L'uomo del gulag
 
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- Copertina del libro

 
Info
"L'uomo del gulag"

di Janusz Bardach
e
Kathleen Gleeson

Ed. 
il Saggiatore

 
Info
Foto1: 
Resti della recinzione in filo spinato al campo di lavoro di Ist'Omcug, Kolyma, 1995.
Per gentile concessione di Tomasz Kizny.

Foto2:
Resti delle miniere di uranio al campo di lavoro di Ist'Omcug, Kolyma, 1995.
Per gentile concessione di Tomasz Kizny.

Foto3:
Janusz con un'uniforme di Julek adattata ad abito civile, Mosca, 1947. Archivio dell'autore.

L'uomo del gulag

Resti della recinzione in filo spinato al campo di lavoro di Ist'Omcug, Kolyma, 1995.

"Ero solo un granello di sabbia, minuscolo, senza peso alcuno e perciò destinato all'oblio immediato".

Resti delle miniere di uranio al campo di lavoro di Ist'Omcug, Kolyma, 1995.Sono le parole di Janusz Bardach, commentando la sua avvenuta condanna a morte, nel 1941, ad opera di un tribunale fittizio della Armata Rossa Sovietica. Si è trattato del pensiero più comune, balenato nella mente dei trenta milioni di individui sterminati dalla furia Staliniana, tra il 1937 e gli anni '50. 
Polacco di origini ed ebreo di religione, Janusz abbraccia gli ideali comunisti e li persegue con passione. Sfugge alle persecuzioni naziste arruolandosi nell'Armata Rossa come carrista. A seguito di un incidente in manovra, nel quale il suo carro armato di rovescia e si arena nel letto di un fiume, viene formalmente accusato di attività sovversive anti-sovietiche e di attentato al potere del compagno Stalin. Ha inizio così la sua odissea che lo porterà, dalla sua terra di origine, la Polonia, fino alla regione della Kolyma, all'estremità Nord-orientale della Siberia. Un viaggio all'inferno e ritorno. 
Sono numerose le analogie con le persecuzioni naziste del popolo ebraico, eppure la persecuzione di politici, scrittori, artisti, pensatori, semplici cittadini accusati di spionaggio e di propaganda anti-comunista, perseverata da Stalin negli anni bui dell'unione Sovietica, assume contorni oscuri a causa dell'isolamento in cui tutto ciò si è verificato. Erano lontani gli obiettivi di macchine fotografiche e telecamere, era troppo lontano il mondo civile. Soltanto dopo la morte di Stalin nel 1953 e il ritorno dei (pochi) supersiti si cominciò a delineare una realtà ben più grave di quella da tutti ipotizzata. Il sistema carcerario sovietico era quanto di più barbaro la mente umana potesse concepire per ridurre gli individui a larve umane, accompagnandoli, lentamente, verso una morte certa. La crudeltà, l'abbandono, la violenza e la disperazione umana pervadono ogni pagina del libro, si delineano scenari pari a quelli ben noti a tutti della barbarie nazista. Ancora più sconvolgente è che la ricchezza e la prosperità dell'Unione Sovietica siano state create su questi individui, sacrificio umano per la gloria della Madre Patria. Strade, ferrovie, oro, minerali, legname… 
Janusz con un'uniforme di Julek adattata ad abito civile, Mosca, 1947. Archivio dell'autore.Janusz, nonostante la condanna e i patimenti, è ancora fedele alla causa Sovietica, convinto che tutto ciò sia opera di funzionari dell'NKVD (il KGB del tempo) che operano al di fuori del controllo di Stalin. Ben presto i suoi ideali crolleranno, perché in prigione incontrerà gli stessi agenti che avevano arrestato lui e la sua famiglia, a dimostrazione di come la strategia del "terrore" Staliniana non risparmiasse nessuno. 
Così "L'Uomo del Gulag" ci invita ad aprire gli occhi sull'ennesima realtà di tortura e pazzia che ha come protagonista il genere umano, troppo spesso colpevole di azioni normalmente attribuite a bestie selvatiche. Trenta milioni di persone hanno perso la vita nella neve della Siberia, oltre metà della popolazione dell'Italia. L'esempio perfetto di quanto "l'uomo può essere lupo all'uomo".

Lorenzo

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