Animali di affezione

Dibattito

A cura del
Collettivo



Riceviamo questo interessante contributo da parte di Olga Samarina di “AMORDIGATTO” un’associazione felina di Genova. Non dimentichiamo che Olga Samarina è anche un’artista di arti figurative nelle quali la felinità, decora splendidamente i già superbi vicoli di una città meravigliosa. Le osservazioni sono interessanti perché la nostra interlocutrice, non si è accontentata di leggere il documento della “Campagna”, ma ha ha approfondito il discorso che avevamo impostato in origine nella sezione "Animali di Affezione". Poiché tra la stesura dei due documenti è passato diverso tempo e nel frattempo sono migliorate anche le nostre capacità espositive, approfittiamo dell’occasione per chiarire eventuali discordanze più apparenti che reali tra i due testi e rimediare ad alcuni fraintendimenti che le osservazioni della nostra amica ci permettono di rilevare. Grazie, Olga per il contributo.

Collettivo “RA”

 

 

Pur essendo d’accordo con molti punti del progetto della “nuova” 281 (abolire il commercio degli ADA, introdurre il concetto dei “tutori” e non più “padroni”, alzare la soglia di scoraggiamento al “possesso”, inasprire la pena per i maltrattamenti (inclusa la reclusione), ecc.), vorrei esprimere il mio parere circa alcuni punti.

 La questione della crescita etica e culturale della società (completamente omessa, forse perché il documento ha un carattere strettamente “tecnico”)

 Il desolante aumento degli abbandoni degli animali domestici è, soprattutto, il frutto di una società specista e poco matura, con un basso senso di responsabilità verso gli animali ai quali si continua ad attribuire il ruolo di “cose dell’Uomo” come nelle società rurali, con l’aggiunta delle “mode” del momento.

Nessuna normativa, pur perfetta, non potrà essere efficace quanto l’accresciuta cultura di rispetto verso gli animali e il graduale superamento dell’etica specista ed antropocentrica. Di qui deriva la necessità di un continuo, a partire dall’asilo, lavoro di sensibilizzazione che deve includere soprattutto la crescita culturale della società. Amare vuol dire conoscere. E conoscere vuol dire capire che gli animali sono degli esseri senzienti che provano dei sentimenti d’amore e di paura, ecc., proprio come noi. Sono importanti lezioni, mostre, filmati, dibattiti rivolti verso i bambini e gli adulti. E’ importante anche battersi per un’etica veramente laica, considerato che la cultura cattolica (nonostante non pochi seguaci di S.Francesco nelle file degli animalisti) comprende il retaggio delle vedute che attribuiscono all’animale il ruolo subalterno all’uomo, e quindi ci risiamo…

 Qui, Olga tocca un punto importante. E’ evidente che la soluzione di ogni problema quindi anche quello animalista, va inscritta nella crescita civile e laica della società. Basta pensare alle distorsioni belligeranti che siamo costretti a vivere in questi giorni e che dovrebbero essere bandite una volta per tutte da un consorzio umano civile. Tuttavia occorre considerare che quando si invocano “lezioni, mostre, filmati, dibattiti rivolti verso i bambini e gli adulti”, è anche necessario considerare il soggetto istituzionale che delibera e quello sociale (per esempio gli insegnanti) che lo realizza. Ma se questi soggetti non sono essi stessi preparati per il superamento dell’etica specista, l’ostacolano e, addirittura, la combattono evidentemente la questione si sposta sul piano del conflitto sociale. Per suo mezzo si può tentare di ottenere una legge di avanguardia e modificare i costumi sociali.

 “Enti preposti alla distribuzione” degli ADA (provinciali e comunali)

 Qui temiamo che si sia creato un equivoco dovuto alle ragioni anticipate: una scarsa chiarezza espositiva dei documenti iniziali in alcuni passaggi chiave. Il modello che è stato proposto non si riferisce agli animali randagi, bensì a quelli del futuro; essi, dovendo essere chiamati in vita, vorremmo dire, nominalmente per entrare in una famiglia in modo definitivo, non potrebbero mai trasformarsi in randagi. Dunque occorre distinguere tra gli animali che oggi vivono una vita precaria e per i quali occorre affinare le protezioni oggi esistenti, e la nuova condizione che riguarda le nuove nascite.

 Vorrei sapere chi, secondo voi, sarà impiegato nei suddetti uffici e quale ruolo è destinato agli animalisti, e cioè ai volontari odierni? E specialmente a quelli non associati?

Se presso l’Ente saranno impiegati i vincitori dei concorsi statali, e cioè, gente qualsiasi in cerca di occupazione, c’è un elevato rischio di vedere rapidamente “smaltiti” gli animali vecchi/malati che non hanno la possibilità di essere adottati dietro il pagamento di rispettiva tassa… Quale sarebbe la qualità della vita degli animali nei centri di raccolta? Si riuscirà ad evitare la situazione dei canili-lager odierni?

