“ITALY 1971”
● La Storia secondo i Lunatics.
"Il 1971 fu un’annata
magica per i concerti in Italia, invasa da una vera e propria orda di band
straniere; il Belpaese stava scoprendo la musica dal vivo e pur organizzati in
situazioni molto spesso dilettantistiche, questi spettacoli diedero
l’opportunità agli appassionati di musica rock di poter vedere da vicino quei
gruppi spesso famosi solo grazie ai dischi o ai passaggi radiofonici. La
televisione italiana dell’epoca, con il solo primo canale attivo a livello
nazionale, non riservava molto spazio alla musica e l’unico mezzo informativo
per tutti era il settimanale musicale Ciao 2001. A febbraio di quell’anno
aprirono le danze i Jethro Tull, seguiti da Mungo Jerry e da Arthur Brown. Marzo
salutò John Mayall, gli Atomic Rooster e i Ten Years After; ad aprile i Family,
Manfred Mann e Santana. A maggio fu il turno degli Yes, Colosseum e Deep Purple;
a giugno Uriah Heep, i Chicago e i Pink Floyd. A luglio Grand Funk Railroad,
Humble Pie e Led Zeppelin. Alcuni di questi concerti passarono alla storia a
causa degli incidenti che li accompagnarono e che rischiarono di mettere
l’Italia nelle condizioni di essere esclusa dal circuito concertistico
internazionale: il concerto dei Chicago all’Arena di Milano del 9 giugno 1971,
macchiato da alcuni scontri tra pubblico e polizia si concluse con parecchi
spettatori feriti dalle manganellate. Un mese dopo, il famigerato show dei Led
Zeppelin al Vigorelli di Milano del 5 luglio 1971, passò tristemente alla storia
a causa di altri disordini e lancio di lacrimogeni da parte della polizia; la
band di Plant dovette chiudere dopo appena 26 minuti la propria esibizione tra
lacrime e contusi, mentre l’impianto che ospitava lo spettacolo fu semidistrutto
dalla rabbia incontrollata del pubblico.
Il merito di aver portato gran parte di questi artisti sui nostri palchi va al
veronese Franco Mamone, che nel curriculum vantava anche la trasformazione della
band dei Quelli nella Premiata Forneria Marconi, uno dei gruppi più importanti
della storia del rock nostrano. Fu lui ad organizzare i concerti dei Jethro Tull
a Milano e a Roma a febbraio (a maggio il loro disco AQUALUNG arrivò al secondo
posto in classifica). Dal canto loro i Pink Floyd stavano conoscendo un ottimo
indice di gradimento in Italia; ad aprile ATOM HEART MOTHER aveva raggiunto il
quinto posto in classifica e la EMI italiana cercò di cavalcare l’onda di questo
successo pubblicando per la prima volta i primi due dischi della band, THE PIPER
AT THE GATES OF DAWN e A SAUCERFUL OF SECRETS. L’anno precedente la band si era
fatta notare nelle zone alte della classifica italiana grazie alla loro presenza
nella colonna sonora di Zabriskie Point, che toccò la settima posizione nelle
chart italiane.
Il primo vero tour italiano dei Pink Floyd fu organizzato da Franco Mamone
insieme a Francesco Sanavio in collaborazione con il settimanale Ciao 2001. Il
gruppo inglese aveva intrapreso un mini tour europeo, della durata di un mese
circa, che partì il 4 giugno da Dusseldorf e che fino al 1 luglio toccò Germania
Ovest, Francia, Italia, Olanda ed Austria. La prima pubblicità apparsa sulla
rivista musicale annunciava solo la data di Roma del 20 giugno; i prezzi erano
di 3.000 lire per la platea numerata, 2000 per le gradinate e 1500 per la
galleria. I luoghi di prevendita designati furono la sede di Ciao 2001 (in via
Boezio 2, a Roma), al Piper Club e nel famoso negozio di dischi di Orbis di
Piazza Esquilino, 37.
Presto si aggiunse una seconda data e il doppio concerto (Bologna e Roma) fu
annunciato da un articolo intitolato “I Pink Floyd in Italia – con il patrocinio
di Ciao 2001”. In attesa degli eventi, Gianni Boncompagni firmò un articolo
intitolato “Pink Floyd – Il vibratore di cervelli” che fu pubblicato il 13
giugno 1971 sul Radiocorriere. Wright così definiva il loro light show: “Anche
le luci non sono qualcosa di semplicemente esteriore, ma tutti gli impianti
stroboscopici e psichedelici servono a dare all’occhio quelle stesse sensazioni
che la chitarra o l’organo o la batteria cercano di fornire all’orecchio”. Nello
stesso giornale, il 33 giri ATOM HEART MOTHER occupava la settima posizione in
classifica.
Il numero di Ciao 2001 in edicola il 16 giugno 1971 aveva la copertina dedicata
all’evento di quello speciale fine settimana rosa: un articolo di tre pagine
dedicato al concerto dei Floyd al Crystal Palace di Londra del 15 maggio. A
firmare l’articolo Armando Gallo, che regalò ai lettori del settimanale romano
alcuni scatti della band presi direttamente dal palco della. A corredo
dell’articolo, un’ulteriore pagina pubblicitaria dei due show italiani che
indicavano le date di Bologna e di Roma. Il giornale, che veniva chiuso con
diversi giorni di anticipo rispetto alla data di copertina, non era però
aggiornato con gli ultimi eventi che avevano movimentato il primo tour tricolore
dei Pink Floyd. Nella classifica di vendita dei dischi pubblicata su quel
numero, i Pink Floyd erano all’ottavo posto con ATOM HEART MOTHER, mentre Mina
occupava la vetta con il suo DEL MIO MEGLIO.
Armando Gallo (dal suo sito internet): La band arrivò senza alcuna produzione.
Nessuna luce, un semplice palco. Solo la musica ... Ho la pelle d'oca per quei
due concerti. E proprio ora mi ricordo quello che avevo addosso: una t shirt
gialla a manica lunga con tante stelle gialle, pantaloni bordeaux! In Piazza
Navona offrii alla band gelati e cappuccini…”
Bologna, scrivevano i giornali. Eppure da molteplici fonti risulta che
originariamente il concerto del 19 giugno 1971 era stato fissato al Palaghiaccio
di Milano. Purtroppo gli incidenti avvenuti durante lo show dei Chicago avevano
spaventato le autorità meneghine che negarono il permesso, inizialmente
accordato agli organizzatori, che dovettero trovare un’altra sede a pochi giorni
dalla data fissata. Di questo primo abbocco organizzativo esiste una rarissima
testimonianza cartacea, un poster custodito da un fan dell’epoca che si
configura, oggi, come un vero pezzo da museo. Il Comune di Bologna aveva dato
disponibilità per il proprio Palazzetto dello Sport, nel caso ci fosse stato
bisogno di ripiegare altrove. All’atto della firma del contratto, però, come
osserva Gallo sulla sua precisa cronaca degli eventi, “la presidenza del CONI
non accetta le nostre offerte considerando il concerto ‘un avvenimento non
adatto’”.
