Contributi esterni |
Bandiere, pifferi e magliette |
A
cura del coord. |
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Riceviamo e pubblichiamo con notevole soddisfazione. L'uso di certe parole dovrebbe essere posto sotto controllo dal parlante di turno. Ma, al di là di questo, il pezzo mette bene in luce vecchi vizi di un certo associazionismo; vizi nocivi - a dir poco - rispetto agli obiettivi che quotidianamente dichiara di perseguire.
Lo scorso marzo un gruppo di animalisti romani si e' coordinato per dar vita ad un'iniziativa spontanea di protesta contro l'operato di "animalai", speculatori del dolore, gestori di sedicenti "rifugi" in cui le sparizioni e le morti oscure sono all'ordine del giorno, sotto gli occhi disattenti - o compiacenti? - di Asl, e istituzioni locali. Dopo essersi coordinati, finanziati, "autoprodotti" (ufficio stampa, materiale stampa, volantini, striscioni, ecc.) i promotori del coordinamento hanno inviato il comunicato a grandi e piccole associazioni animaliste che avessero voluto aderirvi. Nel comunicato, si diceva, tra l'altro; "Il Coordinamento e' autonomamente promosso, organizzato e finanziato da alcuni iscritti a mailing list di discussione animalista, da attivisti e volontari. Riunisce membri di varie organizzazioni animaliste, privati cittadini e "cani sciolti" ma non fa capo a nessuna di esse. Per questo, e per favorire la comprensibilita' degli intenti del presidio, i partecipanti sono pregati di non usare striscioni, bandiere, magliette che facciano pubblicità ad eventuali singole associazioni d'appartenenza, ma di veicolare immagini e messaggi strettamente inerenti l'oggetto della protesta." Pronta giungeva la risposta del presidente di un'associazione nazionale, che stavolta, prendendo a riferimento un pezzo presente in questo stesso sito, chiameremo Caio (N.B. anche in questo caso, come in Bellarmino 2001, ci preme citare un modello di comunicazione per illustrare difetti generali o potremmo dire di sistema, tipici del movimento animalista e di molte associazioni che lo rappresentano. Di nuovo va rimarcato che se il fatto fosse ascrivibile a una persona, per quanto rappresentativa, anziché ad un certo ambiente, non sarebbe degno di alcun interesse. Invece, proprio per il suo carattere paradigmatico, merita una menzione particolare. Dunque ecco il messaggio con alcune note di accompagnamento).
Neanche i fascisti hanno mai vietato di portare t-shirts
appertenenti ad una qualche organizzazione: una richiesta fuori
luogo e ridicola. Qualcuno dovrebbe spiegare come può una
t-shirt di una organizzazione danneggiare una manifestazione:
siamo al puro ridicolo... La cosa fa ridere nella sua...
ridicolaggine: e se dovessero arrivare un pò di persone
con t-shirt di... o del... o di... o di... cosa farebbero gli
organizzatori: li obbligherebbero a spogliarsi? A correre in un
negozio per comprare una maglietta senza scritta? E una t-shirt
con la pubblicità di Armani andrebbe bene?... Questa forse
sì... ma allora andrebbe bene anche una t-shirt con la
pubblicità o il solo logo che so, magari di FENDI o di
VERSACE o di FERRE' o di DOLCE e GABBANA: ma questi stilisti
ammazzano migliaia di animali per fare pellicce e allora che si
fa?
