HOME     MAIL     BACHECA     LINK
LEZIONI     SCHEDE     MATERIALI     BIBLIO    GLOSSARIO    FAQ

TRANSITIVITA' E RIFLESSIVITA' NELLA RAPPRESENTAZIONE                       


Nel Dictionnaire di Furetière, della fine del XVII secolo, alla voce “rappresentare”, troviamo una tensione fruttuosa che ne attraversa il significato: “rappresentare” significa anzitutto sostituire qualcosa di presente a qualcosa di assente (il che sia detto per inciso, costituisce la struttura più generale di un segno). Come sappiamo, tale sostituzione è sottoposta alle regole di un’economia mimetica, ed è autorizzata dalla similitudine postulata di presente e assente. D’altra parte, però, rappresentare significa mostrare, esibire qualcosa di presente. E’ l’atto stesso di presentare che costruisce dunque l’identità di ciò che è rappresentato, che lo identifica in quanto tale. Da un lato, un’operazione mimetica tra presenza e assenza consente il funzionamento e autorizza la funzione del presente in luogo dell’assente, e, dall’altro, un’operazione spettacolare, un’autopresentazione, che costituisce un’identità e una proprietà attribuendogli un valore legittimo.

In altri termini, rappresentazione significa presentarsi nell’atto di rappresentare qualcosa. Ogni rappresentazione, ogni segno rappresentativo, ogni processo di significazione implica quindi due dimensioni, che generalmente definisco riflessiva - presentarsi – e transitiva – rappresentare qualcosa. Queste due dimensioni non si discostano affatto da concetti di opacità e di trasparenza del segno rappresentativo formulati dalla semantica e dalla pragmatica contemporanee.

(da: Marin, L., 1994, De la représentation, Paris, Gallimard-Seuil; trad. it. Della rappresentazione, Roma, Meltemi, 2001, pp. 196-197).