La strategia di risoluzione trial & error Credo che questa strategia sia bandita dalle scuole: la sola presenza della parola errore la rende detestabile. È sempre un'impresa convincere i miei studenti ad adottarla, in particolare i più bravi, abituati ai successi con i problemi delle medie; quelli meno bravi invece la accolgono abbastanza bene, perché è adeguata alle loro possibilità, specialmente se sostenute da una buona calcolatrice numerica. Eppure ritengo che la via per l'algebra debba partire da qui e proprio dalla riflessione sull'errore. La risoluzione per tentativi richiede pochi mezzi: una volta effettuato il calcolo con un valore di prova, basta ripeterlo con altri. Il problema è il tempo e l'indeterminatezza sul quando arriverà la soluzione. Scaturisce quindi la necessità di organizzare i tentativi in modo da renderli più veloci e mirati: da qui può svilupparsi un ventaglio di possibilità didattiche che ritengo di grande valore e che saranno esposte più avanti. L'altro problema, seme di altre opportunità, riguarda la necessità di definire una fine per la serie dei tentativi. Di quali valori è portatrice comunque la semplice attività di trial &
error ? Tutti sanno che il momento critico nella risoluzione dei problemi è la scrittura dell'equazione, però leggendo i testi sembra che questa sia una facoltà innata. Invece chi fa scuola sa che va suscitata, coltivata, aiutata, che per qualcuno è più facile acquisirla e per altri molto meno. Dall'esperienza con allievi molto deboli come quelli del mio istituto, ho tratto la conclusione che una serie di tentativi con numeri faciliti di molto la via per capire la sequenza corretta delle operazioni. Infatti operare con numeri consente un controllo di plausibilità che permette di stabilire ad occhio se l'operazione eseguita non ha senso. Inoltre pochissimi riescono a scrivere subito tutti i calcoli in un'unica espressione, mentre riescono a farlo per tappe successive partendo dai calcoli scritti su righe diverse. La scrittura dell'equazione in un'unica espressione non è essenziale per la ricerca della soluzione per tentativi, ma lo studente si rende presto conto che se vuole utilizzare degli strumenti che sveltiscono il lavoro deve passare per questa fase. Che non è per niente automatica, almeno per il mio tipo di studente, perché richiede il rispetto di alcune regole che non ho visto esplicitate nei libri: senza alcune regole esplicite la maggior parte dei miei allievi piazza le parentesi a caso, stravolgendo completamente i calcoli, mentre con alcune semplici indicazioni riescono sufficientemente bene. Questo evidenzia come ci siano delle attività che non vengono normalmente esplicitate nei libri, nell'ipotesi che ogni studente le sappia svolgere per natura: il che è vero per alcuni, che sono quelli che poi si dicono bravi, ma non vale per molti altri, che sono quelli che finiscono col dire che "io non ho mai capito niente di matematica": forse con qualche attenzione a queste attività implicite si riuscirebbe a ridurre il numero di quest'ultimi. NOTA: arrivati alla scrittura delle equazioni,
si potrebbe anche chiudere il capitolo 'algebra', mandando gli studenti alla
funzione Solve( ) delle calcolatrici simboliche. Di per sè non sarebbe un
sacrilegio, perché, ragionando alla maniera dell'antica nobiltà, se lo sa fare
una calcolatrice è attività mecanica e non degna dell'uomo. Ritengo che
prima o dopo qualcuno arriverà a questa conclusione, che appare inevitabile se
si vuol portare fino in fondo il discorso sulle calcolatrici. Naturalmente
resterebbe ancora qualcosa da fare, come chiarire perché certe volte la
soluzione viene numerica e altre simbolica, qual è l'approssimazione
conveniente, come si affrontano i sistemi non lineari, ecc. . |