“BRESCIA 1971”
● Walter Benetelli (Brescia).
"...Ciao Stefano ho trovato qualcosina, solo che quei ricordi sono indimenticabili. Al concerto dei Pink Floyd ero proprio lì al palco davanti a Gilmour che con il fenderino lanciava suoni memorabili; purtroppo causa trasferimento del concerto non vi erano le famose luci psichedeliche solo qualche faretto che dire uno dei migliori concerti che ho visto 2 ore e mezzo con un assolo di circa 20 minuti di Nick ...gente che veniva da mezza Italia, da Firenze in due con Lambretta da Bologna e via dicendo, ...quelli erano tempi ogni settimana arrivava un gruppo ...avevo un amico che ha visto con suo padre Jimi Hendrix a Rimini nel lontano 65 o 66 (si ricorda appena appena perché aveva 6 anni). Ho visto che hai amico anche Armando Gallo, ogni tanto parlavamo, perché presentava quasi tutti i concerti...". (Walter Benetelli; intervista via email, 2016).
© 2016 Stefano Tarquini
● Giuliano Milesi (Brescia).
"...Ciao Stefano. Ricordo che eravamo un migliaio di ragazzi, tutti giovani. Il Palazzetto dello Sport che di chiamava E.I.B., solitamente veniva utilizzato per partite di basket e non aveva una grande capienza. Il palco era posto sul lato ovest e la maggior parte di noi era seduta sul parquet di gara. All'inizio quasi intimo di "Atom Heart Mother" ci guardavamo attorno perché la musica ci arrivava a 360 gradi. Con l'inizio del crescendo wagneriano ci siamo sentiti come trasportati, ci pareva volare. La musica ci avvolgeva sempre più intimamente quasi quel suono provenisse dal nostro interno. Fantastico! Senza aiuti sintetici eravamo tutti estasiati, stavamo facendo un percorso trasportati dalla musica. Esperienza unica. Alla fine del concerto durato più di due ore ho pensato che non potevo andarmene senza provare ad andare nel backstage. Ancora oggi non so come ci sia riuscito; sta di fatto che nessuno mi fermò e ebbi la fortuna di incontrare, appoggiato alla porta del camerino, David Gilmour. All'epoca suonavo in uno dei tanti complessini che a quel tempo esistevano; chiesi in inglese a Gilmour: "Come posso imparare a suonare la chitarra come te?" La sua risposta mi ha accompagnato per tutta la mia adolescenza dedicata alla musica: "...Quando sentirai che la chitarra va indossata come un abito e non solo suonata, ti riuscirà facile suonare come me". Non ci sono mai riuscito ...Non ho foto. A quel tempo non esistevano smartphone. E i soldi per una macchina fotografica erano una chimera. Potevamo registrare e fotografare solo con i nostri occhi..."
"...Certo che li conoscevo. Fin dal tempo di Barrett... A quel tempo c'era un settimanale dedicato alla musica emergente, si chiamava "Per voi giovani". Riportava ogni novità musicale ed ogni evento collegato. Anche una trasmissione radio che credo avesse lo stesso nome ed era condotta, se ricordo bene, da Giaccio e Fegiz. Noi ragazzi scimiottavamo la loro trasmissione registrando i nostri brani ispirati ai Black Sabbat, Hurray Heep, Van Der Graf Generator, Cream, Deep Purple e Genesis. La musica dei Pink Floyd era troppo difficile per noi, non avevamo gli strumenti idonei ...ma la loro musica ci affascinava...". (Giuliano Milesi; intervista via email, 2018).
© 2018 Stefano Tarquini
● Tano Lanza (Brescia).
"...Ciao Stefano, ben disponibile per quanto la memoria mi è utile. Va bene ...ricordo che al concerto di Brescia era la prima volta che i Pink Floyd sperimentavano la quadrifonia qui da noi, grazie a un gruppo di elettrotecnici romagnoli. Pensa che ero con un amico musicista di Vicenza e, prima di arrivare al Palasport, ci siamo fermati in un bar a chiedere informazioni e avemmo i biglietti gratis grazie a un gruppo di ragazzi che snobbavano quel concerto...". (Tano Lanza; intervista via email, 2019).
© 2019 Stefano Tarquini
● Alberto Contin (Brescia).
