“ITALY 1971”
 

 

 

 

  La Storia secondo i Lunatics.

"Il 1971 fu un’annata magica per i concerti in Italia, invasa da una vera e propria orda di band straniere; il Belpaese stava scoprendo la musica dal vivo e pur organizzati in situazioni molto spesso dilettantistiche, questi spettacoli diedero l’opportunità agli appassionati di musica rock di poter vedere da vicino quei gruppi spesso famosi solo grazie ai dischi o ai passaggi radiofonici. La televisione italiana dell’epoca, con il solo primo canale attivo a livello nazionale, non riservava molto spazio alla musica e l’unico mezzo informativo per tutti era il settimanale musicale Ciao 2001. A febbraio di quell’anno aprirono le danze i Jethro Tull, seguiti da Mungo Jerry e da Arthur Brown. Marzo salutò John Mayall, gli Atomic Rooster e i Ten Years After; ad aprile i Family, Manfred Mann e Santana. A maggio fu il turno degli Yes, Colosseum e Deep Purple; a giugno Uriah Heep, i Chicago e i Pink Floyd. A luglio Grand Funk Railroad, Humble Pie e Led Zeppelin. Alcuni di questi concerti passarono alla storia a causa degli incidenti che li accompagnarono e che rischiarono di mettere l’Italia nelle condizioni di essere esclusa dal circuito concertistico internazionale: il concerto dei Chicago all’Arena di Milano del 9 giugno 1971, macchiato da alcuni scontri tra pubblico e polizia si concluse con parecchi spettatori feriti dalle manganellate. Un mese dopo, il famigerato show dei Led Zeppelin al Vigorelli di Milano del 5 luglio 1971, passò tristemente alla storia a causa di altri disordini e lancio di lacrimogeni da parte della polizia; la band di Plant dovette chiudere dopo appena 26 minuti la propria esibizione tra lacrime e contusi, mentre l’impianto che ospitava lo spettacolo fu semidistrutto dalla rabbia incontrollata del pubblico.
Il merito di aver portato gran parte di questi artisti sui nostri palchi va al veronese Franco Mamone, che nel curriculum vantava anche la trasformazione della band dei Quelli nella Premiata Forneria Marconi, uno dei gruppi più importanti della storia del rock nostrano. Fu lui ad organizzare i concerti dei Jethro Tull a Milano e a Roma a febbraio (a maggio il loro disco AQUALUNG arrivò al secondo posto in classifica). Dal canto loro i Pink Floyd stavano conoscendo un ottimo indice di gradimento in Italia; ad aprile ATOM HEART MOTHER aveva raggiunto il quinto posto in classifica e la EMI italiana cercò di cavalcare l’onda di questo successo pubblicando per la prima volta i primi due dischi della band, THE PIPER AT THE GATES OF DAWN e A SAUCERFUL OF SECRETS. L’anno precedente la band si era fatta notare nelle zone alte della classifica italiana grazie alla loro presenza nella colonna sonora di Zabriskie Point, che toccò la settima posizione nelle chart italiane.
Il primo vero tour italiano dei Pink Floyd fu organizzato da Franco Mamone insieme a Francesco Sanavio in collaborazione con il settimanale Ciao 2001. Il gruppo inglese aveva intrapreso un mini tour europeo, della durata di un mese circa, che partì il 4 giugno da Dusseldorf e che fino al 1 luglio toccò Germania Ovest, Francia, Italia, Olanda ed Austria. La prima pubblicità apparsa sulla rivista musicale annunciava solo la data di Roma del 20 giugno; i prezzi erano di 3.000 lire per la platea numerata, 2000 per le gradinate e 1500 per la galleria. I luoghi di prevendita designati furono la sede di Ciao 2001 (in via Boezio 2, a Roma), al Piper Club e nel famoso negozio di dischi di Orbis di Piazza Esquilino, 37.
Presto si aggiunse una seconda data e il doppio concerto (Bologna e Roma) fu annunciato da un articolo intitolato “I Pink Floyd in Italia – con il patrocinio di Ciao 2001”. In attesa degli eventi, Gianni Boncompagni firmò un articolo intitolato “Pink Floyd – Il vibratore di cervelli” che fu pubblicato il 13 giugno 1971 sul Radiocorriere. Wright così definiva il loro light show: “Anche le luci non sono qualcosa di semplicemente esteriore, ma tutti gli impianti stroboscopici e psichedelici servono a dare all’occhio quelle stesse sensazioni che la chitarra o l’organo o la batteria cercano di fornire all’orecchio”. Nello stesso giornale, il 33 giri ATOM HEART MOTHER occupava la settima posizione in classifica.
Il numero di Ciao 2001 in edicola il 16 giugno 1971 aveva la copertina dedicata all’evento di quello speciale fine settimana rosa: un articolo di tre pagine dedicato al concerto dei Floyd al Crystal Palace di Londra del 15 maggio. A firmare l’articolo Armando Gallo, che regalò ai lettori del settimanale romano alcuni scatti della band presi direttamente dal palco della. A corredo dell’articolo, un’ulteriore pagina pubblicitaria dei due show italiani che indicavano le date di Bologna e di Roma. Il giornale, che veniva chiuso con diversi giorni di anticipo rispetto alla data di copertina, non era però aggiornato con gli ultimi eventi che avevano movimentato il primo tour tricolore dei Pink Floyd. Nella classifica di vendita dei dischi pubblicata su quel numero, i Pink Floyd erano all’ottavo posto con ATOM HEART MOTHER, mentre Mina occupava la vetta con il suo DEL MIO MEGLIO.
Armando Gallo (dal suo sito internet): La band arrivò senza alcuna produzione. Nessuna luce, un semplice palco. Solo la musica ... Ho la pelle d'oca per quei due concerti. E proprio ora mi ricordo quello che avevo addosso: una t shirt gialla a manica lunga con tante stelle gialle, pantaloni bordeaux! In Piazza Navona offrii alla band gelati e cappuccini…”
