Massimo Gamba "Vermicinoo
- l'Italia nel pozzo" Edizioni Sperling & Kupfer
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Sono passati ventisei anni, da venti
si è concluso il processo: nessun colpevole, forse perché
i colpevoli erano troppi ma nessuno è riuscito a individuare singole
responsabilità.
Alfredo Rampi aveva sei anni, soffriva
di una grave patologia cardiaca e dall'autopsia si scoprirà che
aveva un rene solo. Ma la sua faccia di bambino allegro, la canottiera
a righe e i capelli biondi della fotografia che ha fatto in pochi giorni
il giro del mondo, molti se la ricordano bene.
Tutto si svolge a Vermicino - "nessuno,
tranne quelli che ci abitano", scrive l'autore Massimo Gamba, giornalista
e autore televisivo, "conosce Vermicino". Vicino a Roma, periferia sud-est.
La sera del 10 giugno 1981 Alfredino cade in un pozzo artesiano scavato
per ricavare l'acqua che serve per costruire una casa abusiva. Il pozzo
non è segnalato ed è ricoperto soltanto da tavole di legno
consunto. Inizia una lotta che proseguirà per tre giorni, nel tentativo
di riportarlo vivo in superficie ma tutto sarà vano e il corpo di
Alfredino sarà recuperato soltanto l'11 luglio, avvolto da un blocco
di ghiaccio creato per evitarne la decomposizione e per rendere possibile
l'autopsia.
La notizia si diffonde attraverso
i primi tentativi di televisioni commerciali e private, in un'Italia in
cui l'informazione è ancora soltanto RAI: verso l'una di notte dell'11
giugno appare una scritta: "si cerca una gru per tirare fuori un bambino
caduto in un pozzo". La legge anche Pierluigi Pini, giornalista del TG2,
che sarà il primo ad arrivare a Vermicino. Poi inizierà quel
fenomeno televisivo unico e irripetibile che terrà inchiodati al
televisore milioni di italiani, fino a una punta di 30 milioni, una diretta
ininterrotta di 18 ore sul primo e sul secondo canale, con ampi collegamenti
anche sull'ancora giovane terzo canale.
E in quelle giornate di giugno,
caldissime non soltanto atmosfericamente ma anche politicamente (proprio
in quei giorni era scoppiato l'affare P2, era stato sequestrato Roberto
Peci, fratelli del brigatista pentito Patrizio, Giovanni Spadolini stava
tentando di formare un nuovo governo, Licio Gelli era fuggito dall'Italia
e a Torino si era aperto il processo alle Brigate Rosse), il dramma di
Alfredino e della sua famiglia aveva attirato su di sé ogni attenzione:
paura, speranza e alla fine rabbia e disperazione. I soccorsi, assolutamente
inadeguati, i pompieri e gli speleologi impegnati in ogni sorta di tentativo
e l'assenza dei tecnici che avrebbero potuto offrire non soltanto buona
volontà ma anche soluzioni adatte, una folla di curiosi animati
da sentimenti più o meno nobili, la tensione tra vigili del fuoco
e volontari del soccorso alpino ("lì doveva essere lo Stato a tirarlo
fuori"), la mancanza di una struttura di Protezione civile (non sarà
l'emozione creata pochi mesi prima dal terremoto in Irpinia ma la vicenda
di Alfredino a dare finalmente l'avvio alla struttura, grazie anche a Franca
Rampi e al suo impegno "perché la morte del suo bambino non fosse
inutile") e una serie di eventi sfortunati: tutto concorre, nonostante
la presenza attenta del presidente della repubblica Sandro Pertini, perché
non sia possibile trarre in salvo il bambino. Di fronte all'insuccesso
e alla morte, di fronte a uno spettacolo televisivo mal gestito, scoppia
la polemica, si susseguono le accuse a volontari, vigili del fuoco, autorità,
nascono insinuazioni velenose sulla famiglia Rampi. Poi il processo. Poi
il silenzio. Massimo Gamba, quando ha iniziato a lavorare al libro, si
è stupito dell'inconsistenza delle notizie in internet, come se
un evento che aveva avuto tanta rilevanza non fosse mai avvenuto: "la tragedia
- scrive -, una volta sopito il clamore che l'aveva circondata, venne sepolta
in qualche angolo remoto della coscienza di ognuno e della coscienza collettiva,
anche se il ricordo individuale è rimasto sempre vivissimo".
Gamba lo ripropone, in un testo
attento e puntuale, privo di ipocrisie e di retorica, facendoci ripercorrere
un avvenimento che ha segnato profondamente, per i meccanismi con cui si
è svolto, la nostra storia recente. Riparlarne oggi può servire
per analizzare il passato e tenerlo presente, per il nostro futuro.
gabriella bona
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