Casella di testo: INQUINAMENTO DELL’ARIA AL LIVELLO DEL SUOLO

SMOG FOTOCHIMICO

Il contenuto di questa pagina è una sintesi di quanto esposto nel capitolo 3° del libro
 “CHIMICA AMBIENTALE”
Autore:              COLIN BAIRD
Editore               ZANICHELLI

 

 

 

Negli episodi di inquinamento atmosferico si produce una notevole quantità di ozono come conseguenza di reazioni fotochimiche a carico di inquinanti allo stato gassoso. Tale fenomeno è detto smog fotochimico (il termine smog di per sé è un acronimo che deriva dai termini inglesi “smoke”= fumo e “fog”= nebbia).

Il processo attraverso cui si produce lo smog è causato da una serie complessa di reazioni a cui partecipano molti composti chimici. L’atmosfera delle città può quindi essere definita un “reattore gigante”.

I principali prodotti che innescano lo smog fotochimico sono:

a)    il radicale monossido di azoto, NO·

b)    le molecole incombuste di idrocarburi emesse nell’aria come inquinanti dagli scarichi dei veicoli con motori a combustione interna

c)    idrocarburi provenienti dall’evaporazione dei solventi

d)    combustibili liquidi ed altri composti organici.

Nel complesso le sostanze appartenenti alle categorie b),c),d) vengono definite composti organici volatili, o COV.

I prodotti finali dello smog sono ozono, acido nitrico e prodotti organici parzialmente ossidati:

 

COV  +  NO·  +  luce solare  miscela di O3  +  HNO3  +  prodotti organici

 

I reagenti di questa equazione(COV  e  NO·  ) sono chiamati  inquinanti primari, i prodotti sono chiamati inquinanti secondari. Tra i COV, i composti più reattivi sono quelli contenenti doppi legami   CᆖC, poiché possono produrre radicali liberi.

I gas inquinanti contenenti ossidi d’azoto sono prodotti dalle combustioni di combustibili fossili in presenza di aria. Alle elevate temperature raggiunte nella combustione parte dell’azoto e dell’ossigeno presenti nell’aria si combinano tra loro per formare NO· :

N2  +  O2      2 NO· 

Quanto più elevata è la temperatura della fiamma, tanto maggiore è la quantità di NO· prodotta. Nel giro di pochi minuti l’ossido di azoto viene ossidato dall’ossigeno a biossido d’azoto NO2·. Nel loro insieme NO· e NO2· vengono indicati come ossidi d’azoto NOx. Una piccola quantità di tali ossidi si formano in natura anche a causa dei fulmini durante i temporali e per l’azione della flora batterica nei terreni.

Perché in una città si verifichi lo smog fotochimico, devono essere presenti numerose condizioni:

·        un intenso traffico di veicoli, a causa del quale si producono e si accumulano quantità sufficienti di NO·, idrocarburi e altri COV;

·        deve essere presente un clima caldo e un’intensa radiazione solare perché possano procedere velocemente le reazioni cruciali per la formazione dello smog;

·        la massa d’aria deve rimanere relativamente ferma affinché i reagenti non siano diluiti.

 

 

Per migliorare la qualità dell’aria è necessario quindi ridurre la produzione di ozono. Perché ciò accada, a sua volta è importante abbassare il livello degli ossidi d’azoto, NOx e di C.O.V. e, tra questi, degli idrocarburi contenenti legami CᆖC.

Si è osservato, in particolare, che  la riduzione dell’ozono nell’atmosfera delle città dipende strettamente dalla riduzione degli ossidi d’azoto. Infatti una riduzione iniziale di idrocarburi nell’aria non riduce sensibilmente l’ozono, almeno fino a quando questi sono in grande eccesso.

Vi è da sottolineare comunque che le aree urbane che confinano con zone molto boscose o che contengono al loro interno ampie zone verdi con elevata concentrazione arborea presentano quantità rilevanti di idrocarburi reattivi, tali da sostenere la produzione di smog anche quando è bassa la concentrazione di idrocarburi prodotti dalle attività umane. Responsabili della produzione di tali idrocarburi sono gli alberi decidui e gli arbusti che emettono soprattutto il gas isoprene, e le conifere, che emettono pinene e limonene. Le molecole dei tre idrocarburi suddetti contengono infatti legami CᆖC. Quindi nelle aree caratterizzate dalla presenza di vegetazione, solo la riduzione dell’emissione degli ossidi d’azoto può ridurre sostanzialmente la produzione di smog fotochimico.