Bologna, scrivevano i giornali. Eppure da molteplici fonti risulta che originariamente il concerto del 19 giugno 1971 era stato fissato al Palaghiaccio di Milano. Purtroppo gli incidenti avvenuti durante lo show dei Chicago avevano spaventato le autorità meneghine che negarono il permesso, inizialmente accordato agli organizzatori, che dovettero trovare un’altra sede a pochi giorni dalla data fissata. Di questo primo abbocco organizzativo esiste una rarissima testimonianza cartacea, un poster custodito da un fan dell’epoca che si configura, oggi, come un vero pezzo da museo. Il Comune di Bologna aveva dato disponibilità per il proprio Palazzetto dello Sport, nel caso ci fosse stato bisogno di ripiegare altrove. All’atto della firma del contratto, però, come osserva Gallo sulla sua precisa cronaca degli eventi, “la presidenza del CONI non accetta le nostre offerte considerando il concerto ‘un avvenimento non adatto’”.
Si cercò a questo punto una soluzione ripiegando nuovamente nella città di Milano, individuata nel Vigorelli, possibilità puntualmente rifiutata da parte del Comune. Era martedì 15 giugno 1971 e il concerto di sabato 19 non aveva ancora una sede definitiva. Grazie agli sforzi degli organizzatori, si trovò finalmente una struttura disponibile nei dintorni di Milano: il Palazzo delle Esposizioni degli Industriali (E.I.B.) di Brescia. Il prezzo del biglietto era unico ed era stato fissato a 1500 lire. Le prevendite furono fissate al Disco Club di Milano (stazione MM Cordusio) e a Brescia nel negozio di dischi dei fratelli Terenghi. La sede bresciana in seguito conobbe alcuni concerti memorabili, come quello degli Inti Illimani nel 1975 (quasi 15mila presenti) e quello dei King Crimson che vi suonarono il 20 marzo 1974. Con soli quattro giorni a disposizione per comunicare lo spostamento della data, si dovette ricorrere alla bravura degli organizzatori per informare capillarmente e diffondere in tutta fretta la notizia: si passò attraverso la voce dei dj storici della radio Rai fino agli annunci sui quotidiani, come quelli apparsi il 18 e il 19 giugno nella pagina spettacoli de La Stampa di Torino. Proprio a causa della insicurezza legata al luogo di svolgimento dello spettacolo, in un continuo rincorrersi di ipotetiche soluzioni, richieste dell’ultimo momento e probabili affanni logistici, il biglietto d’ingresso utilizzato al botteghino di Brescia (a differenza di quello della prevendita di Roma), non riportava il luogo in cui si sarebbe svolto.
I Pink Floyd atterrarono all’aeroporto di Milano Linate sabato 19 giugno alle ore 13; dall’aereo scesero insieme a loro Steve O’Rourke e il loro agente Tony Howard. La prima richiesta che la band fece fu quella di raggiungere Settimo Milanese perché dovevano dotarsi di una strumentazione necessaria per il loro spettacolo. Alle 13e45 arrivarono nella sede della rinomata ditta Binson, che era rimasta aperta per l’occasione. La loro scelta cadde sull’Echorec modello P.E. 603-T che, come spiegò Gilmour a Gallo “ci permettono di suonare ad altissimo volume e mantenere le stesse qualità di limpidezza. Li useremo per impianti particolarmente grandi dove il volume deve essere alto”. Rivolgendosi a O’Rourke, il chitarrista aggiunse “Se ci piacciono questa sera, lunedì tornando a Londra ne prenderemo altri quattro”. Il Binson Echorec era un “tape echo” (eco a nastro) che già Barrett e Wright utilizzavano nel 1967 e che aiutò i Pink Floyd ad avere un suono così personale: particolarmente efficace il suo utilizzo in One Of These Days. L’Echorec nacque negli anni Cinquanta grazie agli sforzi profusi dall’ingegner Bini; la Binson chiuse nel 1981 ma gli Echorec sono ancora tra i più ricercati da quei musicisti che vogliano riprodurre quelle determinate sonorità. Concluso l’acquisto, il gruppo si diresse all’Hotel Il Gambero, una splendida struttura che si affacciava sul lago di Garda a Salò, vicino Brescia, dove avrebbero alloggiato e dove arrivarono intorno alle ore 16. Un piccolo sopralluogo al palasport e alle 19 la band fece ritorno in albergo. Come ricordò Gallo nella sua cronaca, Waters si mise a giocare a carte con Howard vincendo 13mila lire. La cena delle 19.30 anticipò lo spostamento definitivo verso il palazzetto in attesa del concerto. Armando Gallo: “21.30 partiamo diretti al concerto. Una folla di circa duemila persone è assiepata di fronte ai cancelli aspettando di entrare. A fatica le due macchine che ci trasportano riescono a farsi strada perché tutti vogliono salutare o riconoscere i Floyd. Ma chi ha i maggiori applausi tra le risa divertite dei Floyd, è invece Tony che sfoggia una lunga criniera leonina e una giacca di velluto color viola”. Alle 21e50 la band era sul palco di fronte a circa cinquemila spettatori, un miracolo dato che erano state disponibili solo una manciata di ore per comunicare il cambio di sede. L’inizio dello show fu affidato ai loro due brani di maggior successo in quel momento, Atom Heart Mother e Careful With That Axe, Eugene.
Come ricordò Gallo su Ciao 2001, “grazie ai Pink Floyd il pubblico italiano ha compiuto il primo passo verso la maturità musicale”. Per comprendere come vivevano i fan questa esplosione musicale di quel periodo basta leggere quanto scrive Roberto (dal sito web DolceVita) sulla serata bresciana: “A Brescia avrebbero suonato i Pink Floyd, per noi era il primo concerto importante, una specie di iniziazione… e lo fu! Alla radio avevano dato la notizia del concerto qualche giorno prima. Avevamo i capelli lunghi, non c’era euforia, ma qualcosa che assomigliava all’estasi; l’auto era stipata di parole, di silenzi, di fumo. Mi ero fatto spedire da Ciao 2001 le traduzioni dei testi di The Piper At The Gates Of Dawn: bastava spedire l’elenco delle canzoni e allegare dei francobolli. Quando arrivarono mi immersi in questi testi surreali e magici penetrando più a fondo le canzoni…”
