“6 MAGGIO 1968: ...E VOI POTRETE DIRE: C’ERO ANCH’IO...”
 

di Luigi Strano.

 

 

 

Chi, tra coloro che avranno la ventura di leggere questa pagina, ha abbastanza anni da aver visto la TV dei Ragazzi dei primi anni della televisione (quando ancora si chiamava RAI-TV), ricorderà senz’altro una serie di telefilm costruiti in forma di rievocazione di grandi eventi storici, dall’uccisione di Giulio Cesare alla sconfitta di Napoleone a Waterloo: se è così ricorderà che all’inizio e alla fine di ogni telefilm la roboante voce del commentatore fuori campo asseriva che la ricostruzione degli eventi sarebbe stata talmente coinvolgente e realistica che ciascuno dei telespettatori, alla fine, avrebbe potuto affermare di avere vissuto davvero gli eventi: “....e alla fine voi potrete dire: c’ero anch’io!!...”. Così diceva la voce fuori campo...

Non pretendo assolutamente di arrivare a tanto: di sicuro posso affermare che a quel concerto c’ero davvero. Questo è certo. Ma da qui a farvelo vivere... vi dovrete accontentare di una ricostruzione della serata basata sulla mia memoria, dopo 45 anni. E sarete d’accordo con me che 45 anni non sono esattamente pochi...

Da dove cominciare? Intanto col dire che sono approdato al sito di Mr.Pinky per caso, anzi, per un mio errore... in breve: mio figlio e mia moglie stavano vedendo quel quiz serale condotto da Carlo Conti ed una serie di domande prevedeva la risposta VERO o FALSO; alla domanda se i Pink Floyd avessero mai suonato al Piper di Roma nell’aprile del 1968, ovviamente, si sono rivolti a me per avere la risposta esatta, e io risposi “NO, falso!! Hanno suonato al Palazzo dello Sport in maggio, io c’ero...”. Ma come era VERO!!?? Ma quando mai...???

Sono andato a verificare in rete, e da Google sono cascato in questo sito....e qui mi sono letto tutte le pagine relative alle due serate del Piper Club, e leggendo ho subito capito che dell’esibizione al Palasport di un mese dopo ne sapevano molto poco un po’ tutti. E allora ho scritto a Stefano per dire che “..al Palasport quella volta c’ero anch’io”...

 

Sicuramente potremmo cominciare anche dal fatto che in quel periodo, come tanti ragazzi della mia età (allora stavo per compiere 19 anni) suonavo la chitarra già da 6 anni, e naturalmente facevo parte di un gruppo. Tra gli appassionati godevo fama di essere una delle mani più veloci dell’EUR e dintorni.... in romanesco si sarebbe potuto dire che ero “la mejo corda solista” della zona... ma naturalmente questo non era vero. Non del tutto almeno... di sicuro però suonavo cose un po’ diverse dal solito: ...stravedevo già allora per i gli Yardbirds (e per Jeff Beck), per gli Who, per i primi Deep Purple, i Rolling, i Nice di Keith Emerson e compagnia cantando: mi abbeveravo il pomeriggio a Radio Montecarlò (con le “o” accentate, perché allora non trasmetteva in italiano...), e la sera a Radio Luxembourg o France Inter, che a quel tempo mandavano la musica che più amavo, musica che da noi sarebbe arrivata con mesi di ritardo.

Quindi il giorno in cui, tramite uno dei miei amici che aveva il padre che lavorava al Palazzo dello Sport, venni a sapere che proprio al Palasport si sarebbe tenuto il primo festival rock internazionale, non vedevo l’ora di sapere quali sarebbero stati i gruppi che sarebbero venuti a suonare a Roma: finalmente avrei potuto vedere band che ancora non si erano mai viste da noi (erano già venuti i Beatles, i Rolling e gli Who).

Quando poi, tramite la stessa fonte ebbi in mano un poster che annunciava l’evento per la prima settimana di maggio del ’68, feci salti di gioia: erano annunciati in arrivo gli Who, i Nice, i Move, Donovan, i Byrds e altri di cui sapevo poco o nulla... Per esempio, ‘sti Pink Floyd: e chi so’...?? qui sembra che il 6 suonino dopo i Move: quindi non devono essere proprio ‘na schifezza...

Il poster, quale versione sarà stata?? Finì subito ben steso e fissato con lo scotch sul capace cofano anteriore della mia NSU Prinz IV, e con quel trofeo me ne sono andato in giro per Roma già da diversi giorni prima del fatidico 6 maggio. Il biglietto per le 3 serata sulla gradinata di 1° livello mi pare che lo pagai 5.000 lirette. Inizialmente si doveva trattare di tre-serate-tre al Palasport, una sorta di Woodstock ante litteram, da far invidia ad Hyde Park, altro che Cavern, Crawdaddy Club e buchi simili... ...con quei nomi in scaletta si sarebbe fatto il pienone, come per i Rolling. Trascinai nel vortice un mio collega di università e sua sorella piccola: lui aveva un registratore portatile... una ciofega, mica un Nagra o un UHER... un Philips, se non vado errato, con bobine uso Gelosetto, nemmeno bobine da 12 cm... ma sarebbe andato bene lo stesso...