 

 

Allo scopo di minimizzare le emissioni degli ossidi d’azoto, da alcuni anni sugli autoveicoli alimentati a benzina sono montati i convertitori catalitici, posti a valle della marmitta. Gli originali convertitori a due vie, in grado di agire sulle molecole gassose contenenti carbonio, compreso il monossido ci carbonio,CO, sono stati progressivamente sostituiti dai convertitori a tre vie, nei quali viene utilizzato un catalizzatore a base di rodio. Esso funziona schematicamente in questo modo: 1) in una prima camera, detta camera di riduzione, gli ossidi d’azoto vengono trasformati in azoto elementare, utilizzando idrocarburi incombusti, CO e H2 come agenti riducenti e il rodio come catalizzatore; 2) in una seconda camera, detta camera di ossidazione, grazie all’immissione di aria e alla presenza di un catalizzatore a base di platino, i gas contenenti carbonio vengono ossidati quasi completamente ad anidride carbonica, CO2, ed acqua. Nella figura sottostante è illustrato il funzionamento di una marmitta catalitica:

 


 


Impianti a combustione di grosse dimensioni, come ad esempio le centrali termoelettriche, sono stati modificati con l’introduzione su grande scala dei convertitori catalitici, sempre allo scopo di ottenere la trasformazione degli ossidi d’azoto in N2, prima della loro liberazione in atmosfera. Il funzionamento di tali sistemi catalitici prevede l’aggiunta di ammoniaca, NH3, al flusso di gas. Infatti, in presenza di ossigeno, essa si combina con NO·, producendo azoto elementare, secondo la reazione:

4NH3  +  4NO·  +  O2        4N2  +  6H2O

L’aggiunta di ammoniaca deve essere effettuata sotto stretto controllo per impedirne la non desiderata ossidazione a NOx·.

In una tecnologia simile, l’urea, CO(NH2)2, viene iniettata, con modalità opportune, direttamente nella fiamma di combustione, dove reagisce subito con l’NO· per produrre N2, in presenza di un catalizzatore:

 

2CO(NH2)2  +  4NO·  +  O2        4N2  +  2CO2  +  4H2O

 

 

Anche nelle zone rurali tropicali, durante la stagione secca, può verificarsi la produzione di ozono in seguito all’uso di bruciare la biomassa derivante dalla deforestazione di ampie superfici. Infatti, sebbene la maggiorparte del carbonio sia immediatamente trasformato in CO2, vengono altresì prodotte una certa quantità di metano ed altri idrocarburi, nonché di NOx·. Quando questi idrocarburi, per effetto della luce solare, reagiscono con gli ossidi d’azoto, viene prodotto ozono.

 

 

LE REAZIONI FONDAMENTALI NELLO SMOG FOTOCHIMICO

 

Sebbene la complessità del processo di formazione dello smog sia molto grande, le sue caratteristiche più importanti possono essere comprese considerando alcuni tipi principali di reazioni, fra esse correlate.

Innanzitutto nell’aria della troposfera si trova sempre una certa quantità di radicali ossidrile, prodotti per reazione del vapore acqueo con gli atomi di ossigeno provenienti dalla decomposizione fotochimica della piccola quantità di ozono presente nella troposfera stessa:

O3      O2  +  O*

O*  +  H2O     2OH·

E’ proprio il radicale ossidrile il responsabile della fase iniziale delle reazioni di ossidazione di molti gas inquinanti, e del loro successivo allontanamento. Da ciò la grande importanza che riveste questo radicale, definito appunto “aspirapolvere dell’atmosfera”. Anche l’ossidazione atmosferica del metano a CO2 ha come effetto collaterale la produzione di radicali ossidrile.

 Come abbiamo già detto, un ruolo primario nella formazione dello smog è giocato dai COV, in particolare da idrocarburi contenenti doppi legami nella loro molecola. La loro ossidazione comincia proprio con la reazione del radicale ossidrile. Consideriamo perciò un idrocarburo generico di formula

 

 


 

 


Il radicale ossidrile attacca il doppio legame, rompendo il legame π e producendo un radicale carbonioso:

 

 


 


che attacca a sua volta l’ossigeno atmosferico, formando un radicale perossido

 

 


 

 

 


Quest’ultimo cede un atomo di ossigeno al radicale monossido NO·, producendo il radicale biossido d’azoto:

 

 


 

 

 


Il radicale organico si decompone spontaneamente per rottura del legame C˿C, con formazione di un’aldeide e un altro radicale carbonioso:

 

 


 

 

 


Il radicale carbonioso reagisce con l’ossigeno atmosferico formando un’altra molecola di aldeide e il radicale idroperossido:

 

 


 

 

 


In tal modo la molecola inquinante originaria è stata trasformata in due molecole di aldeide, le quali sono decomposte fotochimicamente in modo rapido in due radicali:

 

RCHO    R·  +  HCO·

 

 

Si può notare che in una delle reazioni intermedie di questa sequenza che porta all’ossidazione dei COV, il radicale monossido, NO·, si trasforma in radicale biossido, NO2·, che perciò si accumula nella troposfera in maniera tanto più significativa quanto più alto è il contenuto di COV. Il radicale biossido a sua volta, ad opera della  componente UV-A della luce solare, si decompone in NO· e O·. Il radicale ossigeno attacca poi rapidamente una molecola di ossigeno O2, producendo così ozono, O3:

 

NO2·    NO· + 

  +  O2    O3

 

Questa è la reazione fondamentale che causa la formazione dell’“ozono urbano”.

