SCOPERTE TRE PIRAMIDI ANTICHE FRA LE PREALPI

Il Po come il Nilo : scolpite nella roccia , orientate esattamente come quelle della piana di Giza in Egitto.

Potrebbe essere un'eccezionale scoperta archeologica.
Che cosa sono quelle tre grandi strutture piramidali ? Vincenzo Di Gregorio, presidente dell'associazione "Archeologia e passato", esplora da tempo con i suoi collaboratori l'ampia area boschiva di cui è circondato il suo paese, Montevecchia , in provincia di Lecco.
Vent'anni fa è anche divenuta parco regionale della Regione Lombardia ,
ma proprio lui non si era accorto di che cosa stava calpestando.
Solo mentre stava analizzando una foto aerea realizzata dalla Regione Lombardia allo scopo di evidenziare i perimetri del Parco, notò la presenza, del tutto insospettata, di un gruppo di tre strutture. La loro forma era di tipo piramidale ; e alla prova di un sopraluogo diretto, hanno rilevato di non costituire rilievi naturali, bensì opere di architettura.

Incredibile delle piramidi antiche appena sotto le Alpi ?

Il professor Di Gregorio , esperto in materia, ha approfondito gli studi ed è giunto a queste prime fondamentali conclusioni: le tre Piramidi si trovano nel Parco Regionale della valle del Curone in provincia di Lecco e sono scolpite utilizzando un costone roccioso naturale pre-esistente. Un po' come è stata scolpite la sfinge egiziana.

Si tratta di strutture artificiali alte 40-50 metri , scolpite secondo un andamento a "gradoni" caratteristico di molte tipologie di piramidi del vecchio e del nuovo mondo, edificate da civiltà monumentali e città-stato.

E' stato escluso che siano state costruite per scopi agricoli, cioè per ospitare sui terrazzini orti da coltivare: il terreno è roccioso, tanto che l'ente Parchi ha denominato l'intera area "prati magri" perché vi crescono solo erba e fiori rari.

La prima della tre Piramidi ,quella in basso ad ovest , è stata chiamata " la collina dei tre pini" o "la collina dei cipressi" per la presenza sulla sommità di una cerchia di 12 cipressi, intorno ad un masso di granito.

La seconda, al centro , è stata chiamata "Belvedere Cereda" ,

mentre la terza, spostata verso est, è quasi ricoperta da una fitta boscaglia.

Il professor Di Gregorio ha anche ipotizzato una datazione relativa, indicando un periodo compreso tra i 4000 e i 5000 anni fa (quindi intorno al 3000 a.C.), dedotto dalle date di introduzione delle tecniche agricole che in diverse bioregioni del Mondo sono strate documentate tra il 12000 e il 7500 a.C.
Recenti scoperte di tipo archeologico e archeobotanico ci descrivono l'ingresso nella pianura padana, nel 4500 a.C. , di popolazioni agricole proveniente dall'Anatolia e dai Balcani via terra che penetrarono nel Veneto attraverso Trieste e in soli 400 anni distrussero le foreste , giungendo sul nostro sito intorno al 4000 a.C.

IN RAPPORTO A ORIONE

Attualmente gli studi sono concentrati sulla seconda piramide, per la quale sono in corso accordi per campagne di scavo patrocinate dalla Regione Lombardia.

Sembra, infatti, che vi siano tracce di una costruzione di epoca celtica (intorno al 500 a.C.) che si trova sulla sommita ad una profondità fra 90 cm e 2 metri.

I lati di tutte e tre le costruzioni hanno la stessa inclinazione, di circa 44 gradi, e sono perfettamente orientate con una precisione inferiore al mezzo grado.
Ma la cosa più interessante è che sono orientate come quelle egizie della piana di Giza : Cheope, Chefren e Micerino, la cui disposizione rispecchia a terra la posizione che le tre stelle della cintura di Orione avevano assunto in cielo nel 10500 a.C., cioè 12500 anni fa.
Intervallo che corrisponde a un semiperiodo del ciclo della precessione degli equinozi (25920 anni).
L'osservazione di queste stelle era importante perché consentiva di calcolare con precisione la levata eliaca di Sirio (in greco Sothis), a cui seguiva in coincidenza col solstizio d'estate, il verificarsi della piena del Nilo.
Una catastrofe rigeneratrice del cosmo da cui dipendeva la fecondazione dei campi e dei prati e quindi il buon andamento della stagione agricola e allevatoria.
Il calcolo si eseguiva prolungando in giù verso l'orizzonte la linea formata dalle tre stelle. Quando si erano alzate di venti gradi , venivano seguite da Sirio nel punto dell'orizzonte verso cui erano rivolte.
Questo momento era atteso con ansia e grande doveva essere il sollievo nell'assistere a questa grande apparizione. Intorno all'inondazione fiorirono miti, riti, feste e sacrifici di cui ci hanno dato notizia gli autori antichi (Erodoto, Plutarco).
Un aspetto significativo della religione Egizia era costituito dalle concezioni riguardanti il destino stellare dell'anima del faraone defunto che, identificato con Osiride, saliva alle stelle circumpolari.
Osiride era identificato con Orione perché partecipasse alla sua immortalità. Il mondo stellare di Orione era indicato come il Duat e i Testi delle Piramidi erano scritti magici che miravano ad assicurare al Re morto la stessa rinascita toccata al dio Osiride-Orione .
Essi infatti recitavano solennemente "il Duat ha afferrato la mano del re nel punto dove si trova Orione" . " O re Osiride , recati alla via d'acqua possa una via di stelle fino al Duat stendersi per te nel punto dove si trova Orione".

