Carissimi,
fortuna che ce lo possiamo ancora permettere di sentirci legati gli uni
agli altri come figli dello stesso Padre; Grazie a Dio che ci permette di
esserci ancora, a dispetto ti tutti i politici che hanno dimenticato e
dimenticano che la nostra Costituzione, bandisce la guerra, ma la
conoscono solo nelle promesse non mantenute e vogliono che riviva da padre
quello che ho sofferto da figlio.
Perdonate
l'introduzione poco ortodossa, la poesia d'oggi mi porta a questi
pensieri. Ho davanti agli occhi, principalmente, tre scene di «NAPOLI
MILIONARIA», di Eduardo De Filippo; quelle più significative:
1) -
Gennaro Jovine e Federico 'o gassista, stanno lavorando uno per pulire i
binari del tram, l'altro per fargli compagnia, passa un bambino battendo
un bastone sul muro: va inneggiando alla guerra e i due guardandosi
interrogativamente mormorano quasi contemporaneamente: «La guerra! E che
ragione ci sta?»
2) -
Gennaro deve portare un paniere di frutta in un via che non conosce,
domanda ad un signore e questi gliela insegna. Ritorna dopo cinque anni e
al quel signore che gli aveva insegnato la strada da fare, dice che ha
fatto come lui gli suggerì, ma si trovò improvvisamente sopra un treno
che lo portava in Germania e, adesso stava ritornando. L'altro risponde
con un'alzata di spalle.
3) -
Gennaro entra in casa e non la riconosce più, la moglie con l'amante
hanno fatto fortuna col contrabbando di derrate. Gennaro si sente fuori
luogo; poi c'è l'improvvisa tragedia: la figlia ha bisogno di antibiotici
(penicillina) che possiede solo il ragioniere cui donna Amalia (la moglie
di Gennaro aveva fatto tanto male: perché il ragioniere sfamasse i suoi
figli aveva preteso il pagamento facendosi cedere la casa che questo
possedeva), dopo quanto è accaduto non ha il coraggio di chiederla; è
invece il ragioniere che saputo della necessità si rivolge a Gennaro e
gli offre la penicillina. A quel gesto, Amalia cade seduta sopra una sedia
e piange lacrime liberatorie. Gennaro le si avvicina e dice: «Amà,. nun
chiagnere. Teh.Pigliate nu surzo 'e cafè. Si deve aspettare, Amà. Ha da
passa 'a nuttata», e si siede accanto al tavolo fiducioso.
«Ha da
passare la nottata!», ma Francesca Di Fraia non vede il passaggio dal
buio alla luce se non attraverso un ipotetico squarcio del cielo.
«Attraverso
uno squarcio di cielo
giungo alle
tue porte ,
mi vedi ?»
Gli effetti
estetici dell'arte di verseggiare, com'è il caso della Di Fraia, aggiunta
alla sapiente distribuzione e disposizione della composizione danno alla
parola sensazioni e immagini, secondo l'intuito logico della fantasia,
basta vederli insieme.
«Ti chiedo
di guarire gli sfregi di una vita ostile,
precipitata
nell'odio più nero del peccato.
Dov'è
quella donna vestita di azzurro?
Il tuo
mondo le impedisce
di
asciugare le lacrime
di un'anima
marcia di rancori».
Si ha la
sensazione, come in una favola piacevole, di veder apparire improvviso il
temporale estivo e in soli tre versi due ottonari e un decasillabo tutta
la storia di «Fatima» e di «Lourdes» in "a solo" poetico e
musicale in crescendo, che vola verso la raffigurazione dell'immagine che
si avvicina con i suoi accenti e le cupezze «imperative», questo ritmo
rotolante delle consonanti, quasi stridenti, che assurgono nello scoppio
irruente del verso « di un'anima marcia di rancori» per placarsi subito
dopo in un andante moderato e implorante:
«Non sarò
un angelo, né un messia,
ma sarò
degna dell'amore che cederò
ad un cuore
malato di malinconie».
La
preghiera sembra sopraffare finanche il crepitare della pioggia, col
profondo suono di quest'implorazione del «cuore malato di malinconie».
Né meno
mirabile, per efficacia tutta diversa, è la visione che segue e che
appare dalle ombre avare degli avi, quando un gran divoratore si accosta
alla mente dei nipoti.
«Una
strada, un ideale ,
la tua
assidua presenza destinata alla sorte;
il tuo
regno non esiste che oltre la morte !
Non una
sfida , ma un messaggio
lascio qui
sulla tua porta...
ascoltami,
ascoltami
!»
È un
periodo solo di sette versi, divisi, mettendo da parte la metrica, ma
cercando nell'assonanza lo stesso ritmo iniziale, come una sinfonia
agro-dolce mischiata col sentimento. Versi che rientrano incastrati col
sentimento e con l'espressione, come dicevo, mediante suoni e termini
rispondenti.
«Nella tua
gloria,
dalla tua
luce ,
ritorno nel
mio mondo di speranze e rancori».
La fìne
della visione risponde al principio, semplice, indeterminata, e concisa
più che d'idee di parole.