Nando Dalla Chiesa "Le ribelli"
Edizione Melampo
Recensione di
Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Donne, sentimenti forti, coraggio
e una ribellione profonda, nuova e aperta sono protagonisti del libro "Le
ribelli" di Nando dalla Chiesa. Storie di sei donne che, per amore, hanno
trovato il coraggio di dire "no" alla mafia, di tentare di scardinare un
sistema che gli uomini delle cosche ritenevano sicuro e blindato, fondato
sul silenzio e sulla paura. Invece le donne si sono ribellate, hanno parlato,
hanno testimoniato ai processi, spesso sole, abbandonate da tutti, anche
dalla loro famiglia, per chiedere giustizia. E sono riuscite a coinvolgere
nella loro battaglia altre donne, tante, quelle che da loro hanno tratto
la forza per ribellarsi, quelle che gli sono state vicine, quelle che hanno
creduto in loro.
E alle donne si sono unite le associazioni
antimafia e tanti giovani che quotidianamente lavorano per costruire una
Sicilia diversa, nuova, libera. "Libera", come l'associazione di don Ciotti,
un progetto di speranza.
Diverse sono le sei storie del libro
di dalla Chiesa, storie di madri, di mogli, di sorelle, di figlie i cui
uomini hanno agito sui due fronti opposti, quello della mafia e quello
delle istituzioni ma che si sono trovate unite per lanciare il loro grido
ribelle, il loro "basta" a una cultura di morte, di delitti, di sopraffazione,
"basta" al dolore di altre donne, "basta" ai processi che cancellano le
sentenze precedenti affossando anni di inchieste, di dolore, rendendo ancora
più rischiosa la vita di chi ha voluto parlare e denunciare. Diversi
sono anche gli anni in cui si svolgono gli avvenimenti raccolti nel libro,
anche se poco è cambiato nella mentalità delle cosche e di
molti siciliani.
Francesca Serio è la madre
di Salvatore Carnevale, sindacalista impegnato nel movimento contadino,
uno dei capi della protesta contro la mancata applicazione della riforma
agraria varata nel 1944. Lo uccisero il 16 maggio 1955. "Il dolore e la
voglia di giustizia la portarono a fare quello che mai nessuno aveva osato
nella storia della Sicilia [...] Francesca fece i nomi degli assassini".
Felicia è la madre di Peppino
Impastato, il figlio di un mafioso, che osa militare nel PSIUP, che apre
una radio libera per denunciare, accusare ma anche coinvolgere e aggregare
i giovani. Viene ucciso con il tritolo: la mafia tenta di mascherare l'omicidio
come incidente di un terrorista. Felicia denunciò i mandanti, lavorò
nel centro di documentazione dedicato al figlio, fino alla fine.
Saveria è la madre di Roberto
Antiochia, poliziotto romano capitato in Sicilia per caso e ritornato entusiasta
a lavorare con Ninni Cassarà, con quella squadra di pochi uomini
quasi privi di mezzi. Muore assieme a Cassarà e la madre porta avanti
per anni la sua battaglia, nei tribunali, nella società, nelle scuole.
Michela è la sorella di due
pesci piccoli della mafia. Alla loro morte decide di denunciare, di testimoniare,
di costituirsi parte civile nel maxiprocesso palermitano. Nonostante le
difficoltà (inizialmente a lei venne negato il patrocinio gratuito,
riservato alle cause dei servitori delle Stato) continuò a battersi,
nel suo stile: "La vita di Michela è stata una delle vite più
ribelli che si possano immaginare. Verso le sue condizioni, la sua cultura
d'origine, le convenienze e i vincoli della sua società di appartenenza".
Rita Atria è la sorella di
Nicola. "Aveva deciso di rompere per sempre il cerchio dell'omertà.
Di ribellarsi alla mafia". Aveva 17 anni e al suo fianco trovò Paolo
Borsellino, un padre, un amico. La morte del magistrato la portò
al suicidio. Sette piani verso la morte, di fronte a una solitudine che
non riusciva a reggere.
E Rita è anche la sorella
di Paolo Borsellino, una donna coraggiosa ed energica, una donna diventata
il simbolo di una Sicilia che non si piega, che combatte, che crede nella
propria battaglia, che continua il lavoro dei suoi cari, brutalmente interrotto
dalla mafia.
Sei storie per la Storia di una
Sicilia nuova, libera, orgogliosa come le donne che l'hanno saputa rappresentare.
gabriella bona
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