Daniela
Costantini,vive
e lavora a Roma col marito e due figlie:Valeria ed Elisa.
Divide
il suo tempo tra ufficio, casa, famiglia e le sue passioni: lavori a
maglia, all'uncinetto, la pittura il disegno, la lettura, l'informatica,
la musica specialmente quella dell’australiano Tony O'Connor.
Trascorre
le ore libere leggendo Prévert, Neruda, Gibran, De Mello e altri.
Ha
iniziato a scrivere poesie proprio per questo motivo... per dare
un'espressione alla sua anima, ai sentimenti che spingono ad essere
compresi e accettati.
Il
titolo «Quando scrivo una poesia», dà la sensazione che
l’autrice abbia voluto riferirsi ad un attributo anonimo. Invece, è la
speranza che spinge a «pensare più a far bene che a star bene;
così si finirebbe
anche a star meglio».
Una
gran quantità di uomini, forse
la
maggioranza, pensa soprattutto a star bene. La
salute
importa a tutti e ciò è la cosa più naturale e nello stesso
tempo più
morale, perché il proverbio «mens sana in corpore
sano»
è una verità che non può ragionevolmente esser posta
in dubbio.
Ma, oltre alla salute, infiniti uomini e donne non
hanno altro
pensiero che gli affari, il danaro, la comodità della vita, gli onori, le
cariche, il favore della gente, il divertimento.
Ciò genera
un incredibile numero di preoccupazioni che non
permettono
all'uomo di star bene. Si temono le crisi nel commercio, s’invidiano e
si odiano quelli che son più fortunati, non si riesce a dormire quando
insorgono le difficoltà, e ne insorgono continuamente; si rinuncia
al riposo, al
divertimento, alla propria educazione, a tutto
ciò,
insomma, che di bello ci offre la vita. Non è detto quindi
che il
cercare di star bene procuri lo stare bene. I grandi ricchi
sono spesso
gli uomini più infelici pur in mezzo al loro
apparente
splendore di vita; i grandi politici devono sempre
temere i loro
nemici che sono per lo più feroci e implacabili.
Quindi lo
star bene non è un mezzo per raggiungere la felicità. Ha perfettamente
ragione Manzoni che dice essere necessario invece far bene. Io
nella mia esperienza dico
che sto bene
quando ho fatto bene e la coscienza mi loda.
«Quando
scrivo una poesia
abbraccio
il mio cuore
e
assisto alla complicità
tra
la penna che stringo tra le dita
e
quel foglio ancora bianco».
Eccolo
lo star bene e nello stesso tempo fare del bene, il concetto esaltato e
cantato da Daniela Costantini, fare bene, come enuncia Manzoni,
Ella lo vive nelle mille preoccupazioni per l'andamento
della
famiglia, per questo la sua lirica è il manifesto (o la manifestazione)
della sua soddisfazione di stare e fare bene. Appare soddisfatta come
quando, con questa lirica ha potuto cantare: ho fatto bene e credo di
stare bene, e credo di poter assicurare che la più grande serenità
consista nella premura che
si ha per la
famiglia, i figliuoli, le persone che si fronteggiano aspramente per un «pozzo
di petrolio», forse, per questo si sono inventate anche delle bugie
paradossali. Insomma, afferma la Costantini, «l'uomo è felice
quando
fa bene, e
nelle buone azioni sta il segreto della gioia vera di
ciascuno».
Tale serenità è così sostanziale che chi la raggiunge
e la prova
finisce con lo star meglio. Vediamo tanti modesti operai, tante buone
mamme, tanti diligenti impiegati
che non hanno
altro scopo nella vita che di adempiere bene
e onestamente
al loro dovere. Essi
badano non a
star bene, ma a far bene. E stanno bene
effettivamente:
la loro vita è anzi un continuo migliorare nel
bene, nella
virtù, nel possesso sicuro e tranquillo di se
stessi.
«Col
pensiero mi avventuro
tra
i sentieri della mente
e
divento
uno
strumento mosso da invisibili dita,
un
accordo di musica a lungo cercato,
un
piccolo ciottolo che traspare
tra
le acque di un ruscello cristallino».
Questa
è proprio la tesi spirituale che è svolta dalla Costantini, in
questo canto: non ha mai pensato
ad affannarsi
per star bene; ma perdersi nell’avventura del pensiero tra i meandri
della mente, per sentirsi ancora meglio, per analizzarsi e contare se ha
fatto bene a pensare al bene degli altri o ha pensato solo a stare meglio,
com'è naturale,
nel pensiero di un egoista.
Com’è
serenamente felice, perché:
«un
accordo di musica a lungo cercato,
un
piccolo ciottolo che traspare
tra
le acque di un ruscello cristallino»
Le
hanno messo dentro una pace rilassante colma di beatitudine. Ella non ha
pensato a stare bene, ma fare bene. Sotto questo aspetto ha ragione di
essere serena e far sì che questa serenità riempia lo spirito e lo
avvolga in quella pace rilassante e intanto:
«Si
leva un canto dalla mia anima,
assaporo
la libertà
di
idee soltanto mie
e
sento un fruscio lieve di ali intorno a me».
A
questa sua tesi la Costantini è stata sempre fedele: lo abbiamo
visto e assaporato nelle altre liriche che abbiamo avuto il prestigio e
l’onore di commentare. Il suo senso acuto e vigile della realtà, fa
della sua poesia una lirica di alto lignaggio perché tiene alta la
bandiera della verità nell’arte. Nel suo mondo poetico c’è una larghissima
eco che ti fa sentire infiammato
di tutto
l'ardore sentimentale e altruistico, non è solo impressione ma canto
sincero e pieno di desiderosa speranza di «vedere gli uomini camminare
mano nella mano, come fratelli, figli della stesso Padre» Ecco perché
il suo linguaggio è semplice: è rivolto al Dio di
giustizia.
«Si
leva un canto dalla mia anima,
assaporo
la libertà
di
idee soltanto mie
e
sento un fruscio lieve di ali intorno a me».
Forse
l’esaltazione che il lettore prova è perché questa lirica così
ingenua, è la più profonda e umana nella quale è
auspicata
(come accennavo prima) la fraternità tra i popoli oppressi o asserviti da
dittature sanguinarie e ricattatrici,ecco perché i versi della lirica
destano una sincera commozione.
Se
il lettore di
versi ha buon orecchio e sa cogliere il valore musicale che
è nella
parola, può ottenere effetti notevoli che non durano però un solo
momento, perché acquistato forza e dolcezza nella semplice sincerità,
proprio come una sinfonia di Beethoven; altrimenti il sentimento
scatenante e profondo non potrebbe colpire l'anima del lettore, anche
perché è espresso in una forma adeguata, che non parla di pianto e di
riso indifferentemente, senza
cioè aver
pianto e riso loro stessi prima di prendere in mano
la penna.
Perciò avvolti dalle:«Ali di libertà, ali leggere/che
portano i miei pensieri/oltre l'Infinito»