Gia', che si fa?! Nei giorni a seguire, gli organizzatori hanno avuto ben altro a cui pensare piuttosto che rispondere a messaggi di tale miseria; tuttavia oggi a mente fredda, si sentono di fare una qualche riflessione. E, pur non avendo intenzione di cadere in polemiche sterili quando sanno che le limitate energie son da convogliare ben altrove e a ben altri fini, si sentono tuttavia in dovere di rispondere a chi, con irritante disinvoltura, sbatte in faccia accuse di fascismo senza comprendere la gravità dei termini adoperati. L'iniziativa di protesta e' stata di base, averticistica e spontanea, e gia' per questo fascista non e' . E' nata dalla disperazione e dallo sdegno di tanti cittadini che hanno perso i propri animali nei canili dell'orrore, o che nelle ricerche ne hanno incontrati tanti altri dietro le sbarre - malati, agonizzanti e maltrattati - e verso cui si sono sentiti rabbiosamente impotenti. Cittadini che da soli si sono sbattuti negli uffici dell'autorita' giudiziaria, delle Asl e degli amministratori, senza mai ricevere risposta. E in questo silenzio si sono sentiti abbandonati da tutti. Abbandonati nella loro indignazione. Quella protesta e' nata dall'indignazione di gruppi di volontari grandi e piccoli che, con estrema fatica e dinanzi ad una impermeabilita' inquietante e piu' che decennale delle istituzioni, si sono coordinate per il medesimo fine: chiedere giustizia, legalita', trasparenza. Non ci sembra dunque "fascismo" voler mettere da parte "il particolare" per il "generale". Anzi, ci sembra una prova di solidarieta' disinteressata. Questo e' un coordinamento, tutto qui. E in quanto tale non ha tesserati, non chiede versamenti, non deve allargare l'area dei soci sostenitori. Non ha fra le sue fila dirigenti stipendiati, bensi' attivisti volontari e autofinanziati. Non fa soldi sugli animali, bensi' dilapida risorse ed energie personali. Il coordinamento intende convogliare i propri sforzi unicamente a tutela delle vittime dei lager e non cerca facili pubblicita'. Chiunque voglia aderirvi e' bene accetto, ma chiunque volesse prevaricare gli intenti generali per mettere in evidenza le esigenze di marketing personale, no. La questione dei "desaparecidos" nei canili e' questione scottante da decenni, ma diciamo pure che e' divenuta inaccetabile almeno da quando esiste una legge in materia di randagismo in base alla quale le continue e impunite violazioni alla stessa sono come un calcio sferrato in faccia a chi si batte per la trasparenza e l'onesta'. L'associazione presieduta da "Caio" - cosi' come qualsiasi altra grande associazione - avrebbe avuto molte e varie occasioni di fare un bel presidio per chiedere lumi su tante morti e scomparse nei canili lager, ma non lo ha fatto. Perché? molti animalisti romani se lo aspettavano, ma non e' accaduto. Perche' ? ci risulta che molti animalisti romani - noi compresi - hanno depositato segnalazioni, denunce, richieste di intervento presso la sede di Caio, di Tizio, di Sempronio. cosa ne e' stato? Ci si attendeva che un fascicolo, dopo anni di segnalazioni, fosse depositato in procura. Non e' stato fatto. Perche'? Cosa si attende ancora? Al convegno tenutosi a Roma nell'ottobre scorso sui - FALLITI - dieci anni di applicazione della 281, dei cittadini intervennero, alla fine dei lavori, chiedendo a noti referenti istituzionali nazionali presenti in qualita' di relatori, che fosse fatta chiarezza sui quei canili su cui grava da anni il pesante sospetto di serie illegalita', sempre in bilico tra denunce e assoluzioni. Ne seguirono risposte piccate, isteriche e imbarazzate, arroganti e fumose, sulla presunta propensione di certi "esagitati", estremisti, ad "alimentare voci e leggende metropolitane". Ricordiamo che l'associazione di Caio era rappresentata dal suo presidente, seduto tra le ultime file. Non ci risulta che abbia speso una parola dinanzi a cotanta arroganza e cecita' istituzionale (quella si', fascista). E dunque ora non capiamo bene di cosa ci stia imputando. Se avesse voluto con la sua associazione dar vita a le piu' varie iniziative per i "cani fantasma " dei rifugi romani, sarebbero state da tutti noi accolte con sollievo, e vi avremmo aderito stando sotto la sua bella grande bandiera o indossando le sue "T-shirt" (ma perche' non chiamarle con il loro legittimo nome, ovvero magliette?! Ah, gia', la filiazione americana ....). Ma quando si chiede di aderire DISINTERESSATAMENTE ad un coordinamento in cui le singole associazioni lasceranno a casa il loro "particolare" per il "generale" (pur aderendo con la loro specificita') la cosa desta scandalo. anzi, appare "ridicola". E quanto scandalo desta allora l'immobilismo delle grandi sigle? Ormai pachidermi che si muovono solo quando nell'aria c'e' odore di TV, di fotografi, di facili pubblicita' (e a noi non ci scappa da ridere...) Al contrario di quanto Caio dica di pensare, abbiamo unito risorse personali per superare i "limiti" evidenti che ogni singolo gruppo, ognuno di noi, ha mostrato in questi anni, con scarsa forza propulsiva verso il problema. E certamente al di fuori delle logiche di "marketing", di "merchandaising", di tessere, "gadgets" , "t-shirt" e bandiere. Se questo intento e' sfuggito, non e' piaciuto, o e' sembrato ridicolo, questo ci amareggia un po' ma in fondo non ci sorprende, certo non piu' del decennale silenzio che ha assordato le tante vittime mute degli ergastoli di Roma, del Lazio, d'Italia.
Coordinamento per le vittime
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Data:20/04/02 |
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