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Incontro organizzato da Alleanza Cattolica
Relazione di don Piero Cantoni, Teologo,
Prefetto agli studi presso il Seminario di Massa:
Vorrei trattare quest’argomento molto difficile e complesso e cioè parlare della Dottrina Sociale della Chiesa che richiederebbe, tutti ce ne rendiamo conto, molto più tempo di questo breve incontro, dividendolo in 5 punti:
1°: chiarire che cos’è il Catechismo della Chiesa Cattolica e perché questo sia importante,
2°: quali siano i punti di contatto tra la Dottrina Sociale della Chiesa e il Catechismo della Chiesa Cattolica;
3°: attraverso il catechismo fare emergere alcuni punti, alcuni passaggi dove si parla della Dottrina Sociale e far vedere come questi principi emergono e quanto siano importanti.
4°: cercare di tracciare una linea di quella che è la D. S. della Chiesa.
5°: sottolineare la sua attualità.
L’ho lasciato in fondo apposta nel senso che c’è uno stile teologico secondo cui si parte dall’attualità per affermare che cosa è attuale nel messaggio cristiano e molto spesso si fa una sorta di scelta: quello che è giudicato attuale va bene e il resto si mette da parte.
Io invece rovescio il discorso: io vi dico queste cose perché le ritengo vere e proprio perché vere, secondo me, sono anche attuali. Se non fossero attuali, ve le direi lo stesso perché le ritengo vere e poi c’è un paradosso per cui tanto più ci si disinteressa di essere attuali ma ci si preoccupa di essere veri, tanto più poi si è attuali sul serio.
La rincorsa che abbiamo visto fare da tanti teologi dell’uomo d’oggi ha fatto sì che sono corsi dietro all’uomo d’oggi e quando l’hanno trovato hanno sempre trovato l’uomo di ieri e tante volte addirittura di ieri l’altro.
Vediamo allora perché il Catechismo della Chiesa Cattolica è così importante, perché dare così valore? Mi rendo conto di essere, anche in questo punto, un po’ controcorrente perché la tendenza attualmente nella Chiesa in generale non è molto favorevole al Catechismo della Chiesa Cattolica. Questo non da parte della gente: è stato un libro che ha avuto un successo editoriale straordinario (ne hanno venduti veramente tantissime copie) ma da parte anche qui dell’ambiente teologico. Mi riferivano di un convegno al quale io non ero presente, però me lo ha riferito persona di fede degna, dove un esperto di catechismi, parlando del Catechismo della Chiesa Cattolica, ha usato quest’espressione. ”E’ stato un incidente di percorso”. Questo già dice un po’ l’impostazione. In realtà è una cosa importantissima perché se noi prendiamo tutta la storia della Chiesa noi troviamo due catechismi: questo e un altro allo stesso livello di importanza, di ufficialità e di universalità e sono il Catechismo Romano (detto anche forse con terminologia più precisa Catechismo per i parroci) promulgato su mandato del Concilio di Trento da S. Pio V°, catechismo del 1566, e poi questo, promulgato in seguito al Concilio Vaticano II°, da Giovanni Paolo II° su indicazione del Sinodo dei Vescovi. Il sinodo dei Vescovi aveva rilevato l’urgenza, l’esigenza che al Concilio, così come era successo per il Concilio di Trento, seguisse un compendio della Dottrina Cattolica in modo che ci fosse un punto di riferimento per la catechesi, per i catechismi nazionali e poi ci fosse un punto di riferimento sia per i teologi, sia per i fedeli in modo tale da potere su argomenti principali sapere qual è il pensiero della Chiesa. La funzione del catechismo è proprio questa: essere una presentazione sicura e autentica del pensiero della Chiesa. Quindi vi rendete conto: in tutta la storia della Chiesa ci sono due catechismi: questo e un altro. Solo questa considerazione ci dà il valore e l’importanza di questo Catechismo.
Ci sono dei catechismi molto noti. Si parla del catechismo di S. Pio X e penso che tutti noi l’abbiamo conosciuto ed è un testo molto valido. C’è il catechismo per i bambini e c’è il catechismo per gli adulti. C’è infatti un catechismo per adulti di S. Pio X fatto con le domande e le risposte che è un metodo didattico molto buono e molto efficace. Però il catechismo di S. Pio X fu un catechismo promulgato per la diocesi di Roma ed è diventato di uso comune nella Chiesa semplicemente per osmosi perché anche le altre diocesi pian piano lo hanno adottato, però non è mai stato imposto e promulgato come catechismo della Chiesa. Di catechismi ufficiali della Chiesa, lo ripeto, ce ne sono solo due: quello di Trento e questo. Vi rendete conto l’importanza che ha.
Che rapporto ha con la Dottrina Sociale della Chiesa?
