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Introduzione
La concezione fenomenologica della malinconia come trasformazione dei ritmo della vita è la posizione di partenza che mi ha guidato nel cercare e selezionare il materiale bibliografico nell'intento dì raccogliere temi di questa fenomenologia non da una casistica clinica, ma dalle parole del poeta, del filosofo, del pittore oppure dell'uomo comune che ha espresso i suoi vissuti attraverso esperienze collettive e socializzate, nel rito magico religioso appartenente al folklore o alla liturgia.
Un progetto questo che poteva essere troppo ampio in quanto tutto il materiale inesauribile a cui potevo attingere abbraccia l'intero settore della cultura interdisciplinare a cui fanno capo differenti universi semiologici, ma che nell'estrema limitatezza dell'itinerario da me seguito mi ha permesso di mostrare una visione della malinconia non frammentata da concetti neutri o troppo specialistici ma radicata nei territorio culturale, tessuto vivente e storico della nostra umanità. Un piccolo campione umano, estremamente eterogeneo che appartiene a momenti e spazi storico culturali differenti che però voleva colmare la distanza che da sempre si respira tra l'informazione accademica e il mondo della vita. Quindi più che un saggio di tesi io lo presento come un breve viaggio di ottanta giorni attorno al mondo di quella che io intendo una psicologia culturale.
Il poeta post-medioevale Alan Chartier, S. Kierkegaard, il fìlosofo e teologo Romano Guardini, la narratrice Elsa Morante, il pittore Giorgio De Chirico e la gente della Puglia contadina che punta dall'estro come ci racconta il Serao scioglieva una intestina malinconia che gravava in quelle terre. Per ritmo intendo con le parole di Nietzsche la forma fondamentale dei mondo dei fenomeni, dell'accadere della vita e dell'esistenza. Il momento centrale di tutto ciò che è vivo, il momento di congiunzione tra natura e cultura.
Parlando di ritmo mi riferisco alla struttura ritmica della coscienza, della vita biologica e pure della vita culturale. L'esperienza psichica è scandita nella complessa unione di ritmi naturali e ritmi culturali.
Già Eraclito scopriva il ritmo nell'immagine dei bambini che giocano sulla spiaggia in riva al mare e che fanno e disfano senza sosta i loro giochi seguendo il ritmo capriccioso delle onde in un andare e venire di stati d'animo. Un immagine che precede cosi bene il concetto astratto di tensione e il passaggio da una tensione eccitatoria ad una inibitoria "il gioco dei fanciullo cosmico Zeus, l'eterno scherzo di una nascita dei mondo e dì una distruzione dei mondo".(Nietzsche)
Minkowski si riferisce alla natura ritmica della affettività quando paragona il suo funzionamento al muscolo cardiaco e al sistema di diastole e di sistole, all'alternanza di rilassamento e di contrazione.
Cosi Tellenbach nella sua ricca indagine sulla malinconia, afferma che il movimento della vita nella buona salute non è uniforme ma oscillatorio, infatti rallentamenti e accelerazioni come stanchezza e freschezza, come rassegnazione e vivacità fanno parte della ritmicità della vita. Ma nella malinconia grave che si distingue clinicamente, il ritmo si trasforma e viene quasi eliminato nel permanere a lungo in un angoscioso eccitamento o in una corsa a vuoto che può durare mesi oppure nella permanenza dell'insonnia, della tristezza o della monotonia dell'agire. La malinconia per Tellenbach è dunque caratterizzata da due momenti, l'inibizione dei divenire e il troppo rapido fluire di esso e quindi dal passaggio reversibile dall'uno all'altro e viceversa.
Egli definisce la malinconia grave come "endogena" (che ha origine all'interno) e si riferisce non alla sola realtà psichica né alla sola realtà fisica, ma ad entrambe, considerando quindi l'uomo in una dimensione globale, come vivente appartenente all'inscindibile unità della vita.
