Relazione
del prof. Marco Tangheroni
Ordinario di Storia Medioevale all’Università di Pisa
Sala delle conferenze della parrocchia di San Frediano a
Settimo (PI)
Martedì 15 gennaio 2002.
Il
titolo che ho suggerito si rifà al fatto che poco prima dell’11 settembre
effettivamente le conoscenze diffuse erano poche sull’Islam. Si potrebbe
osservare che dopo l’11 settembre l’informazione è aumentata, dappertutto se ne
parla, ma penso che questo titolo, “Islam, realtà sconosciuta”, resti valido
anche dopo quella data, per una ragione in un certo senso opposta: siamo stati
soffocati da un eccesso di informazioni rispetto alle quali era difficile separare
il buono dal cattivo, ciò che era frutto di vera conoscenza da ciò che era
frutto di approssimazione.
Molti
si sono scoperti esperti di Islam.
Stasera voglio dare alcuni elementi essenziali di conoscenza
utili anche ad orientarsi di fronte a questo afflusso di informazioni, di
dichiarazioni che minacciano di sommergerci.
È una realtà di cui ci saremmo dovuti occupare anche prima,
sia perché è un problema che ci è arrivato in casa con l’immigrazione di masse
consistenti di musulmani, sia anche perché la popolazione islamica è nel mondo
una realtà importantissima collocandosi tra un quinto e un sesto della
popolazione mondiale, con una percentuale in crescita legata alla crescita
demografica e all’espansione in certe zone come, ad esempio, in Africa.
Occorre parlare di Islam e non di maomettanesimo in
parallelo col Cristianesimo, perché i cristiani sono seguaci di Cristo mentre
sarebbe scorretto dire che i musulmani sono seguaci di Maometto. Dico Maometto
perché ci troviamo di fronte ad una sorta di linguaggio politicamente corretto
per il quale bisognerebbe dire Muhammad, ma i nomi si sono sempre tradotti.
Solo certi commentatori che vogliono far vedere di essere esperti di Islam
dicono Muhammad.
Questa realtà è una realtà che ha fatto irruzione nella storia
nella prima metà del VII secolo in maniera rapida e impressionante. In pochi
decenni questo popolo di nomadi, ricevendo la carica religiosa datagli da
Maometto, distrusse un impero plurisecolare, l’impero persiano, e quasi ne
distrusse un altro, l’Impero Romano d’Oriente, che noi chiamiamo bizantino, al
quale sottrasse comunque alcune delle sue provincie più ricche e più estese
come la Terra Santa, la Siria, l’Egitto. L’espansione anche in Occidente con la
conquista di quasi tutta la penisola iberica avviò un processo di
islamizzazione e poi di riconquista cristiana che finirà solo nel 1492 con la
riconquista del regno di Granada.
Una cosa rara quella di vedere un popolo del tutto marginale
o quasi sconosciuto che si espande così rapidamente. Un orientalista,
Alessandro Bausani, aveva scritto, prima della caduta dell’Unione Sovietica: «È
come se, improvvisamente, dall’attuale Albania piccoli eserciti di montanari,
in poco più di un ventennio, riuscissero a conquistare tutta l’Europa
occidentale e distruggere alle basi la potenza sovietica».
Quindi un avvenimento nuovo nella
storia che il Cristianesimo ebbe qualche difficoltà ad inquadrare. A parte
alcuni personaggi illuminati come il beato Raimondo Lullo che aveva avuto
l’idea di tradurre il Corano, di fare delle scuole bilingue e tentare una
conversione, normalmente nel Medioevo si conosceva poco dell’Islam e qualcuno
di voi ricorderà che Dante considera, in armonia col pensiero largamente
diffuso al suo tempo, Maometto uno scismatico cristiano.
La vita di Maometto, che nasce intorno al 570, non è
facilmente ricostruibile nei dettagli, perché la nostra fonte fondamentale, il
Corano, non è un libro storico e i Detti del Profeta, sono in parte costruiti,
leggendari e di difficile interpretazione.
Certo è che c’è una data importante, il 622, la data della
fuga dalla Mecca e il suo stabilirsi a Medina, che rappresenta un momento di
svolta nella storia di Maometto e dell’Islam nascente, tanto che è da
quell’anno che comincia il calendario musulmano.
Qual è l’alfabeto fondamentale dell’Islam, quello che
unifica l’Islam originario con quello dei secoli successivi e con cui deve fare
i conti l’Islam attuale, l’elemento unificatore di una realtà estremamente
diversificata?
