LE PROFEZIE DI NOSTRADAMUS

Nostradamus è sempre d’attualità. Il 7 luglio è stato concesso ampio spazio alla quartina X, n. 72, delle Centurie, la sua opera più famosa. Questi quattro versi chiamano in causa il settimo mese della fine del secolo, anzi del secondo millennio. Il testo recita: L’an mil neuf cent nonante sept mois / du ciel viendra un grand roy d’effrayeur / ressusciter le grand roy d’Angoulmois / avant apres mars regner par bonheur. Dopo i numerosi rompicapi di commentatori che si sono succeduti dopo la pubblicazione dell’opera, avvenuta il 1° marzo del 1555, presumere non solo di tradurre il testo, ma anche di capirlo con esattezza, sarebbe fuori luogo.

Ci si può contentare di ricavare le grandi linee di questo messaggio al quale non si può negare una dimensione profetica, o almeno previsionale. Proviamo a capirci qualcosa: in questo settimo mese dell’ultimo anno del millennio dal cielo verrà un grande re portatore di spavento, che risusciterà il gran re d’Angoulême il quale dopo marzo regnerà per la felicità.

Gli interpreti si sono sbizzarriti. Alcuni identificano questa settimana di luglio con la coincidenza dell’eclisse solare dell’11 agosto. Quanto al Re d’Angoulême c’è chi vi scorge l’anagramma del Moghoul o di altre locuzioni similari, identificate col Pakistan, che possiede l’atomica e ne ha minacciato l’uso durante la recente crisi dei rapporti con l’India, la quale condivide con lo scomodo vicino, oltre al sottosviluppo, anche la triste ricchezza nucleare. A consolazione si può interpretare il primo verso riferendosi al grande spavento che dal cielo si è abbattuto sulla Serbia e sul Kosovo ad opera degli aerei della Nato. Tutto questo, grazie a Dio, è già accaduto e sembra che le cose vadano verso una soluzione, e noi, come il naufrago dantesco, "guatiamo" alla riva con la gioia di chi è fuori dall’incubo.

Qualcuno ricorda che tra il luglio e l’agosto del 1900 a Monza si verificò l’assassinio di Umberto I. Quando la notizia si sparse per l’Europa parve appunto di sperimentare questo tipo di liberazione, tant’è vero che le serate danzanti si animarono più di prima e le spiagge si popolarono eccezionalmente – si ricorda in particolare la spiaggia di Ostenda – in un’epoca in cui la corsa al mare era agli inizi. Nostradamus è un personaggio simpatico, rovinato solo dall’eccessiva credulità dei suoi lettori, dei commentatori, e dai circa sei milioni di seguaci, che si propongono di dimostrare coi fatti la sua veridicità. Uno di essi, Shoko Asahara, quattro anni fa, entusiasmato dal suo messaggio, credette giunto il momento di fare qualcosa per affrettare la fine del mondo e seminò il gas letale Sarin nella metropolitana di Tokio, causando decine di morti.

La sociologa Eileen Barker ha affermato che dobbiamo aspettarci altri simili gesti. Gli assalti a scuole e ristoranti, i suicidi collettivi delle cronache dimostrano che queste previsioni non sono campate in aria, e non possiamo permetterci di imputare questi eccessi a Michel Notre Dame (appunto, Nostradamus), nato a St. Rémy de Provence nel 1503 e deceduto nel 1566; dapprima medico, poi, in occasione della morte di Enrico II (1555), folgorato dalla vocazione profetica, frequente nei secoli XVI-XVIII; basta pensare a Cagliostro, che indovinò parecchi casi, ma non previde il proprio atroce destino. Egli s’immerse nella meditazione della storia e dei Libri Sacri che riuscì a raggiungere, dando il primato alla Bibbia. Studiò attentamente la storia, mise in dinamismo la capacità di collegare fatti e di dinamizzare la fantasia, credette di descrivere in anticipo gli avvenimenti che si sarebbero succeduti nel mondo fino all’anno 3797: un Barbanera di larghissime vedute, che, preso nella forma dovuta e con le indispensabili riserve, può aiutare l’umanità a evitare grandi e spesso inutili sofferenze.

Missione del profeta. Dal profeta Nostradamus passiamo al munus profetico, inteso nella sua dimensione costruttiva. Papini, nella lettera agli scienziati (Lettere agli uomini di Papa Celestino VI, Firenze 1947, 119) fonde le due categorie e ne presenta alcune caratteristiche. Dopo aver detto che in vita non sono stati compresi, prosegue: «Hanno spalancato finestre e sfondato porte, hanno evocato nuove stelle nel cielo notturno. Come sono belli e arditi! Come è agile il loro passo, come è grave e onnipotente la loro azione! Compiono sulla terra azioni che nel carcere della terra ogni carceriere ha sempre rigorosamente proibito, azioni che determinano rivolgimenti improvvisi di tutte le cose».

Don Mazzolari nella Samaritana (Alba 1944, 120) presenta una mirabile colleganza tra le due dimensioni della profezia: «Per molti un profeta è poco più di un indovino: ma il vedere i fatti che saranno domani è solo un aspetto della missione che Dio affida al profeta, un dono divino per dargli udienza e autorità. Il profeta è la voce di Dio nelle ore dello smarrimento e dell’abiezione, quando i richiami ordinari non bastano più a sollevare il popolo. E sa ricondurlo sulle vie del bene. Egli viene mandato come giudice dei re e dei sacerdoti, difensore dei poveri e degli oppressi, nunzio di giustizia e di bontà». Nel saggio La più bella avventura (Brescia 1934, 146), il parroco di Bozzolo ricordava che «le più belle pagine della Chiesa furono scritte dalle anime inquiete. Coloro che trovano tutto a posto, che non avvertono nessuna stonatura, che placidamente si svegliano, mangiano, ruminano, s’addormentano, saranno degli ottimi funzionari e dei subordinati esemplari, mai degli apostoli».

Nostradamus non è un profeta nel senso biblico-ecclesiologico, ma anche dalle sue pagine possiamo estrarre salutari allarmi che insegnino agli uomini l’eliminazione di quelle tossine che producono le orribili epidemie delle inimicizie e delle guerre.

Da Vita Pastorale n° 8/9 Agosto/Settembre 1999


                                                     
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