paura. Dopo le elezioni del 27 marzo 1994, intendo...tutte le incertezze, tutti i dubbi che ci sono venuti fuori...e tutto quello che avevamo cercato di dire, e che, come poi si è visto, non è servito praticamente a nulla…

“Già,e adesso?”

Piero: Adesso si deve ricominciare tutto

Da capo. Dai singoli, dagli individui. Per prima cosa però dobbiamo recuperare la serenità, perché senza quella non si costruisce niente. Con troppa tensione negativa non si riesce ad avere la lucidità necessaria a rispondere, a reagire, a creare. Bisogna ricominciare dallo spirito, veramente: ricreare uno spirito nuovo dentro di noi.

“Cosa ti pesa di più, di quello che vedi intorno?”

Piero: lo stato di appiattimento mentale provocato dalla televisione. La noia diffusa, l’assuefazione a qualsiasi cosa succeda, che viene ingoiata e digerita nel giro di poche ore o pochi giorni al massimo. E’ terribile, questo. E’ una catena di montaggio dell’esistenza, e che cazzo...Quello che mi fa più paura, comunque, sono le restrizioni delle libertà, il nuovo proibizionismo che si estende a tanti settori.

TAMMURIA

Piero: Significa scuotere, svegliare, in una lingua inventata che viene dal napoletano “tammurriata”, che ha il senso della percussività, del risveglio, contro il dittatore che “dal nuovo balcone” ci prende in giro tutti. E lo farà finché finito lui, che è l’uomo di paglia, arriverà il vero dittatore, che è quell’altro, quello con gli occhialini, che è ancora più a destra di lui.

Ghigo: Musicalmente è forse la canzone più italiana che abbiamo scritto fino ad oggi, oltre che per il giro armonico anche per come la canta Piero, che in certi passaggi quasi ricorda Modugno...come la parola “amara”, che lui usava molto.Anche la melodia del ritornello ha un andamento che era molto usato nelle canzoni napoletane di fine ottocento. Forse sono cose che non risaltano subito al primo ascolto, ma tutta la musica che abbiamo scritto ultimamente contiene molti elementi classici della tradizione italiana.

LACIO DROM

Piero: “Buon Viaggio” in Rom, la lingua degli zingari. Viene da incontri che ho avuto in un campo nomadi a Firenze dove mi è capitato di andare qualche volta, un po’ per curiosità, un po’ perché c’erano dei musicisti che suonavano...

“Quali dei nuovi pezzi entreranno nel set dal vivo?”

Ghigo: Tutti. Il disco è stato pensati proprio per essere suonato dal vivo.

“Quindi l’aspetto del concerto cambierà molto…”

Ghigo: Si, perché vorremmo fare uno spettacolo diverso dal passato. Chiaro che in una dimensione live i pezzi si induriranno leggermente...c’è la gente davanti che ti sbraita, e ogni musicista istintivamente tende ad essere un po’ più aggressivo...L’idea però è quella di fare uno spettacolo più vario, meno monocorde del Terremoto tour.Quello era volutamente pesante, tiratissimo, penetrante, perché l’idea era di spettinare la gente fin dal primo pezzo. Nel prossimo tour vogliamo ancora questo, e in forma possibilmente ancora più violenta: ma alternato ad altri momenti. Vogliamo cercare, nei limiti del possibile, di fare anche l’acustico, di creare momenti di contrasto fra dolcezza e violenza.

NO FRONTIERE

Piero. Ci sono le frontiere che ognuno si costruisce intorno da solo, e quelle che impone il suo ambiente: valicarle significa apertura mentale, accettazione di tutto che la vita può portarti. C’è un concetto molto importante, quando la canzone dice: “C’è gente che vive amando ciò che non ha/ E noi odiando ciò che non ha”…

"Qualcuno dirà che sei diventato un reazionario, per quei versi, in cui parli di rassegnazione…"

Piero: Ma io intendo dire che bisogna accontentarsi della propria dignità, non di avere un cazzo nel culo. Voglio dire, la frustrazione nasce nella gente dal vedere in TV tutti quei tipi dall’aria felice, tutti con belle macchine, belle case, belle fighe, fa si che poi molti lavorino per tutta la vita solo per cercare di raggiungere questi miraggi, senza nesdsuna giustificazione spirituale, ingabbiati solo dalla materialità delle cose. Certo, mi dirai, quelli che vivono con un milione e due al mese col cazzo che si possono accontentare: e mi sembra anche giusto, che non si accontentino...Gli scontenti, quelli che fanno le manifestazioni, sono solo la punta di un iceberg. Prima o poi, a forza di scioperi, anche quei capocchioni del governo dovranno capirlo, che la gente ne ha veramente le balle piene. E’ inutile che continuino a far finta o a minimizzare. Inutile dire “un milione e mezzo sono scesi in piazza contro di noi, ma venticinque milioni ci hanno votato”, perché non significa proprio un cazzo: provassero a organizzarla loro una manifestazione filogovernativa, voglio vedere quanti coglioni gli vanno dietro, a loro e al loro biscione…

“Però gli scioperi costano molto anche a chi li fa. E allora uno fauno sciopero però, poi ne fa un altro,poi un altro, poi se non gli danno retta comincia a dire:”Beh, adesso comincio a bruciare qualcosa, e vediamo che cazzo fate…”.

Piero: Eh si, poi arriva la disperazione. D’altra parte, se uno non viene mai preso in considerazione, cosa deve fare? E’ chiaro poi che questi tipi del governo sperano molto in un tipo di reazione di questo genere, così a quel punto danno un bel giro di vite, stato si polizia e via: Anni Di Piombo 2: La Vendetta.