Intanto il Corano.
È un libro sacro particolare, e qui è bene fissare una differenza con la Sacra
Scrittura cristiana la quale è ispirata da Dio ma scritta da un agiografo e
quindi è un qualcosa che poi è stato sottoposto all’autorità, la Chiesa, che ha
sancito quali testi fossero canonici e quali no (i cosiddetti apocrifi). Il
Corano è un libro che esiste da sempre accanto a Dio, l’Arcangelo Gabriele lo
ha rivelato al profeta Maometto. Il Corano è intraducibile, anche se poi si
trovano alcune traduzioni garantite dalle Unioni Islamiche. Questo vuol dire
che in qualche maniera l’Islam nasce “protestante”, cioè nasce appoggiandosi in
maniera totale al testo scritto.
L’Islam è poi caratterizzato da quelli che vengono chiamati
i “cinque pilastri”:
1.
la professione
di fede (shahada) che è quella
espressa dalla Sura del Corano che viene recitata dal muhezzin, molto musicale tra l’altro: ”non esiste altro Dio che il
Dio”. Allah vuol dire “il Dio”. Questa professione di fede unisce tutti i
musulmani e si caratterizza per un rigido monoteismo. Agli occhi dei musulmani
i cristiani sono inevitabilmente dei politeisti. La Trinità appare un cedimento
al politeismo.
2.
La preghiera
canonica (salat) che va pronunciata
preferibilmente in comune e orientati alla Mecca.
3.
L’elemosina (zakat).
4.
Il ramadan cioè il digiuno.
5.
Il pellegrinaggio
(hagg), cioè l’obbligo per chi è
economicamente e fisicamente in grado di farlo, di recarsi alla Mecca. Elemento
pre-islamico che Maometto recuperò dal politeismo che caratterizzava la Mecca.
Questi sono i cinque pilastri. Però ci sono altri elementi
essenziali che vanno ricordati. Di uno di questi si è parlato molto, il jihad. Molti esperti dicono che non va
tradotto con guerra santa, hanno ricordato, giustamente che non è un pilastro
della fede e che va considerata anzitutto come guerra interiore. Tutto vero,
però ha questo connotato aggressivo, con Maometto, per i nemici interni al
mondo arabo e, dopo la sua morte, con l’inizio della fulminea espansione.
Altro elemento che vorrei ricordare e che è di grande
interesse per comprendere la realtà attuale è la distinzione presente nel
Corano (libro sacro dove quello che non c’è scritto è difficile da pensare,
almeno per larga parte del mondo musulmano) tra Dar al Islam e Dar
al Harb, tra la terra dell’Islam e la terra della guerra. Leggendo il
Corano non si immagina un mondo che non appartenga a una di queste due parti.
Di qui la difficoltà di pensare un mondo di convivenze plurali. Manca
l’aggancio coranico. Naturalmente in una lettura storica del Corano questo è
comprensibilissimo, ma in una lettura “fondamentalista” questo è molto più
difficile.
È
importante ricordare che la comunità islamica, la Umma, è una comunità in cui manca la distinzione fra società civile
e comunità religiosa che si identificano, tanto più che non c’è un clero. Quelli che noi paragoniamo ai nostri sacerdoti,
non lo sono, non essendoci sacrificio, essendo un rapporto fra l’individuo e
Dio non mediato da alcun sacramento e da alcuna intermediazione; questi sono
solamente degli esperti della legge variamente chiamati nel mondo islamico: ulema, imam, mullah. Il termine clero è
pertanto improprio.
Nel nostro Medioevo, vale a dire nell’epoca in cui
maggiormente si è cercato di costruire una società cristiana, cioè di modellare
le istituzioni e la società su valori cristiani, peraltro è sempre rimasta
ferma la distinzione tra la Chiesa come popolo di Dio e la società civile.
Ancora un altro elemento importante è che non c’è nessuna autorità. Nell’Islam
nessuno può parlare a nome dell’Islam. Nella Chiesa Cattolica c’è un modo per
sapere il suo pensiero, c’è una gerarchia, c’è un Papa. Questo vale anche per
altre chiese, pur nella babele a partire dalla Riforma, si può identificare
qualcuno che detiene un’autorità.
Non si può quindi dire che, ad esempio, Bin Laden o Khomeini
(1901-1989) non rappresentano l’Islam, ma è anche vero che nessuno può
affermare che qualcuno sia fuori dalla comunità islamica.
