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E allora affonda le mani nel sole

Di: Gloria Ghioni

La diciannovenne Gloria Ghioni (Anathea) è nata a Pavia, risiede in una cascina della Bassa Padana, immersa nella natura, che spesso suscita elementi di riflessioni per le sue opere. Fin dai tempi delle elementari ha manifestato un notevole interesse per la scrittura e durante le scuole medie ha scritto alcuni articoli per giornali di diffusione locale. Ha partecipato a pochi concorsi locali, pubblicato alcune poesie sul settimanale pavese «Il Ticino». Si augura di riuscire presto a comunicare quanto scrivere sia il comune denominatore delle sue emozioni.

Afferma che la scrittura è: «Desiderio di muovere le mani sui tasti, che sente ansiosi di ricevere da lei un pianto o una promessa». 

Scrive di sé:«Quando sui fogli apparirà la perfezione del nulla,mi ergerò vittoriosa».

Infatti, l’artista non ha altra risorsa che il proprio «Io creativo» per sottolineare il valore e l’importanza del carattere artistico individuale.

Quindi la radice più autentica dell’opera è lo stretto legame fra la personalità dell’artista e la sua opera che, nel nostro caso, è la manifestazione trionfante del proprio «Io creativo» come si presenta al lettore, che attraverso l’opera stessa trova l’artista, la sua vita intima, le aspirazioni, il suo desiderio d’amore e di comunicazione col mondo.

Per il Poeta, come per il Pittore o il Musicista, l’opera compiuta diventa il suo «autoritratto» che, mentre il lettore ci vede la trasparenza dell’animo dell’autore, per l’autore costituisce una sorta di monumento eretto a se stesso.

Il Poeta in questo luogo di solitudine dove gli fa compagnia solo il monumento che si è eretto e che, come Michelangelo a Mosè, chiede ad ogni lirica di parlargli, perché il Poeta in quel momento ha necessità di sentir parlare la sua Poesia perché si trova in un luogo di solitudine lui e la lirica appena scritta. Il Poeta ha necessità in quel momento di parlare solo di sé, con l’opera appena nata; e spesso involontariamente si autocelebra oppure, come sosteneva Nietzsche, sfrutta le proprie emozioni: «I poeti sono privi di pudore verso le loro esperienze interiori: le sfruttano, al di là del bene e del male», e se per caso distogliessero un momento lo sguardo da sé,per rivolgerlo ai personaggi che affollano la memoria, è sempre se stesso che ritorna al «SE’».

Se così fosse, le liriche sarebbero il circolo col quale il lettore non potrà stabilire che un rapporto particolare, senza la compartecipazione, che il Poeta vorrebbe da lui.

La Poesia, però, per essere definita tale, deve far scorrere immagini, creare sensazioni, fa nascere riflessioni, pensieri, emozioni, in cui tutti vi possano trovare qualcosa di sé, universalmente valida, al di là di ogni differenza di cultura, di razza, di sesso.

Gloria Ghioni, seppure ancora giovanissima, vanta al suo attivo numerose pubblicazioni in vari siti del web, come scrittrice versatile, autrice di poesie, racconti, opere che hanno il profumo amaro dei disagi giovanili, della gioventù sfiorita nella vana speranza di un sicuro domani.

A volte, prigioniera di sé in un infinito dialogo con se stessa, l’Io creativo, scevro da ogni volontà eroica,  imprime sulla carta, come tasselli di un mosaico, versi in cui non c’è  consolazione o speranza ma, è ciò ci addolora, l’amaro rimpianto, per qualcosa che è costretta a dormire in un cassetto o essere divulgata nel web, perché nessun editore che si rispetti si sogna di pubblicare un libro come la giovane di talento vorrebbe.

«E allora affonda le mani nel sole,

ci sono raggi e corpuscoli infiniti,

radici nuove allungate

a bersi il calore di una lirica

                                sussurrata»

Il modo sconclusionato in cui il giovane Talento è costretto a vivere, impronta la sua opera al più cupo pessimismo, sempre in bilico fra amarezza, talvolta anche ruvida ed aspra, sia quando il verso s’avvicina alla prosa, assumendo tono sciolto e colloquiale, sia quando s’inarca nel lapidario frammento.

«… affonda le mani nel sole,

ci sono raggi e corpuscoli infiniti»

Il tema universale, antico quanto nuovo, come l’amore, non riesce a dare forza, anzi, diventa inquietudine, ebbrezza, dolore e gioia,  naufragio ed approdo che finisce, come il sole: «a bersi il calore di una lirica/ sussurrata». Il grido è autentico dolore che Gloria manifesta in versi d’amore, sprigionando sempre le  sensazioni e le emozioni che prova, ma senza esaltazione, con un’infinita umiltà, cosa rara in una diciannovenne, oggi.

Non è facile poetare oggi. Tutto è stato scritto e riscritto, ma la Ghioni è cosciente di questo, anche perché ha fatto sua l’affermazione di Carducci:  «Tutto è stato scritto è lo stile che differenzia uno scrittore dall’altro»; aggiungo che differenzia  l’autentico talento dal clonatore.

«a piè del pesco,

dove al suono del musico

s'è tinta una corteccia

di sangue poetico».

Fonte ispiratrice e  destinataria  di questa  preziosa lirica dai toni solar/notturni, emerge come creatura lo stato del Poeta oggi, costretto a tingere di sangue la corteccia degli alberi, sempre per il motivo enunciato prima. E’ come se il Poeta Gloria Ghigni avesse scelto il “pesco” simbolo primaverile per far penetrare nelle orecchie il suo grido d’amore, fatto di incertezze.

L’esperienza, classica (sta preparando la maturità) confluisce nella sua poesia, con il tono romantico foscoliano, mentre guarda nell’attesa della vita futura investendo ogni parola del suo sentimento, in modo che tutto divenga vita e luce.

Ed avvince quest’atmosfera romantica che permea i versi, il paesaggio dentro il quale s’incastonano  le  emozioni:

«Secoli passano,

ma il fiore ancora vive».

Sommessamente, quasi con pudore, tra timidezza e desiderio, Gloria Ghioni, con grazia e dolcezza, in suggestiva levità, ci parla dei desideri del giovane Talento, con amore, in tempi in cui il mondo sembra prediligere il contrario.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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