Roberto Pedretti racconta la sua esperienza sulle pagine della fanzine Heyou: “Entrammo e si capì subito che era una cosa improvvisata, non c’era nemmeno una sedia, ci sedemmo tutti per terra sul pavimento del palazzetto. Le luci vengono spente, buio completo, improvvisamente sentiamo il rombo della motocicletta della parte iniziale di Atom Heart Mother girarci attorno in modo circolare al punto da far girare tutte le nostre teste per seguire la moto… al buio”.
Alle 0.35 terminò lo spettacolo ma il pubblico li chiamò a gran voce e la band tornò sul palco per eseguire A Saucerful Of Secrets. Presente a Brescia, Franz Di Cioccio della PFM: “Li vidi per la prima volta a Brescia un quarantennio fa. Avevano un suono perfetto, avanti mille anni luce dalla nostra scena di provincia”. (Corriere della Sera, 11 gennaio 2011). Con Peter Watts e tre roadies intenti a smontare la strumentazione e partire immediatamente per Roma, il resto della band si avviò in albergo per un meritato riposo. All’1,45 Armando Gallo incrociò Waters nella hall dell’albergo e scambiarono due parole: “Il pubblico è stato veramente superbo. Non conoscevamo Brescia e oggi avevamo i nostri timori, ma dopo questa sera possiamo suonare qui sempre”. La mattina successiva alle 10 i Pink Floyd insieme a O’Rourke e Howard si godevano i cappuccini, di cui andavano ghiotti. Alle 12 erano di nuovo a Linate in attesa dell’aereo che li avrebbe condotti a Roma. Nella capitale i Pink Floyd alloggiarono al Massimo d'Azeglio, lo stesso che avevano utilizzato durante la loro permanenza nel 1969 in occasione della registrazione della colonna sonora di Zabriskie Point. Durante il pranzo, come notò Gallo, la band diede un’occhiata ai quotidiani che riportavano notizia del loro spettacolo romano: “I ragazzi appaiono dispiaciuti nell’apprendere che la stampa nel descriverli si è basata ancora su Syd Barrett”.
Lo stesso Ciao 2001 aveva indicato, nell’articolo pubblicato il 9 giugno che presentava i due concerti italiani, che “dovrebbe anche esserci l’opportunità di ascoltare Syd Barrett che, secondo il comunicato della casa discografica, pare essersi riunito al gruppo”. Armando Gallo spiegherà, in una corrispondenza privata con Stefano Tarquini, che quella notizia non era vera, probabilmente quella di annunciare Barrett fu una trovata del giornale Ciao 2001 per attirare più gente ai concerti; un’altra testimonianza che si trattava di una “bugia” ce l’ha da anche Franco Zanetti, che dalla metà degli anni ’70 lavorava per la EMI Italiana negli uffici di Milano.
Nel pomeriggio, con Gilmour e Waters che preferirono andare a riposare, Gallo si improvvisò cicerone portando in giro per la capitale Mason e Wright. Il tour comprendeva un salto a Piazza di Spagna e in via Condotti, con sosta al ristorante Domiziano di Piazza Navona dove i musicisti gustarono gelato e l’immancabile cappuccino. Alle 21.45 ebbe inizio lo spettacolo romano, che rischiò di essere interrotto dopo l’intervallo quando, come ricorda Gallo, “uno dei tecnici, tornato al furgone che è all’interno del Palazzo, trova il vetro della portiera fracassato e dall’interno manca un impianto stereo e una valigetta con i quattro passaporti, denaro, carte di credito e oggetti personali. Dietro una siepe si ritrova la valigetta con i passaporti e i Pink Floyd tornano in scena”.
Di quel concerto colpì i presenti soprattutto l’effetto dei passi di Cymbaline, penultimo brano in scaletta prima del bis, con il suono che circolava intorno alla sala e con i presenti che si voltavano quasi a seguire con lo sguardo il cammino di questo misterioso uomo.
Il pubblico li chiamò a gran voce, incitati sul palco da un improvvisato presentatore, il giovane Carlo Massarini, che così incitò i presenti: “I Pink Floyd! A Brescia hanno concesso il bis, avevano più voce di voi… fatevi sentire allora…". La band tornò sul palco, suonando una versione tiratissima di Astronomy Domine, eseguita per l’ultima volta con Roger Waters (fu ripresa dalla band, già da tempo divisa dal bassista, solo nel 1994 durante il tour di The Division Bell).
Massarini tornò al microfono: "I Pink Floyd mi incaricano di ringraziarvi tutti per essere venuti, sono stati molto felici dell'accoglienza…". Di quella serata il futuro “MrFantasy” ricorda: "Non c'era l'impianto luci, che per i Pink Floyd era contro natura e tutto il Palasport era illuminato con neon a giorno. Orrendo! Li intervistai a fine concerto nei camerini, con il vecchio registratore Nagra, e mi ricordo che non sapevo come tagliare il nastro. Ci pensò Waters con una canna. Gli chiesi cosa avessero perso con l'addio di Syd e mi rispose "It was more lice gaining a Dave than losing a Syd". All’1,45 Gallo, da buon segugio, era ancora in compagnia della band: “Siamo tutti al Titan Club. La pressione dei due concerti è terminata e i ragazzi sono rilassati. Sono felicissimi dell’accoglienza del pubblico e già iniziano trattative per novembre. (alle 3.30) Celebrando siamo arrivati al Number One”.
Il 21 giugno 1971 alle 10.15 la band salì sull’aereo che da Roma li avrebbe riportati Londra, dove erano attesi al festival di Glastonbury il 22, nel quale non riuscirono ad esibirsi in quanto la strumentazione si mosse tardi da Roma e tardò ad arrivare in Inghilterra.
Ciao 2001 numero 26, con la data del 30 giugno in copertina, conteneva un bellissimo articolo firmato da Armando Gallo (dal quale abbiamo tratto i suoi ricordi utilizzati in queste pagine), che aveva anche realizzato una serie di foto della band in concerto al Palaeur
Il pubblico italiano fece entrare la band nelle proprie grazie. Già nel referendum di Ciao 2001 di fine anno, i Pink Floyd erano al secondo posto tra le band, Wright al settimo posto tra i tastieristi e Waters 14esimo tra i bassisti.".
(dal libro "Pink Floyd. Storie e Segreti", Giunti, 2012).

