LE INFORMAZIONI, LA CULTURA GENERALE, LA CONOSCENZA: UN PRIMO APPROCCIO AL KNOWLEDGE MANAGEMENT

È oggi importante che le informazioni presenti in azienda siano un patrimonio di tutti, fruibili nel momento in cui queste servono.

Questo articolo vuole quindi evidenziare la necessità che le informazioni, essenziali per rendere più efficiente ed efficace l’operatività quotidiana, si trasformino in conoscenza, intesa come sommatoria di tutte le informazioni, sia quelle esplicitate in procedure sia quelle interiorizzate dai singoli, e quindi fino ad oggi patrimonio del singolo individuo.

DALL’INFORMAZIONE ALLA CULTURA AZIENDALE

Nell’era della new economy, di Internet e dell’e-business non si può fare a meno di notare come, più che in qualunque altro momento, qualsiasi Azienda operi mediante informazioni che, attraverso vari supporti e con diverse metodologie, si scambiano gli attori interni ed esterni alla struttura e, in funzione di tali informazioni, l’Azienda procede per perseguire la sua mission. Ne consegue che conoscenze e competenze necessitano di essere processate e scambiate all’interno del "mercato comune intra-aziendale" per permettere alle diverse divisioni, ai diversi uffici, alle differenti culture ed ai singoli individui, non solo di non "reinventare" la ruota ogni qualvolta si presenti lo stesso problema, ma di essere preparati ed in grado di operare sulle informazioni per poterle interpretare correttamente alla luce della loro provenienza, della loro destinazione e soprattutto della loro funzione.

D’altra parte, la possibilità di scambio e di confronto è da sempre un’occasione di crescita e di maggiore consapevolezza da parte del singolo e, generalmente, è l’individuo stesso che cerca tale opportunità all’interno del luogo di lavoro, sia per accrescere le proprie competenze, sia per rendere più salda la propria identità professionale. La stessa informazione, infatti, viene raccolta, interpretata, modificata, arricchita e restituita in modo diverso a seconda della posizione che occupa all’interno dell’Azienda colui che la processa. L’informazione, ed i dati dai quali essa deriva, cessa così di essere tale e diviene conoscenza, combinazione fluida di esperienza, valori, informazioni contestuali e competenza specialistica, in grado di fungere da quadro di riferimento per la valutazione e l’assimilazione di nuove esperienze e nuove informazioni e dare vita ad un ciclo vitale e inesauribile. La conoscenza deve essere intesa quindi come un sistema attivo che necessita della continua interazione con l’ambiente circostante per sopravvivere e crescere. Affinché questi passaggi avvengano nel modo più corretto, ogni Servizio dovrebbe avvalersi di personale che, reso partecipe dell’intero processo, sappia:

La possibilità di operare secondo questi principi implica una conoscenza dei processi che sottendono alle attività aziendali da parte di ogni singolo addetto, certamente con i dettagli che a ciascuna posizione interessano. Ciò si traduce non solo in una migliore gestione delle attività da parte dei dipendenti ma anche in una maggiore consapevolezza dei processi sottostanti e di insieme. Quando in un’azienda si parla di informazioni ci si riferisce alle informazioni che arrivano in un determinato ufficio che le processa e poi le passa all’ufficio successivo.

Nell’ambito di ciascun ufficio vi sono persone che sanno come le si processa e, quindi, hanno le competenze per farlo. Quindi competenza vuol dire "sapere cosa fare". Ci si può comunque domandare se le modalità utilizzate sono eguali per tutti: tutti sanno in dettaglio le attività da farsi? Tutti sanno come affrontare i casi particolari, che si presentano con bassa frequenza? La risposta è: sì, questa linea di azione permette un monitoraggio più puntuale, una fotografia più nitida dell’Azienda e dei processi in atto, consentendo:

