BLOW UP A ROMA.

 

 

 

 

La ricerca delle prove del concerto al Piper Club è continuata anche dopo la pubblicazione delle prime pagine di "The Piper at the gates of Rome". Ma era dura scoprire di più di quello che avevamo fatto finora. Finchè, in una serata del gennaio 2006, una email sconvolse la mia serata e tutta la ricerca prese una piega inaspettata. Era Stefano Pogelli, un giornalista romano che lavora da circa venti anni alla Rai, come programmista, regista e conduttore per diversi programmi di Radio Due e Radio Tre. Stefano mi disse, semplicemente, di avere le prove del concerto al Piper Club di Pink Floyd nel 1968. Questa la sua storia, la racconta direttamente lui, per non perdere nulla del suo fascino.

 

    I PINK FLOYD AL PIPER CLUB.

     (by Stefano Pogelli)

« Riordinando delle vecchie carte del marito in una cantina, la mia amica Marina ha trovato un pacchetto di foto scattate da suo marito, Piero Poletti, nel 1968. Una busta giallastra con il marchio Ferrania, una busta ingrigita ancora di più dal tempo che è passato, trentotto anni. Piero era nato nel 1950, appassionato di musica, chitarrista dilettante, era un bravo fotografo e grafico pubblicitario, anche se il suo lavoro principale era quello di impiegato all'Alitalia. Morì purtroppo nel 1991 per un tumore.

Quello che Piero aveva visto e fotografato doveva così cambiare la storia finora conosciuta. Una normale busta marrone con il vecchio marchio Ferrania, una busta marrone di suo e vistosamente usurata ancora di più dal tempo che è passato, trentotto anni. Sulla busta, infatti, inaspettatamente, ci sono delle scritte a penna che non lasciano dubbi, una scritta a penna: "Pink Floyd, Piper Club". »

 

* Le tre fotografie che seguono sono state gentilmente offerte da Marina Poletti e per cui ne è assolutamente vietata la loro riproduzione, duplicazione, salvataggio e trasmissione, senza il consenso della proprietaria.

 

 

 

 

 

« Dentro ci sono solo dieci foto, anche loro grigie e sbiadite, con quella tinta ambrata che acquistano le foto vecchie con gli anni, a dispetto del fissaggio. Sono mosse, sfocate, scattate da una mano inesperta, ma i Pink Floyd si riconoscono bene: Roger Waters che sistema l’asta del microfono, David Gilmour con un giubbotto di pelle, Nick Mason con l’immancabile cappello a falde larghe, Rick Wright ripreso durante una pausa, stranamente, con una chitarra in grembo. Le aveva scattate lui, un giovane veneziano trapiantato a Roma, Piero Poletti, il futuro marito di Marina. Piero più tardi sarebbe diventato un bravo fotografo e grafico pubblicitario, anche se la vita lo portò a fare l’impiegato all’Alitalia. Non l’ho mai conosciuto, è morto di tumore nel 1991, ma conosco sua moglie, i suoi amici, conosco il suo viso malinconico, affilato, con una barba corta e folta che arrivava fino agli zigomi, lo sguardo inquieto, somigliava un po’ a Massimo Cacciari.

 

So che Piero era una persona molto ordinata, non avrebbe mai scritto un dato inesatto. Purtroppo le foto sono sfocate, scattate probabilmente in condizioni di scarsa illuminazione. Sarebbe diventato poi un bravo fotografo, ma all'epoca era un ragazzo, attento probabilmente più alla musica dei Pink Floyd, che non al reportage fotografico. Non ho conosciuto Piero, ma potrebbe essere stato per me un fratello maggiore, un cugino, uno zio giovane.

Nel 1968 avevo dodici anni e capivo poco di quello che mi accadeva intorno. Percepivo la realtà in movimento grazie alle canzoni dei Beatles e dei Rolling Stones trasmesse dalla Hit Parade, leggevo le strisce di Charlie Brown su Linus, capivo dai discorsi preoccupati dei miei genitori che c’era casino nelle università e nei licei, guardavo ipnotizzato le minigonne delle ragazze più grandi, quelle della terza media. Non avevo la minima idea allora di chi fossero i Pink Floyd, poco sapevo di quella splendida turbolenza, di quell’eruzione di idee che avrei conosciuto qualche anno dopo come "psichedelia". Solo qualche brano filtrava timidamente nei programmi della radio dedicati ai giovani, sommerso in una melassa di canzoncine da classifica.

