CASA
DOLCE CASA .
Ancora oggi abitata, la casa paterna
della famiglia Polidori si trova in via
provinciale 131 nel comune di Sassocorvaro;
fu costruita subito dopo gli anni cinquanta
dal nonno Arturo, che la pagò allora
500.000
lire indebitandosi fino al collo.
Il suo stipendio comunale però gli
permetteva di poter affrontare il pensiero
del debito contratto con minore apprensione,
egli infatti ricopriva in posto di cantoniere
comunale ed aveva in affidamento e
manutenzione la strada che da San Donato
scendeva alla provinciale percorrendo
tutte
le serre di San Rocco e Cà Guido.
Si trasferirono quindi nella "nuova" casa
con i tre figli già grandi, due dei quali
avevano intrapreso il mestiere di camionista:
i primi guadagni poi li diedero tutti al nonno
per
potere estinguere il debito.
A questo punto occorre dare una piccola
descrizione dell'abitazione, così tanto
faticosamente comprata, partendo dalla
sua
costruzione nel lontano 1900.
La zona di Case Nuove era in effetti
un acquitrino, accanto alla strada che
congiungeva Pesaro con i comuni
dell'entroterra; in seguito furono costruite
le prime case dopo aver bonificato la zona,
e queste , forse per risparmiare un muro
di sostegno, furono addossate le une
alle altre in una lunga fila a mo di treno,
interrotte all'estremità est da una
strada che sale a Cà Ciaccio passando
sotto
un bel voltone in pietra.
Gli spigoli dei muri e le voltine sulle
finestre e sui portoni erano fatti anch'essi
in pietra, e nel complesso, questo "treno"
di case doveva fare veramente una bella
figura; poi venne la seconda guerra mondiale,
e Case Nuove ebbe la sfortuna di trovarsi
proprio sul tracciato della famosissima
Linea Gotica, che i tedeschi costruirono
per
ostacolare l'avanzata delle truppe alleate.
In casa nostra addirittura era stato posto
un comando militare, e al pianterreno,
nella cucina "della zia Dina" stazionavano
i cavalli degli ufficiali: ancora oggi si
possono vedere le mattonelle completamente
rotte
dagli zoccoli degli animali.
Dopo la ritirata, le case che nel frattempo
erano state minate, furono fatte saltare
in aria, per cui la ricostruzione ,
data al mancanza di materiale disponibile
e soprattutto a miseria che segue sempre
una
guerra, fu molto difficile.
Si usarono, come raccontava sempre
la nonna, sassi del fiume che si trovavano
in abbondanza e soprattutto gratis nel greto
del sottostante "Foglia", e polvere della
strada al posto del cemento, e per tenere
il tutto insieme venne usata un poco di calce;
le costruzioni risultarono comunque
ugualmente robuste, anche perchè i muri
avevano uno spessore di mezzo metro
ed oltre, e ogni casa sosteneva ed era a sua
volta sostenuta dalla vicina: è il caso di dire
che
l'unione fa la forza.
Non è che si sbizzarrissero molto in
fantasia creativa, durante l'edificazione
delle abitazioni, ed il risultato fu che
tutte le case erano uguali: un portone
centrale che da subito su una scala
che sale ripida al piano superiore dove
si trovano quattro stanze tutte adibite
a camere da letto; al pian terreno altre
quattro stanze di cui le due posteriori
erano "fondi" per conservare la legna,
le botti del vino, i sacchi di grano ed altre
cose utili, mentre le due che davano sulla
strada principale erano due grandi cucine
con camino e vetrine a muro, ricavate
da nicchie costruite nello spessore
del
grosso muro di sostegno.
Per i pavimenti si ricorreva all'onnipresente
e bellissimo cotto, le travi erano in legno
di pioppo o rovere a secondo di quale
pianta era stata abbattuta nelle vicinanze.
Il tetto ricoperto dal classico coppo,
era ed è tuttora ornato da due comignoli,
per lo scarico del fumo dei due camini
che
si trovano in casa.
Nel complesso: una grande casa per
tante persone, conforme ai canoni di
abitazione del tempo, semplice, ma di una
bellezza particolare e soprattutto:
la casa dell'infanzia, quella che non
si
dimentica mai più.