Sostanzialmente
manca il riconoscimento di una natura umana che ha dei valori in sé al di fuori
della valenza religiosa. La natura umana ha i suoi valori, si dice: “la grazia
non nega la natura, ma la perfeziona”. Esiste un mondo naturale che ha una sua
autonomia che il Cristianesimo riconosce e questo ha delle conseguenze enormi
filosofiche, culturali, politiche. Questo anche è la ragione per cui l’Islam
“fondamentalista” vuole che la convivenza abbia alla sua base soltanto la legge
islamica, la shari’a.
Fin qui gli elementi che mi paiono fondamentali per le
nostre curiosità e i nostri interessi. Però l’Islam è un mondo diviso che si è
incarnato in tanti popoli, che ha avuto divisioni politiche molto presto:
arriva ad avere due califfi, uno a Baghdad e uno a Cordoba. Il califfato è
un’istituzione di lunga durata, un’autorità politica ma anche religiosa che
arriva fino all’inizio del XX secolo.
Divisioni anche religiose di cui ricorderò la fondamentale:
i sunniti e gli sciiti. Sunna è la tradizione, ma la divisione è nata quando
nella serie dei califfi non viene riconosciuto il genero di Maometto, Alì, e
Alì e i suoi seguaci si separarono. Questo è il significato del termine sciita:
coloro che si sono separati. Poi si è tramutata in una diversa concezione
dell’Islam: gli sciiti accettano solo il Corano, i sunniti raccolgono la Sunna,
cioè la tradizione. Nella storia dell’Islam questa divisione, che, ripeto, non
è l’unica, è la divisione fondamentale anche oggi. Chi si meravigliasse che
l’Iran erede di Khomeini era ostile ai Talebani deve tener conto che l’Iran è
sciita, mentre quasi tutti gli afghani sono sunniti. La popolazione azara,
perseguitata dai Talebani, che custodiva i Buddha distrutti a cannonate, è una
minoranza sciita all’interno dell’Afghanistan. Anche all’interno dell’Iraq ci
sono divisioni di questo tipo.
Mi limiterei a questi elementi essenziali per poi fare una
rapidissima carrellata storica per capire l’oggi, o almeno gran parte
dell’oggi, perché, ad esempio, non conosco l’Islam indonesiano – ma l’Indonesia
è un enorme stato musulmano – o la minoranza islamica filippina dove il
terrorismo ha attecchito.
Maggiori conoscenze le abbiamo dell’Islam ex-sovietico,
quello delle repubbliche che sono di nuovo emerse all’attenzione ma di
difficile collocazione geografica. Repubbliche che avevano subito una forte
offensiva ateista quando erano state assorbite nell’Unione Sovietica ma dove era
rimasta una forte resistenza, in cui erano molto forti, con milioni di
aderenti, le confraternite. Interessante sarebbe anche un discorso sull’Islam
dell’Africa nera dove è in fortissima espansione, ma è una realtà che in questo
momento ci interessa poco anche se ci deve far riflettere sui motivi di questa
forte espansione in regioni già cristianizzate.
Ho sentito lunghe discussioni sulla tolleranza dell’Islam
nei confronti del Cristianesimo. Naturalmente ci sono state tante varietà e
senza dubbio la posizione del Corano che veniva seguita nei primi secoli era la
seguente: i pagani vanno convertiti anche con la forza; ebrei e cristiani,
siccome sono Gente del Libro, devono essere rispettati, basta che si
sottomettano e paghino una decima. Il Corano prevedeva una tolleranza verso i
sottomessi, non una convivenza sul piano di parità.
Il discorso sarebbe lungo nel senso che all’interno della
storia dell’Islam ci sono ondate di restaurazione dei valori originali portate
avanti spesso da tribù berbere che riconquistano il potere, ad esempio nella
Spagna islamica, provenendo dal Marocco e portando un messaggio di
intransigenza e ritorno alle origini. Ma tutto questo a me sembra quasi
ininfluente – e qui la polemica ha preso un po’ le mani alla Fallaci – e non si
può certo dire che la cultura islamica si limiti praticamente a niente. Quando
il nostro concittadino Leonardo Fibonacci (1170-1240) va, bambino, in Africa
chiamato dal padre, verso la fine del XII secolo (1180), che era lì come
funzionario dei mercanti pisani e che capisce che il figlio può ricevere
un’ottima educazione, lo fa istruire ed egli si appassiona alla matematica. Il
mondo islamico essendo erede della civiltà antica e non avendo avuto il
passaggio delle invasioni germaniche è tecnologicamente più avanzato e più
raffinato. Non soltanto il mondo islamico era più raffinato della cristianità
occidentale, ma anche il mondo bizantino. Quando i crociati arrivano a
Costantinopoli vengono avvertiti come barbari.
