Enrico Stoppa

Nacque il 18 luglio 1834 da Benedetto e da Marianna Giovannetti, a ventidue anni, nel 1856, uccise il norcino Gaspero Buoncristiani per derubarlo.
L'anno precedente, per fare dispetto alla famiglia con la quale era in continuo dissidio, aveva condotta all'altare una prostituta, Ottavia Capacci.
Lo arrestarono insieme con il cugino Bernardino, ma furono costretti a rilasciarlo per mancanza di indizi attendibili. In realtà i testimoni preferirono tenere la lingua in bocca per non incorrere nelle sue vendette.
Sospettando che questo o quello possano essere stati i confidenti della polizia, iniziò a commettere una serie così fitta di sequestri, di estorsioni, di omicidi da gettare la gente del paese e delle campagne circostanti nella più profonda costernazione.
Uccise, in sei anni, una decina di persone.

Nel 1860 gli misero alle calcagna l'intero contingente militare di Grosseto. Ma "Righetto" abbandonò il teatro delle sue gesta dopo aver scritto al prefetto circa l'inutilità dei suoi sforzi per catturarlo. Si firmò "Il Generale in Capo delle Truppe e Macchie di Talamone".
Lo arrestarono il 16 aprile 1862 nell'albergo romano "Tre Re", presso Porta del Popolo. Venne tradotto alle Murate di Firenze dove si lasciò morire d'inedia, il 16 agosto 1863, per non comparire alle udienze. Aveva soltanto 29 anni.

 

Alla nascita e alla crescita dell'attività criminosa di Enrico Stoppa contribuì, in maniera determinante, la famiglia del bandito. Il fratello Cesare, per carattere e per tendenze delinquenziali, non gli era inferiore. Anche il padre Benedetto uccise a bastonate un guardiano di vacche e un bracciante temporaneamente occupato nella sua azienda.
La madre, poi, era quella che fomentava in "Righetto" l'odio per tutto e per tutti. E che era sempre della partita quando si trattava di alimentare litigi e risse.

Tratto da: Alfio Cavoli, Maremma amara. Ed. Scipioni.