Ritorna alla Home Page di: Poeticamente

"Le recensioni qui presentate sono tratte dalla Mailing List di Poeticamente"

Un folle sperare

Di: Franco Santamaria

Franco Santamaria è nato a Tursi, in provincia di Matera. Nonostante sia vissuto spesso lontano dal luogo di nascita, è rimasto sempre legato alla sua terra, come la radice di un albero, ritenendola il simbolo dell’annoso e grave malessere di tutto il mondo contadino, privo della necessaria forza ideale per il proprio riscatto.

Da Taranto, nel 1965 si è trasferito prima a Napoli e poi, nel 1990, ad Afragola, ha insegnato Letteratura Italiana e Storia, per quindici anni, presso l’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali e Turistici.

Laureato in Lettere e Filosofia, abilitato nell’insegnamento di Letteratura Greca, Letteratura Latina, Letteratura Italiana e Storia, ha dedicato il suo tempo alla famiglia e alla scuola,realizzando con gli studenti una didattica moderna e più vicina ai bisogni dei giovani.

Collabora a riviste letterarie, tra cui «Gradiva» di New York.

Ha pubblicato «Primo lievito» per i tipi della Gastaldi, Milano e «Storie di echi» Edizione Ferraro, Napoli.

Sono inedite, soprattutto per avversione alla cosiddetta «Mafia letteraria», le raccolte di poesie «La mia valle»,«Echi ad incastro»,«Radici perdute» e «Pensieri nudi, o quasi». Inedita, per il medesimo motivo, è anche una raccolta di racconti, «Se la catena non si spezza», noi proprio da «A radici perdute» abbiamo tratto la lirica che commentiamo, con la sincerità di sempre.

In Internet, invece, è pubblicata «Parola e Immagine - Poesia e Pittura», opera unitaria, costituita da 39 dipinti e 12 poesie, dimostrativa di una sensibilità artistica nella quale convivono, afferma l’autore, in perfetta simbiosi,«espressioni solo apparentemente diverse di comunicazione» quali la poesia e la pittura. L’esigenza di esprimere il proprio mondo interiore e la visione della vita anche con la pittura risale agli inizi degli anni Ottanta, collezionando una serie di grandi consensi in Mostre Personali e/o Collettive sia in Italia sia all'estero.

Ci occupiamo ancora una volta di quest’eclettico artista,poliedrico e sensibilissimo, per il modo di raccontare sia in pittura sia in poesia le radici della realtà del nostro caotico tempo. La sua, però non è denuncia, ma una lunga ruga dell’anima che si allunga attraverso il diametro terrestre.

«Mi sono fatto speranza d’una terra-fanciulla

uscente da antiche caverne

per solo gioire dei colori del giorno.

Mi sono fatto speranza di bui sentieri

d’ubriacarsi di luce,

speranza di scoscese pietraie

di polirsi a vene d’acqua pura,

speranza di roventi deserti

di nutrire radici di vita».

Protagonista principale del realismo poetico santamariano è soprattutto l’attaccamento morboso alla terra natia, che vorrebbe non solo piena di sole,candida e solenne conservata nel fascino poetico del paesaggio lucano fatto di colori improvvisi, di castelli leggendari, di cattedrali maestose e case immerse in verdi colline profumate di rosmarino e fiori di ginestra che si snodano come in un bianco presepe, ma anche di gente vera nel vivere in serenità il proprio lavoro senza essere costretta a non «farsi speranza di bui sentieri/e di (non) polirsi a vene d’acqua pura», poiché questa bellezza è destinata ad essere vista di sfuggita da escursionisti occasionali e non vissuta dai suoi figli, che hanno dovuto prendere la valigia di cartone ed espatriare.

Tra le righe dei versi c’è la nostalgia dei valichi e dei burroni, che circondano Tursi e la ingentiliscono con la presenza delle impronte gloriose del tempo passato. C’è il grido prepotente dell’anima che vuole la personalità volitiva dei suoi compaesani, che si esterna nelle opere poderose dei contrafforti e dei ponti che legano un valico all'altro e ingabbiano le timpe, ma anche nei meravigliosi giardini dove splendono gli agrumi che colorano il paesaggio di frammenti solari. Rivuole quel Teatro che fin dall'Alto Medio Evo è pieno di eventi di grande importanza nella storia del Mezzogiorno. Rivuole la sua città natia che fu capitale della Provincia Bizantina e punto di unione di una folta comunità saracena. Pur abitata dai Greci e probabilmente dai Longobardi, ha un quartiere: la Rabatana che richiama ad origini arabe e che sovrasta l'intero abitato.

Rivuole la Tursi con la sua storia millenaria che conserva ancora impercettibili segreti ad iniziare dalla sua lingua, nota ormai dappertutto ed è nella sua complessità,la terra del ricordo che pervade anche l'opera del poeta Albino Pierro.
Franco si è «
fatto speranza d’una terra-fanciulla» girovagando, col pensiero e il rimpianto nell’anima, tra le strette e tortuose viuzze che salgono dal vociare della centralissima via Roma, sino ai silenzi della Rabatana, per ri-accarezzare con mano non più fanciulla, una storia lunga ed affascinante. Rivedere l'antica Cattedrale di Santa Maria Maggiore, nel borgo antico, pur sapendo che delle strutture medioevali non resta nulla, ma al di sotto della fabbrica settecentesca, è conservata la cripta costruita intorno al Nono-Decimo secolo per opera dei Basiliani.