Qual è la differenza? La differenza sta nel fatto che il
Cristianesimo, in virtù della concezione della storia e del mondo positiva e
aperta ha continuato a crescere; invece nel mondo islamico osserviamo dalla
fine del XIII secolo un blocco.
Il mondo musulmano si ferma. È vero che mantiene con l’Impero
Ottomano un’enorme carica aggressiva, però come elaborazione culturale,
tecnologica e come sviluppo tecnologico si ferma.
Questo
è importante per due aspetti.
Il primo è il perché di questo blocco. Accenno ad un’ipotesi
di risposta. Alla fine del XIII secolo in Occidente succede che, anche grazie
alla mediazione araba, arrivano tutti i testi di Aristotele. All’inizio sembra
che questa filosofia che dà grande importanza alla natura ed è aperta alla sua
lettura e alla sua interpretazione sia inconciliabile col Cristianesimo. Così
la pensa un arcivescovo di Parigi che condanna una serie di tesi, tra cui
alcune espressione del pensiero di san Tommaso. Ma nel giro di pochi decenni la
cristianizzazione di Aristotele è compiuta e quella autonomia del mondo naturale
che era sempre stata presente nel Cristianesimo viene meglio teorizzata con
l’aristotelismo cristiano.
Nell’Islam questi tentativi falliscono. L’Islam appare
storicamente non in grado, per le difficoltà insite nella sua dottrina, di
riconoscere questa autonomia del mondo umano e naturale e quindi questa è la
ragione culturale fondamentale, a mio parere, per capire questo blocco.
Secondo motivo per cui osservare questo blocco è importante
è che alla base del gap che si crea nei secoli successivi c’è il grande
problema che si pone nell’800 e nel ‘900, a partire dal 1798, anno in cui
Napoleone va in Egitto. Da quel momento comincia una pressione dell’Occidente
che, anche se laicizzato, appare come cristiano; pressione che è militare,
politica e che porta agli inizi del ‘900 alla colonizzazione di quasi tutti i
paesi musulmani. Questo è un primo elemento di difficoltà per i rapporti
successivi, ma soprattutto pone alla cultura islamica il problema di come
pensare se stessa nei confronti della civiltà occidentale e della
modernizzazione con cui la civiltà occidentale si presenta. L’Islam dà diverse
risposte, molto diverse fra di loro. Ad esempio, nella seconda metà dell’800,
nelle due aree culturalmente più vive, l’Egitto e l’India, nasce un movimento
modernista, cioè l’idea che bisogna ripensare in termini moderni l’Islam che
viene dunque visto come modernizzabile, capace, mantenendo la religione
islamica, di accogliere la modernità. Il problema, per i paesi islamici, era
duplice: occidentalizzarsi o no, modernizzarsi o no. Sono due cose differenti,
ci si può modernizzare senza occidentalizzarsi, occidentalizzare senza
modernizzarsi, modernizzarsi occidentalizzandosi.
Una reazione di tipo diverso è quella degli wahabiti. La
dinastia saudita è il riferimento degli wahabiti. Questa dinastia che dominava
l’Arabia e custodiva i luoghi santi per eccellenza, cioè la Mecca, venne
cacciata dal governo ottomano e sostituita dal bisnonno dell’attuale re di
Giordania, della dinastia ashemita; ma nei decenni successivi la dinastia
saudita aderì al movimento wahabita, nato anch’esso nell’800, e si impadronì di
nuovo dell’Arabia. È un movimento puritano, non fondamentalista, di ritorno
alle origini pur accettando, a cominciare dal petrolio, la ricchezza che viene
dalla modernità.
Altro esempio di reazione. Quando nella Prima Guerra
Mondiale la Turchia, schieratasi accanto alla Germania e all’Austria, viene
sconfitta, Kemal Ataturk (1880-1938) e i Giovani Turchi ispirandosi ad un
aspetto laicista, illuminista, massonico dell’Occidente, introducono dall’alto
con metodi autoritari, dittatoriali, la laicità. Proibiscono i vestiti
tradizionali, riformano la lingua, introducono l’alfabeto occidentale,
aboliscono ogni traccia di diritto islamico. Però, come si è visto poi, la
Turchia di oggi presenta un partito islamico forte e il paese manifesta questo
duplice volto.