Alla prima serata non potei andare per impegni di famiglia, e quindi scelsi quella in cui erano previsti i Nice, che schieravano Keith Emerson, i Move e, quindi, si presentava appetitosa.... Io, il mio amico Stenio e sua sorella, armati del piccolo registratore ci siamo presentati almeno un’ora prima delle 21, e ci siamo subito resi conto che non c’era quel concorso di popolo che ci saremmo aspettati per una serata di quel genere... Alle 21 lì dentro saremmo stati forse 400 persone!! Da non credere. Ma che era potuto succedere???

Dal palco ci invitano a scendere dalle gradinate e ad occupare i posti di platea, fronte palco, praticamente deserti (e te credo: costavano già allora...). Quando erano venuti gli Who e i Rolling era stata tutta un’altra storia, era pieno zeppo... Sicché noi 3 scendiamo e ci sistemiamo sulle sedie, inizialmente separati, io più avanti, Stenio e Maria, col registratore, un po’ più indietro.

Con il solito ritardo escono i Move, e Stenio purtroppo comincia subito a registrare, ma la scaletta non è fatta dai brani che ci aspettavamo: la loro è un’esibizione che vuole essere un hard-rock che oggi farebbe sorridere. E quella sera non canteranno “Goodbye Blackberry way”... Molto distorsore, molti soli anche noiosi.... e intanto il nastro si consumava. Eravamo ancora inconsapevoli di cosa sarebbe arrivato dopo. Finalmente arrivano al finale: ed a quel punto fanno esplodere dei fumogeni. Gli WHO insegnano: il palco diventa un campo di battaglia impenetrabile per uno o due minuti... Ma è quanto basta perché dal palco spariscano 4 microfoni....! Colpo di scena: lo show non può andare avanti, perché non c’è un set di microfoni di ricambio!!!

Chi parla di fantomatiche cariche della polizia deve spiegarmi CHI avrebbe dovuto caricare la polizia e soprattutto PERCHE’: a parte il gran fumo, lì non è successo proprio nulla, se escludiamo il furto... un colpo da maestri... troppo forti!!!

 

Saranno quasi le 22. Invano il presentatore (non ricordo assolutamente chi fosse), invita chi ha fatto il “colpo” a riconsegnare i microfoni, con la promessa dell’incolumità: niente... (anni dopo, sempre lì, ai Pink Floyd venne svuotato un TIR con gli strumenti, mentre stavano suonando, e non sto a raccontarvi come una keybord-CV controller, spacciata per ex-P.F., sia passata qualche giorno dopo per casa mia per avere un mio parere “tecnico”...) e furono rubati anche dei borselli con i documenti, passaporti e altro, poi restituiti prima della metà concerto… solo a Roma poteva accadere...

Comunque agli organizzatori, pur di andare avanti col concerto, non rimane che mandare una staffetta in moto a recuperare 4 microfoni, e se non sbaglio il service era stato fornito da Cherubini di via Tiburtina, arcifamoso negozio di strumenti musicali.

Nel frattempo sul palco sono usciti questi Pink Floyd: molti preparativi, …da chitarrista, ovviamente, mi colpisce il chitarrista, perché mi ha l’aria di non essere in gran forma: in dieci minuti non è ancora riuscito ad accordare la Telecaster... e in realtà non mi pare molto fermo sulle gambe... Per molto tempo sono stato convinto di aver avuto davanti Syd Barrett, conoscendo i suoi problemi. E invece era Gilmour. Mah...!! So che un filmato di questa performance mostra Gilmour con una Strato: io ricordo bene che ha cominciato con la Tele, ma sinceramente non ricordo quando ha cambiato strumento.... Dopo 45 minuti di attesa, miracolo!! Si può ricominciare: i nuovi microfoni sono arrivati a tempo di record!

E quindi cominciano... scoprirò poi che Stenio ha fatto partire la registrazione con un paio di secondi di ritardo sulle prime note, e che sua sorella voleva venire a sedersi più avanti, dove ero io. La cosa infatti rimarrà indelebilmente fissata sul nastro, sulle note di “Let there be more light”... Ma la cosa importante è che intorno alle 23 del 6 maggio 1968 il mio mondo musicale, solidamente attestato sul blues-rock inglese, viene sconvolto senza ritorno... Per mesi passerò il tempo a riprodurre con la mia chitarra e i miei poveri mezzi le atmosfere, le frasi ed i riff che ho ascoltato quella sera nei brani dei Pink Floyd: e da quel momento, fino all’uscita di “The dark side of the moon”, i Pink Floyd resteranno il mio gruppo preferito.