Perché mai allora, in alcune Aziende ancor oggi percepiamo una netta resistenza ad applicare queste linee guida? Sicuramente, uno dei motivi di maggiore riluttanza viene considerato il tempo necessario per introdurre e soprattutto per consolidare nuove procedure, nuovi punti di vista, nuove complessità che, questo modo di intendere la comunicazione aziendale implica. Un’altra ragione è rappresentata dal fatto che, nel passato (nemmeno tanto tempo fa), all’interno delle Aziende era consuetudine creare funzioni molto ristrette in modo da dover fornire ai singoli competenze limitate a scapito di una visione d’insieme che costituisce, da sempre, un valido aiuto verso la semplificazione e la funzionalità. Il motivo principale di questo obsoleto e costoso modo di operare e di strutturare i Servizi Aziendali è probabilmente derivato, sul piano puramente culturale, da una "paura tutta italiana" di divulgare a troppe persone informazioni ritenute, a torto, "strategiche" per l’Azienda e di utilizzare personale con un profilo professionale basso, cui offrire stipendi bassi. Se, relativamente ad alcune tematiche interne di alto valore e contenuto questo timore può essere più che giustificato, nella maggioranza dei casi non mettere al corrente gli individui riguardo conoscenze che sarebbero a loro preziose per fluidificare il lavoro ed arricchire le proprie competenze, nonché l’efficacia sul campo, può generare numerosi problemi. Da anni ormai è evidente anche alle Aziende che la eccessiva parcellizzazione crea problemi quali:

Se un tempo si pensava che la estrema parcellizzazione dei compiti fosse funzionale soprattutto per le professionalità richieste dall’area produttiva, oggi si riconosce sempre più frequentemente come, anche per ruoli molto specifici, la condivisione di una base di conoscenza comune, od ancora meglio di una comune cultura aziendale, sia di vitale importanza. Questo punto di incontro, infatti, rende possibile agli individui di un Servizio una visione di insieme più completa ed una maggiore consapevolezza sia del contenuto di quello che stanno realizzando, sia del motivo per il quale agiscono in quel determinato modo, ma soprattutto, li rende consapevoli della loro posizione lungo l’intero processo (ad esempio il ciclo dell’ordine) di cui il proprio lavoro costituisce un semplice stadio. Quest’ultimo aspetto, ossia l’essere consapevoli della propria posizione all’interno dei processi e delle attività aziendali, è di vitale importanza se si pensa alla ricaduta che ciò può avere sull’identità professionale dei singoli nonché sul sentimento di appartenenza ad un gruppo di lavoro o al "gruppo Azienda" stesso.

 

DALLA CULTURA AZIENDALE ALLA GESTIONE DELLA CONOSCENZA (KNOWLEDGE MANAGEMENT)

La consapevolezza da parte di ogni singolo dipendente dei processi logici che legano ogni attività Aziendale è condizione necessaria, tuttavia non sufficiente per risolvere le problematiche aziendali. Non basta condividere le informazioni, non basta esercitare le proprie competenze. C’è la necessità di qualcosa di più coinvolgente, in grado di accomunare gli sforzi e motivare tutti al perseguimento degli obiettivi aziendali attraverso il raggiungimento dei propri. Non basta una semplice riorganizzazione aziendale che distribuisca in maniera logica ed efficiente le funzioni, ma è necessario che le persone cambino il loro modo di interagire, il loro modo di comunicare, sentendosi parte di una "comunità". Una azienda che vuole operare secondo i criteri del knowledge management deve porre al centro del proprio funzionamento le conoscenze di ciascuno, sia esplicite che implicite (tacite) e considerarle patrimonio strategico di tutti da accrescere e condividere e su cui basare il proprio futuro. Le Aziende, già nel momento in cui assumono esperti, riconoscono il valore della conoscenza maturata ed elaborata nel tempo. D’altra parte, la conoscenza, essendo vincolata alle personalità individuali, non viene facilmente espressa né fluisce con semplicità. E’ necessario che sia l’organizzazione stessa ad essere motivata nel creare, condividere e utilizzare questa conoscenza. Come fare sì che avvenga la trasmissione della conoscenza? La maggior parte delle pubblicazioni sull’argomento prende in esame casi di aziende grandi o multinazionali e suggerisce che, per estendere e rendere fruibili ad ogni componente le conoscenze della propria impresa, è utile sviluppare reti informatizzate consultabili in qualsiasi momento da qualsiasi componente dell’organizzazione ovunque esso sia. E’ importante ricordare che da sola la tecnologia, considerata a volte erroneamente panacea di tutti i mali, non può mai essere sufficiente a trasformare una impresa in una organizzazione creatrice di conoscenza. In secondo luogo, l’intento di questo articolo è quello di fornire spunti adattabili anche alle necessità ed agli spazi delle piccole e medie imprese per le quali sarebbe inutile un intervento informatizzato del tipo sopra descritto, in modo da avere sempre la possibilità di avere a disposizione in modo facilmente consultabile tutto ciò che si sa su un determinato argomento.

