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INDICE
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STORIA
DEL TERRITORIO
I
MONROY
IL
BOSCO DI SCORACE
FONTANE
POZZI ABBEVERATOI
CARATTERI
RURALI
Buseto
NATURA
|
Comune
di Buseto Palizzolo 1950/2000
50 anni di autonomia
CONVEGNO
Buseto
Palizzolo tra quotidianità e storia*
Sabato
9 dicembre 2000
Auditorium
Scuola Media "A. Manzoni"
relatore
Arch.
ANGELO POMA
BUSETO
PALIZZOLO - STORIA DEL TERRITORIO
Appare
probabile che sotto la dominazione di Bisanzio (554 d.C.) il territorio
di Buseto Palizzolo sia stato ‘abitato’, sia pure per brevi periodi,
da contadini Rùmi (cristiani di rito orientale) provenienti da Erice,
però scoraggiati di fatto dalle numerose scorrerie saracene. I segni
della presenza Bizantina a Buseto sono ancor oggi evidenti, e sono
evincibili precisamente dalla toponomastica attuale di alcune contrade
che risentono degli antichi nomi ellenistici. I più significativi
esempi sono offerti dal casale Arcodaci (Archontai) volgarizzato in
Scorace; dalla contrada Badia, dal greco badeia (valle). Durante
la dominazione musulmana il territorio di Buseto fu assegnato ad Erice.
Gli Arabi vi favorirono lo sviluppo dell’agricoltura, dissodando terre
incolte e diminuendo gli ampi spazi boschivi esistenti. Vi introdussero
nuove colture come le arance, i limoni, il sommacco, il cotone, il
gelso, le palme. Il territorio fu ripartito dal Rais di Tràblàs
(Trapani) tra numerosi proprietari che costruirono nei fondi loro
assegnati dei casali (manzil). Nel ‘Privilegium Concessionis
territorii Excelsae Civitatis Montis S.Juliani’(documento rimasto in
copia presso la Biblioteca Comunale di Erice ma di dubbia autenticità)
concesso dall’Imperatore Federico II di Svevia in data 1241
all’Università di Monte S. Giuliano erano elencati i casali,
abbandonati all’inizio della conquista normanna, nel territorio di
Buseto: Casale Rachallas (Racabbe), Casale Bumbuluni, Casale Murphi (Murfi),
Casale Busith (Buseto), Casale Arcudaci (Scorace), Casale Rachalculei (Ragoleo).
Da recenti studi del prof. F. Maurici si fa derivare il nome Busit da Bu's-sid
e considerando sottinteso il termine manzil, il significato
sarebbe " Casale del padre di Sayyd' ". Probabilmente, come
sostengono gli antichi cronisti ericini, si chiamò Boseto/Buseto (volg.
buso) per le numerose piante di busi (disi) presenti nel
territorio. Nel periodo svevo questi casali ritornano ad essere abitati
per brevi periodi, successivamente le contrade di Buseto registrano un
incremento dei terreni coltivati intensivamente, e dell’allevamento
del bestiame. Il
rinvenimento casuale di numerosi frammenti di manufatti in terracotta
(tegole, mattoni, anse di vasi, frammenti di rhyton, ecc.) sepolture e
tracciati viari lastricati avvenuto negli anni passati (fonte orale)
nelle contrade di Ragoleo, Colli, Celso-Racabbe, avvalorano la tesi che
il territorio di Buseto sia stato abitato in tempi remoti. Purtroppo
risulta difficile al momento collocare, i reperti rinvenuti, in un
periodo storico ben preciso per la mancanza di studi da parte delle
autorità competenti. I reperti più importanti si trovano attualmente
esposti al Museo di Preistoria e Protostoria di Torre Ligny a Trapani.
Nel XIII secolo il territorio
viene suddiviso in feudi appartenenti alla città di Monte San Giuliano
(nome dato dai normanni all’antica Erice) e nella baronia di Arcodaci.
