"Cristiani responsabili nel mondo"

(di Giovanni Serra)

 

E’ ammissibile per i cristiani la guerra di legittima difesa?

Quali criteri deve assumere una famiglia cristiana nella gestione delle proprie risorse economiche? Cosa vuol dire la beatitudine della povertà?

E’ giustificabile un cristiano che sul lavoro è assenteista, scansafatiche, pressappochista, pronto a fare telefonate private dall’ufficio?

E’ lecito per i cristiani disinteressarsi della politica, dicendo che è sporca?

Quali responsabilità hanno le nostre comunità rispetto al drammatico incalzare della criminalità organizzata?

E’ lecito per un cristiano cercare di avere a tutti i costi un figlio, anche mediante la procreazione in vitro?

Non sembra che le nostre comunità cristiane siano solite porsi domande come queste.

Esperienze di chiesa devozionalistiche, intimistiche, spiritualistiche sembrano suscitare più interesse tra i fedeli ed inducono tanti parroci a privilegiarle, visto che riescono, in qualche modo, a “riempire le chiese”.

Qualcuno è tentato di dire che si tratta di problemi dei laici, che i sacerdoti devono pensare ad altro, a confessare, a dire messa… Altri sono tentati di dire che “la cosa più importante è la preghiera”, con questo negando che l’incontro orante con il Signore debba aprire all’incontro con il fratello.

Ma, appunto: «Dov’è tuo fratello?». Anche il Signore ci pone delle domande, come le ha poste a Caino. Ci chiede conto del “giardino” in cui ci ha stabilito per “coltivarlo” e “custodirlo”.

E’ una responsabilità attribuita ad ogni uomo, in quanto uomo; ed è attribuita non solo ai singoli credenti, ma alle comunità dei credenti nella loro interezza. Se, come dice il Concilio, la vocazione propria dei laici è «cercare il Regno di Dio trattando le realtà temporali ed ordinandole secondo Dio», non si può, per questo, negare che sia l’intera comunità dei credenti, come “corpo di Cristo”, a rendere presente il suo Signore nel mondo e nella storia. Questo avviene anche attraverso parrocchie che, come comunità, assumono la responsabilità del territorio in cui vivono ed a cui sono mandate ad annunciare e testimoniare il Vangelo. Se annunciassimo un Vangelo buono solo “per la salvezza dell’anima”, tradiremmo nei fatti la sua forza, salvezza e liberazione di ogni uomo e della storia.

Oggi, però, viviamo in una società complessa, nella quale non è facile capire cosa è bene e cosa è male, quali scelte sono coerenti col Vangelo e quali lo tradiscono. I cristiani fanno fatica ad orientarsi di fronte a problemi intricati e multiformi (di cui le domande poste sopra sono buon un esempio).

La Chiesa, con amore di madre, sostiene questo discernimento con la sua tradizione che, per i problemi che riguardano la vita sociale, ha preso la forma della cosiddetta “dottrina sociale della Chiesa”.

Essa non è un insieme di ricette per la vita quotidiana, né sostituisce la responsabilità del discernimento e della scelta, che resta propria di ogni persona e che ha il suo luogo primario nella coscienza. E’, però, un auto, un orientamento, che rende più agevole (non nullo!) il nostro compito, offrendoci la possibilità di imparare dai cristiani che ci hanno preceduto.

In questo quadro prendono vita, su impulso del Padre Arcivescovo, i “Percorsi Ecclesiali di Dottrina Sociale”. Non si tratta di una serie di conferenze, né di una scuola per specialisti. I “Percorsi” sono, invece, una grande provocazione a tutte le nostre comunità perché prendano sul serio la necessità di superare la profonda frattura fra il Vangelo e la vita dei credenti.

Le iniziative pubbliche, che ogni tanto si organizzeranno, serviranno solo a richiamare tutti a questa responsabilità ed a mettersi in ascolto di persone significative, per competenza specifica ed esperienza ecclesiale.

Ma l’attenzione prioritaria sarà alle singole comunità cristiane ed a coloro che, in varie forme, hanno una responsabilità formativa rispetto ad altri. Sacerdoti, catechisti, responsabili di gruppi, operatori pastorali, religiosi, diaconi… tutti saranno invitati a tener conto, nel loro impegno pastorale ordinario, della responsabilità di aiutare i cristiani e le comunità a coniugare Vangelo e vita. Le persone e gli strumenti che saranno messi a disposizione nel tempo, renderanno più semplice l’assunzione di questa responsabilità.

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