© 2012 The Lunatics

 

 

 

  Armando Gallo.

"Loro sono arrivati senza luci, la band arrivò senza alcuna produzione visiva, nessuna luce, un semplice palco allestito solo con la strumentazione. Era solo la musica... Ho la pelle d'oca per quei due concerti, ricordo quello che indossavo, una t-shirt gialla a manica lunga con tante stelle gialle, e pantaloni bordeaux! In Piazza Navona offrii alla band gelati e cappuccini…
I Pink Floyd li ho conosciuti quando ho iniziato a scrivere nel '67, ero andato subito alla EMI, perchè c'erano i Beatles, c'era un certo Jim Watson, era del reparto internazionale... ero il primo giornalista italiano che aveva conosciuto, infatti nel '67-'68 non ho incontrato nessun giornalista italiano a Londra, quindi ero proprio da solo, tanto che credevano che fossi uno inventato. Iniziai a scrivere a febbraio, quando venni poi in Italia con Andrew Modden e gli Small Faces, mi ricordo che andammo al Cantagiro, c'era Al Bano che suonava all'Hilton di Roma, e Sergio Modugno che era il redattore capo di Big mi presentò a Renzo Arbore, che disse "Ah... Armando Gallo esiste allora!". Perchè pensavano che fossi un nome fantomatico, inventato... Mi ricordo che Jim Watson ad ogni modo cercò di farmi conoscere tutte le band che loro volevano spingere in Italia, come i Cuvers ed i Creations... il manager era Tony Stratton-Smith, pensa... quello che poi ha formato la Charisma perchè era troppo frustato dalle case discografiche di allora. Mi ricordo che una volta mi voleva far conoscere un produttore, Smith, Hurriscan Smith (Norman Smith) cacciò fuori questa band che stava per incidere... erano i Pink Floyd. Stiamo parlando del marzo del 1967. Quindi io volevo i Beatles e questo stava cercano di farmi conosce tutte queste band nuove da portare in Italia, e c'erano i Pink Floyd, che però non avevano ancora un disco, e quindi mi avevano mandato in studio... e io pensavo "ma che ci vado a fa'... un gruppo che non esiste ancora". E poi invece feci un articolo su di loro quando li ho visti all'UFO Club ad agosto del '67, …c'era Syd e le loro speciali luci, quelle macchie, per me è stata una cosa incredibile, perchè io sono nato sotto i bombardamenti, a gennaio del '44, e quindi anche quando ero piccolino, mia madre scappava sempre nei rifugi, che non era altro che una buca da un contadino dietro da noi, ad Oriago di Mira, quindi bombardavano sempre l'Arsenale a Venezia e se il secondo aereo arrivava ed il vento portava le nuvole verso Oriago, le bombe arrivavano anche là, quindi io facevo dei sogni molto strani, e quando ho visto le proiezioni psichedeliche dei Floyd mi facevano ricordare i bombardamenti, gli incubi che avevo da ragazzino. Ho trovato una specie di similitudine con i Pink Floyd... Famoso è questo mio articolo, "Musica contro Fiori", su Big, che parlo della Flower Power di San Francisco contrapposta alla musica psichedelica di Londra, che era più serie per me, da qui "Musica contro Fiori", avevo creato la lotto tra la California e Londra, e descrivo alla fine di questo pezzo la band più prominente di questo "psychedelic sound", infatti quando andai a tradurlo, "psychedelic", non c'era nel vocabolario e quindi per la prima volta io ho scritto "suono psichedelico". Alla fine dell'articolo presento i Pink Floyd uno per uno.
Li ho conosciuti perchè Steve O'Rourke e Tony Howard, avevano un'agenzia, lavoravano all'agenzia di Tony Morrison, o John Morrison , la Morrison Agency, e Steve O'Rourke era il contabile, Tony Howard era quello che ingaggiava, Steve O'Rourke stava attento ai soldi, era il ragioniere dell'Agenzia Morrison, ...quindi io mandavo i gruppi al Titan Club di Roma, da Massimo Bernardi, ingaggiavo le band, mandai giù i Gun, e quando nel '68 poi ...avevo un amico che studiava al Regency College... ingaggiai i Pink Floyd per un concerto al Regency College e gli feci avere 225 sterline a loro, ...a quel tempo c'era David Gilmour e suonarono per tre ore, con un lenzuolo bianco, ma senza proiezioni, gli abbiamo fatto avere questo show, la Union School del Regency College aveva tanti soldi ..quindi volevamo aiutare i Pink Floyd...
Ritornando al 1971, il pubblico italiano fece entrare la band nelle proprie grazie, ricordo che quando nella primavera del 1971 Ciao 2001 fece un referendum tra i lettori, chiedendo quali sono le band che vorreste vedere in Italia, mi sembra che i Coliseum arrivarono primi, e poi i Pink Floyd erano al secondo posto tra le band, poi i Deep Purple, Wright era al settimo posto tra i tastieristi e Waters 14esimo tra i bassisti. Ed a giugno arrivarono. Quindi sono andato da Tony Howard, che mi ha dato i Pink Floyd per 500 sterline, perchè volevano venire in Italia e comprare questi amplificatori della Binson, dissero "...veniamo senza impianto, senza luci... suoniamo, ma vogliamo quegli amplificatori...". Nel frattempo arriva Sanavio e Christian Dewalden che si erano messi a gara per ingaggiare i Floyd, e Tony Howard mi disse che "...ci stanno questi matti che offrono 1000 sterline...", pensa... potevamo avere i Pink Floyd per 500 sterline e arrivano questi che alzavano il prezzo...
Quindi sono sceso con loro in Italia per presentarli a Brescia, c'era insieme a Sanavio quello che aveva le Edizioni Musicali... Sanavio e Mamone... il tour era sponsorizzato da Ciao 2001, che era pronto a pagare i concerti, ma loro non sapevano fare i concerti e si sono messi nelle mani di Sanavio e Mamone. Mi ricordo che andammo a Brescia da Milano in una macchina americana aperta, c'era anche il fratello di Maimone, Willy Maimone, io ero dietro con loro, gli feci l'intervista durante tutto il viaggio.... subito però passarono alla Binson, dall'aeroporto, hanno praticamente speso tutti i soldi dell'ingaggio lì alla Binson, stavano cercando di suonare cose nuove.... Infatti i Pink Floyd atterrarono all’aeroporto di Milano Linate sabato 19 giugno; dall’aereo scesero insieme a loro Steve O’Rourke ed il loro agente Tony Howard. La prima richiesta che la band fece fu proprio quella di raggiungere Settimo Milanese, perché dovevano dotarsi di una strumentazione necessaria per il loro spettacolo. Arrivarono nella sede della rinomata ditta Binson, che era rimasta aperta per l’occasione. La loro scelta cadde sull’Echorec P.E. 603-T che, come mi spiegò Gilmour, “ci permettono di suonare ad altissimo volume e mantenere le stesse qualità di limpidezza. Li useremo per impianti particolarmente grandi dove il volume deve essere alto”. Rivolgendosi a O’Rourke, il chitarrista aggiunse “Se ci piacciono questa sera, lunedì tornando a Londra ne prenderemo altri quattro”.