La decomposizione dell’ozono e delle aldeidi che si formano nello stadio finale della sequenza delle reazioni ossidative dei COV, indotta dalla luce solare, causa perciò un notevole aumento del numero di radicali liberi presenti nell’aria di una città sottoposta a smog fotochimico.

 

Nei periodi di maggiore inquinamento diventano quindi importanti le reazioni nelle quali si producono molecole non radicaliche per somma di due radicali, essendo in tali momenti elevata la loro concentrazione nell’aria:

 

 

radicale  +  radicale    molecola non radicalica

 

Tra queste, quelle che rivestono maggiore importanza per le sostanze che producono sono:

 

a)    la combinazione tra radicale ossidrile e  radicale biossido di azoto, con formazione di acido nitrico:

 

OH·  + NO2·    HNO3

 

La vita media dell’acido nitrico nell’atmosfera è di alcuni giorni. Esso infatti è facilmente solubile nelle gocce di pioggia e quindi ricade a terra, oppure si decompone fotochimicamente.

 

b)    La combinazione tra radicali ossidrili e radicali monossido di azoto, con formazione di acido nitroso:

 

OH·  + NO·    HNO2

 

La luce solare decompone nuovamente l’acido nitroso mediante la reazione inversa.

 

c)    La combinazione tra due radicali ossidrile o tra due radicali idroperossido, con formazione, in entrambi i casi, di perossido di idrogeno (acqua ossigenata):

 

2OH·    H2O2

2OOH·    H2O2  +  O2

 

 

 

I PARTICOLATI NELL’INQUINAMENTO DELL’ARIA

 

I particolati sono le minuscole particelle  solide o liquide sospese nell’aria. Un aerosol è un insieme di particelle solide e goccioline liquide disperse nell’aria, le cui dimensioni sono solitamente inferiori a 100 μm. Solitamente vengono utilizzati i nomi di “polvere” o “fuliggine” per indicare le dispersioni di particelle solide e “caligine” e “nebbia” per indicare rispettivamente particelle liquide in generale e goccioline di acqua.

Una delle più importanti fonti del particolato a base di carbonio presente nell’atmosfera è rappresentata dalle emissioni dei motori diesel.

La velocità di sedimentazione dei particolati aumenta col quadrato del loro diametro. Perciò particelle molto piccole cadono così lentamente che possono rimanere per tempi lunghissimi in sospensione nell’atmosfera. Le particelle con diametro inferiore a 2,5μm sono dette genericamente particolato fine e solitamente rimangono nell’aria per giorni o settimane. Le particelle con diametro maggiore di 2,5μm sono dette particolato grossolano e sedimentano piuttosto rapidamente.

Oltre che per sedimentazione, le particelle possono essere allontanate dall’aria per absorbimento nelle goccioline di pioggia.

La concentrazione dei particolati nell’aria viene espressa come massa di particelle per volume d’aria, di solito μg/m3, ed è indicata col nome di particolato totale in sospensione, abbreviata come PTS. Uno standard comunemente accettato per il PTS è il valore di 75 μg/m3.

Poiché, però, solo le particelle più piccole sono respirabili e quindi rivestono maggiore importanza per la salute umana, viene più spesso utilizzato come indice la concentrazione delle particelle aventi un diametro inferiore a 10μm. Essa viene indicata col nome di Materia Particolata (Particulate Matter), PM10.

Infine le particelle con diametri compresi nella banda delle lunghezze d’onda della luce visibile, cioè tra 0,4 e 0,8μm, possono interferire con la trasmissione della luce nell’aria, riducendone la chiarezza e diminuendo la visibilità a lunga distanza e la quantità di luce che raggiunge il suolo.

La diffusa foschia che si registra in inverno nell’atmosfera dell’artico è dovuta agli aerosol di acido solforico originati dalla combustione del carbone, soprattutto in Russia e in Europa, mentre l’aumento della nebbiosità che si riscontra sopra gran parte del Nordamerica è dovuta in larga misura agli aerosol di acido solforico provenienti dalle aree industrializzate degli Stati Uniti e del Canada.

 

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