La chiesa, costruita alla metà dell'VIII secolo insieme al monastero dal  medico longobardo Gaidoaldo poco lontano dalle mura cittadine, è la più importante e meglio documentata fondazione longobarda di Pistoia.
Al primo monastero, affidato ai monaci benedettini, si aggiunse ben presto l'abbazia che, indipendente e ricchissima sino all'anno Mille, ebbe beni a Pistoia, in Lucchesia, Lunigiana e Maremma. Alla metà del XII secolo la chiesa monastica venne rinnovata ed ebbe l'impianto basilicale a tre navate ed abside semicircolare che ancora oggi ammiriamo. I benedettini dimorarono in S.Bartolomeo sino alla metà del XV secolo, quando Eugenio IV, con la morte dell'ultimo abate in carica, constatò l'esiguo numero dei monaci e concesse il monastero all'ordine dei Canonici regolari lateranensi. I Canonici abitarono l'antica abbazia sino alla seconda metà del Settecento quando il Granduca Pietro Leopoldo l'affidò ai monaci vallombrosani, che vi dimorarono per una trentina d'anni.

In seguito la chiesa ha assunto le funzioni parrocchiali che ancora oggi assolve e i locali monastici sono da lungo tempo adibiti ad usi civili. Il fronte della chiesa, il cui stile aderisce al particolare gusto policromo proprio del romanico pistoiese, è scandito da cinque arcature su colonne quasi a simulare un portico di facciata ed è aperto da tre portali dei quali il mediano ha l'architrave scolpito. Delle quattro arcature laterali due, le più vicine alla centrale, si ornano del motivo romboidale comune all'architettura romanica di matrice pisana, mentre le due estreme sono aperte da un oculo rotondo di età barocca. La ricca decorazione scultorea del portale maggiore, con i capitelli della navata e il pulpito di Guido da Como, sono uno dei più interessanti nuclei di scultura medioevale della nostra città. Due protome leonine introducono, a destra e a sinistra, l'impaginato del fronte e altre due, sottomettenti un uomo e un basilisco, la ghiera policroma della lunetta del portale maggiore, il cui architrave, sotto una cornice a foglie d'acanto, mostra la Teoria Apostolica. Al centro è raffigurato il Salvatore con san Tommaso che si accerta della veridicità della Resurrezione, alla destra e alla sinistra sono gli Apostoli con il libro o il rotulo introdotti ai lati estremi da due angeli. La storiografia artistica si è a lungo interrogata sulla paternità di queste sculture ritenute dai più di quel Gruamonte che, nel sesto decennio del XII secolo, firmava gli architravi delle chiese di S.Andrea e di S.Giovanni Evangelista, a questo assai simili se non altro per la comune matrice pisana. L'interno, la cui arcaica suggestione è in parte frutto dei radicali restauri degli anni sessanta di questo secolo, conserva l'intera decorazione della calotta absidale il cui possente Cristo in Mandorla tra i santi Bartolomeo e Giovanni Evangelista, capolavoro di Manfredino d'Alberto, è il miglior esempio di pittura tardo duecentesca della città.

 

 

 

Gruamonte
Architrave istoriato [1167]

Guido da Como
Pulpito con quadri istoriati [1240-1250]

 

Manfredino di Alberto
Cristo Pantocratore e Santi

[XIII secolo]

 

 

 

 

Ignoto
Affresco - Santo Martire [XIV secolo]

Ignoto
Affresco - Santa Caterina [XIV secolo]

Ignoto
Affresco - La Vergine col Bambino
[XIV secolo]

Ignoto
Affresco - Sant'Antonio da Padova [XIV secolo]

 

 

 

Ignoto
Affresco - San Bartolomeo Apostolo
 [XIII secolo]

Ignoto
Affresco - Cristo in pietà
[XIV secolo]

Ignoto
Affresco - Madonna col Bambino e Santi

[XIV secolo]