Dal fascismo all'autunno caldo

Ascesa e declino delle mondariso secondo "La Terra Pavese", organo della Federbraccianti (da "Il silenzio della risaia", di Osvaldo Galli, per gentile concessione dell'autore e di EMI Editrice in Pavia).

Durante il fascismo
Diritto al lavoro
Diritto alla salute

Condizioni migliori

La conquista della parità salariale

Le sette ore, l'ultima battaglia.

Durante il fascismo

 Altri fatti vedono le mondariso in prima fila, negli anni del primo dopoguerra, ma anche negli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale. Soppressi con la forza i movimenti democratici dal fascismo, non furono però cancellate le tradizioni gloriose delle nostre mondine, pure in pieno periodo fascista scioperarono contro il tentativo degli agrari di ridurre i salari. Così a Zerbolò, a Garlasco ed in altre decine di comuni nel 1934, così a Zeme nel 1941 le mondine scioperano per ottenere aumenti salariali…Le mondine oppongono resistenza quando, durante la guerra, vengono precettate. Nei mesi successivi alla Liberazione, in condizioni naturalmente mutate, le mondariso e i braccianti addetti alle risaie mantengono il loro spirito battagliero nei confronti della proprietà agricola, ma non rinunciano nemmeno ad assumere atteggiamenti dialettici nei confronti del loro sindacato. Nei mese di settembre del 1945 gli addetti al taglio del riso di venti comuni lomellini rifiutano il contratto stipulato a Milano valevole per le province risiere di Milano, Pavia, Vercelli e Novara, proclamando lo sciopero per i! mantenimento delle condizioni di miglior favore che la Lomellina aveva ottenuto fin dal 1927. Lo sciopero dura alcuni giorni e si conclude con la stipula di un accordo a carattere locale…

Diritto al lavoro.