Io ero andato a vederli al Crystal Palace, loro rimasero molto frustati perchè il sound era orrendo, pioveva, infatti feci le foto dal palcoscenico... e poi andai ad intervistare Nick Mason a casa sua, lui ascoltava solo musica classica a quei tempi ...forse era per quello che Atom Heart Mother era così, forse perchè la musica classica che ascoltava in quel periodo ha influenzato la scelta... era un po' lui il portavoce nelle interviste, perchè Roger Waters e gli altri non volevano parlare. Infatti, quando eravamo in macchina verso Brescia mi ricordo che chiesi a David Gilmour dove prendeva questo suono pulito con la chitarra... "...I use Fender...", e Nick Mason "...no, non questo, è Armando ...non dare questa risposta così semplice...".
Concluso l’acquisto, il gruppo si diresse all’Hotel Il Gambero di Brescia, dove avrebbero alloggiato e dove arrivarono intorno il pomeriggio. Un piccolo sopralluogo al palasport e alle 19 la band fece ritorno in albergo. Verso le 2100-2130 partiamo diretti al concerto. La folla di circa duemila persone era assiepata di fronte ai cancelli aspettando di entrare. Alle 2150 la band era sul palco di fronte a circa cinquemila spettatori, un miracolo dato che erano state disponibili solo una manciata di ore per comunicare il cambio di sede. L’inizio dello show fu affidato ai loro due brani di maggior successo in quel momento, Atom Heart Mother e Careful With That Axe, Eugene.
A Brescia li presentai uno alla volta come li avevo presentati allora, loro mi dissero "...a Roma presentaci Pink Floyd...", a Roma non li presentaio io, perchè a Brescia li avevo presentati come "...alle tastiere, Rick Wright, alla batteria, Nick Mason...", ma loro non volevano così, loro volevano essere presentati solo "Pink Floyd". Ecco perchè c'era Massarini a Roma.
Lo spettacolo romano iniziò verso le 2145, ricordo che rischiò di essere interrotto dopo l’intervallo quando, “uno dei tecnici, tornato al furgone, trovò il vetro della portiera fracassato e dall’interno mancava un impianto stereo e un borsello con i quattro passaporti, denaro, carte di credito e oggetti personali”. Ricordo che a Roma sono andato all'intervallo sul palco e dissi tutto incazzato "...qualcuno ha rubato i passaporti...", non ti dico quante me ne hanno dette dal pubblico... e io... "...se conoscete qualcuno che li ha visti...", alla fine furono ritrovati... i Floyd dicevano "...se non escono fuori i passaporti, noi non suoniamo...", e io sul palcoscenico "...questi non vogliono sona' se non c'hanno i passaporti...". Avevano sfondato il camion dove c'erano i tecnici e si erano fregati un borsello con i passaporti, che roba! Dietro una siepe ritrovarono il borsello con i passaporti e i Pink Floyd tornano in scena.
I tecnici erano Alan Styles e Peter Watts, il papà di Naomi. Infatti quando tu mi hai mandato quella foto piccoletta di Peter al Crystal Palace, l'ho mandata a Naomi... Peter era sempre lì, lui non faceva soltanto il sound, all'epoca facevano di tutto, io avevo sempre paura che non avessero da mangiare, lui era secco secco, bianco, porello, è morto di overdose, nel 1976.
Le foto di Roma le ho fatte col flash, proprio perchè non avevano le luci, a Brescia avevano praticamente soltanto due fari, dietro... c'era anche Amendola a Roma... Ricordo che a Brescia, ho trovato un ragazzo, di Brescia, che non ci credeva che ero Armando Gallo, mi fa "...se sei Armando Gallo, mi fai avere l'autografo dei Pink Floyd?...". Allora gli ho fatto fare gli autografi, avevo una biografia inglese, loro hanno scritto l'autografo e glielo mandato per posta. Il discorso delle luci... me l'hanno detto prima, "...veniamo senza impianto luci...", a loro interessava soltanto per avere questi soldi per comprare i Binson, quindi non avevano un badget per concerto, in quel tour loro erano concentrati solo sulla musica, quindi per loro l'impianto luci era un discorso diverso, anche nel '68 quando vennero a suonare al Regency avevano soltanto un lenzuolo, un lenzuolo matrimoniale...
Nella capitale i Pink Floyd alloggiarono al Massimo d'Azeglio, lo stesso che avevano utilizzato durante la loro permanenza nel 1969 in occasione della registrazione della colonna sonora di Zabriskie Point. Durante il pranzo, ricordo che la band lesse i quotidiani, questi riportavano la notizia del loro spettacolo romano, ma ancora parlavano di Syd Barrett, e loro risero. Quando mi sono trasferito a Los Angeles, ...ad aprile del '75 ho fatto una bellissima intervista in anteprima di "Wish you were here", prima dell'uscita dell'album, recensendo il concerto di Los Angeles all'Arena che avevo visto, sono entrato dentro nel backstage, ho trovato Nick Mason che m'ha dato l'intervista, e Roger Waters gli ha ricordato il famoso "gelato" di Roma nel '71... Mi ricordo che siamo andati in giro per Roma, perchè erano alloggiati al D'Azeglio, dove erano stati già nel '69, ma volevano stare al D'Azeglio in realtà perchè si mangiava bene al ristorante del Massimo D'Azeglio... Nel pomeriggio, con Gilmour e Waters che preferirono andare a riposare, Gallo si improvvisò cicerone portando in giro per la capitale Mason e Wright, siamo lì e mi dicono "...Armando, andiamo a fare un giro per Roma...", e dove li porto? Il tour comprendeva un salto a Piazza di Spagna e in via Condotti, con sosta al ristorante Domiziano di Piazza Navona dove i musicisti gustarono gelato e l’immancabile cappuccino. A piazza Navona, dove ho pagato... quando Steve O'Rourke è andato a pagare, dice "...Armando is offering..." ha detto a tutti quanti, all'epoca di solito nessuno faceva 'ste cose, per me era una cosa normale.... in America quando vedi un attore, un cantante, che ti ha dato una bella sensazione, gli offri qualcosa, invece in Italia caricano ancora di più... Finito il concerto, all’0145, ero ancora in compagnia della band, siamo andati tutti al Titan Club, visto che la pressione dei due concerti era terminata ed i ragazzi erano molto rilassati, felicissimi dell’accoglienza del pubblico, …qui iniziarono le trattative per novembre, ma poi non se ne fece nulla.