Si cercò a questo punto una soluzione ripiegando nuovamente nella città di
Milano, individuata nel Vigorelli, possibilità puntualmente rifiutata da parte
del Comune. Era martedì 15 giugno 1971 e il concerto di sabato 19 non aveva
ancora una sede definitiva. Grazie agli sforzi degli organizzatori, si trovò
finalmente una struttura disponibile nei dintorni di Milano: il Palazzo delle
Esposizioni degli Industriali (E.I.B.) di Brescia. Il prezzo del biglietto era
unico ed era stato fissato a 1500 lire. Le prevendite furono fissate al Disco
Club di Milano (stazione MM Cordusio) e a Brescia nel negozio di dischi dei
fratelli Terenghi. La sede bresciana in seguito conobbe alcuni concerti
memorabili, come quello degli Inti Illimani nel 1975 (quasi 15mila presenti) e
quello dei King Crimson che vi suonarono il 20 marzo 1974. Con soli quattro
giorni a disposizione per comunicare lo spostamento della data, si dovette
ricorrere alla bravura degli organizzatori per informare capillarmente e
diffondere in tutta fretta la notizia: si passò attraverso la voce dei dj
storici della radio Rai fino agli annunci sui quotidiani, come quelli apparsi il
18 e il 19 giugno nella pagina spettacoli de La Stampa di Torino. Proprio a
causa della insicurezza legata al luogo di svolgimento dello spettacolo, in un
continuo rincorrersi di ipotetiche soluzioni, richieste dell’ultimo momento e
probabili affanni logistici, il biglietto d’ingresso utilizzato al botteghino di
Brescia (a differenza di quello della prevendita di Roma), non riportava il
luogo in cui si sarebbe svolto.
I Pink Floyd atterrarono all’aeroporto di Milano Linate sabato 19 giugno alle
ore 13; dall’aereo scesero insieme a loro Steve O’Rourke e il loro agente Tony
Howard. La prima richiesta che la band fece fu quella di raggiungere Settimo
Milanese perché dovevano dotarsi di una strumentazione necessaria per il loro
spettacolo. Alle 13e45 arrivarono nella sede della rinomata ditta Binson, che
era rimasta aperta per l’occasione. La loro scelta cadde sull’Echorec modello
P.E. 603-T che, come spiegò Gilmour a Gallo “ci permettono di suonare ad
altissimo volume e mantenere le stesse qualità di limpidezza. Li useremo per
impianti particolarmente grandi dove il volume deve essere alto”. Rivolgendosi a
O’Rourke, il chitarrista aggiunse “Se ci piacciono questa sera, lunedì tornando
a Londra ne prenderemo altri quattro”. Il Binson Echorec era un “tape echo” (eco
a nastro) che già Barrett e Wright utilizzavano nel 1967 e che aiutò i Pink
Floyd ad avere un suono così personale: particolarmente efficace il suo utilizzo
in One Of These Days. L’Echorec nacque negli anni Cinquanta grazie agli sforzi
profusi dall’ingegner Bini; la Binson chiuse nel 1981 ma gli Echorec sono ancora
tra i più ricercati da quei musicisti che vogliano riprodurre quelle determinate
sonorità. Concluso l’acquisto, il gruppo si diresse all’Hotel Il Gambero, una
splendida struttura che si affacciava sul lago di Garda a Salò, vicino Brescia,
dove avrebbero alloggiato e dove arrivarono intorno alle ore 16. Un piccolo
sopralluogo al palasport e alle 19 la band fece ritorno in albergo. Come ricordò
Gallo nella sua cronaca, Waters si mise a giocare a carte con Howard vincendo
13mila lire. La cena delle 19.30 anticipò lo spostamento definitivo verso il
palazzetto in attesa del concerto. Armando Gallo: “21.30 partiamo diretti al
concerto. Una folla di circa duemila persone è assiepata di fronte ai cancelli
aspettando di entrare. A fatica le due macchine che ci trasportano riescono a
farsi strada perché tutti vogliono salutare o riconoscere i Floyd. Ma chi ha i
maggiori applausi tra le risa divertite dei Floyd, è invece Tony che sfoggia una
lunga criniera leonina e una giacca di velluto color viola”. Alle 21e50 la band
era sul palco di fronte a circa cinquemila spettatori, un miracolo dato che
erano state disponibili solo una manciata di ore per comunicare il cambio di
sede. L’inizio dello show fu affidato ai loro due brani di maggior successo in
quel momento, Atom Heart Mother e Careful With That Axe, Eugene.
Come ricordò Gallo su Ciao 2001, “grazie ai Pink Floyd il pubblico italiano ha
compiuto il primo passo verso la maturità musicale”. Per comprendere come
vivevano i fan questa esplosione musicale di quel periodo basta leggere quanto
scrive Roberto (dal sito web DolceVita) sulla serata bresciana: “A Brescia
avrebbero suonato i Pink Floyd, per noi era il primo concerto importante, una
specie di iniziazione… e lo fu! Alla radio avevano dato la notizia del concerto
qualche giorno prima. Avevamo i capelli lunghi, non c’era euforia, ma qualcosa
che assomigliava all’estasi; l’auto era stipata di parole, di silenzi, di fumo.
Mi ero fatto spedire da Ciao 2001 le traduzioni dei testi di The Piper At The
Gates Of Dawn: bastava spedire l’elenco delle canzoni e allegare dei
francobolli. Quando arrivarono mi immersi in questi testi surreali e magici
penetrando più a fondo le canzoni…”
Roberto Pedretti racconta la sua esperienza sulle pagine della fanzine Heyou:
“Entrammo e si capì subito che era una cosa improvvisata, non c’era nemmeno una
sedia, ci sedemmo tutti per terra sul pavimento del palazzetto. Le luci vengono
spente, buio completo, improvvisamente sentiamo il rombo della motocicletta
della parte iniziale di Atom Heart Mother girarci attorno in modo circolare al
punto da far girare tutte le nostre teste per seguire la moto… al buio”.