Già dal progredire dell’intro di “Let there be more light” sono preso, e capisco che sto ascoltando musica “diversa”, fatta da gente che sa suonare davvero. E’ un altro mondo, ed io ci sto entrando... musica visionaria, di grande potenza sonora ed evocativa. Gilmour, miracolosamente, si sveglia dall’abulia in cui sembrava immerso ...i suoni non sono quelli che ci si aspetterebbe da una Fender e da una tastiera di quei tempi. La scaletta è quella classica di quei mesi (ma lo avrei saputo solo anni dopo): “Astronomy dominé”, “Interstellar overdrive”, “Set the control for the heart of sun” e altre dell’LP che sarebbe arrivato da noi solo dopo un po’ ...ma io, in meno di mezz’ora, sono già “fatto” dai Pink.

Sul palco non c’è gioco di luci: se fosse stato un incontro di boxe sarebbe stata quasi la stessa cosa... io ho il ricordo di un telone quadrato, in alto dietro di loro, dove vengono proiettati effetti visivi ottenuti col sistema degli olii colorati in movimento tra due cristalli, penso fosse l’unica tecnica disponibile al tempo, ma non ci giurerei. Quando finiscono io e Stenio ci guardiamo muti, con un’espressione di stupore che a Roma viene tradotta in modo inequivocabile, ma che qui non si può scrivere... L’impressione che mi è rimasta è che nessuno dei pochi presenti lì si aspettasse una cosa simile …eravamo in buona compagnia.

Di quella sera fatale ho in mano una registrazione, parziale e tecnicamente scadente, che è una copia fatta il 7 maggio del 1968 dalle bobine originali, incise da un registratore di bassa qualità, e riversate sul mio registratore appena passabile. Ma riascoltarla ancora oggi mi fa impressione... per fortuna Stenio ha avuto lo stesso mio choc e ha registrato i P.F. fino a che gli è durato il nastro. Comunque, non è stata catturata tutta la performance: il nastro non è bastato per colpa dei Move...! Per fortuna l’ho riversata subito: perché le bobine originali sono andate smarrite pochi mesi dopo, …io Stenio lo avrei ammazzato ...e gliel’ho ripetuto per anni. Anche giorni fa, quando l’ho chiamato per vedere se ricordava qualcosa di più di me...

 

Ancora stranito da quello che avevo appena sentito vengo aggredito dalla musica dei Nice e dal virtuosismo istrionico di Keith Emerson, capace di suonare in piedi sull’Hammond, praticamente a testa in giù. Il tutto inframmezzato da VERE frustate al bassista (in realtà sulle corde del povero Precision), salti e acrobazie tastieristiche varie. Incredibile…!!! Un’esibizione muscolare e violenta, tutt’altra cosa dalla performance elegante di pochi anni dopo, quando lo rividi sullo stesso palco con Greg Lake e Carl Palmer…

Ma la sorpresa nella sorpresa, alla fine della serata, furono gli americani Association: dopo i fuochi di artificio dei Pink Floyd e dei Nice la loro musica sembrava quasi “troppo semplice”: ma era suonata e cantata con grande eleganza, pulizia e virtuosismo vocale. Il cantante solista poi era un autentico mago dell’ocarina: ricordo di essere stato letteralmente rapito dai “solo” che uscivano “ricamati” da uno strumento così semplice, quasi rozzo, ma in mano a lui versatilissimo …Bravi!!! Ci ho messo anni per trovare qui a Roma un LP degli Association…!!!

E questo è quanto… di quelle performance ho mantenuto per anni un ricordo vivo. Diciamo finché ho potuto considerare interessante la musica dei Pink Floyd: la caduta degli dei per me ha coinciso con l’uscita di “The dark side of the moon”. Alle mie orecchie fu una vera bestemmia, un cambio di rotta inaccettabile. Un tradimento dello spirito iniziale: chi come me li ha sentiti allora non penso possa mai accettare quel “cambio di ispirazione” del tutto inopinato. So di dire qualcosa che sarà considerato eretico ed in contrasto col sentire comune: ma ognuno ha il proprio personale concetto del bello… sicché la mia discografia dei Pink Floyd è completa solo fino ad “Atom heart mother” e “Ummagumma”.
Per me sono finiti lì. Tutto quello che è venuto dopo non mi ha interessato che superficialmente. Peccato. Non ho mai voluto suonare nemmeno una nota dei loro brani registrati dopo il 1971.

Ovviamente 45 anni sono tanti. La mia memoria potrà essere stata fuorviata da qualche aspetto poco importante e magari qualcosa di importante mi sarà sfuggito: ma spero di aver aggiunto una testimonianza che qualcuno di voi considererà importante. E quindi anche voi potrete dire…C’ERO ANCH’IO.

(Luigi Strano, 2013).

© 2013 Stefano Tarquini

 

 

 

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