Nel secolo successivo ai feudi vengono sottratti delle estensioni di
terreno per uso agricolo dette ‘parecchiate di Busiti’ concesse in
enfiteusi (diritto di godere in perpetuo o temporaneamente del fondo con
l’obbligo di migliorarlo e di pagare una prestazione annua in denaro o
in derrate) ai cittadini sangiulianesi. Nel
XVII secolo i nobili feudatari iniziano la costruzione di bagli e
masserie sparsi nel territorio (Baglio Casale, Baglio Bombolone, Baglio
Colli, Baglio Ragoleo, Baglio Murfi), posti in posizione strategica al
centro del feudo, simili a fortilizi ad imitazione dei castelli
medievali ; la loro funzione fu quella di poter meglio coordinare
l’andamento dei lavoro dei campi, ricovero e protezione per armenti e
lavoratori. Le numerose parecchiate venivano condotte da massari,
professionisti, artigiani e clero che però continueranno ad abitare
nelle città di Monte S.Giuliano e Trapani.
Nei secoli seguenti scompare parte della vecchia aristocrazia nella
conduzione dei feudi a favore della classe dei massari ; quest’ultimi
costruiscono bagli e masserie, meno possenti di quelli già esistenti,
posti in zone pianeggianti e attrezzati per la trasformazione dei
prodotti agricoli (Baglio Racabbe, Baglio Anello; Baglio Mustazza,
Baglio Poma e Baglio Fontana nella piana di Battaglia; Baglio Maranzano
a Buseto Centro, Baglio della Parecchiata di Santa Teresa, ecc.) ;
condotti dal 'suprastanti’ (sovrintendente), uomo fidato del
massaro, il quale vi risiedeva assieme alle famiglie dei salariati. Il
territorio di Buseto divenne il nucleo principale della produzione
agricola sangiulianese. La presenza dei bagli e un sistema ancora
feudale, ostacolarono l’incoraggiamento ad aggregazioni residenziali,
inoltre erano ancora frequenti scorrerie di briganti e incursioni
piratesche.
In questo periodo la città di Monte S. Giuliano inizia ad assumere
un’autonomia e un ruolo più importante, alla grande proprietà
terriera della aristocrazia si andò sostituendo la proprietà fondiaria
della nobiltà di provincia. E’ con la riforma costituzionale del 1812
che abolì il sistema feudale e la conseguente censuazione ed enfiteusi
dei beni rurali ecclesiastici che il territorio di Buseto inizia ad
essere popolato. Per quasi tutto il secolo XIX i territori maggiormente
popolati saranno però gli ex possedimenti di chiese e monasteri di
Trapani e Monte S. Giuliano, mentre ai feudi, rimasti intatti, alla
grande proprietà terriera della aristocrazia, come detto, si andò
sostituendo la proprietà fondiaria della nobiltà di provincia.
A tal esempio, appresso viene riportata la vendita di un’ex
Parecchiata:
“Dovendosi da questo tribunale circondoriale, ai termini
dell’articolo 26 legge agosto 1862, procedere all’enfiteusi di una
prima quota delle terre denominate “Parecchiata di Santa Teresa”
site nel mandamento del Monte San Giuliano pertinente al Monastero di
Santa Teresa in detto comune della estensione di ettari 22, are 87, e
centiare 0,538. Per l’annuo canone redimibile di L. 350 oltre ai pesi
della tassa prediale di L. 70,38, aggiudicata
preparatoriamente al Sig. Giuseppe Bonura Grimaldi. 12 Agosto 1864”.
Finite ormai le antiche scorrerie
dei briganti i nuovi proprietari, provenienti in maggior numero da Monte
San Giuliano ma anche da altri centri della Sicilia Occidentale,
inizieranno a costruire i propri nuclei abitativi posti al centro del
podere, sparsi per il territorio, accanto ad una sorgente d’acqua o
lungo le direttrici di antiche mulattiere che collegavano pozzi,
abbeveratoi, bagli e masserie. Questo processo di colonizzazione con la
conseguente disgregazione dei feudi porterà all’attuale conformazione
urbanistica di Buseto.
