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Come il vento

Di: Flavio Zago

Flavio Zago, è nato nel 1962, terzo di cinque fratelli, a Ronco Biellese, un paese sulle colline di Biella, dove vive. Dai primi anni  di scuola scopre il gusto dello scrivere poesie. Muore il padre ed è costretto ad interrompere bruscamente gli studi. Nel 1985 allestisce uno studio di registrazione,dove dà sfogo alla passione musicale e soffoca la malinconia che lentamente percorre la strada nell’anima. Nel 1994 s’innamora del tiro con l'arco e diventa agonista e poi istruttore. In tutti questi anni la produzione poetica è lenta, ma costante. Non segue nessuna scuola poetica, ma si concede al momento, rispettando la libertà interiore che cresce giorno dopo giorno. Amo la semplicità e ciò ricerca e trasmette nelle composizioni. Nel 2002, ha iniziato ad inviare i suoi lavori a questo e a quell’atro sito internetiano, rendendole pubbliche e dividendo col lettore quel forte senso di libertà che gli urge dentro e non capisce ancora a fondo.

Non afferra ancora che la libertà è la capacità dell'uomo di disporre della sua persona e d'una parte di beni sotto la protezione di leggi giuste, che l'uomo ha contribuito a fare e che egli contribuisce ad applicare. La libertà è personale e reale, civile e politica. Dai tempi più remoti non ha mai cessato di crescere, come un albero, sul suolo privilegiato d'Europa, favorita dai progressi simultanei della cultura, della morale, della scienza e della tecnica. Essa è, oggi più che mai, protetta da organismi e disposizioni di carattere internazionale. Altri progressi le sono ancora riservati per il futuro, secondo ogni apparenza, sotto l'egida di una solidarietà più larga e più stretta, nell'ambito di un universo che va anch’esso contraendosi. La libertà va considerata come un elemento, un fattore, un frutto, un effetto, una conseguenza del progresso, ed ogni vero progresso come un progresso della libertà.

«Il seme di maggio è tra noi,

più avanti il suo cuore lo farà vegliare,

più in là il suo orgoglio lo farà scoprire

e l’occhiuta betulla, sorridendo m’addormenterà».
La libertà è come il di maggio che germoglia tra noi: un attributo della personalità. E’ un seme che per l'essere umano è la capacità di disporre della sua persona e dei suoi beni. La libertà è personale e reale. La libertà personale è la capacità di disporre della propria persona, senza autorizzazione di altri: di andare, di venire, d'impegnarsi, di ritrattarsi, d'esercitare una professione… (Afferma Giuseppe Selvaggi: «La libertà è ciò che è già dentro di noi»). A partire da questa realtà semplice la libertà cresce come un albero dai molti rami, proprio dal quel seme di maggio che è tra noi; cresce, proprio come un albero, nella misura in cui si rinforza, e si rinforza nella misura che cresce, traendo dal suolo i succhi che la nutriscono, ma portando in sé il suo principio di vita; a mano a mano che cresce e la sua fronte si innalza verso il cielo, stende sempre più lontano la sua ombra benefica e la protezione che dispensa.
«Piccina mia, che guardi e non intendi
ascoltami, ti prego, non danzare sul mio cuore:
i tuoi capelli si poggiano sull’aria,
ma le bisacce colme, s’infrangono ai tuoi piedi.