 Non possiamo sapere come evolverebbe la situazione in termini precisi. Sta al dibattito dei soggetti interessati definire lo stato giuridico e proprietario di un tale ente. Capiamo bene che l’espressione “impiegati vincitori di concorsi statali” ha il potere di suonare allarmante. Ma non si può pensare a un personale pubblico con una preparazione speciale? Perché no? Ma supponiamo che questo ente abbia una caratterizzazione privata. Potrebbe andare bene lo stesso se mettesse in campo le professionalità necessarie. Del resto, oggi chi può giurare sugli allevatori o sulle “produzioni” familiari del tutto inaccertabili? Le nascite avvengono senza alcun controllo e l’incapacità di assorbimento di tutti gli animali chiamati in vita da parte della popolazione è la causa prima di tutte le disgrazie che una legge come l’attuale – che si preoccupa solo di mettere pezze – non riesce a risolvere.

 Smaltimenti di animali vecchi e malati? Di smaltimenti semmai si può parlare oggi, visto che non esiste alcuna programmazione. Nel caso ipotizzato gli animali dovrebbero essere chiamati in vita sulla base del numero delle  decisioni responsabili di adozione. Gli animali anziani potrebbero rientrare nel circuito delle adozioni solo in caso di decesso del tutori, ma non comporterebbero le cifre spaventose di oggi. E quindi dovrebbe essere enormemente più facile riassorbirli.

 L’imposta non sarebbe un problema perché diventerebbe un affare delle nuove adozioni. Quindi diventerebbe una dato iniziale a cui un nuovo tutore dovrebbe adattarsi. Chi adottasse un animale dovrebbe entrare nella logica di pagare un’imposta, la quale non avrebbe solo un effetto di deprimere una “domanda” troppo disinvolta, ma anche di creare le risorse necessarie per la gestione dell’ente. Una situazione di equilibrio insomma... che comporterebbe la scomparsa dei lager i quali, non dimentichiamolo, sono l’effetto di una perdita di controllo da parte di tutti i soggetti che partecipano a una pseudo soluzione.

 Quale ruolo destinato agli animalisti? Qui si spalancherebbero opportunità notevoli. Sgravati da attività logoranti e senza speranza, gli animalisti, raccolti nelle associazioni iscritte agli albi regionali, dovrebbero ricevere, dalla nuova legge, libero accesso alle strutture e inserimento nei comitati di controllo dell’ente. Tutte le attività culturali, di orientamento e di indirizzo riceverebbero un impulso notevole grazie alla sottrazione dell’impegno oneroso che non deve competere loro, visto che è, direttamente o indirettamente una funzione dello Stato. Finalmente gli animalisti potrebbero dedicarsi completamente alle situazioni ancora più orribili (vivisezione, vegetarismo, caccia ecc.)

 Per quel che riguarda i gatti in particolare, da gattara di lunga data, con l’esperienza di volontariato nei gattili, oso ribadire che in una ben organizzata “oasi felina” inserita nel territorio e curata da uno o più animalisti altamente responsabili, la qualità della vita dei felini è molto superiore rispetto ai gattili dove sono spesso costretti a stare in gabbia e dove non pochi “si lasciano andare” sotto lo stress di sovraffollamento.

 Questo è scontato! Ma qui, ormai dovrebbe essere chiaro, non si tratta di animali randagi ma di animali che nascono e dopo una limitata transizione confluiscono in famiglie con le garanzie del caso. Le colonie feline esistenti invece dovrebbero continuare a essere accudite dai volontari/e che attualmente operano. Invece, per quelle senza risorse dovrebbero essere trovate soluzioni certe e ragionevoli fino al loro presumibile esaurimento (si da per scontato che in assenza di una alimentazione continua del fenomeno, questo regredisca fino a arrivare a una situazione fisiologica molto limitata e controllabile con strumenti semplici).

 Quindi, personalmente propendo più per un’oasi felina tutelata davvero dalla legge che per un centro di raccolta e smistamento.

Immaginiamo che una famigliola viene in un tale centro per scegliersi un gattino. Esamina le lunghe file di gabbie (oppure incontra degli sguardi tristi dei gatti ammucchiati in un cortile) e sceglie il più peloso o il più rosso. E il povero Pippo con tra zampe…aspetterà “una soluzione ad hoc” da parte degli impiegati del centro, come “non adottabile”.