"...Allora mio fratello arrivò al palasport di Brescia al pomeriggio e dopo una lunga coda dentro si mise tra le prime file a sinistra del palco ...i Pink Floyd erano già molto famosi ed il Palasport era pieno. Tra le prime file c'erano molti gruppi famosi al completo lui, riconobbe le Orme, perché conosceva la sorella del batterista, ...poi i suoi amici parlavano di New Trolls, P.F.M ed altri che si riconoscevano perché già famosi. Considera che era un evento assistere ad un gruppo già famoso, però innovativo e particolare per l'epoca. Dovevano ancora fare il botto con "The dark side of the moon" ...ed il palco era molto semplice, non avevano ancora schermi con video ed effetti speciali come in futuro. Fecero tutto "Atom heart mother" completo ed il pubblico era ipnotizzato e tutto seduto ...poi altri pezzi che non ricorda, tra cui "Echoes", solo dopo sapemmo che non era ancora uscita su disco. La sensazione fu di sentire musica che ti proiettava nel futuro per tutto il contesto che loro riuscivano a creare, soprattutto dal vivo, dove tutto veniva dilatato in suoni di canzoni che sembravano non finire mai. Sembrava di assistere a qualcosa di religioso per come il pubblico in silenzio ed assorto ...quasi ipnotizzato assisteva al concerto. Tanta roba...". (Alberto Contin; intervista via email, 2018).
© 2018 Stefano Tarquini
● Enrico Sbardolini (Brescia).
"...Il concerto si tenne a
Brescia perché sia a Milano che a Bologna le autorità non diedero il permesso
per questioni di ordine pubblico. Per capire che aria tirava all'epoca: due
settimane dopo ci fu il concerto dei Led Zeppelin al Vigorelli di Milano (ospiti
del Cantagiro) ed il velodromo venne distrutto! A Brescia era disponibile il
palazzo EIB, che è un grande ciambellone con attorno una corona di spazi
espositivi sui quali corre una balconata. Anni dopo per un certo periodo fu
trasformato in Palazzetto dello Sport e ci misero tribune prefabbricate e un
campo da basket. In quella condizione si tennero molti concerti e con gli Inti
Illimani ci stettero 15000 spettatori, ma nel '71 era completamente vuoto ed in
4000 seduti accucciati o stesi sul pavimento raso occupavamo si e no metà del
cerchio centrale. Il palco fornito dai magazzini comunali era una scarna pedana
di qualche decina di metri quadri senza fondale e alta un metro. Sopra c'erano
poche casse spia ed il grande gong svettava su tastiere, batteria ed
apparecchiature varie. Sul Moog, visibilissima, stupiva una cosa stranissima per
l'epoca ma che oggi tutti riconosceremmo come un grosso joystick. Dov'erano
finite quelle decine di casse e Leslie che poi sarebbero state la scenografia in
Live At Pompeii? Le avevano disposte sulla balconata divise in quattro gruppi ai
quattro punti cardinali del ciambellone e Wright con quel joystick pilotava la
distribuzione dei suoni. Quella musica fu suonata in una situazione scenografica
che più dimessa non si sarebbe potuto e con un'illuminazione che un registra
teatrale definirebbe “luce da cucina”. Il luogo in cui s'è svolto il concerto è
rotondo ma a differenza dei palazzetti sportivi era totalmente vuoto ed il
tappeto umano dei presenti gli ha conferito un'acustica particolare che ho
ritrovato solo in un altro concerto del Banco del mutuo Soccorso anni dopo. 4000
fan venuti da tutta Italia Austria e Svizzera, facendo da tappeto a quell'ambiente
in un religioso silenzio avvolto da una nube bassa ed azzurrognola che stonava
chiunque entrasse, ascoltarono per ore quei suoni che arrivavano da direzioni
assolutamente inusuali e con un respiro che poche volte ho sentito da una tale
potenza. Indescrivibile e visceralmente sconvolgente l'esplosione di suoni e
urla in Careful With That Axe, Eugene. Indescrivibili le suggestioni sonore di
The Embryo. La batteria di Mason sembrava spostarsi ed ingigantirsi in quello
spazio mentre rullate o colpi di piatto sorprendevano da dietro le spalle o da
destra e sinistra in modi assolutamente irripetibili e casuali così come gli
accordi di piano di Wright che suonava tastiere e manovrava il joystick
contemporaneamente e freneticamente. Chiusero (ci provarono) con Cymbaline. Il
suono dei passi che s'allontanano partì dal palco e letteralmente scavalcò
quella particolare platea per raggiungere gli ingressi dove con un realismo
folgorante si sentì la porta che s'apre e si chiude cigolando.
È stato tutto talmente particolare che “indescrivibile” è il termine che mi
viene più spontaneo nonostante sia qui a provarci”.".
(dal libro
"Pink Floyd. Storie e Segreti", Giunti, 2012).
© 2012 Stefano Tarquini