La sua poesia-pittura produce un grande impatto nel panorama artistico contemporaneo che non considera più l’arte come messaggio di fatti nobili, epici e grandiosi. Santamaria propone quadri i cui soggetti sono gente povera, semplice, che pur godendo il sole stende le mani al cielo come per abbracciarlo e con il suo calore anche la speranza, di cui si fa messaggero.

«E’ stato un folle

sperare un profumo di abbracci redenti».

Questa scelta di Santamaria ha un effetto provocatorio e polemico proprio perché illustra l’obiettivo di imporre al pubblico dell’arte, fatta di grandi borghesi, la descrizione di quelle sofferenze delle classi dimenticate, la cui colpa è socialmente imputabile al fatto di appartenere al Sud, quel Sud sempre e ovunque bistrattato. Inutile affermare che l’arte di Santamaria riceve un’accettazione entusiasta.

La sua Poesia la definirei: «fenomeno del neo-realismo» e in quest’ottica va anche considerata la sua esperienza pittorica.
«E la mia voce più non ha senso,
più non è canto né cuore
di ciò che esplodere voleva
in fiore e frutto e seme nei riverberi del giorno pieno,
in rapidi guizzi ed estesi abbandoni marini».

Alla base del canto di Santamaria c'è una giusta percezione, che sembra risulti da
«ciò che esplodere voleva
in fiore e frutto e seme nei riverberi del giorno pieno,
in rapidi guizzi ed estesi abbandoni marini»,

e la vastità è ottenuta con figure da scena michelangiolesca: e quelle figure, presentate con tratti essenziali ci paiono viste,osservate in proporzioni al sentire del cantore. Il Poeta è uno che grida, è uno batte con la marra; l'aria è piena di voci e di rumori, eppure il senso è di silenzio, quei suoni si espandono nella atmosfera come se il cristallo che si frappone fra noi e quella scena, non è altro che uno strato d'aria conduttrice di suoni. Quella voce ci pare di vederla, piuttosto che di sentirla, come se invece di rimanere solo un canto nostalgico si propagasse, nell’etere per essere ascoltata da tutti gli uomini. Il Poeta è certo di questo avvenimento, perciò il suo canto si fa preghiera:
«Sono finiti i sogni della colomba
nel rosso delle macerie e dei campi minati,
nel liquido infetto umidore della terra che muore
senza difesa».
Si potrebbe osservare ancora, che la composizione del quadro è raggiunta attraverso notazioni accavallate e come tale si rincorre: come l’acqua sui ciottoli del fiume, per legarsi l’uno agli altri attraverso quel filo che li lega «per l’infinito spazio del cuore».

Con questo concetto Santamaria realizzerà numerosi quadri di soggetto universale. In loro sono raffigurate mani protese al cielo, a volte, solo schiere di uomini che segnano con la loro presenza i desideri e le speranze racchiuse nel profondo del cuore; non solo per la gente del Sud ma per tutte le genti.

In quest’autore sono presenti gli aspetti principali del nostro vivere quotidiano, ossia la nuova concezione della poesia, un linguaggio contraddistinto dalla ricerca delle suggestioni musicali e da una visione pessimistica dell'uomo e del mondo. Il Santamaria è caratterizzato da una profonda cultura, basata sullo studio dei classici e dei maggiori autori italiani, studio dimostrato dalla facilità con cui padroneggia il vasto patrimonio rappresentato dalla letteratura greca e dalla sua familiarità con lo stile e la sensibilità di autori come Virgilio, del quale apprezza e segue l’amore per la natura.

Il mondo poetico di Santamaria, pur essendo permeato profondamente da questa cultura, pur presentandosi come una visione completa e suggestiva di un preciso orientamento, risulta originale,perché trae origine dalla sensibilità dell'animo suo e dalle esperienze umane e culturali.

Franco Santamaria, per la sua sensibilità e per le stesse esperienze esistenziali, approda ad una concezione nuova della poesia, che esprime in alcuni quadri in cui le figure sono quelle della «sua» gente avvolte in colori «terragni», a volte «sanguigni» tanto da richiamare qua e là Mafai, Caputi e qualche altro della «scuola romana», perciò sento di definirla: poetica del «neorealismo»; perché le note più qualificanti dell'arte di  Santamaria sono la genuinità, la semplicità e, soprattutto, l'istinto sincero. Egli, pur essendo accolto e stimato nel mondo artistico, non si è lasciato influenzare né dalle tecniche, né dalle correnti, talvolta accattivanti, ma ama esprimere il suo mondo in assoluta libertà creativa.

Com'è destino del poeta di fondersi nell'incantato universo del Verbo e divenire egli stesso poesia, diviene conseguente il doversi fondere dell'artista nell'Universo, per penetrare l'«Armonico Assoluto» e farsi egli stesso «Arte vivente».

Franco Santamaria, non solo ha arricchito il panorama artistico nazionale, gli ha dato l'esaltante grandezza dell'umiltà espressiva: umiltà che dissimula grande espressività che coniugata ad una disinvolta maestria formale, pur senza l’arpeggio verbale, raggiunge i toni dell’alta poesia, che in sintesi, da «poetica umana si fa puro lirismo... poesia». Ciò dimostra la mia devozione e l’indubbia stima sia personale umana sia artistica.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna alla Home Page di: Poeticamente

Ritorna all'indice di: Poesie & Recensioni

Leggi la Poesia recensita