Il rapporto è di questo tipo: per la prima volta la Dottrina Sociale della Chiesa entra a fare parte integrante ed esplicita di un catechismo. La Dottrina Sociale della Chiesa c’è sempre stata perché non è nient’altro che la morale sociale, cioè la morale che riguarda la vita dell’uomo in quanto intrattiene con il suo prossimo dei rapporti di società. E’ ovvio che il pensiero cristiano ha sempre avuto qualche cosa da dire della vita sociale. C’è sempre stata una Dottrina Sociale della Chiesa. Si è cominciato a parlare di Dottrina Sociale della Chiesa a partire da un certo periodo storico. In particolare il pontificato di Leone XIII e ancora più in particolare l’enciclica Rerum Novarum costituiscono per qualche aspetto un punto di riferimento. Però la Dottrina Sociale della Chiesa è sempre stata vista come componente importante del Magistero della Chiesa e quindi certamente qualche cosa che coinvolge la fede del cristiano. Però per la prima volta diventa un fatto di catechismo. Dire che è Catechismo è dire che è qualche cosa che ogni cristiano qualunque deve conoscere almeno nelle sue linee essenziali. Il catechismo è il compendio della dottrina cristiana, cioè di quello che ogni credente deve in qualche modo conoscere secondo certamente il suo livello di cultura . Possiamo ora fare questa osservazione: che cosa è successo da un certo periodo in avanti? E’ successo che quando si parla di catechismo il pensiero va al periodo in cui o la domenica pomeriggio o il sabato pomeriggio il parroco radunava i bambini e si faceva la lezione di catechismo. Si faceva “la dottrina”. Per molti dire catechismo e dire che la Dottrina Sociale della Chiesa entra nel Catechismo ad una persona può far venire in mente di voler raccontare queste cose ai bambini. Parlare di problemi sociali: ma che senso ha? Questo perché il Catechismo viene associato all’esperienza del bambino. Da un po’ di tempo a questa parte, e ne ha parlato in modo molto forte e molto consistente il Beato Papa Giovanni XXIII, purtroppo, c’è una grande ignoranza religiosa e le conoscenze catechistiche non sono più proporzionate al livello di cultura della persona. E’ sempre più frequente, che una persona, che un laico abbia un livello di cultura abbastanza elevato, magari essere anche laureato, magari uno scienziato e poi la sua conoscenza del catechismo si riduce, quando va bene, alle rispostine del catechismo di S. Pio X. Parlare di catechismo vuole dire ormai parlare della conoscenza della dottrina della fede che deve essere proporzionata al grado di cultura proprio della persona. E’ chiaro che il catechismo della Chiesa Cattolica è soprattutto un catechismo per adulti. Anzi, è un catechismo che si rivolge innanzitutto ai Vescovi, poi ai sacerdoti e poi ai laici. E’ un catechismo che si rivolge al laico adulto, al laico che ha una sua cultura perché abbia un modo sicuro, pratico per conoscere il pensiero della chiesa.
Per la prima volta, vi dicevo, la Dottrina sociale della Chiesa entra quale parte integrante del catechismo. Già Papa Giovanni XXIII aveva fatto questa osservazione: “la Dottrina Sociale cristiana è parte integrante della concezione cristiana della vita”. Questa è un’affermazione contenuta nella Mater et Magistra, un’enciclica molto importante di carattere sociale di Giovanni XXIII. La dottrina sociale della chiesa non è un di più, non è qualche cosa di accessorio, non è uno sfizio, non è qualche cosa che riguarda soltanto qualche addetto ai lavori. La dottrina sociale della Chiesa riguarda ogni persona. Parte integrante della visione cristiana della vita. E’ ovvio che, posta questa premessa, la dottrina sociale confluisse nel catechismo, ne facesse parte. Però qualcuno potrebbe dire: ”Però una volta non si insegnava”. Una volta non ce n’ era bisogno perché nella misura in cui queste verità sociali erano per qualche verso vissute praticamente la necessità di conoscerla a livello riflesso non c’era. Adesso questa necessità è diventata molto molto forte.
Altra affermazione molto importante è quella che troviamo nella “Centesinus Annus”, un’enciclica del 1991 di Giovanni Paolo II, anche questa è un importante documento della Dottrina Sociale della Chiesa. Giovanni Paolo II fa questa affermazione: ”La nuova evangelizzazione, di cui il mondo moderno ha urgenza e necessità e su cui ho già più volte insistito, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della Dottrina sociale”. Quindi non soltanto è, come dice Giovanni XXIII, parte integrante della visione cristiana della vita ma, come dice Giovanni Paolo II: ”E’ necessaria una nuova evangelizzazione, siamo arrivati ad un punto della nostra storia in cui bisogna veramente ripartire”. A volte si usa l’espressione “bisogna ripartire da zero” (bisogna prendere con le molle questa espressione perché non si parte mai da zero. L’uomo non parte mai da zero, c’è sempre qualche cosa). Certo che quello che c’è ed è rimasto della civiltà cristiana, della cultura cristiana è veramente molto esiguo per cui veramente è necessario porre opera ad una nuova evangelizzazione. Giovanni Paolo II ci dice che la dottrina sociale della Chiesa è elemento, componente essenziale della nuova evangelizzazione. Quindi è importante il catechismo che contiene la Dottrina Sociale della Chiesa.
A questo punto ci si potrebbe chiedere dove si trova nel catechismo la Dottrina sociale della Chiesa. Il catechismo della Chiesa Cattolica ha conosciuto questo iter: è stato pubblicato prima nelle lingue nazionali, in francese, in italiano, in spagnolo poi è venuta l’edizione tipica che, come ben sapete è in latino. La promulgazione è avvenuta in questo modo e credo che la cosa non sia successa per caso .Perché è successa una cosa così anomala? Perché in altri momenti era successo che la Chiesa promulgasse un suo documento nella lingua ufficiale che è il latino e, promulgato il documento, tutti lo traducessero non in modo corretto, o, peggio ancora, ad usum delfini. Edotta da quello che era successo in passato, la Chiesa ha promulgato prima nelle lingue nazionali principali poi nell’edizione tipica, completando così l’itinerario.
Questa che vi mostro è l’edizione più ufficiale: infatti c’è l’italiano e il latino a fronte. Qui hanno aggiunto anche un indice abbastanza ben fatto. Nelle edizioni precedenti l’indice è deludente e inutilizzabile perché non si trova nulla. Questo è fatto certamente meglio. Però se una persona commettesse l’ingenuità di dire: ”Mi è stato detto che nel catechismo c’è la Dottrina sociale della Chiesa, andiamo a cercarla”.
Va a cercare la voce Dottrina sociale della Chiesa e trova quattro o cinque numeri del catechismo. Effettivamente se si usasse questo metodo sarebbe un’ingenuità. Di fatto, la Dottrina Sociale della Chiesa è sparsa un po’ per tutto il catechismo. O meglio: è condensata nella terza parte del catechismo. Sapete che il Catechismo si divide in quattro parti esattamente come il catechismo Romano, il Catechismo per i parroci. La prima parte è un commento al Credo, la seconda parte è un commento ai sacramenti, la terza parte è un commento ai comandamenti e la quarta parte è un commento al Padre Nostro. L’ordine ha un senso, non è a casaccio. Prima il Credo, cioè prima la Fede, che è fondamento, poi la fede per essere vissuta ha bisogno dell’aiuto di Dio, cioè della Grazia. La grazia, ordinariamente, ci raggiunge attraverso i sacramenti, attraverso la celebrazione della vita sacramentale della Chiesa: prima di tutto dell’Eucarestia e poi di tutti gli altri Sacramenti. La fede e i sacramenti, poi le norme morali, perché solo una volta che tu hai la Fede e hai la Grazia che ti raggiunge attraverso i Sacramenti, tu puoi vivere secondo la retta norma morale. In fondo il Padre Nostro che è il compendio della preghiera e di tutto quello che noi possiamo chiedere al Signore e rappresenta il coronamento della vita cristiana.