 Nei primi anni 50 la media annua delle giornate lavorate dalle mondariso è di poco superiore alle 20, con un salario giornaliero di circa 400 lire, ridotte nei periodi di disoccupazione a non più di 100 lire. Fino al 1960 la differenza tra il salario medio in agricoltura rispetto a quello dell'industria, che è pari a circa due terzi, si estende anche alle norme previdenziali e sociali, creando molte discriminazioni in modo particolare nei confronti delle donne e dei giovani. Le inadempienze degli agrari consistevano anche nel fatto che le donne venivano licenziate all'inizio della gravidanza e quando si maritavano, con conseguente limitazione della presenza della manodopera femminile fissa nelle campagne… La legge sull'imponibile di manodopera fu fortemente contrastata dagli imprenditori agricoli. Nelle province della Valle Padana, e tra queste Pavia, i salariati e i braccianti erano già riusciti a strappare accordi di imponibile di manodopera ancor prima della emanazione della legge, ma il risultato principale fu ottenuto, a seguito di uno sciopero generale dei braccianti della Valle Padana i quali, nel settembre del 1947, avevano obbligato gli agrari ad assumere manodopera in misura proporzionale alle dimensioni di ogni azienda agricola. La legge dava ai prefetti il compito di emanare specifici decreti annuali per la sua attuazione, ma in provincia l'emanazione dei decreti avveniva sempre con forte ritardo e solo a seguito di incessanti e ripetuti interventi della Federbraccianti, sostenuta dalle lotte delle lavoratrici. Essendo la provincia di Pavia legata in modo preponderante alla coltivazione del riso, l'emanazione del decreto che sanciva l'imponibile e la conduzione del collocamento trasparente e democratico erano aspetti dello stesso problema. L'azione per una applicazione più diffusa e più equa della legge è una costante nelle lotte delle mondariso pavesi; ma se occorre, da una parte, vigilare sulla corretta applicazione della legge esistente, vi è anche la necessità di una profonda modifica della legge stessa. Infatti, le assunzioni avvengono in modo preminente per chiamata nominativa, lasciando in questo modo agli agrari e ai collocatori un grande potere discrezionale… Nel mese di aprile del 1953 si tiene la Conferenza nazionale delle braccianti. A questo impegno la Federbraccianti di Pavia partecipa organizzando, nelle settimane precedenti, una forte mobilitazione delle braccianti e delle mondariso in particolare. Vengono istituite Commissioni di squadra e di cascina che operano solo nel periodo di monda per dirigere la lotta per l'applicazione e il miglioramento del contratto. Si lavora per presentare sia in campo nazionale che locale rivendicazioni a favore delle donne. Queste rivendicazioni si trasformano in tre proposte di legge che verranno presentate dai parlamentari dei partiti della sinistra e da parlamentari sindacalisti della CGIL. La prima chiede che l'orario per tutti i lavori svolti in risaia sia ridotto a sette ore al giorno; la seconda è volta a rendere migliore i trasporti per le mondine, addebitandone il costo al padronato agricolo e ad ottenere la istituzione di asili nido, per la ricreazione e la tutela dei figli delle mondariso durante l'orario di lavoro, la terza proposta di legge si riferisce al mercato del lavoro che in quel momento assumeva caratteristiche di vero e proprio mercimonio delle braccia, reclamando che le lavoratrici e i lavoratori assunti come occasionali avessero il diritto, allora non del tutto sancito, di essere iscritti negli elenchi anagrafici. Si chiede l'ampliamento del diritto di assunzione per l'anno successivo e di godere delle agevolazioni previdenziali e salariali del caso. Lo scopo principale è di togliere ai collocatori la possibilità di manipolare, senza controllo alcuno, l'iscrizione nelle liste e il relativo avvio al lavoro. E' evidente che si combatte su questo fronte una battaglia di equità e di controllo democratico del diritto al lavoro. La solidarietà, l'equità, il diritto al lavoro, sono i motivi ispiratori di molte piccole lotte locali, prime avvisaglie delle grandi lotte primaverili che si svolgeranno nelle province risiere. Tra di esse, Pavia ha sempre avuto un peso decisivo nelle iniziative per raggiungere gli obiettivi della categoria. In molte assemblee viene denunciato lo stato di grave disagio a cui sono sottoposte le mondine e la necessità di migliorare le loro condizioni di lavoro e la loro paga. Mariuccia Carnevale, responsabile femminile per la Federbraccianti di Pavia;. partecipando il 15 marzo 1953, nel salone del. Fronte della Gioventù a Pavia, al convegno della donna pavese, descrive dalla tribuna dell'assemblea la grave e precaria situazione in cui versano migliaia di donne che lavorano nei campi, contribuendo in tal modo a definire la carta rivendicativa delle lavoratrici pavesi.

"Per le braccianti, la conquista di maggior lavoro con l'imponibile di manodopera femminile, iscrizione agli elenchi normali di collocamento per aver diritto al lavoro o essere riconosciute come disoccupate, miglioramento delle case coloniche in genere. Per le mondine 7 ore di lavoro, aumento del salario, miglioramento del contratto (...) Le vedove capofamiglia che chiedono il lavoro, indipendentemente dalla loro posizione politica, lo fanno perché solo lavorando possono mangiare…"

Le rivendicazioni scaturite dall'assemblea formeranno la base di sostegno per i partiti della sinistra nella campagna elettorale che si sarebbe svolta da lì a pochi mesi, e diventano inoltre argomenti per chiamare tutte le lavoratrici allo sciopero del successivo 16 aprile. Le lotte locali portano ad importanti risultati. A seguito della forte mobilità. delle donne di quel comune, il collocatore di Mede, ad esempio, viene costretto ad iscrivere tutte le donne disoccupate nelle liste di collocamento. Il giornale della Federbraccianti dà risalto a questo successo:

"Le donne lavoratrici di Mede con la loro unità e la costanza che è propria di chi deve difendere un proprio diritto, hanno costretto il collocatore comunale a recedere dalla posizione assunta precedentemente".