La disposizione delle piramidi egizie e brianzole cerca comunque l'impronta di una comune epistemologia , che già costituisce una preziosa etnofonte per mettere alla prova l'ipotesi di una datazione assoluta che dovrà tener conto della relazione tra lo specchio del cielo delle piramidi padane, di cui bisognerà studiare con precisione l'orientamento per vedere a quale livello della situazione precessionale corrispondono.
Secondo gli antichi, il numero precessionale con i suoi sottomultipli (25920, 2160, 72), indicava il concetto di "Eterno Ritorno" all'Età dell'Oro, che a sua volta era collegata al mito della Fenice , riprodotta sul Benben , un sacro meteorite.

MITO DI FETONTE FRA GANGE, NILO E PO

I meteoriti, specialmente quelli di ferro, pesantissimi, venivano divinizzati e fatti oggetto di culto in molte civiltà. Sappiamo dai dati della dendrocronologia che micidiali proiettili meteorici, provenienti dalla cintura di Orione, bombardarono l'Egitto tra il 2354 e il 2345 (fase finale dell'Antico Regno) ,
ed è assai probabile che in futuro si scopra che ne erano caduti anche prima.
Dall'osservazione scientifica di questo tragico evento , nacque probabilmente il mito di Fetonte ricordato da Ovidio nelle Metamorfosi , che narra come la catastrofe da lui provocata bruciò non solo il Nilo, l'Eufrate e il Gange ma anche le Alpi fino a cadere nel Po.
In particolare, in una versione del mito di Fetonte presente nell'escatologia mitraica, il dio solare dà al figlio Fetonte la guida del carro cosmico per un viaggio dal quale deriverà l'incendio universale (ekpyrosis, Bertocchi A.1999).

Ebbene il mito indica chiaramente come un incendio simile possa essersi verificato anche nella valle Padana, nei pressi del Po in una località nella quale i Padani indicavano, secondo la tradizione popolare raccolta da Aristotele (Mirabilia), il luogo in cui era caduto Fetonte. Si trattava di un lago dalle acque calde e pestilenziali, quali si addicono a un luogo in cui un incendio abbia provocato la decomposizione della vegetazione e degli animali, potremmo dire un luogo infernale, un Acheronte.
Ebbene, proprio Akeru è il nome di una divinità egiziana che personificava le porte della terra attraverso le quali il dio sole deve passare ogni mattina.

L'Akeru è citato già nei testi delle Piramidi ed è raffigurato nell'aspetto di un duplice leone con le teste volte in direzione opposta.
Per questo gli egittologi stanno cercando una seconda sfinge nella piana di Giza. Akeru potrebbe costituire un'enorme etnoforme archeolinguistica.
Il suono di questa parola ricorda qualcosa : Akeru , Acheronte, (A) Kerundo, Gerundo (Gherundo).
Il lago Gerundo ?
Era descritto come pestilenziale e anticamente si estendeva fino al Po all'altezza del fiume Adda.

La liberazione della Padania passa anche per la liberazione dai luoghi comuni che la vogliono terra di buzzurri, civilizzata (ma a stento e non del tutto - per nostra fortuna), dai romani , la cui storia ci è fin troppo nota.
Le radici della nostra identità molto profonde, un abisso affascinante e quasi inesplorato che ci porterà ad un processo di riappropriazione autentica della nostra identità bioregionale, come parte di un'identità di specie, aperta con il dialogo costruttivo con tutti i popoli che, recuperando come noi a pieno titolo la loro identità, contribuiranno alla correzione degli errori di una globalizzazione ecocida e etnocida.

di Antonia Bertocchi
18-09-01
fonte :Proloco Montevecchia

( la nòcc l'è lunga a l'osteria de la malanotte ...)

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