Qual è la cosa più importante che un uomo può fare in questo mondo? La cosa più importante, la cosa più significativa che uno può fare in questo mondo è entrare in rapporto di colloquio con Dio e questa è la preghiera cioè la dimensione contemplativa perché è quella che diventa l’anticamera, la via d’accesso a quello che siamo chiamati a fare per tutta l’eternità: contemplare e amare Dio eternamente.
Questo è l’itinerario del catechismo. La Dottrina Sociale della Chiesa si situa nella terza parte, cioè quando si parla della vita morale della Chiesa. E’ distribuita in vari modi. Prima di vedere quali sono i luoghi e quindi poi i contenuti della Dottrina Sociale chiediamoci: ma che caratteristiche ha, che cos’è questa Dottrina Sociale? Prendo Spunto, perdonatemi il gioco di parole, dal titolo che dice appunto “Spunti per una politica cristiana“ del Catechismo della Chiesa Cattolica. Non l’ho fatto io questo titolo, ma mi torna proprio bene. Spunti, perché effettivamente la Dottrina Sociale della Chiesa fornisce solo degli spunti alla politica cristiana e questa è una sua caratteristica. Spunti vuole dire orientamenti cioè la Dottrina Sociale della Chiesa dà degli orientamenti di fondo. Esplicitamente il Catechismo dice: “La Dottrina Sociale della Chiesa non fornisce dei modelli politici già fatti”. E qui la Dottrina Sociale della Chiesa si situa a metà strada, in mezzo, ma in mezzo che è un giusto mezzo, è la sintesi superiore tra due rispettive altrettanto errate: una è la prospettiva ideologica.
Le ideologie! Un’ideologia che cosa è? E’ una costruzione mentale che pretende di interpretare in modo esaustivo e globale il mondo, la realtà, sulla base della quale poi si deve passare all’azione. Penso che tutti voi vi ricordiate la famosa frase di Marx, che è la sua 11ª tesi su Feuerbach che è:” Fin adesso i filosofi hanno speculato sul mondo, ora è venuto il momento di cambiarlo”. E tutti noi sappiamo in che cosa è consistito questo cambiamento, questo sforzo di cambiamento. L’uomo concepisce delle idee, ha una costruzione ideale ben precisa, scopre e vede che il mondo non combacia e si sforza di farlo combaciare. Se i fatti non ti danno ragione, tanto peggio per i fatti. Anche questo è uno schema che noi tutti abbiamo avuto davanti, abbiamo visto, e abbiamo visto la rovina di tutto ciò che ho detto ed è la mentalità ideologica.
La Dottrina Sociale della Chiesa non vuole assolutamente essere un’ideologia, cioè non ci dà una descrizione del mondo, della vita sociale nel dettaglio; non vuole darla. L’altra prospettiva è quella di ridurre la politica a pratica : nessuna prospettiva ideale, si viaggia con il piccolo cabotaggio, si naviga a vista, dove tutto poi si riduce ad alleanze a traffici, a spartizioni ed è quel tipo di politica che tutti noi sappiamo che non ha nessun valore, povera di valori, povera di ideali, povera di entusiasmo. Evidentemente, la Dottrina Sociale non vuole neppure essere questo tipo di politica. Cosa vuole essere? Vuole essere l’insieme di principi che si possono ricavare dal Vangelo, dalla rivelazione soprannaturale di Dio e da quelle verità di ordine morale che vengono anch’esse da Dio e che sono accessibili e acquisibili anche soltanto con la ragione dell’uomo. Questi principi, queste norme fondamentali costituiscono degli spunti.
Nella Chiesa si riconosce al laico in quanto laico una sua specifica vocazione. Il laico è colui che si deve occupare della vita temporale nella prospettiva di rendere tutte le cose che riguardavo la vita temporale confacenti al piano di Dio. Tali da costruire una società in cui comportarsi da cristiano è più facile. Una società in cui il male è combattuto con coerenza e con decisione e in cui il bene è promosso. Promosso e non fatto. Le leggi non fanno il bene, le leggi permettono il bene, favoriscono il bene, tolgono di mezzo gli ostacoli, ma il bene lo devono fare gli uomini, lo devono fare le persone. Questa è la prospettiva della Dottrina Sociale. Il laico è quello che ha questo compito. Allora quando si sente dire, ed è diventato quasi un luogo comune, la Chiesa non deve fare politica, cosa vuole dire con questo? C’è un senso positivo di questo testo e cioè che la Dottrina Sociale della Chiesa non è un programma politico immediato. Il programma politico lo deve fare il laico in una determinata situazione vedendo la realtà e il contesto nel quale si trova. Però, il senso negativo è questo: non si può negare alla Chiesa il compito, il dovere di dare dei giudizi morali sulla vita politica e sui rapporti politici. Giudizi morali vuole dire criteri di giudizio per cui io posso giudicare se una prospettiva politica, un programma politico che mi viene presentato è tale da contraddire quelli che sono i principi della mia fede e le norme che il senso comune mi permette di constatare nella vita dell’uomo e nella sua vita sociale. Bisogna stare attenti a non chiedere alla Dottrina Sociale di più di quello che lei può dare, ma bisogna stare attenti anche a non minimizzare, a considerare la Dottrina Sociale in tutta la sua portata perché la Dottrina Sociale ha un valore enorme. Sono solo spunti, ma sono spunti importanti. Sono spunti decisivi, fondamentali , non sono cose di dettaglio.
Vediamo allora dove possiamo trovare alcuni elementi di questi spunti.
Una parte cospicua della Dottrina Sociale della Chiesa la troviamo nella parte 3ª, quella dei comandamenti , nella sezione 1ª, dove si fa un discorso generale sull’uomo, senza entrare nella spiegazione di dettaglio dei X comandamenti, al capitolo 2°.