È allora sufficiente assumere persone competenti e lasciare che comunichino liberamente fra loro? Che si scambino conoscenze vicendevolmente?

Spesso le persone sono talmente oberate di lavoro che non hanno il tempo per scambiarsi idee ed opinioni riguardo i propri compiti, per suggerire modalità innovative derivanti dalla propria esperienza, che viene anche detta "conoscenza tacita o implicita". D’altra parte nelle Aziende non c’è l’abitudine di esaminare insieme le azioni che ognuno deve fare nel proprio ambito per ottenere un certo obiettivo, che peraltro non è sempre esplicitato. È necessario creare gli spazi (fisici e temporali) affinché questi scambi possano avvenire, determinando tempi e modalità che siano integrati nella cultura organizzativa dell’azienda e non rappresentino delle fastidiose intrusioni e, quindi, è necessario valutare come gli addetti alle funzioni aziendali si muovono per soddisfare le esigenze del cliente, interno od esterno che esso sia. Se è vero che oggi tutto deve essere fatto in azienda per soddisfare il cliente, il mercato, è quindi necessario che i processi interni abbiano visibilità sul cliente, in modo che ognuno possa interpretare il proprio ruolo in funzione delle esigenze del cliente e, quindi, del mercato. Ne consegue che è necessario utilizzare il modello che prevede l’allineamento delle azioni con le funzioni aziendali che la devono compiere. Ad esempio, in un’Azienda che fornisce prodotti con alta tecnologia, il modello si presenta così:

I punti di intersezione rappresentano i momenti in cui le varie funzioni interagiscono fra loro, i cerchi invece evidenziano come i processi sono interconnessi fra loro.

Per seguire e rendere operativo questo modello occorre che in Azienda si crei un Gruppo di Lavoro Interfunzionale, tramite il quale mettere in evidenza:

Lo schema seguente mette in evidenza i risultati ottenibili ed ottenuti in un’Azienda manifatturiera. Il diametro dei carichi mette in evidenza il disallineamento o l’allineamento tra le funzioni.

 

IL CICLO DELLA CONOSCENZA

Per poter creare un ciclo di conoscenza all’interno di un gruppo omogeneo è necessario avviare un processo in cui le competenze del singolo individuo, prevalentemente tacite, cioè provenienti dall’esperienza personale e non condivise da altri, divengono via via conoscenze esplicite per assurgere, a termine del ciclo, a patrimonio cognitivo dell’Azienda. Molti addetti infatti non sanno che le loro conoscenze possono essere utili, o credono di non possederne o non sanno con chi condividerle. Attraverso processi di socializzazione quali l’emulazione, la cooperazione e la collaborazione operativa in gruppi di lavoro è possibile condividere le conoscenze e arricchirsi reciprocamente. In un secondo tempo, per articolare e strutturare quanto condiviso, è necessario formalizzare e sistematizzare i concetti armonizzandoli nell’ambito delle conoscenze esplicite già condivise. Tale processo non si conclude mai, poiché, a seguito dell’arricchimento individuale avvenuto sulla base della capitalizzazione delle conoscenze effettuate, è possibile ricominciare e dare quindi luogo ad un ciclo a spirale. Una occasione di scambio, da non sottovalutare per il suo valore, è rappresentata dagli incontri che avvengono durante le pause (per esempio le pause per il caffè), momenti durante i quali oltre a discorrere di argomenti esterni all’ambito lavorativo, spesso si esprimono i propri problemi, le proprie idee in un contesto estremamente informale e libero da giudizi, con indulgenza verso idee che potrebbero rivelarsi erronee. È anche opportuno creare momenti d’incontro, ad esempio settimanali, durante i quali i componenti del gruppo discutono delle problematiche che devono risolvere o che hanno risolto durante il periodo intercorso fra una riunione e l’altra. Queste riunioni possono essere completate con gruppi di miglioramento creati all’interno della singola funzione. Un altro momento particolarmente favorevole allo scambio consiste nel favorire i passaggi di informazioni dai lavoratori senior a quelli più giovani. In particolar modo, se occorrerà inserire un nuovo addetto, per una qualsiasi ragione, sarà il senior ad insegnargli tutte le modalità da seguire per eseguire le attività proprie di quella funzione.