Io avrei dovuto stare vicino ai Pink Floyd più dei Genesis, perchè era il mio gruppo preferito, ma quando poi ti piace la musica, non stai attento a queste cose... in un certo senso ho seguito più i Genesis perchè li volevo aiutare, avevo paura che si sciogliessero, perchè non ingranavano... l'Italia li ha salvati nel '72.
Domanda: "Se dovessi descrivere i Floyd dell'epoca, che carattere avevano?"
In quel tempo, erano totalmente dedicati alla musica, sembravano degli studenti, non erano rockstar per niente, quando erano con Syd erano più "posoni" quasi, poi quando Syd se ne è andato, li ho visti con Dave Gilmour, erano completamente cambiati, si erano un po' tolti anche come persona l'abito da promettente rockstar ed erano vestiti normale insomma... ed erano sempre totalmente concentrati alla musica, come lo erano i Genesis, erano molto simili in un certo senso, con loro potevi parlare soltanto di musica e di niente altro... i Genesis li ho intervistati soltanto perchè venivano in Italia, li andavo a vedere, però erano così concentrati... con Nick Mason andai a fare l'intervista a casa sua, abitava vicino a Paul McCartney, c'aveva una bella casa e non era una casa di un rockettaro, era ben messa con la biblioteca, tutti i dischi messi bene, quando ero in Italia sembravo più io rockstar che loro, perchè c'avevo i capelli lunghi, un cappelletto di velluto.....
Ricordo che quando mandai l’articolo a Naomi [Naomi Watts], lei si è fatta tradurre il testo, e lì c'era Nick Mason che diceva che Peter Watts era come il quinto membro della band. E quando l'ho pubblicato lei si è messa a piangere. Gli ha mandato poi questa email al fratello... loro non avevano tanti ricordi del padre, erano piccoli... il papà muore di overdose nel '76 ...lei c'aveva 7-8 anni, i genitori erano già separati, erano andati ad abitare in Galles, poi è tornata in Australia, quindi il papà era un po' dipinto come uno che se ne era fregato della famiglia, morto di droga... quindi vedere questa cosa, che Nick Mason lo definiva il quinto membro dei Floyd, scritto su una rivista italiana, l'amore per il padre si è illuminato, mi ha scritto una email bellissima e poi ha detto che ha mandato una email al fratello e hanno parlato a lungo di questa cosa... ogni volta che mi vede mi abbraccia forte, perchè questa cosa gli ha fatto ridipingere il padre come una bella persona.... lui è stato travolto dalla droga, ma era un gran bel personaggio. Lui e Alan Styles erano come di famiglia, non erano solo per il suono, facevano veramente tutto.
C'è stato un episodio brutto per The Wall, aveva stampato il libro dei Genesis a gennaio del '80, vado a New York a febbraio, lo stavo presentando lì ed ero nell'albergo al Waldorf (Waldorf-Astoria Hotel), nello stesso albergo dove c'erano i Pink Floyd, allora vado da Nick Mason e gli do il libro dei Genesis, mi disse che gli piaceva se avessero fatto un libro così, gli chiesi se potevamo fare un'intervista, e mi disse ..."no, non possiamo fare interviste...", allora decisi di andare a vedere lo show, sono riuscito ad entrare prima, quelli che facevano il merchandising erano gli stessi che facevano quello dei Genesis, gli avevo dato una decina di foto del libro dei Genesis per fare il tour-program dei Genesis, quindi mi hanno dato un "laminated", un pass, quindi col "laminated" sono entrato dentro con la macchian fotografica senza accorgermi, senza sapere che loro avevano detto che non ci dovevano essere macchine fotografiche, quindi quelli della security se ne sono accorti e sono venuti a prendermi, e mi hanno detto "...chi ti ha dato questo?...", i pass erano tutti schedati, allora ho detto "...conosco Steve O'Rourke...", allora mi portano dietro, ad aspettare, ma vedo Steve O'Rourke che esce dal corridoio, lo vedo e mi fa "...Ok... Hi Armando...". E io "...Hi Steve, what are you doing?...". Ma quello della security arriva e mi prende il pass e mi dice di andare nella platea, mi toglie il pass ma mi mette proprio lì davanti al palcoscenico, sto lì, con la macchina fotografica, ma non la posso usare, e sono senza pass... "...qui me se inc.....". Allora sono sgattaiolato dietro dietro, dove nessuno mi poteva rompere, ho visto il concerto da sopra, al Nassau Coliseum... e forse ho fatto delle fotografie che non ricordo più dove sono, magari non le ho usate.
Poi li ho rivisti quando hanno fatto Roma nel 1988 al Flaminio, mi ricordo che vado al backstage, c'era un tavolo rotondo enorme, e mi vedo Steve O'Rourke, "....Armandoooo....", andando sopra il tavolo per darmi la mano, tutto contento, e ho visto il concerto dal mixing-board. E' stato bello, perchè tutti che mi salutavano...
Non ho più quelle foto dei concerti. Io lavoravo, la sera facevo rock'n'roll, quindi ero contento che mi pubblicavano le foto, ma non me le davano più indietro, …non pensavi mai che nel 2015 qualcuno avesse cercato le foto che avevo fatto in quei giorni, poi ho continuato, ma poi sono passato ad Hollywood e ho preso a lavorare per il cinema e la televisione, quindi anche io ho fatto l'errore di allora, come lo fecero i Beatles stessi, si sono sposati e si sono sciolti... A quell'epoca sembrava che potessi fare rock'n'roll solo quando eri giovane, come gli atleti, ...la stampa inglese mi ricordo c'era FlickStreet, dove c'erano tutti i giornali e lì andavo a prendere tutte le notizie, e mettevano lo sport e il rock sulla stessa bilancia. Ecco perchè a trentanni mi sono trasferito a Los Angeles e ho cominciato a lavorare per Sorrisi & Canzoni, la rivista che comprava mamma, "...qui tocca fare il giornalista serio...". Quando ho ripreso, ho fatto il libro dei Genesis, proprio per ricordare tutti quegli anni che avevo trascorso in giro".
(Venezia-Lido, 02.09.2015, intervista ad Armando Gallo).