Il capitolo 1° è intitolato :” La dignità della persona umana” e sviluppa la vita morale descrivendo tutte quelle che sono le condizioni della vita morale : che l’uomo ha un fine, che l’uomo cerca di raggiungere questo fine ponendo degli atti che devono essere liberi, che ci vuole una legge, che c’è la Grazia che aiuta l’uomo ad obbedire alla legge e a realizzare il suo proprio fine.
Il capitolo 2° è intitolato: “ La comunità umana” cioè viene messo a fuoco il problema della vita sociale dell’uomo, cosa molto importante perché, se ci riflettiamo, un certo modo sbagliato di intendere la morale è quello di intenderla come qualche cosa che riguarda l’individuo, la persona singola. Il mio rapporto con le cose, con me stesso, e la cosa si riduce lì. Pensare che la morale riguardi il nostro rapporto con la società, pensare che la morale riguardi la politica, pensare che la morale riguardi l’economia è qualche cosa che è un po’ uscito dalla mentalità comune. Sono queste considerazioni di una ovvietà totale. Per qualche verso sono delle ovvietà, ma tante volte le cose ovvie sono anche le più importanti, sono quelle cose che si danno sempre per scontate e che scontate non sono. E’ già un principio della Dottrina Sociale della Chiesa dire che la politica soggiace alla morale. La politica non è solo l’arte di riuscire a risolvere i problemi. La politica soggiace alla morale : ci sono dei comportamenti politici che sono immorali, ci sono dei comportamenti politici che sono morali, così come per l’economia. Pensare a questo è già una cosa importante. Quante persone quando si fanno l’esame di coscienza si pongono domande che hanno relazione con la Dottrina Sociale. Per esempio , butto lì, domande del tipo:” Cosa faccio io per la mia Patria?” La dottrina Sociale ci dice che abbiamo dei doveri nei confronti della Patria. Da che cosa nascono questi doveri? E’ un problema di giustizia, nascono dal fatto che io ho ricevuto una lingua, una cultura, una storia, una identità. Sono un italiano e il fatto di essere un italiano vuol dire qualcosa: non mi sono fatto io, tutte queste cose le ho ricevute, sono un dono che ho ricevuto dai miei maggiori. La Dottrina Sociale della Chiesa ci dice, ora non sto qui a cercare i pezzi, il mio obiettivo è quello di dirvi delle cose che vi facciano venire voglia di prendere in mani il catechismo e di andare a cercare, ci dice che il 4° comandamento non ci ordina soltanto di amare il papa’ e la mamma, ma ci dice che dobbiamo amare i nostri nonni, i nostri antenati. Voi direte: ”Ma chi è che in confessionale va a dire queste cose?”: Eppure è importante che recuperiamo queste cose altrimenti il mondo, così come si sta configurando, assomiglierà sempre più ad una specie di macchina tritasassi in cui tutto è spappolato e le identità spariranno. Questo sarebbe un danno enorme che potrebbe diventare una tragedia antropologica perché l’uomo ha bisogno d’identità e d’appartenenza. Ogni uomo, siccome non è una monade, e la Dottrina Sociale della Chiesa ce lo dice, ha bisogno di sentirsi parte di qualche cosa e di sentire questo rapporto, di viverlo, perché diversamente sta male, non si realizza come uomo. E’ nella sua natura. Quando si parla di diritto naturale si parla di questo. L’uomo nasce in una famiglia, e la famiglia non è mai da sola. La famiglia è la cellula fondamentale della società. E’ questa un’altra affermazione della Dottrina Sociale. E la società è come un corpo, un organismo del quale io faccio parte, con la quale intrattengo rapporti, per cui questa società mi dà una cultura, una identità ed io ho il dovere di corrispondere. Un dovere che si configura in un rapporto anche affettivo. E’ normale, è giusto che una persona ami la sua Patria. Poi è chiaro che questo rapporto, come tutti i rapporti può essere sbagliato, può essere esagerato. Quando io faccio dell’amore alla mia Patria qualche cosa che mi porta a disprezzare le altre patrie, che mi porta a non tenere conto delle altre norme morali perché quello viene considerato come il valore fondamentale, il valore base che annulla tutti gli altri valori, allora si cade nel difetto, nel rischio di un nazionalismo esagerato, sbagliato che la Dottrina Sociale della Chiesa condanna. Ci vuole il giusto mezzo: la morale sociale è fatta di giusto mezzo. Devo amare la Patria e uno dei segni di amore autentico alla patria è quando so apprezzare anche l’amore che altri, di patrie diverse, hanno per la loro Patria. Io stesso mi faccio portatore di questo principio: che anche loro hanno il diritto e il dovere di coltivare questo loro amore che è nell’interesse di una vera convivenza umana. La convivenza umana diventa reale e si può parlare di dialogo e il dialogo funziona quando le due persone che dialogano hanno una loro identità precisa, sanno chi sono, sono ben radicati. Vedete che questo è un elemento importante anche perché ci sia un autentico dialogo. Il solo fatto che il Catechismo metta nella sua trattazione della morale non soltanto i problemi dell’individuo, ma i problemi della società, è già una cosa importantissima. Vuole dire educare il cristiano a capire che la norma morale va rispettata non soltanto nella prospettiva della propria vita individuale, ma anche della propria vita sociale. La partecipazione alla vita politica è un dovere non è un di più, non è un optional. Poi ciascuno vi parteciperà secondo i propri talenti, secondo le proprie capacità, ma è qualche cosa che ciascuno deve fare anche quando la vita politica assume dei connotati tutt’altro che interessanti, tutt’altro che simpatici tali da provocare forme di rifiuto, di rigetto. E’ come se per caso, a me non è successo e spero a nessuno di voi, i genitori si comportano male, veramente male , il figlio deve amare i genitori lo stesso e si deve occupare di loro. La stessa Dottrina Sociale ce lo ricorda. I tuoi genitori si sono comportati malissimo, ma tu sei loro figliolo e te ne devi occupare. La vita politica è una vera schifezza, te ne devi occupare. E’ un dovere. Dicevo che qui ci sono i principi di riflessione. Che valore ha questa dimensione sociale dell’uomo? La Dottrina Sociale della Chiesa ci ricorda che la dimensione sociale