I tentativi di dividere i lavoratori e le lavoratrici sono quotidiani e messi in campo non solo dal padronato… Gli agricoltori mirano a rompere l'unità delle mondariso anche con il tentativo di subordinare le assunzioni dei salariati ad una dichiarazione che li impegna a non scioperare. Tali iniziative riescono in numero limitato e vengono denunciate da "La Terra Pavese", con un volantino dal titolo "Il marchio del ricatto":

"Gli agricoltori subordinano l'assunzione dei salariati alla firma da parte di questi di una dichiarazione impegnativa a non fare più sciopero. lnvitiamo i lavoratori a rigettare tale forma di ricatto, avvertendo gli stessi agricoltori che lo sciopero è un diritto costituzionale non passibile di nessun provvedimento contro coloro che pur avendo firmato tale dichiarazione saranno scesi in sciopero".

Ai continui tentativi disgregatori delta compattezza corrispondono frequenti appelli all'unità.

"Mondine! Non ascoltate la bugiarda voce delle guide anche senza di loro potete scendere in risaia! La formazione delle squadre deve essere fatta dal collocatore comunale, tenendo in considerazione le più bisognose. Basta con questi soprusi, fate le dovute pressioni affinché termini questo sconcio mercato messo in opera dalle guide. Mondine! Per far sì che questo negriero ingaggiamento finisca, per migliorare il vostro contratto monda ed in difesa dei vostri interessi di categoria stringetevi tutte unite sotto la gloriosa FEDERBRACCIANTI!".

La battaglia per modificare la legge sul collocamento durerà vent'anni. La nuova legge, infatti, verrà promulgata l'11 marzo 1970, due mesi prima dall'approvazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori…

Diritto alla salute

 La condizione delle famiglie dei braccianti è pesante; lo confermano l'indagine storica e le testimonianze delle persone interessate. Da un'indagine medico-statistica effettuata nell'inverno 1949-50 risultò che le gestanti povere consumavano in media 2.115 calorie al giorno, contro le 3.006 di quelle della classe superiore; i bambini poveri fino a 3 anni ne consumavano 1.000 contro le 1.225 dei loro coetanei più fortunati. Per i bambini da 3 ai 6 anni il divario era ancora maggiore: 1.334 calorie ai figli dei poveri, 1906 a quelli dei ricchi. Conferma una testimonianza:

"Molte donne per garantire alla famiglia più di un pasto nell'arco della giornata, facevano un salto in risaia per pescare e prendere le rane con cui accompagnare la polenta, perché questo era l'unico modo per avere un pasto nutriente".

Il giornale della Federbraccianti elenca tutte le precauzioni che le mondine dovevano prendere per combattere le malattie proprie dell'insalubre lavoro della risaia, tra le quali la più temuta era la leptospirosi. Queste informazioni, pur non essendo prettamente sindacali, diventano di fondamentale importanza per le mondariso che le apprezzano molto.

"Data l'attualità che presenta la tutela nel lavoro delle mondine, per l'inizio della prossima campagna monda riteniamo opportuno riassumere e ripetere consigli ed avvertimenti allo scopo di mettere in guardia le lavoratrici dei pericoli e delle insidie cui sono soggette. Le principali malattie che si verificano nel periodo della monda in base alle più recenti statistiche sono: Malattia acuta dell'apparato digerente; Malattie infettive e parassitarie; Malattie della pelle, Malattie reumatiche; Malattia della nutrizione, (...) Si richiama quindi nuovamente l'attenzione di tutte le Camere del Lavoro; dei capi zona; dei Capi lega nonché dei lavoratori interessati invitandoli a segnalare con la massima urgenza tutti i casi di malattia acuta. [...] .

