Pier Maria Pasinetti scrittore
di Chiara Sambo
Pier Maria Pasinetti possedeva
e usava con inarrivabile naturalezza un talento che è sempre più
raro nella letteratura italiana contemporanea e che è invece il tratto
distintivo dello scrittore di razza: quello di saper coniugare con estrema (e
non solo apparente) facilità la scorrevolezza narrativa con uno stile
originale e mai scontato né ripetitivo. Il tutto senza ricorrere ad artifici
privi di contenuto, a ovvi effetti speciali, a forzature ingannevoli. Merito,
principalmente, dell'assoluta padronanza della lingua italiana in tutte le sue
ricche sfumature, ma anche dei suoi sottolinguaggi, quelli che le persone comuni
come i lettori adoperano quotidianamente nei rapporti interpersonali, quelli
in cui è agevole riconoscere l'autenticità, quelli che suonano
familiari e verosimili. Dunque, alla base sono la cultura, il lessico, il controllo
della sintassi, delle costruzioni, dell'aggettivazione; e, di seguito a queste
premesse, ci sono la creatività, la fantasia, l'immediatezza di un linguaggio
spontaneo e per ciò stesso magistralmente espressivo. Questi aspetti
formali, del tutto originali in PMP, non hanno minore spessore di quelli strettamente
contenutistici, ai quali si adeguano volta per volta come strumenti duttili
in mano a un artista indiscutibilmente consapevole.
Nei suoi primi romanzi, Rosso veneziano e La confusione, la capacità stilistica di PMP è già
tutta presente e riconoscibile: la scrittura segue le vicende, in gran parte
veneziane o di veneziani, adattandosi quasi ai ritmi sonnolenti e struggenti
della città in cui si svolgono. Già però nel successivo
Il ponte dell'Accademia, forse il suo capolavoro,
si nota un'evoluzione dello stile, quasi un suo ammodernamento, soprattutto
quando al tono affettuoso e rievocativo si alternano passaggi ispirati a una
certa secchezza giornalistica. Gli orizzonti si ampliano, ora c'è un
oceano a segnare la distanza tra la vecchia Venezia e la modernissima America,
e soprattutto l'abisso delle differenze culturali a sottolineare un tema ricorrente
e inevitabile, quello della nostalgia, delle memorie, dell'esilio, dell'incomunicabilità.
Dal punto di vista formale (e non a caso al centro del romanzo è il grande
tema del 'linguaggio', strumento di comunicazione ma anche trappola di malintesi),
è in atto una ricerca stilistica che continuerà poi nelle opere
seguenti, come in Domani improvvisamente dove la scrittura
si fa più essenziale, dove anche i sentimenti e le sensazioni diventano
diario, cronaca, esposizione metodica. Ricerca che culmina proprio nell'ultimo
lavoro, A proposito di Astolfo, nel quale il linguaggio
appare del tutto liberato, rivoluzionato, spogliato dal peso delle convenzionalità
e usato piuttosto come veicolo di emozioni nitide, dirette, allo stato puro.
Il Maestro ha preso il più totale possesso dei suoi strumenti stilistici,
e impone al lettore una nuova dimensione della lingua, forse apparentemente
stravagante ma in realtà controllatissima, basata su grande esperienza
e capace di continue e sorprendenti suggestioni. Un linguaggio che, attuando
in sé la libertà, la suggerisce anche a chi legge.
Oltre all'aspetto della forma, è doveroso sottolineare quello dei contenuti, del significato complessivo dell'opera di Pasinetti. È evidente come in tutti
i suoi romanzi l'Autore abbia seguito un percorso unitario, trattando con soluzioni
e intrecci sempre diversi e sempre godibili quello che in sostanza è
stato il tema dominante del suo stesso vivere: il dualismo, o meglio lo scontro
inconciliabile, fra due anime dell'umanità. Fin da Rosso
veneziano, si contrappongono personaggi che incarnano sensibilità,
sincerità, spiritualità e altri afflitti invece dal vecchio vizio
del materialismo, dell'ambizione, dell'ottuso edonismo. Le storie di PMP raccontano
questo perenne confronto tra valori, che in Domani improvvisamente
viene definito con fulminante semplicità "guerra contro gli irreali".
Irreali sono gli ipocriti, i superficiali, i bigotti in senso lato, gli schiavi
delle apparenze e delle convenzioni; i loro eterni antagonisti, che la società
giudica quasi degli inadatti, dei perdenti, sono al contrario coloro che possiedono
la fantasia, l'armonia, la capacità di entrare in simbiosi con le cose,
di soffrirne anche, comunque di viverle appieno, a pelle nuda, col cuore in
mano e sotto la luce di un'intelligenza libera.
Un insegnamento anche morale da
uno scrittore, un Maestro, un uomo che fino all'ultimo ha sempre
rifuggito ogni moralismo, così come ha evitato ogni celebrazione
e indicato a tutti che l'onestà intellettuale non è
un fatto di slogan e lustrini ma di coerenza, serenità e
quotidiano stile di vita.
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