dell’uomo è qualche cosa che viene dalla sua natura. Il Catechismo riassume qui tutta una tradizione molto lunga che ha le sue origini nel Corpus Leoninum; cioè tutto quell’insieme di encicliche sociali di Leone XIII° e che poi sono state sviluppate dai successori. Essere, vivere in società non è qualche cosa che si aggiunge all’uomo, ma è qualche cosa che fa parte intrinsecamente all’uomo. Questa dottrina si contrappone ad un’altra visione del rapporto tra uomo e società , quella visione che noi possiamo identificare in modo tipico in quel filosofo che tutti conosciamo e che è Jean-Jacques Rousseau (1712-1788). Egli pone la società come frutto di una decisione libera dell’uomo. C’è stato un patto sociale all’origine e il che vuol dire che l’essere sociale è qualche cosa che è stato frutto della decisione dell’uomo, nasce dalla volontà dell’uomo. La Dottrina Sociale della Chiesa ci dice che tale patto sociale viene dalla natura dell’uomo. Non era qualche cosa di tuo arbitrio, non è che tu hai deciso di stare con gli altri , tu sei nato in mezzo ali altri e non ne puoi fare a meno. La Dottrina Sociale della Chiesa ci richiama anche i motivi fondamentali di questo. Esite un motivo sociologico, per così dire, in senso ampio: l’uomo si distingue dagli altri animali, l’uomo è anche un po’ un animale, ma non è solo un animale per questa caratteristica che mentre gli altri animali hanno normalmente una indipendenza molto veloce e quando sono messi al mondo se la cavano abbastanza alla svelta. Un pulcino rompe il guscio dell’uovo e dopo un pò vedete che comuncia già a beccare per conto suo, viaggia già per conto suo. Plinio il Vecchio diceva che il cucciolo d’uomo appena nato sa fare una cosa sola : piangere. Se non c’è qualcuno che gli dà aiuto e alla svelta il suo itinerario terrestre si chiude. Questo aiuto è un aiuto che dura a lungo . Quand’è che uno può diventare veramente indipendente? Dipende un po’ dai fattori temporali. Oggi vediamo che l’indipendenza arriva molto tardi. Si trovano dei giovanotti che iniziano ad affrontare la vita a trentacinque anni e alle volta anche più tardi. Però è chiaro che ci vuole un lungo itinerario: non è solo il problema che gli venga dato da mangiare, è un itinerario complesso che richiede quindi una comunità educante e la Dottrina Sociale della Chiesa ci ricorda che questa comunità l’uomo non se la inventa, ma la trova. Cellula primordiale della società, luogo in cui l’uomo è educato, la famiglia che precede anche la scuola. Non sto qui ora ad esemplificare: ci vorrebbe troppo tempo. Vi dico che tutte queste cose le trovate nel Catechismo. La famiglia precede la scuola che è un posto dove si completa l’informazione per lo più, anche se la scuola educa . L’educazione si riceva nella Famiglia. Ci sono dei valori che si ricevono solo lì e questo spiega già tutta la prospettiva. Dov’è che l’uomo impara ad amare? Sui libri? Dove va a cercare questo contatto che è fondamentale per la sua vita? Lo trova sul volto sorridente e amante di una mamma. Quando si schiude alla vita l’uomo trova un volto e lì comincia, impara. Noi sappiamo, e la psicologia oggi ce lo conferma , che quando questo primo momento non è come dovrebbe essere nascono dei traumi che si trascinano e che non si rimediano tanto facilmente. Anzi, credo che certi traumi si possano rimediare solo se intervenga un fattore in più, un x, quello che noi chiamiamo Grazia e allora il Signore può sanare anche quello che umanamente non sarebbe sanabile. Dov’è che uno impara che cosa vuol dire paternità, che cosa vuol dire maternità? Impara concretamente e non il nome o il significato delle parole. Un mio amico, un amico di gioventù, eravamo studenti insieme anche se in scuole diverse, dell’associazione, tra l’altro, ora è insegnante, mi diceva del trauma che ha provato quando ha partecipato dopo anni che non lo faceva più ad una gita scolastica. Una occasione per stare un po’ più vicino ai suoi studenti. Sul pulmann ho trovato che l’atmosfera non era come quella delle gite scolastiche di una volta. Nelle gite scolastiche di una volta c’era una confusione, gente che chiacchierava, che urlava, che si muoveva; ora invece tutti fermi, non si parlavano fra di loro perché tutti avevamo l’auricolare ed ascoltavano. Il professore si siede vicino ad una sua alunna e prova a farla parlare un po’. Fa un po’ fatica a farle togliere l’auricolare . Mi riferisce questo dialogo, e ci credo perché è persona seria: “Che cosa fa tua mamma?” – “Lavora” – “E che lavoro fa?” “Non lo so”. Mi sono sentito gelare. Peggio con un altro. “E tua mamma?” – “Mia mamma non la conosco tanto bene perché è andata per conto suo”. Drammi e tragedie che conosciamo.
Vi rendete conto? Questi sono casi limite, se poi sono veramente casi limite. Allora cerchiamo di capire cosa si impara in famiglia. Quello che si impara o si dovrebbe imparare in famiglia forse lo si capisce meglio quando viene meno questo tipo di insegnamento. Sono solo degli spunti , ma sono degli spunti che sono dei macigni perché sono quelle cose che sono fondamento. Poi si può discutere su come fare la legge, su che proposte di legge fare. La famiglia è un fondamento.
Altro motivo di socialità, qui evidentemente, per ovvie ragioni, la Dottrina Sociale della Chiesa dice al numero 1878 del Catechismo : “Tutti gli uomini sono chiamati al medesimo fine . Dio stesso. Esiste una certa somiglianza tra l’unione delle Persone divine e la fraternità che gli uomini devono instaurare fra loro,nella verità e nella carità”. E’ un’affermazione importante perché ci aiuta a capire qualche cosa di fondamentale per quello che è la nostra cultura cristiana. Noi viviamo ormai in uno stato abbastanza inerziale dei principi che vengono da lontano, che vengono dalla nostra cultura cristiana che è una cultura che si è forgiata intorno ad una immagine di Dio che è un Dio Uno e Trino. Ci sono culture che non sono state forgiate così. Ci sono culture, e prendiamo ad esempio la cultura islamica, dove Dio è uno e basta. Il che non vuole dire che non sia lo stesso Dio però è un Dio conosciuto solo in quella prospettiva. Noi invece lo conosciamo Uno e Trino. Questo ci ha forgiati .