Alle 0.35 terminò lo spettacolo ma il pubblico li chiamò a gran voce e la band
tornò sul palco per eseguire A Saucerful Of Secrets. Presente a Brescia, Franz
Di Cioccio della PFM: “Li vidi per la prima volta a Brescia un quarantennio fa.
Avevano un suono perfetto, avanti mille anni luce dalla nostra scena di
provincia”. (Corriere della Sera, 11 gennaio 2011). Con Peter Watts e tre
roadies intenti a smontare la strumentazione e partire immediatamente per Roma,
il resto della band si avviò in albergo per un meritato riposo. All’1,45 Armando
Gallo incrociò Waters nella hall dell’albergo e scambiarono due parole: “Il
pubblico è stato veramente superbo. Non conoscevamo Brescia e oggi avevamo i
nostri timori, ma dopo questa sera possiamo suonare qui sempre”. La mattina
successiva alle 10 i Pink Floyd insieme a O’Rourke e Howard si godevano i
cappuccini, di cui andavano ghiotti. Alle 12 erano di nuovo a Linate in attesa
dell’aereo che li avrebbe condotti a Roma. Nella capitale i Pink Floyd
alloggiarono al Massimo d'Azeglio, lo stesso che avevano utilizzato durante la
loro permanenza nel 1969 in occasione della registrazione della colonna sonora
di Zabriskie Point. Durante il pranzo, come notò Gallo, la band diede
un’occhiata ai quotidiani che riportavano notizia del loro spettacolo romano: “I
ragazzi appaiono dispiaciuti nell’apprendere che la stampa nel descriverli si è
basata ancora su Syd Barrett”.
Lo stesso Ciao 2001 aveva indicato, nell’articolo pubblicato il 9 giugno che
presentava i due concerti italiani, che “dovrebbe anche esserci l’opportunità di
ascoltare Syd Barrett che, secondo il comunicato della casa discografica, pare
essersi riunito al gruppo”. Armando Gallo spiegherà, in una corrispondenza
privata con Stefano Tarquini, che quella notizia non era vera, probabilmente
quella di annunciare Barrett fu una trovata del giornale Ciao 2001 per attirare
più gente ai concerti; un’altra testimonianza che si trattava di una “bugia” ce
l’ha da anche Franco Zanetti, che dalla metà degli anni ’70 lavorava per la EMI
Italiana negli uffici di Milano.
Nel pomeriggio, con Gilmour e Waters che preferirono andare a riposare, Gallo si
improvvisò cicerone portando in giro per la capitale Mason e Wright. Il tour
comprendeva un salto a Piazza di Spagna e in via Condotti, con sosta al
ristorante Domiziano di Piazza Navona dove i musicisti gustarono gelato e
l’immancabile cappuccino. Alle 21.45 ebbe inizio lo spettacolo romano, che
rischiò di essere interrotto dopo l’intervallo quando, come ricorda Gallo, “uno
dei tecnici, tornato al furgone che è all’interno del Palazzo, trova il vetro
della portiera fracassato e dall’interno manca un impianto stereo e una
valigetta con i quattro passaporti, denaro, carte di credito e oggetti
personali. Dietro una siepe si ritrova la valigetta con i passaporti e i Pink
Floyd tornano in scena”.
Di quel concerto colpì i presenti soprattutto l’effetto dei passi di Cymbaline,
penultimo brano in scaletta prima del bis, con il suono che circolava intorno
alla sala e con i presenti che si voltavano quasi a seguire con lo sguardo il
cammino di questo misterioso uomo.
Il pubblico li chiamò a gran voce, incitati sul palco da un improvvisato
presentatore, il giovane Carlo Massarini, che così incitò i presenti: “I Pink
Floyd! A Brescia hanno concesso il bis, avevano più voce di voi… fatevi sentire
allora…". La band tornò sul palco, suonando una versione tiratissima di
Astronomy Domine, eseguita per l’ultima volta con Roger Waters (fu ripresa dalla
band, già da tempo divisa dal bassista, solo nel 1994 durante il tour di The
Division Bell).
Massarini tornò al microfono: "I Pink Floyd mi incaricano di ringraziarvi tutti
per essere venuti, sono stati molto felici dell'accoglienza…". Di quella serata
il futuro “MrFantasy” ricorda: "Non c'era l'impianto luci, che per i Pink Floyd
era contro natura e tutto il Palasport era illuminato con neon a giorno.
Orrendo! Li intervistai a fine concerto nei camerini, con il vecchio
registratore Nagra, e mi ricordo che non sapevo come tagliare il nastro. Ci
pensò Waters con una canna. Gli chiesi cosa avessero perso con l'addio di Syd e
mi rispose "It was more lice gaining a Dave than losing a Syd". All’1,45 Gallo,
da buon segugio, era ancora in compagnia della band: “Siamo tutti al Titan Club.
La pressione dei due concerti è terminata e i ragazzi sono rilassati. Sono
felicissimi dell’accoglienza del pubblico e già iniziano trattative per
novembre. (alle 3.30) Celebrando siamo arrivati al Number One”.
Il 21 giugno 1971 alle 10.15 la band salì sull’aereo che da Roma li avrebbe
riportati Londra, dove erano attesi al festival di Glastonbury il 22, nel quale
non riuscirono ad esibirsi in quanto la strumentazione si mosse tardi da Roma e
tardò ad arrivare in Inghilterra.
Ciao 2001 numero 26, con la data del 30 giugno in copertina, conteneva un
bellissimo articolo firmato da Armando Gallo (dal quale abbiamo tratto i suoi
ricordi utilizzati in queste pagine), che aveva anche realizzato una serie di
foto della band in concerto al Palaeur
Il pubblico italiano fece entrare la band nelle proprie grazie. Già nel
referendum di Ciao 2001 di fine anno, i Pink Floyd erano al secondo posto tra le
band, Wright al settimo posto tra i tastieristi e Waters 14esimo tra i bassisti.".
(dal libro
"Pink Floyd. Storie e Segreti", Giunti, 2012).
© 2012 The Lunatics
● Armando Gallo.
