(Pagina di diario).
Domenica, 16 aprile 1944
Sono trascorsi 6 giorni... ma da ieri mi sento più calmo.
Perché?... Un sogno che ha avuto per me il potere di un
balsamo: ero lassù nella vecchia casa paterna, in cucina,
mi sembrava di mugugnare un rimprovero a Enrichetta,
fra il lamentoso e il corrucciato, ma a poco a poco l'effige
cara della mia compagna si trasformava in quella mai di-
menticata della mia povera mamma, e questo mi accade
spesso nei sogni, ma mentre io parlo s'odono dei colpi alla
porta, giù. In quel mentre si fa su un uscio laterale la mia
piccola I vana.


Ella quasi a pregarmi di recarmi ad aprire mi chiama
ripetutamente con la sua vocetta dal timbro armonioso
- papa, papa - i colpi giù alla porta continuarono... mi de-
sto, - i colpi continuano - è il cannone, che fa sentire la
sua voce distinta nella mattinata di aprile.
È una speranza che quel rombo vicino mi desta nell'ani-
ma? Forse; ma quella voce infantile, da tempo non più
udita, mi riecheggia negli orecchi, fra il rumore delle can-
nonate, e mi scende nell'anima come una benefica rugiada.
Da martedì il solo pensiero dei miei cari mi empiva gli
occhi di lacrime. Ora sento in me la luce di una speranza.
Oggi si chiude questa settimana di angoscia, ne scaval-
cherò un'altra? Forse... sì.
Mia cara Enrichetta,
ho voluto tacerti fino ad oggi la triste realtà nella spe-
ranza di ottenere una impossibile grazia. Purtroppo è la
fine. Sono straziato di non poter rivedere i miei figli. Ora
tu sei tutto per loro. Sii forte per loro. Tu sai che al mondo
ho fatto solo il bene e perciò morirò tranquillo. Bacia per
me i miei figli ed educali nell'amore e nel lavoro.

Addio, mia diletta e sfortunata compagna, bacia per me
mio padre, i tuoi cari genitori, i cugini e gli zii. Salutami
tutti gli amici e ringrazia coloro che hanno tentato purtrop-
po inutilmente di salvarmi.
Un ultimo abbraccio e un bacio per tutta la vita,
Tuo
Pietro