Se l’uomo è creato ad immagine e
somiglianza di Dio, questo getta una luce nuova su quello che già peraltro possiamo sapere a livello naturale: l’uomo la socialità ce
l’ha nella natura, ma la socialità ce l’ ha anche perché gli è impressa da
quell’immagine di Dio Uno e Trino. Pensate bene a quanto l’uomo prova piacere e
si sente realizzato quando entra in relazione con le persone. E’ un pensiero
che può fare paura, ma è anche un pensiero salutare: provate ad immaginare
l’inferno (verità della Fede di cui non si parla ormai quasi più ma che c’è lo
stesso). L’Inferno che cos’è? E’ la
solitudine. Tu che non riesci più a stabilire nessuna relazione con
nessuno perché sei nell’odio. Guardate che questa è una cosa che, se ci
pensiamo bene, fa quasi più paura del fuoco. Non avere più relazioni con
nessuno. Ci sono però gli eremiti che vanno sui monti. Ma l’eremita va sui
monti perché lui ha capito ed è riuscito
a stabilire una relazione Altra, con
altre persone che sono le Persone Divine. L’eremita parla con Dio e allora se
ne può stare anche da solo. Se qualcuno di voi ha fatto gli esercizi di S.
Ignazio, sa che lì si sta in silenzio ma è un silenzio denso, un silenzio
pieno, non è un silenzio vuoto. Il silenzio senza niente è una cosa terribile.
Il silenzio del contemplativo è un silenzio pieno perché è un silenzio di
relazione: si entra in relazione con Dio. L’uomo ha bisogno di relazioni.
L’uomo non sta bene se non entra in telazione con gli
altri. Quante azioni dell’uomo sono azioni tecnicamente inutitli:
“Andiamo a prendere un caffè al bar!“
Ma il caffè non è che ti interessa un gran che, però fai quattro chiacchiere
con una persona e ne hai bisogno. Sappiamo che l’uomo se non ha dei punti dove
incontra altri e può parlare con loro sta male. Per parlare con gli uomini
bisogna avere dei punti in comune se no la cosa non diventa neppure
interessante. Bisogna condividere qualche cosa. Ecco allora l’importanza che
prende il fatto che ci deve essere condivisione della Verità e che il
relativismo che oggi si sta diffondendo e che potremmo dire l’errore
principale, fonfamentale che sta dietro a tanti
errori che noi oggi incontriamo, distrugge la relazionalità
fra gli uomini. Quando non ci sono più valori condivisi, l’uomo non riesce più
ad entrare veramente in relazione con il suo prossimo perché non ci si trova
più d’accordo su niente e l’accordo finisce per scivolare su cose marginali.
Sono secoli che noi assistiamo ad una corrosione dei valori : i valori
religiosi, i valori politici, i valori economici. Ormai l’ultima realtà su cui
ci possiamo trovare, possiamo condividere sono i freddi numeri. Di che cosa si
parla nei giornali? Quale è la prima notizia ? E’ la borsa. Sul numero non si
litiga più, ma sul resto non è rimasto più nulla. A questo punto, per esempio,
ancora la Chiesa dice:”E’ importante che
ci sia questa vita sociale, che è al servizio della persona”. Questo è un
altro principio molto importante. La vita sociale, siccome viene dalla natura
dell’uomo, non è qualche cosa che può trascendere talmente l’uomo da
asservirlo. La vita sociale è al servizio dell’uomo, quindi è fatta per la
persona. Tutta la vita sociale in definitiva è al servizio della persona. Il
numero 1883 dice:”La socializzazione
presenta anche dei pericoli. Un intervento troppo spinto dello Stato può
minacciale la libertà e l’iniziativa personali”. La Dottrina della Chiesa
ha elaborato il principio detto di
sussidiarietà. Secondo tale principio una società di ordine superiore
non deve interferire nella vita di una società di ordine inferiore privandola
delle sue competenze ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e
aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali
in vista del bene comune. Da quello che
il Catechismo dice -ed è un punto davvero importante della Dottrina Sociale
della Chiesa- si capisce che Stato e società non sono la stessa cosa. L’uomo
stabilisce dei rapporti societari, ma tutto questo non coincide con la vita e
con l’attività dello stato. Lo stato viene concepito come la organizzazione della società. Se la
società non fosse organizzata, non ci fossero delle autorità, non ci fossero
dei poteri, non ci fossero delle leggi, vi sarebbe una confusione terribile che
contraddirebbe la sua stessa natura. L’uomo ci starebbe male. Però la Chiesa è
ben consapevole di questo punto. Lo Stato è una organizzazione della Società ma
non deve assorbire la società e non si deve identificare con essa. Si parla di
totalitarismo, molto difficile da definire, per il quale forse una delle
definizioni più corretta è questa: si può dire che una società, una comunità è
totalitaria quando lo stato assorbe la società. La società è fatta dalle
famiglie, la dottrina Sociale della Chiesa ne parla, è fatta dai corpi intermedi
che sono tutte quelle forme associative che non sono di necessità di natura (la
famiglia è di necessità di natura, anche la società politica è di necessità di
natura) ma tutte quelle forme di organizzazione
di varia natura che nascono dalla
libera scelta dell’uomo e che arricchiscono e rendono varia e organica la società. Lo Stato deve
controllare, organizzare, fare in modo che la vita sociale si svolga nel
migliore dei modi ma non deve assorbire.