"Loro sono arrivati senza
luci, la band arrivò senza alcuna produzione visiva, nessuna luce, un semplice
palco allestito solo con la strumentazione. Era solo la musica... Ho la pelle
d'oca per quei due concerti, ricordo quello che indossavo, una t-shirt gialla a
manica lunga con tante stelle gialle, e pantaloni bordeaux! In Piazza Navona
offrii alla band gelati e cappuccini…
I Pink Floyd li ho conosciuti quando ho iniziato a scrivere nel '67, ero andato
subito alla EMI, perchè c'erano i Beatles, c'era un certo Jim Watson, era del
reparto internazionale... ero il primo giornalista italiano che aveva
conosciuto, infatti nel '67-'68 non ho incontrato nessun giornalista italiano a
Londra, quindi ero proprio da solo, tanto che credevano che fossi uno inventato.
Iniziai a scrivere a febbraio, quando venni poi in Italia con Andrew Modden e
gli Small Faces, mi ricordo che andammo al Cantagiro, c'era Al Bano che suonava
all'Hilton di Roma, e Sergio Modugno che era il redattore capo di Big mi
presentò a Renzo Arbore, che disse "Ah... Armando Gallo esiste allora!". Perchè
pensavano che fossi un nome fantomatico, inventato... Mi ricordo che Jim Watson
ad ogni modo cercò di farmi conoscere tutte le band che loro volevano spingere
in Italia, come i Cuvers ed i Creations... il manager era Tony Stratton-Smith,
pensa... quello che poi ha formato la Charisma perchè era troppo frustato dalle
case discografiche di allora. Mi ricordo che una volta mi voleva far conoscere
un produttore, Smith, Hurriscan Smith (Norman Smith) cacciò fuori questa band
che stava per incidere... erano i Pink Floyd. Stiamo parlando del marzo del
1967. Quindi io volevo i Beatles e questo stava cercano di farmi conosce tutte
queste band nuove da portare in Italia, e c'erano i Pink Floyd, che però non
avevano ancora un disco, e quindi mi avevano mandato in studio... e io pensavo
"ma che ci vado a fa'... un gruppo che non esiste ancora". E poi invece feci un
articolo su di loro quando li ho visti all'UFO Club ad agosto del '67, …c'era
Syd e le loro speciali luci, quelle macchie, per me è stata una cosa
incredibile, perchè io sono nato sotto i bombardamenti, a gennaio del '44, e
quindi anche quando ero piccolino, mia madre scappava sempre nei rifugi, che non
era altro che una buca da un contadino dietro da noi, ad Oriago di Mira, quindi
bombardavano sempre l'Arsenale a Venezia e se il secondo aereo arrivava ed il
vento portava le nuvole verso Oriago, le bombe arrivavano anche là, quindi io
facevo dei sogni molto strani, e quando ho visto le proiezioni psichedeliche dei
Floyd mi facevano ricordare i bombardamenti, gli incubi che avevo da ragazzino.
Ho trovato una specie di similitudine con i Pink Floyd... Famoso è questo mio
articolo, "Musica contro Fiori", su Big, che parlo della Flower Power di San
Francisco contrapposta alla musica psichedelica di Londra, che era più serie per
me, da qui "Musica contro Fiori", avevo creato la lotto tra la California e
Londra, e descrivo alla fine di questo pezzo la band più prominente di questo "psychedelic
sound", infatti quando andai a tradurlo, "psychedelic", non c'era nel
vocabolario e quindi per la prima volta io ho scritto "suono psichedelico". Alla
fine dell'articolo presento i Pink Floyd uno per uno.
Li ho conosciuti perchè Steve O'Rourke e Tony Howard, avevano un'agenzia,
lavoravano all'agenzia di Tony Morrison, o John Morrison , la Morrison Agency, e
Steve O'Rourke era il contabile, Tony Howard era quello che ingaggiava, Steve O'Rourke
stava attento ai soldi, era il ragioniere dell'Agenzia Morrison, ...quindi io
mandavo i gruppi al Titan Club di Roma, da Massimo Bernardi, ingaggiavo le band,
mandai giù i Gun, e quando nel '68 poi ...avevo un amico che studiava al Regency
College... ingaggiai i Pink Floyd per un concerto al Regency College e gli feci
avere 225 sterline a loro, ...a quel tempo c'era David Gilmour e suonarono per
tre ore, con un lenzuolo bianco, ma senza proiezioni, gli abbiamo fatto avere
questo show, la Union School del Regency College aveva tanti soldi ..quindi
volevamo aiutare i Pink Floyd...
Ritornando al 1971, il pubblico italiano fece entrare la band nelle proprie
grazie, ricordo che quando nella primavera del 1971 Ciao 2001 fece un referendum
tra i lettori, chiedendo quali sono le band che vorreste vedere in Italia, mi
sembra che i Coliseum arrivarono primi, e poi i Pink Floyd erano al secondo
posto tra le band, poi i Deep Purple, Wright era al settimo posto tra i
tastieristi e Waters 14esimo tra i bassisti. Ed a giugno arrivarono. Quindi sono
andato da Tony Howard, che mi ha dato i Pink Floyd per 500 sterline, perchè
volevano venire in Italia e comprare questi amplificatori della Binson, dissero
"...veniamo senza impianto, senza luci... suoniamo, ma vogliamo quegli
amplificatori...". Nel frattempo arriva Sanavio e Christian Dewalden che si
erano messi a gara per ingaggiare i Floyd, e Tony Howard mi disse che "...ci
stanno questi matti che offrono 1000 sterline...", pensa... potevamo avere i
Pink Floyd per 500 sterline e arrivano questi che alzavano il prezzo...
Quindi sono sceso con loro in Italia per presentarli a Brescia, c'era insieme a
Sanavio quello che aveva le Edizioni Musicali... Sanavio e Mamone... il tour era
sponsorizzato da Ciao 2001, che era pronto a pagare i concerti, ma loro non
sapevano fare i concerti e si sono messi nelle mani di Sanavio e Mamone. Mi
ricordo che andammo a Brescia da Milano in una macchina americana aperta, c'era
anche il fratello di Maimone, Willy Maimone, io ero dietro con loro, gli feci
l'intervista durante tutto il viaggio.... subito però passarono alla Binson,
dall'aeroporto, hanno praticamente speso tutti i soldi dell'ingaggio lì alla
Binson, stavano cercando di suonare cose nuove.... Infatti i Pink Floyd
atterrarono all’aeroporto di Milano Linate sabato 19 giugno; dall’aereo scesero
insieme a loro Steve O’Rourke ed il loro agente Tony Howard. La prima richiesta
che la band fece fu proprio quella di raggiungere Settimo Milanese, perché
dovevano dotarsi di una strumentazione necessaria per il loro spettacolo.