 Non c’è motivo di immaginare questo spazio come un lager nazista con gabbie come quelle usate per i poveri animali assassinati per la loro pelliccia. Ci devono essere spazi adeguati per un benessere effettivo sulla base di parametri che vanno al di là della insistita “dignità”. Il riferimento deve essere un benessere effettivo. Comunque stiamo parlando dei nuovi animali, non di quelli raccolti per strada. E per Pippo (cioè per gli animali randagi raccolti)? Se il nostro amico trezampe sta meglio in una colonia sicura ed è accudito, si può decidere di lasciarlo nella sua colonia. Ma se si tratta di un animale che rischia violenze, investimenti, maltrattamenti senza potersi sottrarre con la fuga, perché scandalizzarsi se qualcuno si prende cura di lui insieme a altri casi simili? Soluzione “ad hoc” vuol dire semplicemente questo: scegliere quello che è meglio per un animale così provato. Tuttavia bisogna riconoscere che Olga ha colto un punto delicato con molti risvolti che dovrebbe essere soggetto a ulteriori verifiche. In sede di definizione di un testo definitivo, si dovrebbe ritornare su questa parte e ragionare in modo  approfondito.

 Ho incontrato una frase che suona così: “chi si occupa di gatti randagi non gode, ma obbedisce ad un obbligo morale”. Non è del tutto vero. L’elemento di scambio d’amore tra noi e loro è sempre presente, nonostante tanti problemi. Altrimenti nessuna gattara resisterebbe a questa vita, per anni e anni. Pensate che catturando tutti i randagi per collocarli nei centri di raccolta si priverebbero di questo affetto migliaia di persone sole, o semplicemente, altamente sensibili verso gli animali che non immaginano, ormai, la loro vita senza poter svolgere questa funzione. Perciò, a questo punto, propongo di creare, per i gatti, dove è possibile, (dipende dalla situazione ambientale) delle oasi feline protette, gestite dai privati (magari con il rilascio di un “patentino” che alzerebbe il livello della preparazione etologica ), convenzionati con l’Ente per le cure e le sterilizzazioni, e dalle associazioni

 Sicuramente Olga non intende dire che i gatti randagi sono necessari per dare un senso alla vita dei loro curatori. Sarebbe come se Teresa pretendesse l’esistenza dei disgraziati della Terra per poter svolgere un ruolo di santità. La nota va intesa nel senso di sottolineare lo splendido scambio affettivo che si instaura tra i gattari e le gattare e le loro meravigliose creature. La parte in neretto dell’ultimo paragrafo costituisce un’ottima soluzione nei casi in cui l’incolumità relativa dei felini è garantita e la presenza di curatori, sicura. E’ un intervento ad hoc che configurerebbe davvero un’ottima soluzione.

 “Al decesso il tutore è obbligato a riconsegnare il cadavere all’Ente”…

 No. Sembra un noleggio di una “cosa”. L’animale di casa diventa uno di famiglia. Voi consegnereste il corpo di un vostro famigliare a un Ente, senza sapere che ne faranno e senza avere la possibilità di venirlo a trovare al cimitero? E’ giusto, invece, creare dei cimiteri per gli ADA. Solo così si instaurerà un rapporto etico e duraturo, culturale, tra l’animale uomo e l’animale domestico. Personalmente ritengo giusta anche la sepoltura dei randagi, nei luoghi appositi. L’amore verso gli animali non deve essere di serie A e B…

 Francamente non sentiamo in modo vivo il problema dei cadaveri. Nel momento in cui l’animale muore, finisce l’impegno degli animalisti nei suoi confronti. Il motivo per il quale è stata proposta questa “restituzione” dipende solo dalla legittima preoccupazione che l’animale venga fatto sparire perché rifiutato, pratica più frequente di quanto non si creda.

 La questione della tassa sul possesso di un animale:

 Purtroppo, in una società che rimarrebbe, culturalmente, al livello attuale, l’introduzione di una tassa sugli animali produrrebbe l’effetto contrario; invece di responsabilizzare scoraggerebbe non pochi a prendersi cura di un ADA, con il conseguente sovraffollamento dei centri di raccolta. Dunque, la crescita culturale della società è di estrema importanza!

 Perché? Non dimentichiamoci che a regime, vige una situazione di programmazione assai facile da gestire grazie ai grandi numeri. Ne consegue che se gli animali richiesti diminuiscono, diminuirà il proporzione la loro chiamata in vita. C’era un paese meraviglioso, una volta, in cui dicono che ci fossero perennemente le code davanti ai negozi. Ai più questa cosa non piaceva. Va bene. Ma se vi fossero lunghe liste d’attesa per procurarsi un cane o un gatto sul quale pagare anche una tassa (modesta, sia chiaro), considereremmo questa una condizione veramente invidiabile rispetto alla catastrofica rottamazione di centinaia di migliaia di animali all’anno.

 OLGA SAMARINA (“AMORDIGATTO”)

 (note a cura del Collettivo)

 

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Data: 01/10/01

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