****************************
Cultura (Ungaretti 1)
"San Martino del Carso"
di Ungaretti
La poesia San Martino
del Carso va
considerata all'interno del filone tematico ispirato a Ungaretti
dall'esperienza della prima guerra mondiale. La prima versione di
questo
componimento risale infatti al 1917, e fu pubblicata nella raccolta Il
porto sepolto. Successivamente, nel 1931, ne appare una
versione
aggiornata, questa volta nel volume L'Allegria.
La versione del 1931
verrà editata nuovamente
dall'autore nel 1969 in Vita di un uomo con
l'aggiunta
dell'indicazione del luogo e della data in cui è stata
effettivamente scritta
la poesia (Valloncello dell’Albero Isolato il 27 agosto
1916). Questa
operazione editoriale viene applicata dall'autore a tutte le poesie del
Porto
sepolto che risalgono al 1917. Se ci soffermiamo sul numero
di anni che
separano la prima dall'ultima versione della poesia, più di
cinquanta, capiamo
quanto fosse dinamico e vivo il rapporto che Ungaretti manteneva con la
propria
scrittura. I versi che appaiono nel 1917 sono venti, nel 1931 ne
troviamo solo
dodici: il lavoro compiuto dal poeta mira quindi in questo caso a
ripulire il
testo da tutti gli elementi descrittivi e meditativi.
In
questa lirica il poeta sceglie nuovamente di
esprimere tutta la disperazione e l'orrore che gli derivano
dall'esperienza al
fronte attraverso un confronto tra l'uomo e la natura, mettendo in
relazione la
propria disperazione, dovuta alla morte di compagni e amici, alla
desolazione
di un paese devastato dai combattimenti, San Martino del Carso. Il
paragone
continuo tra cuore del poeta e condizione del paese è
sottolineata anche dalla
struttura simmetrica evidente nelle due quartine che appaiono nella
versione
definitiva della poesia.
"San Martino
del Carso" di Ungaretti: testo e analisi
RELATORI: Rachele
Jesurum - Inserito
da luca.ghirimoldi - 20 settembre 2012
TESTO
Da
Il
Porto sepolto (1917)
Di
queste case
non
c’è rimasto
che
qualche
brandello
di muro
esposto
all’aria.
Di
tanti
che
mi corrispondevano
non
è rimasto
neppure
tanto
nei
cimiteri.
Ma
nel cuore
nessuna
croce manca.
Innalzata
di
sentinella
a
che?
Sono
morti
cuore
malato.
Perché
io guardi al mio cuore
come
a uno straziato paese
qualche
volta.
Da L'Allegria
(1931)
Di
queste case
non
è rimasto
che
qualche
brandello
di muro.
Di
tanti
che
mi corrispondevano
non è rimasto
neppure
tanto.
Ma
nel cuore
nessuna
croce manca.
È
il mio cuore
il
paese più straziato.
****************************
|