Arrivarono nella sede della rinomata ditta Binson, che era rimasta aperta per
l’occasione. La loro scelta cadde sull’Echorec P.E. 603-T che, come mi spiegò
Gilmour, “ci permettono di suonare ad altissimo volume e mantenere le stesse
qualità di limpidezza. Li useremo per impianti particolarmente grandi dove il
volume deve essere alto”. Rivolgendosi a O’Rourke, il chitarrista aggiunse “Se
ci piacciono questa sera, lunedì tornando a Londra ne prenderemo altri quattro”.
Io ero andato a vederli al Crystal Palace, loro rimasero molto frustati perchè
il sound era orrendo, pioveva, infatti feci le foto dal palcoscenico... e poi
andai ad intervistare Nick Mason a casa sua, lui ascoltava solo musica classica
a quei tempi ...forse era per quello che Atom Heart Mother era così, forse
perchè la musica classica che ascoltava in quel periodo ha influenzato la
scelta... era un po' lui il portavoce nelle interviste, perchè Roger Waters e
gli altri non volevano parlare. Infatti, quando eravamo in macchina verso
Brescia mi ricordo che chiesi a David Gilmour dove prendeva questo suono pulito
con la chitarra... "...I use Fender...", e Nick Mason "...no, non questo, è
Armando ...non dare questa risposta così semplice...".
Concluso l’acquisto, il gruppo si diresse all’Hotel Il Gambero di Brescia, dove
avrebbero alloggiato e dove arrivarono intorno il pomeriggio. Un piccolo
sopralluogo al palasport e alle 19 la band fece ritorno in albergo. Verso le
2100-2130 partiamo diretti al concerto. La folla di circa duemila persone era
assiepata di fronte ai cancelli aspettando di entrare. Alle 2150 la band era sul
palco di fronte a circa cinquemila spettatori, un miracolo dato che erano state
disponibili solo una manciata di ore per comunicare il cambio di sede. L’inizio
dello show fu affidato ai loro due brani di maggior successo in quel momento,
Atom Heart Mother e Careful With That Axe, Eugene.
A Brescia li presentai uno alla volta come li avevo presentati allora, loro mi
dissero "...a Roma presentaci Pink Floyd...", a Roma non li presentaio io,
perchè a Brescia li avevo presentati come "...alle tastiere, Rick Wright, alla
batteria, Nick Mason...", ma loro non volevano così, loro volevano essere
presentati solo "Pink Floyd". Ecco perchè c'era Massarini a Roma.
Lo spettacolo romano iniziò verso le 2145, ricordo che rischiò di essere
interrotto dopo l’intervallo quando, “uno dei tecnici, tornato al furgone, trovò
il vetro della portiera fracassato e dall’interno mancava un impianto stereo e
un borsello con i quattro passaporti, denaro, carte di credito e oggetti
personali”. Ricordo che a Roma sono andato all'intervallo sul palco e dissi
tutto incazzato "...qualcuno ha rubato i passaporti...", non ti dico quante me
ne hanno dette dal pubblico... e io... "...se conoscete qualcuno che li ha
visti...", alla fine furono ritrovati... i Floyd dicevano "...se non escono
fuori i passaporti, noi non suoniamo...", e io sul palcoscenico "...questi non
vogliono sona' se non c'hanno i passaporti...". Avevano sfondato il camion dove
c'erano i tecnici e si erano fregati un borsello con i passaporti, che roba!
Dietro una siepe ritrovarono il borsello con i passaporti e i Pink Floyd tornano
in scena.
I tecnici erano Alan Styles e Peter Watts, il papà di Naomi. Infatti quando tu
mi hai mandato quella foto piccoletta di Peter al Crystal Palace, l'ho mandata a
Naomi... Peter era sempre lì, lui non faceva soltanto il sound, all'epoca
facevano di tutto, io avevo sempre paura che non avessero da mangiare, lui era
secco secco, bianco, porello, è morto di overdose, nel 1976.
Le foto di Roma le ho fatte col flash, proprio perchè non avevano le luci, a
Brescia avevano praticamente soltanto due fari, dietro... c'era anche Amendola a
Roma... Ricordo che a Brescia, ho trovato un ragazzo, di Brescia, che non ci
credeva che ero Armando Gallo, mi fa "...se sei Armando Gallo, mi fai avere
l'autografo dei Pink Floyd?...". Allora gli ho fatto fare gli autografi, avevo
una biografia inglese, loro hanno scritto l'autografo e glielo mandato per
posta. Il discorso delle luci... me l'hanno detto prima, "...veniamo senza
impianto luci...", a loro interessava soltanto per avere questi soldi per
comprare i Binson, quindi non avevano un badget per concerto, in quel tour loro
erano concentrati solo sulla musica, quindi per loro l'impianto luci era un
discorso diverso, anche nel '68 quando vennero a suonare al Regency avevano
soltanto un lenzuolo, un lenzuolo matrimoniale...
Nella capitale i Pink Floyd alloggiarono al Massimo d'Azeglio, lo stesso che
avevano utilizzato durante la loro permanenza nel 1969 in occasione della
registrazione della colonna sonora di Zabriskie Point. Durante il pranzo,
ricordo che la band lesse i quotidiani, questi riportavano la notizia del loro
spettacolo romano, ma ancora parlavano di Syd Barrett, e loro risero. Quando mi
sono trasferito a Los Angeles, ...ad aprile del '75 ho fatto una bellissima
intervista in anteprima di "Wish you were here", prima dell'uscita dell'album,
recensendo il concerto di Los Angeles all'Arena che avevo visto, sono entrato
dentro nel backstage, ho trovato Nick Mason che m'ha dato l'intervista, e Roger
Waters gli ha ricordato il famoso "gelato" di Roma nel '71... Mi ricordo che
siamo andati in giro per Roma, perchè erano alloggiati al D'Azeglio, dove erano
stati già nel '69, ma volevano stare al D'Azeglio in realtà perchè si mangiava
bene al ristorante del Massimo D'Azeglio... Nel pomeriggio, con Gilmour e Waters
che preferirono andare a riposare, Gallo si improvvisò cicerone portando in giro
per la capitale Mason e Wright, siamo lì e mi dicono "...Armando, andiamo a fare
un giro per Roma...", e dove li porto? Il tour comprendeva un salto a Piazza di
Spagna e in via Condotti, con sosta al ristorante Domiziano di Piazza Navona
dove i musicisti gustarono gelato e l’immancabile cappuccino. A piazza Navona,
dove ho pagato... quando Steve O'Rourke è andato a pagare, dice "...Armando is
offering..." ha detto a tutti quanti, all'epoca di solito nessuno faceva 'ste
cose, per me era una cosa normale.... in America quando vedi un attore, un
cantante, che ti ha dato una bella sensazione, gli offri qualcosa, invece in
Italia caricano ancora di più... Finito il concerto, all’0145, ero ancora in
compagnia della band, siamo andati tutti al Titan Club, visto che la pressione
dei due concerti era terminata ed i ragazzi erano molto rilassati, felicissimi
dell’accoglienza del pubblico, …qui iniziarono le trattative per novembre, ma
poi non se ne fece nulla.