 

Guardo quelle foto, le ingrandisco con PhotoShop e mi sembra di vivere in una personale riedizione di "Blow Up" di Antonioni: riesco a riconoscere la balconata del Piper Club, la marca degli amplificatori..... Dietro a Roger Waters si vede la parte inferiore di un poster, quattro paia di gambe maschili inguainate nei jeans aderenti, gli immancabili stivaletti, un frammento di scritta. Un collega della Rai crede di riconoscere un poster dei Giganti, quelli di "Mettete dei fiori nei vostri cannoni".

Faccio così un po’ di ricerche, contatto in rete gli esperti dei Pink Floyd (Stefano) e scopro che le foto sono rarissime, ...non c’era, fino ad oggi, nessuna testimonianza fotografica del loro concerto romano, ....o meglio, dei concerti. Ho letto il suo bel saggio "The Piper At The Gates Of Rome", e penso che queste foto possano chiarire alcuni dubbi residui. Qui alla Rai lavoro con Dario Salvatori il quale, guardando le foto, ha riconosciuto in un attimo il Piper Club, con la sua inconfondibile balconata.

 

Vennero al Piper, pare, nell’aprile del 1968, e tornarono a Roma, poche settimane dopo, ai primi di maggio, per il primo Festival Europeo di Musica Pop. Cerco testimoni oculari, giornalisti, amici di Piero, colleghi della Rai nati intorno al 1950 e scopro che i due eventi, nel ricordo, si sovrappongono. Il festival di maggio si svolse al Palasport dell’Eur e tra gli appassionati dei Pink Floyd girano alcune registrazioni e un breve filmato curati dalla BBC e dalla televisione olandese. Nel filmato si riconoscono chiaramente le tetre gradinate del Palazzo dello Sport, ma gira da anni in rete con il titolo di "Pink Floyd al Piper". Si vede chiaramente che non c’era nessun light show, suonavano con le luci di sala, un neon polveroso da ospedale e riflettori bianchi.

Eppure tutti quelli che ho interrogato ricordano magici giochi di luce e atmosfere surreali. Difficile anche capire chi suonò realmente in quei primi giorni di maggio. Era annunciato il meglio dell’avanguardia inglese con i Nice di Keith Emerson, Brian Auger e Julie Driscoll, i Ten Years After, i Move, Donovan, i Family, i Fairport Convention e arrivava anche il vento profumato della California, con i Byrds, gli Association, Captain Beefheart. Il festival fu un mezzo disastro: molti gruppi diedero forfait, pubblico scarso, interesse nullo da parte della stampa. Fu una cerimonia per pochi illuminati, interrotta il terzo giorno da una carica della polizia che mal sopportò, durante l’esibizione dei Move, un lancio di fuochi d’artificio. L’ultima serata si svolse al Piper, con i pochi superstiti che ebbero la fortuna di ascoltare i Byrds e Gram Parsons.

Che senso ha provare a ricostruire il diario di quei giorni? Solo poche settimane dopo, alla fine di maggio, sarebbe arrivato Jimi Hendrix al teatro Brancaccio. Dal 1970 sarebbe esplosa la grande stagione dei concerti rock, con i Rolling Stones, i Jethro Tull, di nuovo i Pink Floyd, i Genesis, gli Yes e tanti altri. La radio avrebbe cominciato a trasmettere quella musica in modo massiccio ed i giornali giovanili avrebbero smesso di occuparsi del matrimonio di Gianni Morandi e dei capelli di Caterina Caselli per parlare un po’ più seriamente di musica. Quella primavera del 1968 ha invece il sapore incerto dell’attesa, della promessa. dell’evento in caotico divenire. E Piero c'era anche al Palasport, lo testimonia il fatto che tra i negativi c'è anche una foto dei Move al Festival di maggio, proprio quell'esibizione che fece spostare il festival al Piper Club nell'ultima serata, proprio quell'esibizione poco dopo il concerto dei Floyd. »

© 2006 Stefano Tarquini

 

 

 

[Foto © Archivio Marina Poletti]

 

 

Come si può notare, dietro al gruppo ci sono gli stessi amplificatori Vox del filmato di "Interstellar Overdrive" dei Floyd e gli stessi pannelli di fondo, come abbiamo visto nella precedente ricerca; ed i gradini del Palazzo dello Sport sono inconfondibili (vedi sulla sinistra). Non solo, si vede anche un po' della scenografia del Festival, dei pannelli rettangolari sospesi sopra il palco, che nel filmato dei Floyd non si notavano. Non ci sono dubbi, il palco e l'epoca sono quelli, il Palazzo dello Sport il 6 maggio del 1968. Ma l'attenzione ormai era rivolta alle fotografie di Piero che Stefano Pogelli aveva trovato e così gentilmente offerto a noi.

 

 

 

prosegui (2)