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La vicenda dei Pisano a Pistoia
cominciò nel 1273 con Nicola, incaricato dagli Operai di san Jacopo
dell'altare del Santo patrono, e si concluse con il pulpito che Giovanni
consegnò alla pieve di S.Andrea nel 1301. Poche sono le notizie
documentarie concernenti l'opera, ed una soltanto la testimonianza
diretta: l'iscrizione in bei caratteri gotici ed in lingua latina che
corre tra le arcatelle e i parapetti. |
Il vasto programma iconografico
illustra la dottrina della Redenzione secondo un impianto che vede il
registro inferiore dedicato alle Allegorie, il mediano alle Profezie
e il superiore alla manifestazione di Cristo nella storia, dalla Nascita
alla Crocifissione e al Giudizio Finale. Il parapetto
esagonale è sostenuto da sette colonne di cui la centrale poggia su tre
grifoni alati e tre delle esterne su di un leone, una leonessa
e un telamone che benché ispirato alle analoghe raffigurazioni
simboliche di età romanica è di originale impostazione. Questo raffigura
Adamo e prima della scomposizione seicentesca del pulpito
sorreggeva il parapetto dedicato alla Natività di Cristo. Il registro
mediano che si dipana negli spazi lasciati liberi dai pennacchi degli
archi polilobi è dedicato alla profezia e raffigura i profeti del
mondo giudaico e le sibille del mondo classico. Il registro
superiore articolato nei cinque parapetti che costituiscono il recinto del
pulpito illustra: |
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Scrisse Giorgio Vasari nelle Vite
del 1568: E perché i pistolesi avevano in venerazione il nome di
Nicola padre di Giovanni ... fecion fare ad esso Giovanni un pergamo di
marmo per la chiesa di S.Andrea, simile a quello che egli aveva fatto nel
Duomo di Siena. Giovanni diede dunque finito il suo in quattro anni,
avendo l'opera di quello divisa in cinque storie della vita di gesù
Cristo, e fattovi oltre ciò un giudizio universale con quella maggior
diligenza che seppe, (...). E intorno ad esso pergamo sopra alcune colonne
che lo reggono, intagliò nell'architrave, parendogli, come fu in vero,
per quanto sapeva quell'età, aver fatto una grande ebell'opera, questi
versi: Hoc opus sculpsit Joannes, qui res non egit inanes, Nicoli natus
(...) meliora beatus, quem genuit Pisa, doctum super omnia visa. |