Chiesa della Madonna dei Martiri


La chiesa denominata Santa Maria della Porta, fondata nella seconda metà del XIII secolo è una delle più antiche di Altamura. La sua fondazione è legata alla presenza nella città di una numerosa comunità greca. Posta nei pressi di una delle porte minori della cinta muraria, la "Porticella", fu affiancata dalla chiesa di San Liberatore all'inizio del 500. La chiesa segue le vicende della comunità greca, dallo splendore del XIII-XIV secolo che culmina nel 1601 con la bolla papale di Clemente VIII che abolisce il rito greco, realizzando così la sua latinizzazione. Nella seconda metà del '700 l'edificio religioso, pur conservando la struttura primitiva della cappella di Santa Maria, subiva profonde trasformazioni, con aumento della superficie, ricostruzione dell'altare e costruzione di una nuova facciata, come attestato dalla data incisa sul cartiglio del portale "1768". Le trasformazioni furono dovute all'opera della congrega di San Francesco Saverio ed è in questa circostanza che la chiesa cambia denominazione da Santa Maria della Porta a Santa Maria dei Martiri. La facciata curvilinea, realizzata in tufo, presenta le decorazioni tipiche della architettura rococò. Il prospetto è delimitato da due pilastri terminanti con un motivo decorativo a testa d'angelo, sulla cui sommità si diparte una cornice che si innalza nella parte centrale dove, più in alto, è collocata la base di una statua, probabilmente della Madonna, oggi scomparsa. Al di sopra del frontone si apre una finestra a bulbo d'influenza araba. La facciata laterale destra presenta due finestre, di cui l'anteriore è decorata con cornice in pietra e su di essa un piccolo campanile a vela; la facciata laterale sinistra presenta un'analoga finestra e in basso è evidente la base del muro antico cinquecentesco costituito da grosse pietre a bugnato. L'interno è diviso da un arcone in due ambienti: la parte anteriore, che costituisce il prolungamento settecentesco, ha una volta a stella tipica dell'architettura barocca del leccese; mentre la posteriore conserva la struttura cinquecentesca ed è voltata con un mezzo padiglione che fa di supporto all'altare di fondo. L'altare, costruito in tufo e decorato con stucchi, presenta una nicchia rettangolare nel cui centro spicca l'affresco cinquecentesco della Madonna col Bambino, ritoccato più volte, con applicazioni di due corone d'argento, ghirlande di fiori argentati ed una collana aurea. Ai lati vi sono due ovali in stucco che racchiudevano due tele settecentesche raffiguranti i Santi Biagio e Francesco Saverio. Si pensa che l'altare e i suoi stucchi siano stati eseguiti dalle botteghe locali del d'Alesio e del Maramonte. Al di sotto dell'ovale destro due nicchie, chiuse con sportelli settecenteschi, erano utilizzate per custodire suppellettili sacri, sotto quella di destra c'è un pozzetto d'acqua affiancato da un'acquasantiera in pietra, forse l'unico reperto della chiesa consacrata nel XIII secolo. Sul lato sinistro a partire dall'altare è conservato un crocifisso ligneo settecentesco accanto al quale era collocato un quadro con figura della madonna dei Martiri, anch'essa produzione locale del Maramonte commissionata nel 1779. Sullo stesso lato un altro quadro dei primi anni dell'800 raffigurante San Francesco Saverio non più in situ. Sulla parete opposta vi è un confessionale ligneo della seconda metà del XVIII secolo. Accanto ad esso un affresco raffigurante Gesù crocifisso con ai piedi due santi, probabilmente San Biagio e Sant'Antonio da Padova, di impronta cinquecentesca con evidenti ritocchi successivi. Tale affresco è di notevole importanza perché resta una delle poche immagini altamurane "a pariete picte" diffuse nelle chiese più antiche della città. Entrando nella chiesa, a destra, è visibile una delle due acquasantiere gemelle del XVIII sec. Collocate ai lati dell'ingresso, in marmo policromo, con stemmi delle famiglie Viti e Santoro, sono buoni prodotti dell'arte napoletana. Il pavimento, in origine maiolicato, poiché manifestava un notevole degrado dello smalto, fu sostituito 
negli anni '60.

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