Egli inserisce con la teoria dell'Endogeno, una terza dimensione autonoma rispetto alla psicopatologia organicistica o a quella psicodinamica. La malinconia "endogena" non è organica quando si e scoperto il correlato biologico e fisiologico e non è psicogena quando si sono individuati i fatti esperienziali che l'hanno procurata, ma le comprende entrambe nell'ambito di una specifica visione dei mondo che sta alla base di questa classificazione. L'ipotesi di un uomo facente parte della natura, ma non alla natura intesa dalla scienza positiva, bensì alla natura come Physis, non come fisico contrapposto a psichico ma come realtà diveniente: dove l'uomo e le cose del mondo sono immerse nel ritmo che va dalla nascita alla morte secondo la legge dei tempo. Dalla visione ritmica dell'esistenza, alla concezione dottrinale della malinconia endogena ci avviciniamo all'esperienza ritmica della malinconia nel vissuto dei poeta, dei filosofo, dell'uomo comune e dell'artista creatore di ritmi. In alcuni frammenti dei diario di Kierkegaard troviamo un benessere che dà le vertigini, una microcosmica beatitudine, il senso di vibrare in armonia con l'intero sistema, l'andatura leggera come volo d'uccello che s'interrompe tutto in un tratto e mostra il senso minaccioso e stagnante della disperazione. Oppure il senso di vuoto e il tedio di Romano Guardini che sembra spezzare le fondamenta della stessa esistenza e che muta improvviso nell'esplodere dionisiaco dell'affettività.
Ancora l'illimitato godimento di un'esperienza vissuta fino in fondo che lascia il posto allo stanco abbandono e alla rassegnazione di sé. Cosi ritmico appare il decorso di uno sconvolgente attacco di malinconia, in una bella personificazione poetica che risale ad un testo scritto nel 1428 da Alan Chartier, notaio reale e segretario dei re di Francia, Carlo VI.
Dame Mérencolye, una vecchia scarna che avvolge con il suo
manto di sventura e stringe forte fino a serrare gli occhi e gli orecchi impedendo di vedere e di sentire..... ha gettato nel terrore e nel malanno il protagonista che dopo molti giorni trascorsi alla Casa della Malattia nel vuoto e nella debolezza, sente l'organo posto in mezzo alla testa, nella regione dell'immaginazione, aprirsi e rientrare nel flusso e nel movimento.
Trovo temi di malinconia in molti quadri di Giorgio De Chirico, il pittore dell'enígmatico, dei metafisico, dell'infinito.
In "Mistero e malinconia di una strada" la bambina coi cerchio sembra muoversi giocosa, quasi correndo verso l'orizzonte, ma il suo incedere e il suo gioco si arresta quando si mostra l'ombra minacciosa spuntare oltre la strada. All'Arnheim non sfugge il messaggio estetico profondo di questo quadro e spiega come l'organizzazione spaziale e prospettica dei dipinto, le sue distorsioni geometriche diano "la sensazione che la bambina spensierata coi cerchio sia minacciata da un mondo che è sul punto di crollare lungo invisibili crepe e di scindersi in frammenti incoerenti." Tempo e ritmo di una geometria che sa tracciare l'esperienza della creatività pervasa di malinconia. Difficile non cogliere di questa immagine il fascino e il ritmo dell'affettività incarnata nella materia vivente che si muove tra una tensione eccitatoria ed una inibitoria, nell'alternarsi di oscure ombre e di luce e nell'opposizione delle due prospettive laterali alla strada.
Cosi De Chirico parla della sua pittura: "Dipingere e l'arte magica .... e il guizzo della lucertola immortale sul sasso arroventato della calura meridiana...... é l'arcobaleno della conciliazione .... e l'alba sgargiante, e il tramonto doloroso, il pomeriggio immobile, e l'ombra lunga, e la luce ferma, convalescenza dei giorno stancato dei meriggio, e la notte pudica che naviga velata tra la nebbia ed i vapori salenti della terra...."
Per ultimo mi sembra molto significativo il rito del tarantismo come ci e pervenuto dalle ricerche di Ernesto De Martino inteso come dispositivo di evocazione e di risoluzione di ansie e angosce depressivi vissute nei momenti critici dell'esistenza in una società povera e contadina.
Nella danza della tarantella liturgica confluiscono l'agitazione senza orizzonte e la depressione che isola e chiude.
Nel linguaggio della danza e della musica presente nel rito, allo stesso modo che nel linguaggio estetico di poeti e pittori, prendono forma, passioni articolate e distinte e il mito della taranta presta figura e metafora al silenzio minaccioso, immagine, ritmo e melodia alle diverse tonalità affettive e alla malinconia.
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