© 2015 Stefano Tarquini

 

 

 

  Francesco Sanavio.

"Andammo a Bologna, perché Milano era già out dopo i casini che successero dopo i primi sei mesi, da gennaio in poi. Roma con i Pink Floyd l’avevamo designata subito e Bologna stranamente non c’hanno voluto dare il posto, perché erano cominciati i casini anche lì, era un po’ un casino avere i Palasport in quegli anni là. Quindi di Bologna non eravamo certi e dall’oggi al domani si andò a Brescia, allora c’era solo Radio Uno e un’altra radio, con Massarini, Fegiz e Paolo Giaccio, erano i tre che curavano la radio di quel tempo e solo con loro abbiamo avuto il passaggio in radio, non c’erano certo radio private, e detto di andare a Brescia il giorno dopo, perché era proprio da oggi a domani sera. E misteriosamente c’era un tam-tam che diffondeva la notizia, erano più quei giovani là che diffondevano il tam-tam di noi, perché erano poi i no-global di oggi. Era il tam-tam di loro, le radio davano l’ufficialità, ma era il tam-tam che correva tra Emilia Romagna e Milano e tutto il Veneto, fatto sta che sono arrivati in 20.000 persone, c’era tutto il piazzale di fuori che era strapieno, tutte le porte aperte, ma quella musica lì era così che non serviva stare a guardare il batterista, ma stare distesi a sentire. Le luci non erano le loro, erano quelle del Palazzetto. E’ stata una cosa molto improvvisata, è stata una così così, che non c’aspettavamo neppure noi, li avevamo già pagati e quel che sarà, sarà, invece si sono scatenati, in maniera pazzesca, un tam-tam così forte non lo ha mai visto, mai.
Quello di Roma era alle sei di sera, hanno cominciato alle sei e mezza (secondo me qui si sbaglia, il concerto era serale) e hanno fatto due ore e mezza di concerto, è stato più tranquillo quello di Roma in confronto a quello di Brescia, tutti i cancelli aperti, mi è rimasto più impresso (parla di Brescia), Roma era un concerto normale, ma a Brescia, continuava ad arrivare gente, che ormai i biglietti non li avevamo più.
Con il concerto di Roma, c’era Natalini della Orbis, che gli davamo tutto il carico dei concerti di Roma, è successo pure per esempio con il concerto dei Jethro Tull, abbiamo venduto i biglietti con il timbro della SIAE, su quello di Brescia non c’era un biglietto con scritto Brescia, credo che abbiamo usato anche i biglietti di Bologna, perché pensavamo di averli (i Floyd) a Bologna, il biglietto era già stampato, il biglietto c’era, ma non era di Brescia. Roma si sapeva la data, era sicura, tanto da fare i biglietti, ma di Brescia non credo ci sia traccia di biglietti.
Detto dai giornali, quel concerto lì fu grande (parla di Brescia) senza le grandi produzioni che usano i gruppi a quel tempo lì, è stata una cosa fenomenale, c’era una musica della madonna, l’unica cosa che tutti volevano sentire e basta. Avevano messo speakers dappertutto in tondo, non solo vicino al palco, ma tutto intorno, loro erano già avanti con quelle tecniche, il suono era garantito.
Il giorno dopo a noi non ci fregava più nulla di stare appresso ai Pink Floyd, andavamo già a Milano (parla di Roma e del dopo-Roma, dopo ci conferma che lui e Mamone se ne sono andati via prima della fine), noi non li abbiamo seguiti per niente, mentre per altri gruppi avevamo più tempo per stargli appresso, non li abbiamo seguiti molto (alla fine mi ha detto che lui e Mamone non sono andati nemmeno nei camerini), al contrario di altri gruppi, come i Jethro Tull, che li mettevamo all’Hotel Hilton di Milano e di Roma, erano alberghi importanti, i Pink Floyd a Roma invece erano vicino alla Stazione, era un quattro stelle scarso, l’albergo era stato prenotato da loro, gli inglesi si prenotavano spesso l’albergo, raramente prenotavamo noi, perché avevano l’agenzia inglese che gli prenotava anche l’albergo, perché non era nel nostro stile andare al D’Azeglio, avevamo i nostri alberghi, e quindi non era un albergo scelto da noi e vuol dire che lo conoscevano già. Mi ricordo il Massimo D’Azeglio, e mi ricordo che loro con la scusa che avevano scelto già l’albergo, noi siamo andati nel nostro albergo che era l’Hilton e abbiamo mandato lì uno dei nostri dell’ufficio, giusto perché c’era posto. Non erano ancora al top in quel momento lì (parla dei Floyd).
Con la EMI quell’anno lì avevamo Deep Purple, Pink Floyd e Grankfunk Railroad e loro ci tenevano di più ai Grankfunk, perché venivano dall’America, era più importante promuovere loro che non uno di Londra, che era già qui a casa, i Deep Purple erano poi più su di giri dei Pink Floyd.
E’ sempre stato un gruppo stranissimo, perché mi ricordo che subito dopo tentammo di riportarli giù, mi ricordo che abitavo più a Londra che a Milano, Mamone stava a Milano, ma io ero sempre a Londra per cercare di prendere tutti i gruppi e non ci sono mai più riuscito (parla dei Floyd), dopo mi ricordo che hanno cominciato ad andare forte in America e da lì poi non c’è stato più verso di farli ritornare, ma non solo in Italia, ma neanche in Europa hanno fatto tour, non era un gruppo che faceva tourneè classiche come gli altri, era un gruppo che si risparmiava parecchio su quello. Non sono più riuscito a portarli giù sino al 1975, nel 75 tutto si fermò, noi (lui e Mamone) ci siamo sciolti. Quelli erano gli anni così, gli abbiamo presi così al volo.
