America sotto attacco

  

   

Altri articoli

    
Guerra?

Festeggiamo gli eroi

Un dio contro gli aquiloni
       

 

Sei qui: Home > Uomini > Speciali > America sotto attacco    

Un dio contro gli aquiloni (articolo del 26/09/2001)  

fumo dalle torriSperduto nel mondo, in un luogo fino a ieri lontano, c'è un dio che vieta gli aquiloni, che brucia televisori, che costringe le donne a girare coperte come fossero inesistenti od offensive. E' il dio dei talebani.
Attraversando l'oceano Atlantico arriviamo nel cuore di un'immensa città chiamata New York. Al centro c'è un buco, riempito con le macerie delle torri gemelle. Se ci avviciniamo vediamo tanti uomini che lavorano e uno che li incita, li chiama eroi: quello è il presidente. Un presidente che, è bene ricordarlo, è stato eletto per una manciata di voti e ora ha il 91% di consenso. Un presidente con la funzione di papà a cui tutti si sono aggrappati dopo il disastro. E' dalla sua voce che si aspettava la prima risposta, dalla sua bocca aspettavamo di capire quanto fossimo diventati maturi.

crollo torri

Bush ha fatto grandi discorsi, di un equilibrio incredibile. Come quando si è scagliato contro i terroristi paragonandoli al fascismo, al nazismo e ad ogni tipo di totalitarismo, evitando con un salto mortale la parola comunismo. Russia e Cina ringraziano. Nel frattempo per mare una portaerei americana viene scortata dai giapponesi. Un panorama politico che non avremmo mai creduto possibile, il tutto suggellato da quei discorsi splendidi. Discorsi scritti PER lui, non DA lui. Quando Bush ha improvvisato ha commesso grandi errori. macerieBin Laden ha potuto sfruttare facilmente la parola "crociata" sfuggita al presidente-papà, usandola per fomentare l'odio tra due culture che in realtà possono convivere benissimo. I talebani, per fortuna, non sono i portavoce dell'Islam  e se guardiamo bene nemmeno i capi assomigliano alla massa povera del movimento. Per capire meglio basta pensare che i talebani, che noi chiamiamo studiosi di teologia, nella loro scuola imparano solo i versi del Corano a memoria e scoprono come sacrificare la propria vita per odio. Con la promessa di 72 vergini in paradiso che li attendono. 

Bush intanto ci guida, crea un'alleanza mondiale contro il terrorismo e dice che gliela faremo pagare. Si capisce, è chiaro: andremo a distruggere quel dio maligno nato da uomini maligni. E quando pensiamo di aver compreso, in mezzo a quei proclami patriottici che è ovvio, o li fai in momenti come questi o non li fai mai più; quando sappiamo che siamo nel giusto, ma soprattutto più giusti di prima, più bravi, e pensiamo che lo vorrebbe dire anche quel papà lì, ma non può, ecco che arriva l'ultima frase che mi lascia fermo, immobile. Mentre esplode il rumore dell'applauso mi ritrovo a sentire quell'ultima frase in continuazione nella testa, come un disco rotto: "God bless America" (dio benedica l'America).
crollo torriGod bless America? Quindi "lui" sarebbe dalla nostra parte. Voglio vederci chiaro e per questo vado per strada, per le vie di New York e leggo le scritte apparse ovunque: "Kill all Arabs!!!!" (Uccidete tutti gli Arabi) o "Whack Iraq" (Spianate l'Iraq). Scopro che i musulmani residenti nella città vengono minacciati dalla popolazione, e le loro mogli non possono uscire di casa. Sento con tristezza che molti si augurano l'uso dell'atomica. God bless America? Ma non abbiamo nulla di più umano per opporci al terrorismo? dio contro dio? No, non posso pensare che chi governa sia così ingenuo, forse noi, ma non loro. Mi sembra anzi che il gioco sia lo stesso da tutte le parti: giustificare ed incitare le proprie azioni tramite quell'infinito concetto che è dio. Giustificare la rabbia tramite lui. La popolazione segue il volere di dio, o quello che qualcuno ci fa credere che voglia. Ma allora, perché? Il Pakistan e l'India cedono il proprio spazio aereo per veder sparire le sanzioni economiche, non perché dio lo desidera. La Cina vuole entrare nel mondo economico e si dichiara neutrale. La Russia fornisce appoggio e i ribelli ceceni diventano un problema internazionale. Per finire, solo un pensiero alla missione in Kuwait. Quando siamo andati a salvare i pozzi di petrolio. Queste non sono azioni guidate dal volere di un dio, o azioni dettate da un preciso sentire morale o etico, altrimenti non si spiega perché non interveniamo in Ruanda e Burundi tanto per fare un esempio. Lì non c'è un dio che ci fa paura, o uno a cui possiamo strappare qualche soldo?