Io avrei dovuto stare vicino ai Pink Floyd più dei Genesis, perchè era il mio
gruppo preferito, ma quando poi ti piace la musica, non stai attento a queste
cose... in un certo senso ho seguito più i Genesis perchè li volevo aiutare,
avevo paura che si sciogliessero, perchè non ingranavano... l'Italia li ha
salvati nel '72.
Domanda: "Se dovessi descrivere i Floyd dell'epoca, che carattere avevano?"
In quel tempo, erano totalmente dedicati alla musica, sembravano degli studenti,
non erano rockstar per niente, quando erano con Syd erano più "posoni" quasi,
poi quando Syd se ne è andato, li ho visti con Dave Gilmour, erano completamente
cambiati, si erano un po' tolti anche come persona l'abito da promettente
rockstar ed erano vestiti normale insomma... ed erano sempre totalmente
concentrati alla musica, come lo erano i Genesis, erano molto simili in un certo
senso, con loro potevi parlare soltanto di musica e di niente altro... i Genesis
li ho intervistati soltanto perchè venivano in Italia, li andavo a vedere, però
erano così concentrati... con Nick Mason andai a fare l'intervista a casa sua,
abitava vicino a Paul McCartney, c'aveva una bella casa e non era una casa di un
rockettaro, era ben messa con la biblioteca, tutti i dischi messi bene, quando
ero in Italia sembravo più io rockstar che loro, perchè c'avevo i capelli
lunghi, un cappelletto di velluto.....
Ricordo che quando mandai l’articolo a Naomi [Naomi Watts], lei si è fatta
tradurre il testo, e lì c'era Nick Mason che diceva che Peter Watts era come il
quinto membro della band. E quando l'ho pubblicato lei si è messa a piangere.
Gli ha mandato poi questa email al fratello... loro non avevano tanti ricordi
del padre, erano piccoli... il papà muore di overdose nel '76 ...lei c'aveva 7-8
anni, i genitori erano già separati, erano andati ad abitare in Galles, poi è
tornata in Australia, quindi il papà era un po' dipinto come uno che se ne era
fregato della famiglia, morto di droga... quindi vedere questa cosa, che Nick
Mason lo definiva il quinto membro dei Floyd, scritto su una rivista italiana,
l'amore per il padre si è illuminato, mi ha scritto una email bellissima e poi
ha detto che ha mandato una email al fratello e hanno parlato a lungo di questa
cosa... ogni volta che mi vede mi abbraccia forte, perchè questa cosa gli ha
fatto ridipingere il padre come una bella persona.... lui è stato travolto dalla
droga, ma era un gran bel personaggio. Lui e Alan Styles erano come di famiglia,
non erano solo per il suono, facevano veramente tutto.
C'è stato un episodio brutto per The Wall, aveva stampato il libro dei Genesis a
gennaio del '80, vado a New York a febbraio, lo stavo presentando lì ed ero
nell'albergo al Waldorf (Waldorf-Astoria Hotel), nello stesso albergo dove
c'erano i Pink Floyd, allora vado da Nick Mason e gli do il libro dei Genesis,
mi disse che gli piaceva se avessero fatto un libro così, gli chiesi se potevamo
fare un'intervista, e mi disse ..."no, non possiamo fare interviste...", allora
decisi di andare a vedere lo show, sono riuscito ad entrare prima, quelli che
facevano il merchandising erano gli stessi che facevano quello dei Genesis, gli
avevo dato una decina di foto del libro dei Genesis per fare il tour-program dei
Genesis, quindi mi hanno dato un "laminated", un pass, quindi col "laminated"
sono entrato dentro con la macchian fotografica senza accorgermi, senza sapere
che loro avevano detto che non ci dovevano essere macchine fotografiche, quindi
quelli della security se ne sono accorti e sono venuti a prendermi, e mi hanno
detto "...chi ti ha dato questo?...", i pass erano tutti schedati, allora ho
detto "...conosco Steve O'Rourke...", allora mi portano dietro, ad aspettare, ma
vedo Steve O'Rourke che esce dal corridoio, lo vedo e mi fa "...Ok... Hi
Armando...". E io "...Hi Steve, what are you doing?...". Ma quello della
security arriva e mi prende il pass e mi dice di andare nella platea, mi toglie
il pass ma mi mette proprio lì davanti al palcoscenico, sto lì, con la macchina
fotografica, ma non la posso usare, e sono senza pass... "...qui me se inc.....".
Allora sono sgattaiolato dietro dietro, dove nessuno mi poteva rompere, ho visto
il concerto da sopra, al Nassau Coliseum... e forse ho fatto delle fotografie
che non ricordo più dove sono, magari non le ho usate.
Poi li ho rivisti quando hanno fatto Roma nel 1988 al Flaminio, mi ricordo che
vado al backstage, c'era un tavolo rotondo enorme, e mi vedo Steve O'Rourke,
"....Armandoooo....", andando sopra il tavolo per darmi la mano, tutto contento,
e ho visto il concerto dal mixing-board. E' stato bello, perchè tutti che mi
salutavano...
Non ho più quelle foto dei concerti. Io lavoravo, la sera facevo rock'n'roll,
quindi ero contento che mi pubblicavano le foto, ma non me le davano più
indietro, …non pensavi mai che nel 2015 qualcuno avesse cercato le foto che
avevo fatto in quei giorni, poi ho continuato, ma poi sono passato ad Hollywood
e ho preso a lavorare per il cinema e la televisione, quindi anche io ho fatto
l'errore di allora, come lo fecero i Beatles stessi, si sono sposati e si sono
sciolti... A quell'epoca sembrava che potessi fare rock'n'roll solo quando eri
giovane, come gli atleti, ...la stampa inglese mi ricordo c'era FlickStreet,
dove c'erano tutti i giornali e lì andavo a prendere tutte le notizie, e
mettevano lo sport e il rock sulla stessa bilancia. Ecco perchè a trentanni mi
sono trasferito a Los Angeles e ho cominciato a lavorare per Sorrisi & Canzoni,
la rivista che comprava mamma, "...qui tocca fare il giornalista serio...".
