L'ENUNCIAZIONE 1. L'enunciazione si definirà in due modi diversi: o come la struttura non linguistica (referenziale) sottesa alla comunicazione alla comunicazione linguistica o come una istanza linguistica, logicamente presupposta all'esistenza stessa dell'enunciato (il quale ne porta le tracce o marche). Nel primo caso, si parlerà di "situazione di comunicazione", di "contesto psicosociologico" della produzione degli enunciati, che una certa situazione (o contesto referenziale) permette di attualizzare. Nel secondo, dove l'enunciato viene considerato il risultato dell'enunciazione, essa gioca il ruolo di istanza di mediazione, che assicura la messa in enunciato-discorso delle virtualità della lingua. Nella prima accezione, il concetto di enunciazione avrà la tendenza ad accostarsi a quella di atto di linguaggio, considerato ogni volta nella sua singolarità; nella seconda, l'enunciazione andrà concepita come una componente autonoma della teoria del linguaggio, come un'istanza che promuove il passaggio tra la competenza e la performance (linguistica), tra le strutture semiotiche virtuali che avrà il compito di attualizzare e le strutture realizzate sotto forma di discorso. Propendiamo per la seconda definizione: non è contraddittoria con la teoria semantica ed è la sola a consentire l'integrazione di questa istanza nel quadro generale. 2. Si deve a E. Benveniste la prima formulazione della enunciazione come istanza della "messa in discorso" della lingua saussuriana: tra la lingua concepita generalmente come una paradigmatica e la parola - già interpretata da Hjelmslev come una sintagmatica e precisata ora nel suo statuto di discorso -, è stato necessario infatti prevedere delle strutture di mediazione, e immaginare anche come quel sistema sociale che è la lingua possa essere preso in carico da una istanza individuale, senza tuttavia perdersi in un'infinità di parole particolari (situate fuori da ogni pertinenza scientifica). L'apporto innovatore di Benveniste ha dato luogo, è vero, a numerose esegesi di ordine metafisico o psicanalitico, tutte esaltanti la riapparizione insperata del soggetto, per respingere la concezione "anonima" del linguaggio considerato - e intanto screditato - come un sistema collettivo di costrizioni. Riportando le cose a proporzioni più modeste, non i sembra impossibile integrare la nuova problematica nel quadro più generale dell'eredità saussuriana. (...) 7. Si fa spesso una confusione che va eliminata tra l'enunciazione propriamente detta, il cui modo di esistenza è il presupposto logico dell'enunciato, e l'enunciazione enunciata (o riportata) che è il simulacro che imita, all'interno del discorso, il fare enunciazionale: l'"io", il "qui" e l'"ora", che si incontrano nel discorso enunciato, non rappresentano affatto il soggetto, lo spazio e il tempo dell'enunciazione. Bisogna considerare l'enunciazione enunciata come costitutiva di una sottoclasse di enunciati che formano il metalinguaggio descrittivo (non scientifico) dell'enunciazione. (da Greimas, A.J. - Courtés, 1979, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris, Hachette, voce "enunciazione"; trad. it. Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Firenze, La Casa Usher, 1986, pp. 124-126). |
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