Marzo 1901 Parodia manzoniana in occasione
delle fauste nozze Franchetti-Gallico. |
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Soffermata
davanti a kenesset, volto
il guardo al varcato Comune, sorridente
a le nóve fortune, certa
in cor de l'antica virtù, ha
giurato: - Adonam
se savesset, io
ti porto una grande affezione, mai
non fia, o gagliardo campione, che
noi siamo divisi mai più —. - Ha
giurato: ed Alfonso a quel giuro rispondeva
davanti a la Scola preparando
l'industre pistola che
or rosseggia terribile al sol: già
le destre hanno strette le destre, già
fu detta la frase sacrale: o
compagni sul letto nuziale, o
distesi sul bianco lenzuol. Chi
potrà de la gran Sabadina, di
colei che a Scagazza è già sposa, de
la Nilde la panza pelosa scerner
l'onda confusa in kasser?
chi
d'Asvero l'ardita sapienza, del
matt Galli el linguaggio
eloquente, de
Guglielmo Franchett la gran mente superare
col vasto saper? Quello
ancor dei due sposi novelli potrà
scindere l'alme legate ed
a furia di schiaffi e legnate risospingerle
ai prischi dolor: dei
due sposi, che uniti per sempre mangeranno
guardando le stelle, pitonsine, cappon,
salamelle con
patate, sigole e pandor. Con
quell'aria pietosa e dimessa con
quell'occ assai néro e scontento con
che stassi un gnisckad kaseriento nel
palazzo d'un grande gnascir,
star
doveva in sua casa l'Alfonso a
contar del soffitto i travelli, se
son vecchi tarlati oppur belli, ghe scommetti che lu tel sa dir. O
fanciulla, nel proprio retaggio torna
Alfonso ed il suolo riprende, o
fanciulla deh! strappa le bende rosseggianti
di vergin pudor. Deh
non vedi che tutti son desti de
l'Europa i più Bassi Paesi, non
vogliamo più conti o marchesi, de'
tuoi boschi egli è il solo signor. O
fanciulla il tuo biondo pertugio sta
per esser ben presto ferito un
desioso pudore un prurito t'accompagna
alla balda tenzon: ed
invano tu allor griderai: -
Dio respinge la forza straniera, ogni
donna sia libera e pera della
verga l'iniqua ragion! -. Se
quel letto ove vergin gemesti mai
non seppe d'amore i segreti, e i
sospiri silenti e discreti tanto
amari ti parvero un dì, chi
t'ha detto che sterili eterni sarian stati i desiri cocenti? chi
t'ha detto che ai mesti lamenti saria sordo quel Dio che t'udì? Sì
quel Dio che nell'onda vermiglia chiuse
il rio che inseguiva Israele, quel
che in pugno a la maschia Giaiele pose
il maglio ed il colpo guidò? quel
che è padre di tutte le genti, che
a fanciulla non disse giammai: Chiudi
il foro, fontana di guai, poiché
il membro donar non ti vo'! Cara
Augusta, dovunque il dolente grido
uscì di tua lunga purezza, dove
ancor d'ogni umana carezza ogni
speme deserta non è; dove
l'erba da un pezzo è fiorita e
là dove ancor l'erba matura, dove
ha mestrui ogni vergin natura, non
c'è cor che non batta per te. Quante
volte al verone spiasti l'apparir
d'un nodoso stendardo, quante
volte intendesti lo sguardo ne
le strade deserte del ghett! ecco
alfin sul tuo seno sbocciate, pieno
il core di bellici ardori, forti,
armate de' propri colori do
castagne ed un brocch de fassett. Oggi,
Alfonso, sul volto baleni quel
furor che non teme la morte: con
l'Augusta combatti, sii forte, il
suo fato sul brando ti sta. O
ingrossata per te la vedremo tra
le donne già gravide assisa o
più serva, più vil, più derisa sotto
l'orrida verga starà. Oh!