Quando ho ripreso, ho fatto il libro dei Genesis, proprio per ricordare tutti
quegli anni che avevo trascorso in giro".
(Venezia-Lido,
02.09.2015, intervista ad Armando Gallo).
© 2015 Stefano Tarquini
● Francesco Sanavio.
"Andammo a Bologna,
perché Milano era già out dopo i casini che successero dopo i primi sei mesi, da
gennaio in poi. Roma con i Pink Floyd l’avevamo designata subito e Bologna
stranamente non c’hanno voluto dare il posto, perché erano cominciati i casini
anche lì, era un po’ un casino avere i Palasport in quegli anni là. Quindi di
Bologna non eravamo certi e dall’oggi al domani si andò a Brescia, allora c’era
solo Radio Uno e un’altra radio, con Massarini, Fegiz e Paolo Giaccio, erano i
tre che curavano la radio di quel tempo e solo con loro abbiamo avuto il
passaggio in radio, non c’erano certo radio private, e detto di andare a Brescia
il giorno dopo, perché era proprio da oggi a domani sera. E misteriosamente
c’era un tam-tam che diffondeva la notizia, erano più quei giovani là che
diffondevano il tam-tam di noi, perché erano poi i no-global di oggi. Era il
tam-tam di loro, le radio davano l’ufficialità, ma era il tam-tam che correva
tra Emilia Romagna e Milano e tutto il Veneto, fatto sta che sono arrivati in
20.000 persone, c’era tutto il piazzale di fuori che era strapieno, tutte le
porte aperte, ma quella musica lì era così che non serviva stare a guardare il
batterista, ma stare distesi a sentire. Le luci non erano le loro, erano quelle
del Palazzetto. E’ stata una cosa molto improvvisata, è stata una così così, che
non c’aspettavamo neppure noi, li avevamo già pagati e quel che sarà, sarà,
invece si sono scatenati, in maniera pazzesca, un tam-tam così forte non lo ha
mai visto, mai.
Quello di Roma era alle sei di sera, hanno cominciato alle sei e mezza (secondo
me qui si sbaglia, il concerto era serale) e hanno fatto due ore e mezza di
concerto, è stato più tranquillo quello di Roma in confronto a quello di
Brescia, tutti i cancelli aperti, mi è rimasto più impresso (parla di Brescia),
Roma era un concerto normale, ma a Brescia, continuava ad arrivare gente, che
ormai i biglietti non li avevamo più.
Con il concerto di Roma, c’era Natalini della Orbis, che gli davamo tutto il
carico dei concerti di Roma, è successo pure per esempio con il concerto dei
Jethro Tull, abbiamo venduto i biglietti con il timbro della SIAE, su quello di
Brescia non c’era un biglietto con scritto Brescia, credo che abbiamo usato
anche i biglietti di Bologna, perché pensavamo di averli (i Floyd) a Bologna, il
biglietto era già stampato, il biglietto c’era, ma non era di Brescia. Roma si
sapeva la data, era sicura, tanto da fare i biglietti, ma di Brescia non credo
ci sia traccia di biglietti.
Detto dai giornali, quel concerto lì fu grande (parla di Brescia) senza le
grandi produzioni che usano i gruppi a quel tempo lì, è stata una cosa
fenomenale, c’era una musica della madonna, l’unica cosa che tutti volevano
sentire e basta. Avevano messo speakers dappertutto in tondo, non solo vicino al
palco, ma tutto intorno, loro erano già avanti con quelle tecniche, il suono era
garantito.
Il giorno dopo a noi non ci fregava più nulla di stare appresso ai Pink Floyd,
andavamo già a Milano (parla di Roma e del dopo-Roma, dopo ci conferma che lui e
Mamone se ne sono andati via prima della fine), noi non li abbiamo seguiti per
niente, mentre per altri gruppi avevamo più tempo per stargli appresso, non li
abbiamo seguiti molto (alla fine mi ha detto che lui e Mamone non sono andati
nemmeno nei camerini), al contrario di altri gruppi, come i Jethro Tull, che li
mettevamo all’Hotel Hilton di Milano e di Roma, erano alberghi importanti, i
Pink Floyd a Roma invece erano vicino alla Stazione, era un quattro stelle
scarso, l’albergo era stato prenotato da loro, gli inglesi si prenotavano spesso
l’albergo, raramente prenotavamo noi, perché avevano l’agenzia inglese che gli
prenotava anche l’albergo, perché non era nel nostro stile andare al D’Azeglio,
avevamo i nostri alberghi, e quindi non era un albergo scelto da noi e vuol dire
che lo conoscevano già. Mi ricordo il Massimo D’Azeglio, e mi ricordo che loro
con la scusa che avevano scelto già l’albergo, noi siamo andati nel nostro
albergo che era l’Hilton e abbiamo mandato lì uno dei nostri dell’ufficio,
giusto perché c’era posto. Non erano ancora al top in quel momento lì (parla dei
Floyd).
Con la EMI quell’anno lì avevamo Deep Purple, Pink Floyd e Grankfunk Railroad e
loro ci tenevano di più ai Grankfunk, perché venivano dall’America, era più
importante promuovere loro che non uno di Londra, che era già qui a casa, i Deep
Purple erano poi più su di giri dei Pink Floyd.
E’ sempre stato un gruppo stranissimo, perché mi ricordo che subito dopo
tentammo di riportarli giù, mi ricordo che abitavo più a Londra che a Milano,
Mamone stava a Milano, ma io ero sempre a Londra per cercare di prendere tutti i
gruppi e non ci sono mai più riuscito (parla dei Floyd), dopo mi ricordo che
hanno cominciato ad andare forte in America e da lì poi non c’è stato più verso
di farli ritornare, ma non solo in Italia, ma neanche in Europa hanno fatto
tour, non era un gruppo che faceva tourneè classiche come gli altri, era un
gruppo che si risparmiava parecchio su quello. Non sono più riuscito a portarli
giù sino al 1975, nel 75 tutto si fermò, noi (lui e Mamone) ci siamo sciolti.