Nonostante poi i Pink Floyd avessero una grande produzione, quelle date la presero come una cosa leggerissima. I biglietti erano già venduti (parla di Bologna) e non avevamo nemmeno scritto sui biglietti Bologna Palasport, perché già all’inizio mettevamo una roba abbastanza anonima generale, perché non eravamo molto certi, siamo andati in vendita e quindi una parte dei biglietti l’avevamo venduta lì (a Bologna), e quindi tra quelli venduti lì, tra il tam-tam dei giovani e un po’ di radio, ci siamo trovati con 20.000 persone, perché a Bologna avevamo venduto un 5000-6000 biglietti, che comunque era già un “esaurito” per quell’epoca. A Roma era rimasto il Palasport, lì era tutto regolare, perché avevamo il Ciao2001 che ci appoggiava, lì anche loro avevano all’inizio Bologna e Roma, eravamo partiti con Bologna e Roma; quindi erano tutti i Palasport a rischio, eravamo in balìa dei Comuni vari, che non capivano un cazzo, erano tempi duri, noi abbiamo iniziato con i Jethro Tull e da lì in poi c’erano sempre casini, perché c’erano gli autonomi, che erano i no-global di oggi in pratica, a loro interessava la musica e non pagare e per cui abbiamo sempre avuto problemi. Non c’era possibilità di scegliere posti grandi, primo perché i palasport avevano priorità assoluta per il basket, quindi se c’era il basket che si allenava non avevi il palasport, quindi eri costretto ad emigrare, Cantù, Varese, posti così.
Non conservo nulla di quei concerti, forse Bruno Marzi, che era, anzi è un giornalista e fotografo, lui sin dal 1971 ha coperto tutti i concerti.
Il promoter nostro, tra l’altro che lavorava a Milano con noi, era anche di Brescia, e fu lui a prenderci il posto all’ultimo secondo, ma è morto due mesi fa, Angelo Taetti, io e Mamone avevamo due-tre persone che lavoravano in ufficio, uno era di Brescia si riferisce a Taetti), diciamo che era il nostro assistente e che lo mandavamo di qua e di là, di su e di giù, vai a prendere questo, vai a prendere quell’altro, e lui ci prese il Palasport di Brescia, essendo anche di Brescia, coincidenza, in quanto lavorava da noi e faceva su e giù tutti i giorni Brescia-Milano, e un amico mio di Brescia, Rodolfo Galli, che è di Brescia, quelli di D’Alessandro e Galli, a marzo mi hanno detto lo sai che Taetti è morto un mese fa, era il nostro aiutante, che mandavamo a fare le cose (e forse per la data a Milano, era lui che se ne è interessato, ma purtroppo non possiamo avere la conferma essendo morto).
Chi c’ha dei ricordi su Roma e lo usavamo anche per venire in tour con noi è Alberto Marozzi di Roma, lui c’era nel 1971 con i Pink Floyd, cosa abbia lui poi non lo so (Marozzi è poco affidabile, l’ho sentito in occasione della ricerca del Piper Club, ma rimane l’autore delle due foto in camerino al Piper).
Sembra strano che un gruppo così sia passato senza lasciare segno, perché c’è stata questa confusione con le date, soprattutto questa qui di Brescia, a parte quelli che erano di Brescia, non lo sapeva nessuno, tranne me e Mamone che avevamo organizzato, una cosa così improvvisata. Mi ricordo che quella sera lì (si riferisce a Brescia), ce ne siamo andati via, partiti subito per Roma, ma prima che finiva il concerto, perché ormai i biglietti li avevamo già venduti, tutti quelli che avevamo, anche se c’era il doppio di gente non ci potevi far niente, il nostro uomo era rimasto lì con un altro a chiudere tutte le vicende, con facchini e così via, loro dormivano per cazzi loro, s’arrangiavano. Non lo sapevo nemmeno io che erano a Salò. Credo che più di così non riuscirei a scavare fuori (ricordare).
A questo momento, davanti a me telefona a Bruno Marzi; ma lui dice che non c’era a Brescia, perché ancora non aveva iniziato a fare il fotografo-giornalista (portava i calzoni corti). Sanavio si ricorda di un fotografo a Brescia con una donna appresso, e Marzi gli dice che era Guido Harari e che possiamo contattarlo attraverso un suo sito internet, ci pensa Nino, se riesce a farlo in tempi strettissimi.
E’ stato stranissimo quel concerto lì (si riferisce sempre a Brescia), era l’unico che non aveva lasciato tracce, anche questo fatto qua che non c’era visibilità, che non c’erano i biglietti sicuri, era tutto per aria, è stato un miracolo che l’abbiamo fatto. L’acustica del palazzetto di Brescia non era buona, se era vuoto, ma strapieno era stupenda, per di più i Pink Floyd cantano poco e perciò quella musica lì andava meglio, io credo che io sound era superbo quella sera lì, perché il pubblico ha fatto da cassa acustica pazzesca, tu stavi fuori e sentivi come se stavi dentro, 20.000 persone su un posto che aveva una capienza di 3000, io so che avevamo venduto 8000-9000 biglietti, poi ci siamo fermati, se succedeva qualcosa ci mettevano in carcere a tutti.
Io non sapevo niente dell’albergo (riferito a Salò), mentre gli altri li prenotavamo noi, loro si erano già prenotati il loro albergo, neanche a Brescia, fuori dai coglioni; a Roma ‘sto albergo che noi non usavamo nemmeno, perché era davanti alla Stazione, non si usava assolutamente il Massimo D’Azeglio, attaccato alla Stazione, la loro agenzia viaggi inglese che ha prenotato un buon 4 stelle e quello era un 4 stelle, ma noi non l’abbiamo più usato. Il gruppo era a quel tempo lì un gruppo strano, per cazzi loro, molto riservato, erano più schivi, che riservati.
Prima di salutarci, non registrato, Sanavio mi ha detto altre piccole cose.
Mi ricordo che a Roma siamo andati al D’Azeglio a pranzare, ma a loro non li abbiamo visti. Mi ricordo Massarini, ma non mi ricordo del furto del borsello.".
(intervista a Francesco Sanavio, Mestre, 09.04.2012).

© 2012 Stefano Tarquini

 

 

 

 

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