chiavate del tempo passato! oh
dolente per sempre colui, che
da lungi dal labbro d'altrui -
Più non tira - ripetere udrà! Che
ai nepoti narrandole un giorno malcontent dovrà dir: - Mi non gh'era - che
la santa virginea bandiera rotta
in pezzi quel dì non avrà! |
Soffermata
davanti a kenesset
(la sinagoga), volto
lo sguardo all’ oltrepassato Comune, sorridente
alle nuove fortune, sicura
nel cuore dell'antica virtù, ha
giurato: - Adonam
(mio Signore) se sapessi, io
ti porto un grande desiderio, mai
non sia, o valoroso campione, che
noi non siamo mai più divisi-. Ha
giurato: ed Alfonso a quel giuramento rispondeva
davanti a la Scola (sinagoga) preparando
la laboriosa pistola che
ora rosseggia terribile al sole: già
le destre hanno strette le destre, già
fu detta la sacra frase: o
compagni sul letto nuziale, o
distesi sul bianco lenzuolo (il sudario). Chi
potrà della grande Sabadina, di
colei che a Scagazza è già sposa, della
Nilde la pancia pelosa distinguere
l'onda confusa in kasser
(ghetto)? chi
(potrà) l'ardita sapienza d'Asvero, il
linguaggio eloquente del matto Galli, la
gran mente di Guglielmo Franchett superare
col vasto sapere? Quello
ancora dei due sposi novelli potrà
dividere le anime legate ed
a furia di schiaffi e legnate risospingerle
agli antichi dolori: dei
due sposi, che uniti per sempre mangeranno
guardando le stelle, tacchini,
capponi, salamelle con
patate, cipolle e pandoro. Con
quell'aria pietosa e dimessa con
quell'occhio assai néro
(triste) e scontento con cui si trova un gnisckad kaseriento (poveraccio) nel
palazzo d'un grande gnascir
(ricco), l'Alfonso
doveva stare a casa sua a
contare i travetti del soffitto, se
sono vecchi tarlati oppure belli, ci
scommetto che lui te lo sa dire. O
fanciulla, nel proprio ambiente torna
Alfonso ed il suolo riprende, o
fanciulla deh! strappa le bende rosseggianti
di vergine pudore. Deh
non vedi che tutti son pronti de
l'Europa i più Bassi Paesi, non
vogliamo più conti o marchesi, egli
è il solo padrone dei tuoi boschi. O
fanciulla la tua bionda fessura sta
per essere ferita molto presto un
desideroso pudore un prurito ti
accompagna alla ardita battaglia: ed
allora invano tu griderai: - Dio
respingi la forza straniera, ogni
donna sia libera e muoia la
ragione ingiusta della verga! -. Se
quel letto ove vergine gemesti mai
non conobbe i segreti dell'amore, e i
sospiri silenziosi e discreti un
giorno ti parvero tanto amari, chi
ti ha detto che sterili per sempre sarebbero
stati i desideri cocenti? chi
ti ha detto che ai tristi lamenti quel
Dio che ti udì sarebbe rimasto sordo? Sì
quel Dio che chiuse nell'onda rossa di sangue il
perfido faraone che inseguiva Israele, colui
che in pugno alla forte Giaiele pose
il maglio e guidò il colpo? colui
che è padre di tutte le genti, che
mai disse ad una fanciulla: Chiudi
il foro, sorgente di guai, poiché
non ti voglio donare il membro! Cara
Augusta, dovunque uscì il dolente grido
della tua lunga purezza, dove
ancora d'ogni carezza umana non
è abbandonata ogni speranza; dove
l'erba è fiorita da molto tempo e
là dove ancor l'erba matura, dove
ha mestrui ogni natura vergine, non
c'è cuore che non batta per te. Quante
volte spiasti dal balcone l'apparire
di uno stendardo nodoso, quante
volte sentisti lo sguardo nelle
strade deserte del ghetto! ecco
finalmente sbocciate sul tuo seno, con
il cuore pieno di desideri guerreschi, forti,
provviste dei propri colori, due
castagne ed un fascina. Oggi,
Alfonso, risplenda sul volto quel
furore che non teme la morte: combatti
con l'Augusta, sii forte, il
suo destino sta sulla tua spada. O
la vedremo ingrossata per causa tua seduta
tra le donne già gravide o
più serva, più misera, più derisa starà
sotto l'orrida verga. Oh!
chiavate del tempo passato! oh
dolente per sempre colui, che
da lontano, dal labbro di un altro, - Più
non tira - ripetere udrà! Che
un giorno narrandole ai nipoti dovrà
dire tristemente: - Io non c'ero - poiché
quel giorno non avrà rotto in pezzi la
santa virginea bandiera! |
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