Quelli erano gli anni così, gli abbiamo presi così al volo.
Nonostante poi i Pink Floyd avessero una grande produzione, quelle date la
presero come una cosa leggerissima. I biglietti erano già venduti (parla di
Bologna) e non avevamo nemmeno scritto sui biglietti Bologna Palasport, perché
già all’inizio mettevamo una roba abbastanza anonima generale, perché non
eravamo molto certi, siamo andati in vendita e quindi una parte dei biglietti
l’avevamo venduta lì (a Bologna), e quindi tra quelli venduti lì, tra il tam-tam
dei giovani e un po’ di radio, ci siamo trovati con 20.000 persone, perché a
Bologna avevamo venduto un 5000-6000 biglietti, che comunque era già un
“esaurito” per quell’epoca. A Roma era rimasto il Palasport, lì era tutto
regolare, perché avevamo il Ciao2001 che ci appoggiava, lì anche loro avevano
all’inizio Bologna e Roma, eravamo partiti con Bologna e Roma; quindi erano
tutti i Palasport a rischio, eravamo in balìa dei Comuni vari, che non capivano
un cazzo, erano tempi duri, noi abbiamo iniziato con i Jethro Tull e da lì in
poi c’erano sempre casini, perché c’erano gli autonomi, che erano i no-global di
oggi in pratica, a loro interessava la musica e non pagare e per cui abbiamo
sempre avuto problemi. Non c’era possibilità di scegliere posti grandi, primo
perché i palasport avevano priorità assoluta per il basket, quindi se c’era il
basket che si allenava non avevi il palasport, quindi eri costretto ad emigrare,
Cantù, Varese, posti così.
Non conservo nulla di quei concerti, forse Bruno Marzi, che era, anzi è un
giornalista e fotografo, lui sin dal 1971 ha coperto tutti i concerti.
Il promoter nostro, tra l’altro che lavorava a Milano con noi, era anche di
Brescia, e fu lui a prenderci il posto all’ultimo secondo, ma è morto due mesi
fa, Angelo Taetti, io e Mamone avevamo due-tre persone che lavoravano in
ufficio, uno era di Brescia si riferisce a Taetti), diciamo che era il nostro
assistente e che lo mandavamo di qua e di là, di su e di giù, vai a prendere
questo, vai a prendere quell’altro, e lui ci prese il Palasport di Brescia,
essendo anche di Brescia, coincidenza, in quanto lavorava da noi e faceva su e
giù tutti i giorni Brescia-Milano, e un amico mio di Brescia, Rodolfo Galli, che
è di Brescia, quelli di D’Alessandro e Galli, a marzo mi hanno detto lo sai che
Taetti è morto un mese fa, era il nostro aiutante, che mandavamo a fare le cose
(e forse per la data a Milano, era lui che se ne è interessato, ma purtroppo non
possiamo avere la conferma essendo morto).
Chi c’ha dei ricordi su Roma e lo usavamo anche per venire in tour con noi è
Alberto Marozzi di Roma, lui c’era nel 1971 con i Pink Floyd, cosa abbia lui poi
non lo so (Marozzi è poco affidabile, l’ho sentito in occasione della ricerca
del Piper Club, ma rimane l’autore delle due foto in camerino al Piper).
Sembra strano che un gruppo così sia passato senza lasciare segno, perché c’è
stata questa confusione con le date, soprattutto questa qui di Brescia, a parte
quelli che erano di Brescia, non lo sapeva nessuno, tranne me e Mamone che
avevamo organizzato, una cosa così improvvisata. Mi ricordo che quella sera lì
(si riferisce a Brescia), ce ne siamo andati via, partiti subito per Roma, ma
prima che finiva il concerto, perché ormai i biglietti li avevamo già venduti,
tutti quelli che avevamo, anche se c’era il doppio di gente non ci potevi far
niente, il nostro uomo era rimasto lì con un altro a chiudere tutte le vicende,
con facchini e così via, loro dormivano per cazzi loro, s’arrangiavano. Non lo
sapevo nemmeno io che erano a Salò. Credo che più di così non riuscirei a
scavare fuori (ricordare).
A questo momento, davanti a me telefona a Bruno Marzi; ma lui dice che non c’era
a Brescia, perché ancora non aveva iniziato a fare il fotografo-giornalista
(portava i calzoni corti). Sanavio si ricorda di un fotografo a Brescia con una
donna appresso, e Marzi gli dice che era Guido Harari e che possiamo contattarlo
attraverso un suo sito internet, ci pensa Nino, se riesce a farlo in tempi
strettissimi.
E’ stato stranissimo quel concerto lì (si riferisce sempre a Brescia), era
l’unico che non aveva lasciato tracce, anche questo fatto qua che non c’era
visibilità, che non c’erano i biglietti sicuri, era tutto per aria, è stato un
miracolo che l’abbiamo fatto. L’acustica del palazzetto di Brescia non era
buona, se era vuoto, ma strapieno era stupenda, per di più i Pink Floyd cantano
poco e perciò quella musica lì andava meglio, io credo che io sound era superbo
quella sera lì, perché il pubblico ha fatto da cassa acustica pazzesca, tu stavi
fuori e sentivi come se stavi dentro, 20.000 persone su un posto che aveva una
capienza di 3000, io so che avevamo venduto 8000-9000 biglietti, poi ci siamo
fermati, se succedeva qualcosa ci mettevano in carcere a tutti.
Io non sapevo niente dell’albergo (riferito a Salò), mentre gli altri li
prenotavamo noi, loro si erano già prenotati il loro albergo, neanche a Brescia,
fuori dai coglioni; a Roma ‘sto albergo che noi non usavamo nemmeno, perché era
davanti alla Stazione, non si usava assolutamente il Massimo D’Azeglio,
attaccato alla Stazione, la loro agenzia viaggi inglese che ha prenotato un buon
4 stelle e quello era un 4 stelle, ma noi non l’abbiamo più usato. Il gruppo era
a quel tempo lì un gruppo strano, per cazzi loro, molto riservato, erano più
schivi, che riservati.
Prima di salutarci, non registrato, Sanavio mi ha detto altre piccole cose.
Mi ricordo che a Roma siamo andati al D’Azeglio a pranzare, ma a loro non li
abbiamo visti. Mi ricordo Massarini, ma non mi ricordo del furto del borsello.".
(intervista
a Francesco Sanavio, Mestre, 09.04.2012).
© 2012 Stefano Tarquini