Buongiorno
con tutto l'amore che posso. Avevo giurato a me stesso che non avrei più
parlato delle poesie cui non possono essere precedute da un profilo
biografico dell'autore, poiché il lavoro, in questo modo, sarebbe
facilitato; ma come di fa a rimanere insensibili di fronte a versi
impetuosi e virili come questi che ci giungono da un «Ponte ventoso»
«Se la
notte è gelata sui ponti ventosi
in questa
valle di case deserte
e luci
vuote, punti
di fitto
pensiero, automobili accese
che salgono
al cielo nero
e diventano
stelle,
io sento
carezze di prati e montagne
ore bambine
incendiarsi, bruciare
più forte
dell'aria, quest'aria
che soffia
alla foce del fiume».
Il tepore
delle carezze dei prati e le automobili che, proiettando le luci dei fari,
passando attraverso il pensiero dell'autore, diventano stelle, bruciando
l'aria che soffia alle foci del fiume; però la carezza dei prati sembra
fermare persino il vento e l'anima si quieta, rimanendo in ascolto del
«silenzio» lo stesso che Pasternak ha cantato con amore: «silenzio, sei
la cosa più bella che abbia mai udito!», lo ricordate?
Poi. Tutto
tace! Sull'ardore dei versi, pare giunga un getto d'acqua gelata. Quietato
il tumulto dei ricordi e degli affetti, il poeta può disegnare e colorire
un quadretto d'esattezza e di evidenza mirabile; può osservare e ritrarre
ciò, che all'uomo comune sfugge.
Plinio
notò sotto le acque trasparentissime le monete e le pietruzze, Giancarlo
Castello gode della carezza dei prati e delle montagne circostanti; non
ode il fiume che rumoreggia, quasi da sembrare immobile al fondo, con
quelle sue tinte metalliche, fredde; nota l'ampiezza, il volume e quasi la
sostanza reale delle carezze. Come Byron ammirò le acque «del più puro
cristallo, che fosse mai», e benedisse al genio del luogo, che donava
freschezza al cuore e lo detergeva dell'arida polvere della vita, Castello
non sente più neanche il fascino dei fìori e delle montagne di zaffiro,
che come «ore bambine» si incendiano per bruciare l'aria invasa dai
radionuclidi. Castello in piedi come un tronco di Pioppo sulla riva, segue
il vento, come Byron la ninfa del fiume, che contemplava e lavava le sue
belle membra nelle acque.
Il nostro
segue e non trascura di:
« (.)
rivivere i giorni
le calde
canzoni del tempo
per donarle
alla pioggia con gli occhi
senza
conoscere ancora
l'aurora...
»
che, sopra
il dolce declivio del colle, sulla sonda del fiume tiene viva la memoria
di Dio.
Ma sono pur
sempre tocchi fuggevoli anche se illustri, ci fa sentire, in quel luogo,
ciò che lui sente. Io credo che, seguendo i suoi pensieri, ascoltando le
sue parole fatte di silenzi lunghi e piacevoli, mentre ascolta la musica
del vento che passa sulle acque come l'archetto sulle corde di un violino
o un violoncello.
Castello
non è come altri poeti del nostro tempo, Remil canta la nostalgia della
sua città in debilitazione, con rabbia e determinazione; come oltre
settant'anni fa Scipioni ne dipinse la demolizione, per vederla risorgere
ardente e giovanile; questo pensiero porta Remil a ricercare nella Poesia
le «fobie» dell'infanzia creando la «scuola» di una corrente poetica
che non tratta l'idealismo della creatività, ma affronta con schiettezza
e sincerità di intendimenti «la psicanalisi»: ardua impresa, ma molto
riuscita se si legge con attenzione; Santamaria liricizza la storia con
piglio virile; Vincenzo Fidanza, l'armonia che l'umanità va rincorrendo
in questo mondo arido (parlo dei Poeti presenti in questo sito e non tocco
i cosiddetti poeti laureati perché pubblicano con editori famosi - anche
se moltissimi non meriterebbero neanche questo appellativo).
«Il mio
cuore è un limpido bosco
d'inverno
con i suoi
rami che hanno amato il vento
col suo
selciato eterno di foglie
disseccate
bruciate
da un
calore splendente»;
per
Castello la poesia è un vago tessuto d'illusioni, che l'arido vero ha
crudelmente strappato. E sul ponte anche se ventoso cerca di ricreare con
la fantasia quel mondo a modo suo, e viverci dentro con gli altri uomini,
in piena libertà con la natura amica.
Forse per
questo cammina con le spalle rivolte al vento, come se dovesse seguire
solo i suoi pensieri. Quel vento impetuoso che accende fantastiche
immagini per sé e per gli altri, anziché gettare ombre davanti al
pensiero; affermerei che gli (e ci) rileva e contorna meglio quello che
ciascuno porta dentro di sé. Il motivo del principio, consistente in una
specie di lotta istintiva tra la realtà, bella, ridente e seducente del
mondo, che lo accompagna per ogni verso dal principio alla fine.