 La segreteria provinciale della Federbraccianti nel programma rivendicativo per la campagna monda del 1953 include tutte le richieste urgenti e irrinunciabili delle mondariso…Il programma rivendicativo vede al primo posto la richiesta che le spese trasporto delle mondine dal luogo di residenza al luogo di lavoro siano a carico dei datori di lavoro. Viene lanciata con forza la rivendicazione delle 7 ore giornaliere di lavoro, di un adeguamento del salario (ordinario e straordinario) in denaro e in natura, ma anche una serie di norme che dovrebbero assicurare condizioni di vita più umane, come per esempio il divieto di effettuare gli spostamenti delle squadre durante l'orario di riposo. Non può mancare nemmeno la rivendicazione che venga applicata la normativa sul pagamento dell'indennità di caro pane. Le richieste avanzate per rinnovare il contratto monda vengono sottoposte al vaglio delle mondine non solo durante le affollate assemblee serali e domenicali, ma anche con la pratica della consultazione preventiva che permette alle mondariso di esprimere le loro preferenze…

Condizioni migliori.

 Un volantino diffuso dalla Federbraccianti e pubblicato anche da "La Terra Pavese" nel mese di maggio 1953, rinnovando l'invito a mantenere l'unità, lo spirito di solidarietà e di combattimento, annuncia l'iniziativa intrapresa da deputati e senatori "amici della causa". Per la difesa della salute delle mondine, per assicurare un'assistenza ai loro figli e maggiore dignità e sicurezza a loro stesse, si intende portare davanti al parlamento tre proposte di legge: la prima per limitare a 7 ore la giornata lavorativa per i lavori in risaia, la seconda per migliorare í trasporti delle mondine e per la istituzione di asili infantili, ricreativi, centri di raccolta per i loro bimbi fino a 12 anni, la terza per l'iscrizione agli elenchi anagrafici di tutte le lavoratrici e lavoratori scarsamente occupati, con la qualifica di occasionale. Nella relazione a sostegno delle proposte di legge la CGIL denuncia con particolare fermezza le forme disumane nelle quali sono costrette a viaggiare le . mondine. Il viaggio delle mondariso dalle loro località di provenienza al luogo di lavoro avviene in condizioni assolutamente inadatte a salvaguardare la loro dignità e la loro salute. I convogli ferroviari sono composti in gran parte da carri merci. Un viaggio che normalmente dura poche ore, per le mondariso dura giorni. Nella proposta di legge viene chiesto che il pagamento del trasporto sia a totale carico delle aziende e che le squadre siano organizzate dagli uffici del lavoro anziché da rappresentanti delle aziende. Queste ultime, infatti, usano loro personale per aggirare la legge sul collocamento ed assumere discriminatamente, senza rispettare l'ordine previsto dagli elenchi in cui vengono iscritti i disoccupati. Vengono perciò sintetizzate le richieste e definito l'impegno per conquistare quelle migliorie da tempo avanzate. Il bisogno di giungere al più presto a risultati concreti fa sì che, oltre alla mobilitazione a sostegno della proposta di legge, la segreteria della Federbraccianti di Pavia, insieme alla Commissione femminile e ai comitati delle mondariso, elabori e presenti un ampio e documentato memoriale che viene inviato al Prefetto, all'Amministrazione Provinciale e all'ONMI. II documento fornisce dati importanti sulle esigenze delle lavoratrici pavesi in quegli anni. Oltre all'applicazione della legge n. 860 sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, si chiede l'assistenza ai bambini da 0 a 3 anni, considerando che il numero dei bambini assistiti dall'ONMI e dai comuni interessati nel 1952 fu esiguo (circa 2000) rispetto alle esigenze effettive. Poiché le mondine si vedono costrette ad affidare i figli, a proprie spese, ad altre persone, si chiede di rifondere loro questi soldi. L'istituzione di asili d'infanzia (con un orario di apertura adeguato alle esigenze delle mondine) per i bambini fino ai 6 anni, dovrebbe essere la soluzione al problema, ma occorrono stanziamenti all'ONMI da parte di istituzioni pubbliche. L'esposto sottolinea inoltre la necessità di adottare alcune misure immediate, come quella dell'apertura di colonie elioterapiche durante il periodo di vacanza delle scuole, mentre per la zona del Varzese, dove è presente l'immigrazione interna, la richiesta è quella dell'istituzione di più asili, sia diurni che notturni. Nel campo dell'assistenza sanitaria le cose non stanno meglio. L'INAM non non fa nulla oltre alla normale assistenza e si limita alla distribuzione del chinino. Alle mondine emigranti vengono distribuiti pacchetti di medicazioni e cappelli di paglia in numero di 1-2 ogni tre mondine. Per quanto riguarda le condizioni dei dormitori, si chiede che questi non siano lasciati in condizioni antigieniche e di trascuratezza. L'esposto coglie nel segno e la forza delle denuncie costringe le istituzioni pubbliche a prendere in considerazione le richieste. Quasi in concomitanza con la presentazione del documento, il 24 marzo 1953, si svolge a Pavia la Conferenza per costituire il movimento della "donna lavoratrice pavese". Vi partecipano 500 delegate che, alla presenza di Rina Picolato responsabile della commissione femminile della CGIL nazionale, affrontano l'esame e discutono i singoli punti del documento. I temi sono di dominio pubblico e la prefettura si trova costretta a muoversi. Nel corso di un incontro con una delegazione della Federbraccianti il prefetto comunica l'accettazione delle richieste: a carico delle mondine non sarebbero stati oneri e le spese di assistenza ai bambini sarebbero sostenute dall'Amministrazione Provinciale e dall'ONMI. Questi avrebbero provveduto al costo degli asili nido per i figli delle lavoratrici della terra. Un buon risultato dopo diversi anni di lotta nei quali ben poco si era riusciti a conquistare sul terreno delle normative collaterali al contratto monda. Il 21 gennaio 1954, diverse manifestazioni vedono le mondine sfilare in corteo per le vie dei centri più importanti della provincia. Solo in quella di Mortara se ne contano oltre 350. Si recano presso gli uffici della mutua e davanti all'associazione sindacale degli agrari per protestare contro la grave decisione che ha sospeso l'assistenza ai familiari dei lavoratori agricoli in ben 32 comuni della provincia. La risposta a tale sopruso costa al movimento bracciantile diverse ore di sciopero e si allarga in tutta la provincia concludendosi positivamente solo un anno dopo. A Candia Lomellina, al termine di una assemblea, si stila il seguente appello:

"Le mondine di Candia Lomellina riunite in assemblea il giorno 12 febbraio 1954 [...] fanno notare che ancora troppe leggi sociali che interessano direttamente i lavoratori, in particolare le mondine, non vengono applicate e la non applicazione di queste incide in modo negativo sul tenore di vita e sulla tranquillità degli stessi lavoratori [...] Viene tuttora violata dagli agrari la legge sul caro-pane non corrispondendolo nei periodi monda e taglio riso ed in parte anche nei periodi normali dell'anno. Non viene tuttora messa in pratica da parte degli Uffici Provinciali del Lavoro e M[assima] O[ccupazione] la legge approvata nel 1949 che prevede la istituzione delle Commissioni Comunali di Collocamento creando sempre maggior disagio tra i lavoratori perché il funzionamento degli Uffici di Collocamento non è imparziale [..]. Invitano pertanto le Autorità ed Organizzazioni in indirizzo a prendere seri provvedimenti al fine di definire queste questioni in sospeso da troppo tempo. Si dichiarano disposti a lottare con maggior forza per impedire la pratica attuazione di queste leggi, qualora da parte degli agrari e delle Autorità si rimanesse sordi alle nostre richieste come nel passato"...

La conquista della parità salariale.

 Le braccianti, pur facendo lo stesso lavoro e soffrendo gli stessi disagi degli uomini, guadagnano quasi un terzo in meno. Addirittura in molte zone della provincia le donne lavorano a sottosalario con una paga che qualche volta è di L. 800-900-1.000 al giorno. Questo sconcio deve finire; e la possibilità di farlo finire dipendente dall'unità e dalla lotta delle donne dei campi, delle braccianti, che devono contrapporre alla politica di divisione e di ricatto padronale una forza organizzata in grado di contrattare le giornate di lavoro sulla base del minimo annuale e di imporre il rispetto del salario. Il 17 luglio1961, a seguito di un accordo nazionale, viene conquistato il principio della parità salariale tra uomini e donne. L'accordo avrà la sua piena efficacia dopo tre anni, con l'applicazione integrale nel luglio 1963. La differenza salariale esistente al momento dell'accordo è di circa il 30 per cento e interessa oltre 10.000 lavoratrici pavesi:

"Le lavoratrici delle nostre campagne hanno accolto con grande soddisfazione la notizia dell'accordo sulla parità, consapevoli di aver dato, con le loro dure e lunghe lotte del passato, un grande contributo al raggiungimento di questo successo che non può essere valutato soltanto dall'aspetto economico". ("La Terra Pavese", 30 settembre 1961).

L'accordo sulla parità interviene quando la presenza femminile nelle campagne della nostra provincia è già in forte calo. Nel 1945, alla fine della guerra, gli occupati in agricoltura in provincia di Pavia sono di poco superiori a 100.000, nei primi anni del 1950 circa 80.000 e scendono a 47.690 nel 1958 e a 28.639 nel 1963. Alla fine degli anni 50 incomincia inesorabile il declino dell'impiego di manodopera in agricoltura e delle mondariso in particolare: la meccanizzazione, l'impiego dei diserbanti e dei concimi chimici, già dal 1951, e le prime modifiche dell'organizzazione del lavoro nelle aziende di grandi dimensioni, sono le cause principali che provocano l'abbandono delle campagne a favore dell'industria che offre alle donne un impiego almeno all'apparenza più conveniente. Il numero delle mondariso si dimezza: in poco più di due anni, tra il 1959 e il 1961 dalle 22.000 unità si scende a poco più di 10.000. Anche se, secondo le stime della Federbraccianti, le donne interessate a questa grande conquista sono solo un quinto di quelle occupate 10 anni prima, è senza dubbio un'altra tappa fondamentale del lungo percorso, iniziato alla fine secolo scorso e segnato da furibonde lotte e duri contrasti. Viene sancito il principio di fondo, di considerare il lavoro femminile alla stessa stregua di quello maschile anche in termini retributivi… Le nuove tendenze culturali che si manifestano in diversi ambienti della società si scontrano con l'arretratezza delle relazioni sociali presenti nella campagna dando luogo ai primi abbandoni delle cascine da parte delle famiglie dei braccianti e delle mondariso. La residenza in paese, e ancor di più in città, diventa un obiettivo per molti e non di meno la ricerca pressante di un posto di lavoro più "pulito e meno pesante" è l'aspirazione massima di molti lavoratori e lavoratrici della terra. La cascina è il posto da abbandonare; le condizioni in cui si trovano le abitazioni contribuiscono ad alimentare l'esodo. Un'inchiesta parlamentare, promossa dal governo e portata a termine dal ministro Ezio Vigorelli, nel 1952 aveva già documentato l'indigenza in cui vivevano le famiglie degli operai: "2.800.000 famiglie vivevano in case sovraffollate; di queste, 870.000 vivevano in abitazioni con più di 4 persone per stanza o in abitazioni improprie" Riprende così una nuova battaglia, quella per costruire le abitazioni moderne per i lavoratori della campagna e per chiedere contributi allo stato e l'impegno alle istituzioni per favorire la nascita di cooperative di alloggio. Dal punto di vista contrattuale, lo sforzo e lo scontro si concentrano sull'applicazione dell'ultimo accordo, sulle normative contrattuali e sul sistema previdenziale che ancora discriminano le donne rispetto agli uomini. Si elaborano le richieste e gli obiettivi in vista della partecipazione alla 2a Conferenza nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici della cascina in programma a Cremona il 25 febbraio 1962. Una parte importante del documento preparatorio è dedicato proprio ai problemi delle braccianti, con particolare riferimento alla parità previdenziale, all'orario di lavoro di sette ore al giorno, alla definizione degli organici aziendali, attraverso i quali rendere stabile il lavoro femminile nelle aziende, e sulla creazione attraverso i contratti provinciali di una assistenza extra-legem che favorisca, per i 90 giorni successivi al periodo di monda, l'assistenza alle mondariso. La festa dell'8 marzo di quell'anno diventa un particolare momento di impegno: si festeggia la parità salariale, ma ci si deve preparare a combattere per ottenere la parità assistenziale e previdenziale.

