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Emozioni

Di: Gino Rodi

Arturo Ferrara Viotti, commentando tre poesie di Gino Rodi afferma che «hanno il sapore del tempo passato, ancora vivo nella memoria, e, a differenza di tanti versi del genere, a prima vista appaiono intense, sincere. semplici e profonde nello stesso tempo perché vissute, sentite e non "costruite" a tavolino».

Infatti, gli ingredienti sono essenzialmente due: il contrasto tra poeta e potere, e il legame tra genio e classicità. Forse questo è il motivo che ha fatto emergere l’affermazione del Viotti, da ciò, quindi, si può rilevare che la poesia di Gino Rodi ha «sapore del tempo passato» per la ricerca della classicità e, sotto questo aspetto, dobbiamo intendere che la sua poesia, appena nata è già classica, non solo nella forma, ma anche nella ricerca del termine, come se il vento non dovesse più avere questo nome. Si è detto: classicità nella forma, aggiungerei classica per le emozioni che suscita nell’intimo del lettore.

«Nell’acquario siderale dello sguardo

frammenti d’immagini azzurre».

I romantici ci vedrebbero un rapporto con Tasso e il paradigma del conflitto tra il Poeta e la tirannia dello sguardo siderale e i bellissimi frammenti caledoscopici delle immagini. Noi consideriamo quest’espressione di una sensibilità fuori del comune, di un’immaginazione visionaria che condanna i contemporanei, alla ricerca perenne di qualcosa cui ha perduto il sapore e l’ebbrezza. Rodi sa che termini simili non possono che alleviare la solitudine e l’incomprensione dei suoi contemporanei.

«Attraverso cristalli di lacrime

ho visto la grandezza del cielo

e la luce delle parole mai dette».

Il tormentato percorso poetico che Rodi traccia lo porta dall’acquario siderale alla cristallizzazione delle lacrime perché la bellezza del cielo è tanto meravigliosamente bella che gli occhi non sanno trattenere le lacrime che l’acquario siderale cristallizza, mentre le parole si accendono di luce propria: diventano «Sole» affermando il loro dominio culturale e morale.

Atomon, cioè la teoria della gioia individuale come toccasana spirituale è sviluppata dal Poeta secondo analitiche ricerche del senso logico, poiché come afferma Aristotele, «l’indivisibile è la specie, la quale non può essere ulteriormente ridotta con un processo di carattere analitico». Da qui la grandezza dell’espressione poetica che si alza in canto universale, ormai pago di aver condotto l’uomo, dall’acquario siderale dell’individualismo alla bellezza del cielo che è universalità e comunione d’anime:

«La speranza mi vestì da maschera

a camminare il credo del cuore,

ma nelle fiamme, abbandonate dal sole,

le vibrazioni raschiavano il silenzio

per la cieca libertà del vivere».

Gino Rodi giunge a questa conclusione affrontando il problema della giustizia domandandosi: qual è la via giusta perché il mio cammino non sia soltanto il credo del cuore, ma fiamme che portano a giungere la ragione. Eppure le stesse fiamme abbandonate dal Sole, stavano per portarci al silenzio totale, per la nostra cecità di voler solo vivere senza conoscerne il significato e, solo, per sentirsi liberi, ma da che? Da chi?  Già prima della nascita Dio ha distribuito agli uomini i destini, fino al punto di assegnare ad uomini che sono buoni povertà, ferite e lutti prematuri? E così risponde:

«Poi, vidi la verità.

Stava seduta sulla nuda roccia

come un’amante segreta

a tracciare sentieri d’infinito».

Questi versi sembrano contenere in essenza il «profumo» lirico di Rodi, lo fanno sentire in tutta la sua fragranza: ogni parola, e persino i due punti che chiudono le frasi, hanno un significato o rimandano ad un luogo ben preciso reale e onirico:

«… La verità.

Stava seduta sulla nuda roccia

come un’amante segreta

a tracciare sentieri d’infinito».

Rodi dunque non si limita ad evocare i sentimenti con un richiamo indiretto, ma misteriosamente lo nasconde sotto la sua scrittura poetica, in un gioco sottile di  riverberi colorici. Tutto, a mio avviso, è frutto di una sapienza letteraria che ha pochi confronti. Qui gli effetti verbali si librano in sogno e diventano il simbolo di un colore meraviglioso.

«Il cielo, aperto al nuovo domani,

m’apparve con i colori dell’arcobaleno,

si soffermò nel vento dell’ignoto

e incominciò a ricacciare le paure

per abbracciare la purezza

e l’ingenua incoscienza degli eroi».

La forma piana, governata, nella maggior parte, dall’endecasillabo, coesiste con lo spirito; quanto al verbo apparire, esso apre la via alla comprensione piena della lirica, che bacia il nuovo domani, che avrà i colori dell’arcobaleno. Rodi si preoccupa di ricordare che il vento dell’ignoto si era soffermato prima di cominciare a ricacciare le paure, illuminando un evidente significato simbolico, poiché il vento si lega all'idea della perfezione, all’ingenuità dell’incoscienza degli eroi.

In questo, come abbiamo affermato prima, Rodi mette in campo una duplice struttura concentrica,su cui si modellano le immagini sovrapposte dell'organizzazione topologica e di quella narratologica. Il tema della ricerca si muove su entrambe le strutture, con linee orientate verso l'esterno, ma il récit evocato dalla lirica risulta subordinato all'interazione con l'istanza metapoetica. La libertà ricercata dalle lacrime cristallizzate e il vento dell’ignoto diventa virtuosistico raddoppiamento, della ricerca della stessa libertà dai canoni classici della poesia, attuata attraverso la comunicazione fra i livelli di realtà.

«Chimiche reazioni si fecero insistenti

per divenire sabbia già caduta

dalla parte più bassa della clessidra».

Il rapporto di potere fra autore e parole vengono in un certo modo stravolti: l'onniscienza del primo è ridistribuita equamente fra i due termini ed il controllo della narrazione è assunto interamente dall'autore.

Il questo modo, la sua instancabile ricerca assume un valore antonomastico tale da poter essere tradotto in termini formali e pilotare il gioco della metafora, che abbellisce e ingentilisce la lirica, come una bella donna che si appronta a sedurre l’uomo che ama.

Il canto rodiano come termine di confronto con la corrente poetica attuale, svela, con argomentazioni persuasive, la strategia dell'autore che offre e promuove la propria opera. Penso che con questo comportamento, Rodi abbia ragione nell’offrire la lirica, secondo il suo giudizio, senza lasciarsi influenzare dalla limitazione che potrebbero imporre i lettori.

«La speranza che questa strada si possa percorrere occorre sia tenuta viva, in ogni modo...» Afferma decisamente Arturo Ferrara Viotti.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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