LA METAFORA La metafora rappresenta sicuramente la più affascinante e la più diffusa delle figure retoriche. In generale, nell'uso tradizionale, essa viene considerata come la sostituzione di una parola con un'altra il cui senso letterale ha una qualche somiglianza con il senso letterale della parola sostituita. Alla base di questo procedimento c'è un paragone:
La metafora secondo Eco Eco (1984) esalta il valore della metafora, che considera, sulla scia di Aristotele, un insostituibile strumento di conoscenza. Essa trova nuove somiglianze fra le cose (o sarebbe meglio dire fra le unità culturali) e pone sotto gli occhi nuove proporzioni. Qual è allora il meccanismo del suo funzionamento? Il modello semantico di Eco è per molti aspetti differente rispetto a quello strutturalista. Secondo Eco un semema, cioè un'unità del piano del contenuto, è costituito da un insieme di marche semantiche o semi. La rappresentazione di un semama, però, deve contenere anche altri elementi, che rendano conto del suo corretto uso e della sua corretta interpretazione all'interno dei testi. I sememi, cioè, andranno analizzati come sistemi di "istruzioni orientate al testo" (Eco 1979: 15), che prendono la forma di selezioni contestuali e circostanziali. Rispetto al modello strutturalista, quindi, vengono introdotti elementi e conoscenze che rimandano più che alla vecchia idea del dizionario a quella dell'enciclopedia. Un'enciclopedia che vada oltre la tradizionale definizione lessicale e includa anche sceneggiature (dette anche frames o scripts), che sarebbero "schemi d'azione e di comportamento prestabiliti (come il partecipare a una festa, l'andare alla stazione per partire, servire e consumare un hamburger)" (Eco 1984: 70) e comprendono anche le regole di genere. Il passaggio da un sistema dizionariale ad un sistema enciclopedico ha molte conseguenze. Innanzitutto, come abbiamo già detto, viene abbandonata la semplicità della definizione lessicale. Secondo Eco (1975: 146), infatti, la definizione di un semema può comportare anche semi che non appartengano direttamente al sistema semiotico cui appartiene il semema. Per esempio, il significato della parola /cane/ comprende anche l'immagine di un cane. Inoltre viene anche abbandonata la differenza gerarchica fra sememi e semi. In effetti il sema che definisce un semema è suscettibile a sua volte di essere interpretato. In quel caso diventerà un semema e non è escluso che, per definirlo, ricorreremo, fra gli altri, anche al semema da cui eravamo partiti (ora diventato sema). L'enciclopedia assume quindi la forma di una rete che consenta il passaggio continuo da un elemento all'altro. In natura questa struttura è tipica di radici che vengono dette rizomi:
L'impostazione data da Eco al problema semantico porta a considerare in maniera nuova anche il funzionamento di alcune figure retoriche. Tradizionalmente sineddoche e metonimia si distinguono perché la prima sostituisce un termine con un altro basandosi sul contenuto concettuale (relazioni fra genere e specie), mentre la seconda opera in base a generici rapporti di contiguità (la causa per l'effetto, l'autore per l'opera, ecc.). Ora, senza doverci dilungare troppo sull'argomento, è chiaro che nella prospettiva echiana questa differenza non regge più, visto che le marche semantiche hanno tutte la stessa dignitità e viene meno la differenza classica fra proprietà concettuali e fattuali (o analitiche e sintetiche). Di conseguenza, la sineddoche può essere definitivamente ricondotta alla metonimia.
In questa prospettiva la metonimia diventa la sostituzione di un semema con uno dei suoi semi (/Bere una bottiglia/ per «bere del vino», perché la bottiglia sarà registrata fra le destinazioni finali del vino) o di un sema col semema a cui appartiene (/Piangi o Gerusalemme/ per «pianga il popolo d'Israele» perché fra le proprietà enciclopediche di Gerusalemme deve esistere quella per cui è la città santa degli ebrei) (Eco 1984: 178-179). L'importanza di questo chiarimento dipende dal fatto che Eco (1984) ritiene che la metafora sia una figura complessa basata su un doppio meccanismo metonimico. Nel caso della metonimia, come abbiamo appena visto, un sema prende il posto del suo semema o viceversa. Nella metafora, invece, lo scambio avviene fra due sememi. Ma che cosa consente questo scambio? Il fatto che fra i due sememi sia ravvisabile una qualche similarità, una qualche comune proprietà. Vale a dire, in termini semantici, che fra i due sememi vi sia un sema in comune. In definitiva, quindi, la metafora è resa possibile dalla comunanza di questo sema e dal legame metonimico che esiste fra il sema e i due sememi che andranno a scambiarsi.
Metafora e vita quotidiana Se il meccanismo della metafora è chiaro, potrebbero rimanere dei dubbi sull’estrema importanza attribuita a questa figura retorica. Perché la metafora suscita una così grande interesse? Qual è, in effetti, la sua portata come strumento conoscitivo? Lakoff e Johnson (1980) sono convinti che il sistema concettuale in base al quale pensiamo ed agiamo sia di natura essenzialmente metaforica. La metafora ci permette di vivere un tipo di cosa in termini di un altro. Così, ad esempio, se accogliamo la metafora secondo la quale "la discussione è una guerra" cominceremo effettivamente a pensare alla discussione come ad un conflitto armato e ci comporteremo di conseguenza (elaborando strategie, attaccando punti deboli, distruggendo gli argomenti altrui, ecc.). Questo fenomeno è ancora più evidente se consideriamo le cosiddette metafore di orientamento, che organizzano un intero sistema di concetti nei termini di un altro e si chiamano in questo modo perché hanno spesso a che vedere con l'orientamento spaziale (su-giù, dentro-fuori, davanti-dietro, profondo-superficiale, ecc.).
La componente fisica assume dunque un rilievo fondamentale nell'organizzazione del nostro sistema concettuale:
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