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Nel giorno in cui sei nata

Di: Francesco Papacicco

Francesco è nato a Bitonto in provincia di Bari nel 1970, frequenta la facoltà di Economia all’Università di Lecce, piano di studi completato e tesi in preparazione. Primo di due fratelli, viene da una famiglia della piccola borghesia. Si dedica con passione alla composizione di poesie ad uso amatoriale ed ultimamente anche alla scrittura di testi musicali. Attento consumatore di musica d’autore (Battiato, Fossati) e di letteratura moderna Cunningham, De Carlo, vorrebbe realizzarsi professionalmente nel campo artistico. Compare nell’Antologia «Navigando nelle Parole» – edita IL FILO, Roma 2002 – «Canti oltre la rete» - Edizione Nonsoloparole, 2003. E’ risultato vincitore del primo premio nella II Edizione del Concorso «Accademia Salentina delle Lettere – 2002» con l’opera «Rubammo more rosse e blu». Si è classificato 3° ex aequo alla XI Edizione del «Premio Città di Bitetto – 2003» con la raccolta «Dio e dintorni». Ad altri premi vinto si è aggiunto il primo premio nella Sezione Giovani Autori di Testi Musicali al Premio Lunezia 2003.

«Una terrazza sotto il sole,

ranuncoli violacei a mazzi

come croste di viva pittura

sul parapetto mozzafiato,

un’altalena di buonumore»

Ebbi il primo contatto con Francesco Papacicco qualche anno fa, quando da una mailing-list tutte le sere dava la buonanotte agli iscritti; questo desiderio di affratellamento mi colpì e cominciai a cercare le sue poesie, mi piace il suo stile, tra i tanti giovani che scrivono versi in internet egli si fa notare per la semplicità di espressione, per la sincerità dei sentimenti, per la concretezza delle immagini, che le metafore accavallate, come per soddisfare la carenza e la necessità di affetto, scintillano come fuochi d’artificio.

«e cuscini ampi per dormire,

il caffè traboccante d’onde

di prodigalità nel bianco latte,

un pudore che non ha misura

e che fascia severamente le pieghe»,

Ricordo che questa poesia mi piace molto per la sua semplicità e ingenuità. E’ una specie di dialogo che si svolge tra il poeta e l’«io creativo» che interroga la ragione, lodandone la bellezza e dolendosi che spesso ella è considerata perduta e non può dare risalto all’opera d’arte, e non combatte con il «sé razionale» se non quando esaminata l’opera, colloquia con lei lodandola, solo allora l’opera comincia ad acquistare il valore della semplice esistenza e decide di preferirla; se la coccola per qualche giorno come fosse un’innamorata, destinata a lasciarlo e prima o poi sarà lasciato perché è il destino di ogni opera che urge a farsi conoscere per dire agli altri lo splendore dell’animo di chi l’ha creata, e accetta ogni espressione dai lettori sia di plauso che di demerito.

Rileggendola, quest'anno, ne ho ricevuto un'impressione ancora migliore. Ugualmente belle e vivacissime sono le poesie che alcuni di noi abbiamo letto in questa o in quell’altra mailing-list. Tutte colloquiano vivacizzando il dialoghetto tra il Poeta e il suo Io.

«pieghe sulla pelle e sul cuore

che un mobile antico sospira,

una terrazza sotto il sole

per noi anche quando diluvia, sei tu

madre, nel giorno in cui sei nata»

Il commento alla poesia è dato proprio da questi due versi.

«per noi anche quando diluvia, sei tu

madre, nel giorno in cui sei nata»

La vivacità della descrizione è tale per cui anche noi proviamo un momento di vero piacere.

La stessa vivacità troviamo nelle altre in cui compare l’amore per la sua terra, che è una delle più argute e piacevoli composizioni del Papacicco.

Considerando queste opere, io credo di poter dire che la loro caratteristica dominante è la vivacità e la naturalezza del racconto. Francesco Papacicco si presenta come uno stilista ricco e immaginoso, più popolare, più alla mano sia nello scegliere gli argomenti da raccontare sia nella forma che usa: il puro e semplice linguaggio del popolo. Devo dire che la lettura delle poesie di Papacicco è stata per me, sulle prime, subito accattivante e attraente nella lettura.

«giorno che unisce le nostre carni

perché vivo è il passo sulla terra

e vegeto l’arrenderci all’abbraccio.

Noi, i tuoi commensali, i tuoi figli».

Questo autore è più vicino a noi, più immediato, che tanti altri poeti che popolano il pianeta Internet. Ha davanti ai suoi occhi il grande molteplice quasi infinito mondo su cui ha posato lo sguardo il suo spirito anelante, il mondo dei popolani che sono poeti perché amano leggerla. Ma Francesco lo ha saputo cogliere con molta sicurezza e dipingere con una certa vivacità.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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