La casa dei fiori non apre più le porte;
anche il sole deve entrare di soppiatto,
da fessure,
dove una brezza che sussurra appena,
ritrova vecchie crepe scure, dimenticate».
La vita del diritto è in rapporto con le persone e le cose: con le persone che contraggono fra loro delle obbligazioni, molto spesso a proposito d’alcune cose che sono implicate dalle persone, nelle relazioni d’ordine giuridico che si allacciano, volontariamente o no, tra queste persone e se, la brezza che sussurra appena non ritrova le vecchie crepe, l’uomo non avverte la libertà, né quella sociale, politica e nemmeno quella che bussa dentro di lui. Le persone sono «soggetti» del diritto, le cose sono «l'oggetto» di atti, di contratti, di transazioni, d'obbligazioni giuridiche. Dal punto di vista soggettivo il diritto o i diritti sono capacità che appartengono a persone e che non si potrebbero attribuire, non soltanto alle cose, agli oggetti propriamente detti, ma neppure agli schiavi, cioè a degli esseri viventi, partecipi della natura umana, che alcuni sistemi di diritto positivo, opponendosi ai dati più elementari del diritto naturale, si sono permessi di trattare come cose, come bestiame. Non esiste diritto se non riferito all'uomo. Ma le società antiche hanno praticato la schiavitù su vastissima scala. In esse la personalità, con i suoi attributi di capacità e di libertà, era appannaggio di una parte minima. C'erano in esse, letteralmente, delle «moltitudini» di schiavi; ne resta teoricamente assai poco ai nostri giorni; la evoluzione della libertà e del progresso si situa tra questi due estremi, che sono anche in ognuno di noi e che fanno dell’artista un essere contraddittorio, poiché Egli, senza la contraddizione dell’Io (la creatività alla stato puro) e del Sé razionale (la razionalità di limare e limare e limare l’opera) è la ragione che cerca, lavorando di «bulino» di darle la perfezione.
«Ma né sole né fiore ti fanno signora
né il futuro ti vede presente.
Solo qualche ricordo, qualche ruga sul mio muro,
qualche brivido che torna, e mi concedo.
Solo istanti. Già.
Solo».
Chissà perché questi versi mi riportano alla memoria Robinson Crosue, il quale, finché rimase solo sulla sua isola, non aveva di certo perduto né abdicato alla sua personalità; ma verso quale tra i suoi congeneri sarebbe stato capace di esercitare i suoi diritti, le sue capacità? Il diritto nasce insieme alla società degli uomini. Esso si sviluppa a misura che la vita sociale progredisce, si perfeziona, si complica: dunque insieme alla morale, alla scienza ed alla tecnica, a tutti gli elementi ed ai fattori della cultura e delle civiltà. Si può paragonare al seme, come afferma il nostro Poeta, che si getta in terra e la cui germinazione e crescita presuppongono delle condizioni favorevoli di suolo e di clima, benché il principio vitale, che va sviluppandosi in tali condizioni, sia contenuto interamente nel germe, e non venga da fuori. Non si può escludere, ma al contrario si deve prendere in considerazione l'eventualità che il germe possa perire nell'aridità, che il tenero germoglio sia rallentato nel suo sviluppo per mancanza di sole, ad esempio, che i rami dell'albero adulto siano devastati, divelti dalla tempesta, che la quercia sia sradicata, come quella della fiaba. La vita del diritto è soggetta ai rovesci della fortuna. La crescita della libertà non si compie uniformemente sotto la serenità dell'azzurro. L'albero dai rami multipli è avvolto dai baleni.
«Ma né sole né fiore ti fanno signora
né il futuro ti vede presente.
Solo qualche ricordo, qualche ruga sul mio muro,
qualche brivido che torna, e mi concedo».
