La luce polarizzata
La luce ordinaria, in base alla teoria ondulatoria, è costituita da onde elettromagnetiche che vibrano in tutte le direzioni perpendicolari alla direzione secondo cui essa viaggia, cioè, si propaga sotto forma di onde che si sviluppano su diversi piani lungo la linea di propagazione.
Quando la luce ordinaria passa attraverso un prisma di Nicol (cristalli di calcite) o particolari filtri, detti polarizzatori, che sono in grado di far passare solo le onde che oscillano su di un piano ben preciso (filtri polarizzatori Polaroid usati in fotografia per eliminare i riflessi), la luce emergente è polarizzata linearmente ovvero il vettore elettrico vibra solo su uno degli infiniti piani prima interessati.
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Quando la luce polarizzata, ovvero la luce naturale dopo l’interazione col polarizzatore, interagisce con un mezzo chirale, il suo piano di polarizzazione varia la sua orientazione rispetto alla direzione di propagazione: tale distorsione è nota come rotazione ottica, per cui l’attività ottica è la capacità di una sostanza, detta otticamente attiva, di far ruotare il piano della luce polarizzata.
Il polarimetro
Lo strumento usato per misurare la grandezza della rotazione ottica è appunto il polarimetro.
I suoi componenti principali sono schematicamente mostrati in figura:
Sia il polarizzatore che l’analizzatore sono due prismi di Nicol, posti ad angolo retto l’uno rispetto all’altro, che daranno la condizione di ‘oscurità’.
La luce polarizzata viene analizzata mediante una seconda lamina polaroid fissata ad un goniometro, che può ruotare attorno all’asse ottico dello strumento. Il goniometro consente la misura degli angoli.
Si usa una sorgente di luce monocromatica ovvero con determinata lunghezza d’onda, ad esempio la lampada al sodio sfruttando la riga D a 589nm.
Tra il polarizzatore e l’analizzatore è posta la cella porta-campione con la soluzione di un materiale otticamente attivo, che indurrà la rotazione ottica , di cui si vuol misurare l’ampiezza.
La rotazione osservata è una proprietà fisica propria di ogni composto otticamente attivo, al pari del punto di ebollizione o di fusione.
L’angolo individuato è funzione della struttura del composto e della sua concentrazione, ma anche della lunghezza della cella porta-campione, della temperatura della soluzione, della lunghezza d’onda utilizzata: mantenendo costanti questi ultimi parametri, le tecniche polarimetriche sono utilizzate per determinazione analitiche quali-quantitative e per studiare meccanismo e cinetica di reazioni che coinvolgono composti otticamente attivi.