Altra
reazione è il nazionalismo arabo. (Spesso si sente confondere arabo con
islamico ed è ingiusto nei confronti degli arabi cristiani libanesi e una parte
dei palestinesi e non rispecchia la realtà dell’Islam che si estende verso est
tra le popolazioni asiatiche). Il nazionalismo arabo non ha un connotato
islamico e si rifà alla possibilità della nascita di realtà nazionali come è
accaduto in Europa.
Gamal Abdel Nasser (1918-1970) perseguitò violentemente un
movimento islamico nato nel 1948, i Fratelli Musulmani, i quali non volevano
modernizzare, creare una nazione araba indipendente, forte, ma sostenevano: «la
nostra Costituzione è il Corano».
Parallelamente anche in India dove i musulmani, prima della
divisione tra Pakistan e India, erano una minoranza del 10% all’interno della
maggioranza indù, tentarono di difendere la propria identità. Nel 1927 nacque
un movimento molto importante anche fuori dell’India, la Missione Islamica, che
cominciò la re-islamizzazione elementare un po’ in tutto il mondo islamico.
Se voi prendete l’Enciclopedia del Novecento, del 1978, il
seguito dell’Enciclopedia Treccani, alla voce “Islamismo”, scritta da Francesco
Gabrielli, vedete che fa delle previsioni totalmente sbagliate. Gabrielli
pensava che le dottrine di tipo puritano wahabite fossero difficilmente
esportabili, che in Algeria non sarebbe sorta nessuna resistenza al regime
nazionalista, socialista del Fronte di Liberazione. Parla di scomparsa della
preghiera e così via. Gabrielli non si sbaglia, ma trent’anni fa le previsioni
sul mondo islamico vedevano la scomparsa della religione. I sociologi, i
politologi che scrivevano sul mondo islamico parlavano di tramonto del sacro
anche per l’Occidente.
In Occidente il processo ha avuto esiti diversi, la domanda
di sacro è rimasta con forme tipo new age, ma è riemersa inattesamente. Ancor
più inatteso è stato il ritorno dell’Islam come elemento politicamente,
sociologicamente sorprendente negli ultimi decenni. I più vecchi ricorderanno
che l’Islam contava poco in un mondo diviso in blocchi in cui il processo di
laicizzazione e modernizzazione pareva inarrestabile.
Questi movimenti hanno diffuso la re-islamizzazione grazie
alla frustrazione nata dalla sconfitta del nazionalismo arabo che aveva perso
la guerra del 1948 contro Israele, che ne aveva persa un’altra nel 1956, ed
aveva perso anche la successiva, parzialmente riscattata con la guerra voluta
da Anwar as-Sadat (1918-1981) per trattare un po’ meglio con Israele. Il
fallimento del nazionalismo arabo ha ridato forza al fondamentalismo che così
non andrebbe chiamato perché è categoria da applicare alla realtà religiosa
protestante.
C’è stata una forte diffusione, da una lato, nelle
borghesie, di gente che voleva contare anche di fronte a governi dittatoriali e
monarchici, e nelle plebi di queste città del mondo arabo e musulmano,
cresciute a dismisura e in condizioni di povertà, a cui la semplicità di questo
messaggio fondamentalista proponeva delle alternative.
In Bin Laden il tema della Palestina appare solo negli
ultimi discorsi, ma in precedenza si vede come la molla sia il rifiuto di
vedere gli occidentali, gli americani – sia perché cristiani sia perché
infedeli occidentali – nella terra sacra dell’Arabia: di qui la volontà di
distruggere la monarchia saudita e sostituirsi a questi governi.
Nel volume di Massimo Introvigne su Bin Laden (Osama bin Laden. Apocalisse sull’Occidente, Elledici, 2001) si
interpretano questi sviluppi terroristici con una serie di profezie sull’epoca
dell’Anticristo al quale vi rimando e che vi consiglio di leggere.