Sono ormai molte le aziende nelle quali abbiamo introdotto, nelle singole funzioni, la responsabilità di gruppo, dove è il gruppo cui è affidato il compito di svolgere tutte le attività proprie di quella funzione e affidando al responsabile della funzione il compito di interfacciarsi con le funzioni a monte ed a valle, quando è necessario (vedi articolo "Una modalità di applicazione della learning organization: le aree di lavoro integrate" pubblicato su DE QUALITATE - dicembre 1999).

Avere una visione completa del lavoro evita il ripetersi di errori già fatti da altri o di perdere conoscenze critiche, e quindi bisognerebbe avere, secondo gradi di conoscenza sempre più precisi:

Infatti, all’interno di una azienda, ciascun settore o Servizio, tramite i suoi componenti, ha proprie competenze e conoscenze teorico-pratiche, tacite o esplicite, conosce le modalità per agire e comportarsi, ha cioè una propria cultura. La cultura aziendale è la sommatoria di queste culture parziali, che sono esplicite ma anche implicite (tacite). L’Azienda può essere vista come una serie di isole, dove le informazioni fornite e/o manipolate da una e ricevute dalla successiva, possono essere rappresentate da barche:

Tutti questi passaggi, estremamente semplici da visualizzare, sono in realtà difficili da perseguire, perché spesso esistono i fattori frenanti l’intero processo, che si possono, una volta ancora, sintetizzare in:

 

CONCLUSIONE

In sintesi si può affermare che, per impostare un sistema basato sulla gestione delle conoscenza è necessario rilevare in primo luogo i flussi attuali delle informazioni, le modalità operative in essere ed il grado di condivisione delle conoscenze all’interno di un’unità organizzativa o dell’Impresa per analizzare quali tipologie di conoscenza vengono scambiate, quali sono i nodi e le fonti di conoscenza cui si attinge per lo svolgimento del lavoro e quali sono le criticità dei flussi. Questo significa che occorre dare importanza ai valori radicati e condivisi da tutti e rendere parte integrante della organizzazione i concetti di:

Quando questi concetti saranno operativi e patrimonio di ognuno, sarà possibile analizzare, tramite interviste e questionari, i processi di creazione, diffusione, accesso alla conoscenza, e le modalità di apprendimento per rilevare quali nodi dell’organizzazione sono attualmente impegnati su questi processi e dove si evidenziano le esigenze maggiori. A partire da questo si possono ipotizzare soluzioni ed interventi che supportino la circolazione della conoscenza per migliorare l’efficienza dei processi e la capacità di innovazione.

Non bisogna dimenticare tuttavia, come suggeriscono Davenport e Prusak, che "se il successo in un business è rappresentato dalla combinazione di apprendimento e azione, ma è necessario non impegnare troppo tempo e risorse per l’acquisizione e la gestione della conoscenza in sé per sé. La conoscenza e l’apprendimento devono sempre essere orientati alla soddisfazione degli obiettivi finali di un’organizzazione. In caso contrario, conoscenza e apprendimento diventano risorse passive, oppure, e nel migliore dei casi, una distrazione…La chiave per il successo di un’organizzazione (e probabilmente anche per il successo individuale) si manifesta certamente attraverso un’equa ripartizione di conoscenza ed azione."

 

Autori: Ing. Gianni Cuppini (Presidente CUBO Società di Consulenza Aziendale s.r.l. - Bologna), Dr.ssa Chiara Conti (Psicologa CUBO - Bologna), Dr.ssa Silvia Bedogni (Psicologa del Lavoro SINTERIM S.P.A. - Milano)