Le sette ore, l'ultima battaglia.

 Nell'estate del 1962, una calda estate, il movimento bracciantile rinnova la battaglia sindacale per la conquista delle sette ore. Si tenta di dimostrare al padronato la giustezza e la validità della richiesta con la proposta di sciopero di una ora al giorno, per tutto l'arco della stagione di monda e di taglio del riso...

"Le 7 ore si conquistano in risaia": lo slogan lanciato dalla Federbraccianti viene portato avanti con coraggio e abnegazione dalle mondine di diversi comuni, in particolare si distinguono quelle di Bereguardo e di Sannazzaro, convinte che sia giunto il momento buono per strappare una rivendicazione che si trascina da anni. Viene firmato il nuovo accordo dopo due giornate di sciopero, il 28 e il 29 maggio. La Federbraccianti, pur ottenendo importanti novità normative e un discreto incremento salariale, non riesce a conquistare ciò che più sta a cuore alle donne: una effettiva riduzione dell'orario di lavoro giornaliero al di sotto delle 8 ore...II bilancio dell'attività sindacale svolta nel 1962 porta non poche sorprese. La media di giornate lavorate, infatti, è superiore alle 30 previste dall'accordo interprovinciale. In alcuni comuni si arriva addirittura alle 60, a Sartirana, Ferrera, Candia si superano le 80. Le giornate di monda e di taglio riso sono mediamente 40 rispetto alle 30 degli anni precedenti, a dimostrazione delle profonde modifiche intervenute nel settore. Diverse donne sono impiegate anche nei mesi di novembre e dicembre: si aprono per loro, a seguito di questi risultati, speranze ma anche nuove esigenze. È necessario, quindi, che il sindacato mantenga chiara la sua strategia e le richieste rivendicative, in modo da rimanere al passo con la nuova e inaspettata situazione. La conquista della parità salariale, accompagnata dall'esodo dalle campagne, porta il padronato agricolo ad affidare alle donne mansioni sino a poco tempo prima prerogativa degli uomini, mantenendo però nei fatti la differenza salariale e volendo così affermare, nella realtà di tutti i giorni, la situazione precedente all'accordo. Contro questo atteggiamento che il padronato agricolo assume per impedire che le nuove conquiste si affermino da subito, la Federbraccianti pavese prende immediatamente posizione anche dalle colonne del proprio giornale:

"Abbiamo di fronte il pericolo che sulla donna venga esercitato il massimo sfruttamento al minor costo perché è evidente che il padronato cerca di realizzare un duplice risultato: far eseguire tutti i lavori alle donne con un salario inferiore. Dobbiamo perciò sviluppare una decisa azione che rovesci tale impostazione conquistando maggiori salari alle donne, il diritto a contrattare l'occupazione, la riduzione dell'orario di lavoro giornaliero, le qualifiche, la definizione dei lavori che la donna può sopportare, integrale assistenza e previdenza [...] oltre alle case, scuole, servizi sociali".

Ma d'altra parte i tempi sono ormai maturi per un vero e proprio cambiamento strategico della linea rivendicativa, volta a convogliare in un unico contratto tutti i lavori bracciantili: le trasformazioni tecniche - produttive e del mercato del lavoro finiscono per modificare le condizioni e le forme delle lotte sindacali che, non essendo più relegate al periodo dei grandi lavori stagionali, possono effettuarsi durante tutto il ciclo produttivo…Il cambiamento non significa ancora che le braccianti possono tirare il fiato per il solo fatto che le loro rivendicazioni vengano supportate dall'intera categoria. Molto resta ancora da fare e da organizzare. È alle porte una nuova annata agraria, e un nuovo appello alle mondariso, lanciato dal Comitato esecutivo della Federbraccianti pavese, punta tutto sulla conquista delle sette ore. Ma soprattutto l'appello inviato dalle mondariso di Ronsecco, paese in provincia di Vercelli, che da un anno hanno conquistato questo risultato, sprona ad una nuova battaglia le colleghe pavesi. È forse questa l'ultima occasione per ottenere, da sole, il fatidico risultato. L'appello che viene da Vercelli chiama alla mobilitazione:

"Mondine! È un fatto ormai scontato: quest'anno a Ronsecco si faranno sette ore nei lavori di monda [...] Davanti alla condizione con la quale le mondine posero come condizione di lavorare sette ore al giorno gli agrari capirono che se si voleva mondare non c'era altra alternativa che quella avanzata dalle mondine. [...j E si fecero le sette ore".

Inizia così, con questo atto di solidarietà che è anche convinzione che la battaglia possa essere vinta, l'ennesima lotta. Lo sciopero è intenso; la proposta delle sette ore e mezzo, avanzata in extremis dal padronato per evitare gli scioperi, viene rifiutata dalla Federbraccianti, con la convinzione che oramai il padronato agricolo avrebbe ceduto alla forza e alla determinazione messi in campo. In molte aziende e paesi della provincia si conquistano nella pratica le sette ore. La riduzione dell'orario è un fatto concreto e generalizzato, ma non diventerà immediatamente norma contrattuale. Ancora nel 1966, infatti, dopo diversi scioperi e una lunghissima trattativa, terminata con la mediazione dell'Ufficio regionale del lavoro, nel patto monda stipulato il 1 ° luglio non troverà posto la riduzione dell'orario di lavoro a sette ore al giorno. Il sindacato si esprime in modo critico sull'accordo e pretende di scrivere, in calce al testo del contratto, la seguente dichiarazione a verbale che preannunzia la sua rivincita negli anni futuri:

"Le delegazioni delle Organizzazioni Sindacati dei Lavoratori, dichiarano che, indipendentemente dalle conclusioni raggiunte in ordine al problema dell'orario di lavoro in sede di stipulazione del contratto collettivo di lavoro da valere per le operazioni di monda e trapianto, taglio e raccolta riso per l'anno 1966, proseguiranno nelle sedi opportune e con gli strumenti democratici di cui dispongono l'indirizzo volto ad affermare la validità del principio della riduzione dell'orario di lavoro. Ritengono inoltre che i lavori di monda, trapianto, taglio e raccolta riso debbano trovare giusta regolamentazione nel prossimo futuro, nei rispettivi contratti provinciali di categoria. Per il raggiungimento di tali obiettivi le organizzazioni sindacali dei lavoratori si riservano di svolgere le azioni necessarie atte a tutelare nei modo migliore gli interessi dei lavoratori".

Il patto monda verrà assorbito successivamente nel contratto provinciale dei braccianti e dei salariati. Le mondine saranno considerate sempre più avventizie e sempre meno mondine. La grande stagione delle battaglie delle donne nell'agricoltura pavese si affievolisce sempre di più, per passare la mano alle donne dell'industria, dove, nel frattempo, le ex mondine sono diventate operaie nelle viterie del Sannazzarese, orlatrici nei calzaturifici, tessitrici nelle manifatture di Vigevano e di Cilavegna, magliaie nell'alta Lomellina, operaie alla Galbani nel Pavese. Qualcuna di loro arriverà anche nelle fonderie e in alcune fabbriche di Milano. Diventeranno presto le nuove delegate dei costituendi consigli di fabbrica e si distingueranno nelle lotte dell'autunno caldo che si affaccia all'orizzonte sindacale. Come sempre, sfileranno in prima fila: una volta con i cappelli di paglia, ora con i berretti bianchi, fermati appena con due mollette.

Osvaldo Galli

(Riduz. e adatt. da "Il silenzio della risaia - Ascesa e declino delle mondariso secondo la 'Terra Pavese'", per gentile concessionedell'autore e   di EMI Editrice in Pavia).