Concludo con una citazione dal volumetto di Introvigne:
«Il millenarismo rivoluzionario di bin Laden, così, conferma
di essere un’interpretazione delle fonti tradizionali islamiche discutibile da
un punto di vista filologico e che, a diversi snodi interpretativi, deve
compiere scelte minoritarie fra gli stessi autori classici che il fondatore di
al-Qa’ida cita. Si ricollega, tuttavia, a una corrente la cui importanza è
tutt’altro che irrilevante negli stessi ambienti colti, e che oggi può
esercitare un certo fascino fra le masse islamiche grazie anche al lavoro di
semina svolto da una letteratura popolare che ruota intorno al tema
dell’Anticristo. Si tratta, certamente, di un’ideologia pericolosa e criminale:
liquidarla come semplicemente ridicola o come «totalmente estranea» al mondo
islamico significa però non capire le ragioni profonde della sua influenza e
del suo (relativo) successo, che la categoria di «millenarismo rivoluzionario»
può invece aiutare a mettere a fuoco più esattamente».
Al
termine sono state rivolte al relatore alcune domande di cui si riporta una
sintesi.
1ª domanda: riferimenti alle condizioni dei sacerdoti e dei religiosi
nella Turchia moderna. Strategia dell’Islam con conquista “demografica” dei
nostri paesi, costruzione di moschee senza reciprocità nei paesi islamici.
Risposta: intanto il caso turco è diverso da quello egiziano e
diverso anche da altri. Il caso turco: in realtà questa pressione laicista
avveniva anche nel mondo islamico. Quando nel 1950 l’occidentalizzazione della
Turchia ha portato all’abolizione progressiva della dittatura si è vista la
difficoltà di cambiare un popolo in pochi decenni.
L’Egitto
era un paese di antica tolleranza e di scarsissima identità islamica. Mi
trovavo al Cairo per un Natale ortodosso, i primi giorni di gennaio, e la prima
notizia del telegiornale riguardava proprio le celebrazioni natalizie. L’ex
segretario dell’Onu Boutrous Ghali era stato ministro degli esteri egiziano, ma
siccome era copto non aveva una carica ufficiale. I copti rappresentano una
minoranza, ma di circa il 10% della popolazione egiziana.
Adesso
la situazione sta peggiorando molto rapidamente, perché un po’ di
fondamentalismo si diffonde. Pratiche come il velo, la barba si stanno
diffondendo soprattutto tra i giovani.
Sul
tema della reciprocità: io non sono contrario alle moschee, anzi, da un punto
di vista poliziesco il controllo può essere migliore, ma questa è una battuta.
Nell’Islam
medioevale c’erano delle chiese, nei quartieri riservati ai cristiani. Oggi c’è
questa intolleranza totale. Il Cristianesimo ha ogni anno centinaia di migliaia
di martiri, non solo nel mondo islamico, un po’ dappertutto, pensate anche alla
Cina, ma molto nel mondo islamico.
L’organizzazione
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” pubblica ogni anno un rapporto molto informato e
molto allarmante, tragico. Pensate al genocidio nel Sudan perpetrato dal
governo di Karthoum sulla base della shari’a
con le tribù cristiane del sud: pagine ignorate.
In
più c’è la questione posta dagli immigrati. Non la voglio porre al centro della
discussione, mi limito a ricordare tre aspetti fondamentali:
1.
L’incapacità
di concepire una realtà di convivenza, come già accennavo in precedenza: o la
Terra dell’Islam o la Terra della Conquista, pone delle difficoltà nel pensare
a forme di convivenza. È la prima volta che una minoranza islamica convive
stabilmente, in una prospettiva di lunga durata, senza pensare di diventare,
almeno nel territorio dove è insediata, maggioranza. Questo è molto difficile
giustificarlo sulla base del Corano, se non impossibile in una sua
interpretazione letterale.
2.
La nostra
scarsa identità. Guardiamo cosa sta accadendo per il Natale: nelle scuole non
si possono cantare canzoni natalizie o fare presepi perché è politicamente
scorretto. Si rinuncia alla propria identità. Nelle nostre monete dell’euro non
c’è un edificio religioso, di tutti i monumenti italiani, almeno
statisticamente, uno poteva essere religioso. Non si vuole avere una identità.
Se domina il relativismo etico, il pensiero debole, non si può avere
un’identità e questo è l’elemento che rende difficile, pericolosa
l’integrazione.
3.
Infine
l’ignoranza. Bisogna conosce l’Islam per poterci dialogare. Se un povero bussa
alla tua porta gli devi dare da mangiare, poi devi capire chi è proprio per
poterci dialogare. Purtroppo ho sentito frasi generiche, stravolgimenti del
passato, san Francesco descritto come pseudo-pacifista anche se lui si recò dal
Sultano, ma per convertirlo.