Il suolo fecondo ed il clima temperato sembrano esserle particolarmente favorevoli, bisogna convenirne; tuttavia la nascita e la crescita della libertà non si compiono soltanto in un’opera d’arte, ma è l’artista che deve avvertirla e farla crescere dentro di sé e comunicarla, per dovere agli esseri umani. Oggi non esiste certo popolo così primitivo da non aver provato il bisogno dì difendere i suoi interessi, i suoi diritti e di organizzare, per la difesa delle sue «libertà» o della sua «libertà», la guerra o il giudizio. L'uomo è un animale politico, votato d'istinto alla battaglia, così come alle giostre oratorie. La guerra è una fase sanguinosa della politica. Quando la guerra, straniera o civile, termina, la politica senza sangue riprende il suo corso: «Cedant arma togae». Presso gli Ebrei, gli Arabi, nell'America precolombiana, in Africa, in Asia, in tutte le parti del mondo si trovano tracce di deliberazioni, discussioni, contestazioni, processi. Gli israeliti, i cristiani, tutti i credenti sono d'accordo, pensiamo, nel riconoscere come la garanzia più sicura della libertà dei «governati» sia la legge divina, che lega anche la coscienza dei «governanti».
In Europa l'antico diritto greco, principalmente quello di Atene, sembra essere stato la culla delle libertà democratiche. La nascita della democrazia, vigorosa e bene armata, scaturisce dal «miracolo greco». Sembrerebbe che qui essa abbia raggiunto in un tempo di record la pienezza della maturità, così come l'arte e la filosofia,e fondamentalmente senza dubbio per le stesse ragioni. Socrate, Platone, Aristotele,Solone, Pericle e Demostene, da quale razza divina sono mai germogliati questi maestri del pensiero, questi uomini di Stato, questi riformatori, questi politici eccezionali, sui segreti dei quali le generazioni seguenti non si sono mai stancate di meditare, al fine di trarne delle lezioni e perfezionare i propri sistemi? Con i suoi capolavori di bellezza, senza uguali benché in rovine, l'Ellade presenta e presenterà in ogni tempo l'ideale che si era proposta di città e di cittadini «liberi». È per l'indipendenza e per la «libertà» delle loro città che dei «liberi» cittadini si sono affrontati e hanno sacrificato la loro vita nelle battaglie: a Salamina, alle Termopili, a Maratona.
La libertà che ha tratto le sue radici, così, all'interno della sapienza, non è una pianta ornamentale. Ogni qualvolta essa sia minacciata dall'arbitrio o dalla tirannia, anche se sembra intristire, seccarsi, deperire, è invariabilmente per riapparire a cielo aperto portando delle gemme splendide, sotto la protezione di leggi riformate e più rigorose. Tra le sue più celebri conquiste, anteriori al 1789, bisogna citare: il giudizio tra pari, la protezione dei cittadini contro il periodo di arresti e di detenzioni arbitrarie, le immunità parlamentari, l'inviolabilità del domicilio,il diritto d'asilo, l'abolizione della tortura e delle pene corporali, il mitigarsi del diritto penale e del regime penitenziario… In seguito alle rivoluzioni di Inghilterra e di America, l'epoca contemporanea proclamò la sovranità popolare o nazionale, ed in costituzioni scritte sempre più numerose, più liberali, più democratiche e meglio garantite allungò la lista dei «Diritti dell'uomo», di cui le formule meglio articolate ci sono state spesso trasmesse per mezzo di tradizioni orali,o riportate da venerabili pergamene.Tra«le libertà degli antichi» e la «libertà» che è ritenuta nostra e «moderna», non riscontriamo tagli, censure, né contraddizioni, ma al contrario una notevole continuità, sotto la protezione di testi che si vanno arricchendo istituzioni tutelari che vanno rafforzandosi.
«Come vento, se ascolti,
come fremito di foglie la mia pelle,
al bisbiglio incauto che il tempo manda.
E come nube diventa goccia, il pensiero si fa lacrima.

Momenti. Anni. Anni, in quei momenti !

Poi, impietoso, il vento che porta,
porta via.
Protetto dal mio fiato umido, il seme si farà fecondo;
e, delle nuove radici, la giovane linfa,
lei no, non svaporerà»
La libertà di Flavio Zago, è un vento che nel suo corso naturale e trionfale, attraverso i secoli, è passato e continua il suo passaggio protettore, quasi a voler dare quelle garanzie successive, che attraverso la sua Arte faccia diventare di materiale indistruttibile le grandi carte, le dichiarazioni di diritti, le costituzioni scritte. Le carte di libertà, concesse dapprima alle comunità primarie, di città o di mestiere, che si sono allargate fino ad abbracciare degli insiemi più vasti:i «paesi», grandi e piccoli.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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