I VESTITI DA SPOSA
Una stampella attaccata al manico di
una vecchia valigia di cartone marrone
appoggiata sull'armadio: questo era il posto
dove venivano conservati, in attesa
del grande giorno,tutti i vestiti da sposa
che mia mamma ha cucito durante la sua
carriera di sarta.
Naturalmente erano completamente avvolti e protetti
da grandi fogli di carta da modello bianchi, e la
zona era per tutti off-limit, per evitare di sporcarli
o danneggiarli irreparabilmente.
La confezione poteva durare anche un intero mese e
comprendeva numerose prove, da parte delle spose,
tutte volte ad eliminare anche il più piccolo difetto
che avesse potuto offuscare la magnificenza del
giorno delle nozze.
In molte occasioni, mia mamma era anche invitata,
dalla sposa, alla scelta ed acquisto della stoffa
che sarebbe poi servita per l'abito nuziale; non solo,
a volte oltre a questo, anche gli abiti delle damigelle,
che di solito erano bambine, venivano scelti nello stesso
negozio e le spose più abbienti si facevano pure
confezionare l'abito da viaggio, di solito un tailleur
elegante ma informale.
Il colore delle stoffe era rigorosamente bianco,
soltanto qualche rara volta, ricordo di aver visto colori
come l'avorio o il beige molto chiaro; la consistenza variava
dal broccato appena accennato al taffetà leggerissimo per
qualche sopragonna d'effetto.
Il compito delle damigelle, era quello di precedere all'altare
la coppia degli sposi reggendo cestini di fiori; in altre occasioni
invece li seguivano, sostenendo lo strascico oppure
il lungo velo della sposa.
Purtroppo per me, data la mia età, ero il più delle volte scelto
per accompagnare una damigella in questo compito
così plateale: non che la cosa mi dispiacesse (era il miglior
metodo per accaparrarsi confetti) ma siccome
la mia timidezza era proverbiale, non amavo passeggiare
per tutta la lunghezza della navata sorreggendo veli o fiori
con tutti gli occhi degli invitati puntati su di me.
Comunque, a parte questo piccolo inconveniente, "andare
agli sposi" era una delle poche occasioni che potevano
movimentare la vita dei tranquilli paesini del tempo.
La partecipazione, anche di chi non era invitato, era
veramente genuina e sentita, non a caso una delle poche cose
che rimpiango non si usi ancora adesso,era l'abitudine di
gettare confetti, in tutti i paesi attraversati dalle macchine
del corteo,durante il tragitto dalla chiesa al ristorante.
Era veramente uno spettacolo da non perdere: bastavano
i primi colpi di clacson dell'auto degli sposi in testa,
per far precipitare sul ciglio della strada, tutti gli
abitanti di un paese, e Casenuove da questo punto di vista
era anche agevolata dal fatto che la provinciale passava
solamente tre o quattro metri davanti ai portoni
di ingresso delle abitazioni.
Non tutte le auto lanciavano i desiderati confetti,
qualcuna passava oltre fulminata dalla nostra disapprovazione,
altre invece inondavano i presenti dei bianchi dolcetti, che
venivano prontamente recuperati da terra, anche rotti, e
mangiati in men che non si dica. Quando poi il lancio era
esagerato, ne conservavamo qualcuno per i giorni di magra,
in certi periodi dell'anno infatti non ci si poteva sposare.
In tutta questa storia, quell'abito appeso all'armadio era
il segnale che di lì a poco tempo ci sarebbe stato un
nuovo matrimonio nella zona, e forse sarebbe passato
davanti a casa nostra. Il solo fatto di saperlo ci
metteva in agitazione, ed io facevo da tramite
con i miei amici conoscendo alla perfezione il giorno
in cui sarebbe stato consegnato.
Che belli! Erano veramente uno spettacolo.
Mi piacerebbe tanto poter raccogliere oggi, almeno una foto
di ogni abito che mia mamma ha confezionato a tutte le
ragazze di allora, farne un bellissimo album e regalarglielo;
se lo meriterebbe per tutto il lavoro che ha svolto con
amore e passione per dare a quelle spose il più bel giorno
della loro vita.
Chissà, forse prima o poi trovo il tempo di farlo.