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Lentamente muore chi diventa schiavo
dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non
conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli
sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia
aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia
incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde
quando gli
chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.
Pablo Neruda
.:[Ringraziamenti]:.
Grazie a tutti coloro che si stanno
adoperando per arricchire i contenuti di questo sito con notizie, foto
e documenti.
Documenti
Domenica, 03 Novembre 2002
Termini Imerese: il parroco scrive ad Agnelli
PALERMO - «E' mio dovere di sacerdote e di pastore assumere ogni
iniziativa atta a mantenere la necessaria calma fra la gente, già così
provata dalla prospettiva di un'irreparabile crisi occupazionale: le
scrivo pregandola di intervenire affinché, per il futuro, non abbiano più
a verificarsi fatti del genere». E' quanto scrive, nella sua lettera
indirizzata al presidente della Fiat Gianni Agnelli, il parroco della
Chiesa madre di Termini Imerese don Francesco Anfuso commentando il
divieto d'ingresso allo stabilimento Fiat opposto due giorni fa ad un
dirigente sindacale, che ha 'surriscaldato' il clima di esasperazione tra
gli operai.
Nella lettera, inviata per conoscenza anche al presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi, al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e a
sua Eminenza il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo,
padre Anfuso sottolinea che tale divieto è stato letto dagli operai «in
maniera provocatoria, e solo grazie al senso di responsabilità degli
stessi dirigenti sindacali, la reazione è stata fatta rientrare, anche se
essa era legittimata da uno stato d'animo ormai provato dalla eventuale
prospettiva irreparabile della perdita del posto di lavoro».
L'episodio risale a giovedì pomeriggio, quando subito dopo la
proclamazione da parte dei dipendenti dello stabilimento di Termini
Imerese dello sciopero a tempo indeterminato, al leader sindacale Roberto
Mastrosimone, rappresentante della Fiom-Cgil nella Rsu, i vigilantes hanno
impedito l'ingresso in fabbrica. Gli operai che erano nella sala mensa, a
quel punto, hanno sospeso l'assemblea e si sono recati negli uffici della
direzione per protestare contro quella che hanno definito una decisione
«antidemocratica e discriminatoria».
Nella sua lettera a Gianni Agnelli, padre Anfuso mette in guardia dal
pericolo che la tensione sociale accumulata nelle passate settimane possa
esplodere con conseguenze devastanti.«Devo rilevare - scrive il parroco -
che la tensione accumulatasi nella incolpevole popolazione, direttamente o
indirettamente interessata alla perdita di tanti posti di lavoro, a causa
di decisioni avventate o, comunque, non adeguatamente valutate, può
esplodere in qualsiasi momento,recando ulteriori dolori a questa infelice
comunità, che segnerebbero per lungo tempo non non solo gli uomini ma la
storia di una intera comunità locale e regionale». «Confido - conclude il
sacerdote rivolgendosi ad Agnelli - nella Sua sensibilità».