2ª domanda:
esiste o no un pericolo Islam per l’Occidente? In accordo
con la Fallaci penso di si. L’Islam fa la guerra al nostro modo di pensare e
mira ad espropriarci della nostra anima occidentale, una guerra di nuovo tipo.
È necessario difendere la nostra civiltà.
3ª domanda: l’integrazione fra mondo Islamico e cristiano sarebbe
impossibile secondo Oriana Fallaci. Sarà possibile una integrazione.
Risposta: io non posso rispondere perché la storia non deve fare
profezie. Tant’è vero che venticinque anni fa chi pensava alla rinascita
dell’Islam, alla componente religiosa come protagonista della storia mondiale?
Non è esatto dire che i Talebani sono stati creati dalla CIA o dagli americani,
però sono stati portati al potere dai servizi segreti pakistani e, da un certo
momento, con l’approvazione della CIA. Col senno di poi si può dire che certe
realtà islamiche fossero più pericolose dell’Unione Sovietica, però chi
l’avrebbe potuto dire allora? Un dissidente sovietico, Andrej Amal’rik, scrisse
un volume dal titolo Sopravviverà l’Unione Sovietica fino al 1984? (Coines,
Roma 1970); sembrava la profezia di un espulso, di un esiliato, ma aveva
sbagliato di cinque anni. Ma chi l’avrebbe potuto prevedere? Questo dimostra
che gli storici, i politologi non sono capaci di fare profezie.
Però
cosa si può dire. È l’ipotesi fatta da Samuel Huntington: il mondo fino all’89
era stato diviso per appartenenza ai blocchi. Questo non esiste più. I futuri
conflitti saranno conflitti di culture e poiché le culture hanno tutte radici
religiose (o quel che ne resta), i futuri conflitti, diceva Huntington, saranno
religiosi. È un’ipotesi che in qualche modo appare verificata. Naturalmente la
speranza è che questo non accada. Abbiamo visto il Pakistan sul punto di
esplodere, il governo dell’Arabia sul punto di crollare, ma questa
mobilitazione generale per Bin Laden non c’è stata.
Ricordiamo
il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace: «la guerra è un
orrore, ma non c’è pace senza giustizia». Nel Catechismo della Chiesa Cattolica
(n.2309) si ripropone la teoria della guerra giusta, anzi giustificabile.
4ª domanda: Bin Laden utilizza attentatori che si suicidano. L’Islam
non prevede il suicidio, come riesce Bin Laden a reclutare queste persone?
Risposta: intanto notiamo che il fenomeno dei terroristi suicidi non
è stato inventato da Bin Laden ma è l’arma utilizzata da Hamas e dalla Jihad
Islamica. D’altra parte è opportuno ricordare che il suicidio è un peccato
grave nella dottrina cattolica, anche più grave dell’omicidio, ma ricorderete
che Jan Palach, suicidandosi a Praga nel ’69 dette una grossa scossa al regime
comunista restaurato in Cecoslovacchia.
Le motivazioni che possono portare sono diverse. Quello che
colpisce in questi terroristi è l’odio totale che hanno e, naturalmente, un
cristiano deve recuperare l’aspetto demoniaco di una visione del mondo. Quando
il Papa parla del diavolo, i mass media, l’intellighentsia,
ne ridono, ma c’è un che di demoniaco in questo suicidio-omicidio. Bin Laden
non trova l’appoggio diretto nell’Islam, nel Corano ci sono due passi che
condannano il suicidio, però gli elementi su cui si appoggia sono questi, e il
libro di Introvigne riporta la traduzione di alcuni suoi discorsi e in
particolar modo una fatwa (pronunciamento
giuridico che un’autorità emana) in cui dice che bisogna combattere gli
infedeli e in particolar modo gli americani, perché sono una minaccia mortale.
Il giro mentale è questo: contro una minaccia mortale bisogna essere pronti a
sacrificare anche la propria vita per assumere aspetti moderni della guerra
santa. L’America è un nemico mortale, il combattimento decisivo è iniziato,
occorre essere pronti a sacrificare la propria vita. Se queste sono le modalità
che più colpiscono, vanno adottate. Leggendo questi testi si vede che
l’argomentazione è questa. Purtroppo non c’è nessuno che possa “scomunicare”
Bin Laden.
5ª domanda: a) Le popolazioni islamiche si stanno allargando in Europa
e in futuro potranno interferire politicamente nelle nostre democrazie in modo
negativo; b) negli ultimi anni, con la guerra nei Balcani, l’Occidente ha dato
una mano alla Serbia a cadere. Questo ha creato degli squilibri nei rapporti
dell’Islam con l’Europa?