Quindi, il principio di sussidiarietà dice che lo Stato interviene solo quando
le persone, le famiglie e le organizzazioni libere che gli uomini sono riuscite
a fare non riescono a soddisfare i loro bisogni. Lo Stato deve guardarsi bene
dall’intervenire comunque e sempre. Il principio di sussidiarietà si oppone a
tutte le forme di collettivismo. Esso precisa i limiti dell’intervento dello
Stato. Un altro principio importante è questo (n. 1886): “La società è indispensabile
alla realizzazione della vocazione umana. Per raggiungere questo fine è
necessario che sia rispettata la giusta gerarchia dei valori che subordini le
dimensioni materiali ed istintive a quelle interiori e spirituali”
Quali sono i valori intorno a cui si costruisce una società e che rapporto devono avere fra di loro?
Ci sono dei valori che sono spirituali, che non sono corporei, non si toccano, non si vedono, non sono misurabili, ma che pure costituiscono dei valori imprescindibili per l’uomo e che devono essere più importanti altrimenti la società non è più a misura d’uomo. Credo che tutti noi abbiamo davanti agli occhi quello che succede quando la società si appiattisce; l’uomo ci sta male e inevitabilmente cerca altrove, cerca fuori la soddisfazione a questo suo bisogno di valori trascendenti e lo può cercare nei modi più impropri, più sbagliati. Oggi vedete, si è profetizzata a causa della secolarizzazione una diminuzione del fenomeno religioso e addirittura una sua scomparsa. C’erano dei sociologi che si erano lanciati in questo tipo di previsioni: la secolarizzazione porterà alla scomparsa delle religioni. Noi oggi vediamo che c’è un’inflazione di una religiosità sbagliata, deviata fin che si vuole , ma c’è perché l’uomo non ne può fare a meno, magari anche sotto forme violente perché quando una cosa non viene data e viene compressa poi viene cercata in modi violenti ed impropri. Altro elemento importante della Dottrina Sociale è quello della narura dell’autorità. Una volta che noi abbiamo capito che l’uomo deve vivere in società perché questo è confacente, è necessario alla sua natura, la struttura della vita sociale comporta l’esigenza dell’autorità, di un principio di autorità. Questo principio di autorità la chiesa ha sempre affermato, basandosi sulle Sacre Scritture, che viene da Dio. In che senso viene da Dio? Non nel senso che chi gestisce l’autorità deve essere investito direttamente da Dio del suo potere, ma nel senso che , essendo qualche cosa che viene dalla natura viene da Dio, indirettamente, attraverso la natura. Ogni forma di aurorità è qualche cosa che viene da Dio. Se noi guardiamo la storia e la tradizione di tutti i popoli vediamo che l’esercizio dell’autorità è sempre collegato ad una sfera sacrale perché si è capito che chi esercita una autorità lo fa sempre a nome di Dio . Allora leggiamo al numero 1899: ”L’autorità, esigita dall’ordine morale e viene da Dio”. E poi viene citato Romani 13,1-2 : ”Ciascuno sia sottomesso all’autorità costituita; poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna”.
Tante altra cose si potrebbero dire, ma io vi ho detto prima che avrei fatto soltanto una spigolatura e ho spigolato solo qualche fiore da quello che si può trovare nel Catechismo. Vi segnalo che oltre a questa parte che è la parte generale che precede la trattazione dei comandamenti troviamo importanti elementi della Dottrina Sociale nella parte che riguarda il 4° comandamento dove di parla della famiglia, dell’autorità della società civile, dove di parla del 5° comandamento toccando il problema della pace , e della guerra. Proprio questa mattina il portavoce della sala stampa del Vaticano, il Dott. Navarro Valls, ha dichiarato, probabilmente a nome della Santa Sede, che la guerra che è in corso contro il terrorismo, è una guerra che può essere configurata, secondo la morale cristiana, come una guerra di legittima difesa, è esercizio di legittima difesa. Naturalmente deve essere condotto secondo le caratteristiche che deve avere la legittima difesa, cioè deve esercitare la forza solo nella misura in cui ciò è esigito dal fatto di difendere realmente la vita delle persone. Non solo: l’esercizio della legittima difesa è un diritto. L’uomo ha diritto di difendersi. Se è minacciato nella vita, può esercitare questa sua difesa anche con le armi. La Chiesa ammette, la morale cristiana ammette che un uomo possa rinunciare a questo suo diritto, così come uno può rinunciare ad una suo diritto di proprietà.
Il diritto di proprietà è riconosciuto, io posso possedere, ma posso anche rinunciare a possedere. Ma vedete il problema è questo: la rinuncia deve essere qualche cosa che nasce dalla libertà. Io non posso imporre a nessuno la rinuncia al diritto di proprietà’, io non posso imporre a nessuno la rinuncia al diritto alla difesa. Qui si aprirebbe un campo molto importante su un aspetto della Dottrina Sociale della Chiesa. Essa è fatta di norme con delle aperture che aprono la strada al trascendimento delle norme, alla santità. Una società dove ci siano soltanto delle norme regolative tutte ben oliate, tutte ben preparate, ma che non si apre al trascendente, al trascendimento delle norme è una società piatta. Pensate ad esempio alla società medioevale che era una società regolata intorno a dei monasteri dove però gli uomini vivevano in un alto modo, dove non toccavano armi, dove cercavano di vivere in fraternità, dove non avevano proprietà, dove cercavano di realizzare al massimo quella che poi è la prospettiva futura alla quale Dio ci chiama. Però il punto importante è proprio questo, quello che differenzia: ci sono delle somiglianze fra prospettive della Dottrina Sociale della Chiesa e prospettive ideologiche, ma la differenza fondamentale è questa: parto da Paolo VI, e l’ha portata avanti Giovanni Paolo II: noi vogliamo costruire la Civiltà dell’amore. E’ un ideale. Civiltà dell’amore vuol dire una civiltà dove l’amore per Dio e l’amore al prossimo siano gli elementi veramente determinanti. Però vi faccio notare una cosa: in che cosa si distingue questo da un utopismo ideologico? Che tutto questo è costruito sulla libertà. L’amore c’è solo se c’è la libertà. Potrete costringere uno a fare qualsiasi cosa, ma non potrete costringerlo ad amare. La