DIAVOLO ILLUSO

Piero: Volevo esprimere un concetto che non era facile da rendere: ti viene affibbiato il ruolo del cattivo e tu, un po’ come quando, da bambino, andavi a giocare a pallone in piazza e ti dicevano: “tu stai in difesa” e tu “ok, basta che mi fate giocare”, un po’ come allora accetti, perché la tua parte nella vita vuoi farla comunque. Ben presto però ti accorgi che tra i tuoi compagni di squadra, gli avversari e gli arbitri c’è una cattiveria e una falsità tale che tu come cattivo non vali proprio un cazzo, ecco. Perché la cattiveria degli altri è talmente grande che tu, vieni etichettato come diavolo solo perché hai fatto un disco che si chiama El Diablo, sei proprio un ragazzo, come si dice a Firenze…uno dice ok, se mi dite di fare il cattivo, basta giocare, ci sto, voglio il mio ruolo, “voglio giocare questa partita bestiale”, cazzo, grande pubblico...poi però si scontra con dura realtà.

TELEPHONE BLUES

Ghigo: Dietro questo sketch di un minuto in realtà c’è tutto un pezzo, solo che nell’economia del disco ci piaceva di più l’idea di lasciare solo l’inizio,: un giro di chitarra fisso, e poi abbiamo avuto l’idea di metterci la segreteria telefonica di Piero, ed è venuta fuori questa cosa. C’è la voce della Nannini alla fine:”Siamo a Firenze, siamo rovinati…”, ubriaca fradicia...In generale nell’album c’è anche un cambiamento del suono della chitarra. Rispetto al disco precedente, dove ho usato soprattutto Paul Reed Smith e Schön, che sono chitarre molto livellate, molto compresse, sono passato a Fender Telecaster e Gibson Les Paul, più una chitarra acustica Gibson: chitarre molto espressive, delicate se suoni piano e violentissime se suoni forte, quindi con più colore, più ricchezza di toni.

ORA D’ARIA

“Due anni fa a Firenze, ti ricordi, prima della seconda repubblica, prima di Berlusconi, ci eravamo detti “quando viene il terremoto butta giù tutto, non sta a distinguere la casa del ricco da quella del povero”…”

Piero: Già, e come ci abbiamo creduto. E adesso…

“E adesso c’è l’ora d’aria…”

Piero: Esatto (ride), adesso c’è l’ora d’aria, né più né meno. Ci sentiamo in galera, in una prigione. Le nostre libertà sono sempre più ridotte,: guarda la RAI, hanno tagliato “Planet Rock” e tutte le trasmissioni giovanili che potevano dare fastidio. I giornali sono nella merda, perché chi si occupa di musica viene tagliato in maniera selvaggia, la TV è diventata ormai una propaganda del governo… E noi ci siamo dovuti reinventare un po’ tutto, tutto quello che avevamo pensato, tutti i discorsi che avevamo fatto ai concerti: tutte cose che praticamente… anzi, senza praticamente, non sono servite proprio a un cazzo.

SUONA FRATELLO

Piero: Se continua così torneremo a fare i carbonari,. Fremo i rebetici, anzi. Lo sai chi erano i rebetici?

“No”

Piero: Beh, la Grecia aveva delle colonie in Turchia, e quando, all’inizio del Novecento, è scoppiata la guerra tra i due paesi, rebetici sono stati portati in Grecia, cioè costretti a vivere lì. E si sono portati dietro la cultura musicale dell’Asia minore, e anche i loro strumenti musicali, che erano dei bouzuki molto piccoli. In Grecia furono subito messi fuori legge, anche perché erano dei grandi fumatori di hascisc. Ma loro continuarono: nascondevano i loro bouzuki sotto i cappotti e andavano a suonare nelle cantine. Vino, hascisc e in culo al sistema, ecco. E così faremo, se le cose continuano in questo modo…

“Ma non vedi una certa debolezza, in chi si ribella?”

Piero: No, non c’è debolezza, e lo dimostrano tutte le manifestazioni che ci sono state. Ma c’è come un muro di gomma contro cui rimbalza tutto: qualsiasi cosa fai non vieni preso in considerazione. E a quel punto cosa rimane? La rivoluzione…

“Beh, questa è una parola difficile da dire…”

Piero: Chiaro. Una rivoluzione significa violenza, sangue, morte. Ma quando la gente arriva alla disperazione… è chiaro che la rivoluzione nasce dalla disperazione, mica da una moda. Quando 5, 10,milioni di italiani saranno VERAMENTE nella merda, in qualche modo dovranno reagire. Dovranno comprare da mangiare, cazzo. Dovranno pagare l’affitto e il cazzo di benzina per la macchina che gli ha dato Agnelli… Capisci? Loro non si rendono conto che stanno esasperando la gente. E’ una grande provocazione alla quale bisogna reagire con molta calma, ma è una parola. Noi, da parte nostra, cerchiamo anche di smontarle un sorriso, queste gabbie, perché “Il mondo è storto/ E gioca col morto”…

“Non sarà una rima da Leopardi, però rende l’dea, Piero”

Piero: Si, in tutto questo periododi depressione ci siamo resi conto che il sorriso ci ha aiutati molto. Ed è quello che adesso cerchiamo di comunicare: ironia, apertura mentale, forza per reagire, sperando che a molti questo possa tornare utile.

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L'Ultima Intervista Decente che ho trovato negli ultimi 3 anni della storia Litfiba...

Rockstar del Gennaio-Febbraio 1995

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