Alle soglie del XX secolo il territorio Busetano contava quasi 4.000
abitanti stabili, ed accanto al nome Buseto venne aggiunto il nome di
un’antica e nobile famiglia di origine normanna che dimorò nella città
di Monte San Giuliano, i Palizzolo.
Il 4 Luglio 1950 Buseto Palizzolo divenne Comune autonomo. Il
territorio comunale, comprende il piccolo centro omonimo con la chiesa
Madre dedicata a Maria SS del Carmelo e il Municipio; le frazioni di
Battaglia (Plani de Batalla) e Badia, che occupano la parte pianeggiante
del territorio; Pianoneve, Buseto Soprano a monte; Tangi sulle colline
ad ovest; Bruca, distante quindici chilometri dal centro, confina con il
Bosco Scorace. Le emergenze architettoniche nel territorio comunale sono
i bagli e le masserie, comunque prima del terremoto del 1968 che
distrusse la Valle del Belice, erano ancora nettamente visibili i
piccoli aggregati residenziali dei primi colonizzatori. La maggior parte
di questi insediamenti, che hanno dato luogo alle attuali frazioni (Case
Mazzara, Case Bonura, Case Pollina, Case Bulgarella, Case Gervasi,
Baglio Poma di San Saverio, Case Mustazza, Case Costa, Case Alberti,
Baglio Portelli III ecc. ), sono stati distrutti e al loro posto sono
state costruite nuove abitazioni; quelli rimasti versano in stato di
abbandono. Tuttora nelle campagne è possibile osservare questi solitari
insediamenti, raggiungibili a piedi, posti in luoghi ameni sopraffatti
dalla natura, dove il silenzio è interrotto soltanto dal continuo
scorrere dell’acqua negli abbeveratoi. Un
antico insediamento è quello delle Case della Parecchiata in contrada
Santa Teresa, raggiungibile da via Maiorana, costituito da elementi
giustapposti ad ‘L’ su diversi livelli degradanti verso la vallata
del torrente Beatrice, costruito in muratura di pietrame, presenta gli
architravi delle aperture in pietra con incisi la data di costruzione ed
il nome del proprietario. Alcuni resti architettonici mostrano
l’abilità nel lavorare il tufo e la pietra calcarea da parte di
maestranze sangiulianesi che soggiornavano nelle campagne busetane
prestando la propria opera in cambio di vitto e alloggio. Dei numerosi
bagli il più antico risulta essere il Baglio del Casale, sito nell’ex
feudo del Casale poi divenuto Baronia di Arcodaci, circondato da
colline, arroccato domina una piccola valle, presenta un portale
d’ingresso merlato, ai piedi della rocca su cui si erge la costruzione
vi è un antico abbeveratoio tuttora funzionante. Lo studioso ericino
prof. Vincenzo Adragna individua nel baglio i resti dell’antico
castello dei Baroni di Arcodaci, in quelle strutture che dovevano essere
le segrete dove venivano rinchiusi i perseguitati, esercitando il barone
'il mero e misto imperio' nella sua baronia. Da notare inoltre
gli antichi bagli Ragoleo e Murfi dei Monroy.
Grande importanza riveste la Chiesa Madre, dedicata a Maria SS del
Carmelo, sorta come chiesa campestre alla fine del XVIII secolo, attorno
alla quale nel secolo successivo si aggregò il primo agglomerato
residenziale del territorio che prese nome dall’antico Casale Busith.
_Ach. Angelo
Poma_
* Moderatore: Francesco
Savalli. - Saluti: Mario Poma, Sindaco; Angelo Fileccia, Giuseppe
D'Angelo. - Relazioni: arch. Angelo Poma, prof. Dino Grammatico. -
Filmato: Roberto Maiorana. - Testimonianze: Antonio Pampalone, Salvatore
Spagnolo, Mons. Giuseppe Golino, Giovanni Grammatico, Giuseppe Tagliavia,
Gaetano Gallo. - Interventi: Maria Zichichi, Salvatore Galante,
Francesco Candela.
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