Risposta: alla prima domanda ho già risposto in precedenza, ma
insisto su un aspetto. O noi pensiamo che l’Occidente meriti di essere difeso
con quello che resta della cristianità nell’attuale mondo occidentale o
altrimenti il problema non si pone. Qualcuno ha ricordato il pericolo dei
turchi. È vero, era una realtà molto presente e se avessero governato i
pacifisti con Jovanotti al potere nel '500 e nel ‘600 oggi saremmo vestiti
diversamente. L’altra domanda ci porta su un terreno del tutto nuovo. A quanto
mi risulta l’islamizzazione in Albania è di superficie. La Serbia ha avuto la
sfortuna di essere governata da un regime nazionalcomunista. Storicamente ha
rappresentato un baluardo in funzione anti turca però, pur non essendo assenti
nei conflitti dei Balcani elementi religiosi, non mi sembrano quelli dominanti.
Mi sembra un conflitto più politico ed etnico che cultural religioso.
6ª domanda: quanto di demoniaco è presente nell’Islam visto che certi
avvenimenti drammatici hanno dell’assurdo?
Risposta: la storia come la fisica e la chimica non spiegano
completamente il mondo. La storia oltre a non prevedere il futuro non spiega
nemmeno il passato fino in fondo. È una conoscenza umana, “scientifica”,
critica, razionale, che dà le sue spiegazioni entro i suoi limiti e in questi
limiti lo storico non dà spiegazioni ricorrendo al diavolo. Però devo sapere
che la mia conoscenza non esaurisce la realtà così come la fisica non esaurisce
la conoscenza del mondo.
Devo
anche riconoscere, da storico, che restano degli aspetti non molto
comprensibili. Allora da cattolico, distinguendo tra storia e teologia della
storia, se vedo che un cittadino italo-belga, nel dicembre del ’93 parte per il
Ruanda come cooperante e quattro mesi dopo comincia, dalla radio, a dire di
uccidere tutti i Tutsi fin da bambini, una spiegazione razionale a questo
comportamento non riesco a trovarla.
Sta
per uscire la prima parte di una trilogia, tratta da Il Signore degli Anelli,
imperniata sul conflitto tra il bene e il male. Ci sono uomini, elfi, che
diventano servitori del male anche se nessuno è cattivo fin dall’inizio. Il
male è un grande mistero della storia e della vita umana. Un problema
filosofico, teologico, su cui ci interroghiamo da millenni, basta pensare a
Giobbe.
È
sapiente restare aperti a questa possibilità, però poi dobbiamo agire con l’autonomia
che Dio ha voluto che gli uomini avessero.
Il
problema non si risolve facendo un esorcismo universale.
Aiutati
che Dio ti aiuta. Quando Colombo, al ritorno dall’America, venne investito da
una terribile tempesta vicino alle Azzorre, da un lato, a nome dell’equipaggio,
decise di fare un pellegrinaggio a Loreto e a Santa Maria di Gaudalupe, però
poi la affrontò da grande uomo di mare.
7ª domanda: il risveglio
dell’Islam non è forse stato alimentato dalla voracità dell’Occidente? A queste
popolazioni, che hanno enormi risorse tali da sovvertire il mondo, nessuno è
andato a insegnare come vivere. La natura dà loro tutto e scarsa è la voglia di
lavorare. Vediamo, ad esempio, che ebrei e palestinesi hanno le stesse terre ma
vivono in due mondi diversi.
Risposta: La natura
non per tutti è stata benigna, quelli che vivono ai confini del Sahara o in
Afghanistan non hanno una natura tanto favorevole.
Non
c’è dubbio che interessi di compagnie petrolifere si siano scontrati, anche in
Afghanistan, così come non c’è dubbio che se Bin Laden ha potuto mettere
insieme un impero finanziario è dovuto alla ricchezza familiare e anche alle
banche.
Spesso
si sente dire che il problema principale è la povertà. Certo è un problema, un
dolore, uno scandalo agli occhi di un cristiano, ma non totalmente eliminabile.
È anche vero che questo terrorismo non nasce dalla povertà o da sensibilità nei
confronti di questo problema, né come estrazione sociale, né come dottrina. I
terroristi non erano dei miserabili, non lo è certamente Bin Laden.
(La trascrizione, non
rivista dal relatore, è ricavata dall’ascolto della registrazione e conserva
l’immediatezza e la freschezza del “parlato” e del dibattito.)