civiltà dell’amore è fondata sulla libertà. La Dottrina cristiana dice: se è in gioco la tua vita , tu puoi rinunciarvi, anzi, il Signore ti dice: ”Porgi l’altra guancia”. Ma se è in gioco la vita degli altri la difesa è un dovere. La Chiesa parla di dovere. Quando è in gioco la vita, il corretto ordine della società e la vita degli altri, il diritto di difesa diventa un dovere. Un dovere da esercitarsi sempre, e questo è un aspetto poco conosciuto della Dottrina Sociale. La Chiesa ha sempre guardato con sospetto e per qualche verso ha tollerato e sopportato il servizio militare obbligatorio, che è una cosa tipicamente moderna ed è nato con la rivoluzione francese. In una società tradizionale fare il soldato era una cosa che uno faceva e chi non lo voleva fare era libero di non farlo. E’ chiaro che con la guerra moderna, con la guerra totale è diventato una necessità, perché uno stato che avesse rinunciato alla coscrizione obbligatoria si sarebbe trovato ben presto in condizioni decisive di inferiorità nei confronti di altri stati. Allora subentra un altro principio: quando è messa a rischio l’identità della nazione, quando è messo a rischio il bene comune totale, allora subentra un dovere, allora lo devi fare. Però la Chiesa ha sempre insistito su questo aspetto: la libertà. C’è un episodio della vita di S. Francesco che è molto significativo e molto bello e ci permette di capire come possono stare insieme queste cose: da una parte il fatto che la Chiesa spinge nel senso di Cristo verso un trascendimento stesso delle norme, nel senso della civiltà dell’amore senza peraltro venire meno al dovere di difendere i deboli. S. Francesco aveva fatto questa scelta della povertà che per lui era certamente la cosa centrale, anche se guardando attentamente le fonti, la cosa più importante per S. Francesco era l’ubbidienza e non la povertà. Ebbene, lui rimproverava i suoi quando vedeva che c’erano delle carenze o dei tentennamenti o delle deviazioni nel senso della povertà, ma non tollerava che i suoi rimproverassero gli altri perché non erano poveri: ”Voi dovete essere poveri, ma guai se uno va a dire ad un altro che fa peccato perché non è povero”. Ma allora com’è? Il Signore ti ha chiamato a questo e tu, nella libertà lo fai. Un altro non è stato chiamato a questo e allora fa un’altra cosa. Il fondamento è proprio questo: tutto deve essere fondato e realizzato nella libertà E allora, giustamente, Mons. Maggiolini se l’è presa con quelli che, quando si è parlato e si è vista la reazione dell’America nei confronti di quello che è successo e quindi la caccia ai terroristi, hanno cominciato a tirare fuori la morale cristiana dove dice che si porge l’altra guancia. Lui ha detto che questa è imposizione . Non si può imporre a nessuno una cosa del genere. Bisogna intervenire e difendere; la difesa diventa qualche cosa di doveroso. Poi c’è la tua scelta personale, che devi fare, che puoi fare, anzi che è bene fare. La Chiesa e il diritto di cui si parla qui, che in ciò è chiarissimo, non è favorevole alla guerra. Chi è favorevole alla guerra in quanto tale? La guerra semplicemente è uno scotto che si deve pagare al peccato, al peccato originale. Ci sarebbe da aprire un altro capitolo anche sul peccato originale che è una verità della nostra fede, ma è anche una verità di senso comune. Come si fa a capire che abbiamo il peccato originale? Prendete il capitolo 7° della lettera ai Romani e leggetelo attentamente là dove sta scritto :”Vedo il bene e faccio il male”: L’aveva già detto Ovidio nella Metamorfosi: ”Vedo il bene che è bello, ma faccio il male”. Perché? Perché c’è qualche cosa che non va dentro di me. Se non teniamo conto del peccato originale è chiaro che non capiamo tutto questo discorso e come il pensiero cristiano possa tenere insieme questo e quello. Il peccato originale obbliga, costringe: ci sono i malvagi, e bisogna difendere gli innocenti e i buoni contro i malvagi ma non più di quel tanto perché anche il malvagio è portatore di diritti, è sempre un uomo. Se puoi, senza nulla togliere alla difesa dell’innocente, devi cercare di redimerlo e non lo devi trattare peggio di quello che lui si merita, perché è un uomo e non è che la sua malvagità lo annulla totalmente nella sua dignità di uomo. Va trattato in un certo modo, però il malvagio va combattuto. L’attualità, credo a questo punto sia sotto gli occhi di tutti e sia importante tenere conto di questo fatto che il cristiano deve meditare attentamente su questo punto: la nostra fede non è qualche cosa che riguarda soltanto l’individuo, la nostra fede è qualche cosa che inevitabilmente riguarda anche i rapporti sociali, i rapporti economici e politici. Concludo con una citazione che mi è particolarmente cara: me la sono messa nella prima pagina della Bibbia, così ogni volta che apro la trovo. E’ una frase che risale al 1982, proprio all’inizio del pontificato dell’attuale papa : ”Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”. E cultura qui non vuole dire scrivere libri o fare circoli intellettuali; cultura vuole dire elaborare l’umano in tutte le sue forme, coltivare l’uomo che è qualche cosa che deve essere coltivato nei suoi rapporti sociali, nei suoi rapporti economici, nei suoi rapporti politici. La fede se è vissuta origina una civiltà, origina una società cristiana. Il Papa, in un discorso molto bello, in Ungheria, se non mi ricordo male nel 1992, disse:”Come sarà la civiltà cristiana?” Solo questo fatto ci dice una cosa bellissima e che cioè che il Papa è convinto che ci sarà. “Come sarà non lo possiamo sapere,così come non lo potevano sapere i primi cristiani”. I cristiani dei primi secoli certamente si sarebbero stupiti se avessero visto la civiltà medioevale, non se la immaginavano neppure! E’ saltata fuori, diversa da come loro la potevano prevedere. Anche noi dobbiamo pensare che ci sarà una Civiltà cristiana e dobbiamo lavorare. La Dottrina sociale della Chiesa vuole dire solo spunti, non è la fotografia della civiltà cristiana del futuro. Sono solo spunti, piste di lavoro, indirizzi per impegnarci affinché ci sia la civiltà cristiana del futuro, la civiltà dell’amore che certamente ci sarà e se ci sarà questo avverrà per grazia di Dio e per intercessione di Maria.