Evitare la guerra
2307 Il quinto comandamento proibisce la
distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle
ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta
tutti a pregare e ad operare perché la bontà divina ci liberi
dall'antica schiavitù della guerra.
2308 Tutti i cittadini e tutti i governanti sono
tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.
« Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non
ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze
efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico
accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una
legittima difesa ».
2309 Si devono considerare con rigore le strette
condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza
militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a
rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
— che il danno causato dall'aggressore alla nazione o
alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
— che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano
rivelati impraticabili o inefficaci;
— che ci siano fondate condizioni di successo;
— che il ricorso alle armi non provochi mali e
disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa
condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di
distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella
dottrina detta della « guerra giusta ».
La valutazione di tali condizioni di legittimità morale
spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del
bene comune.
2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il
diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari
alla difesa nazionale.
Coloro che si dedicano al servizio della patria nella
vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei
popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al
bene comune della nazione e al mantenimento della pace.
2311 I pubblici poteri provvederanno equamente al
caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi;
essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio
alla comunità umana.
2312 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la
permanente validità della legge morale durante i conflitti armati.
« Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata,
diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto ».
2313 Si devono rispettare e trattare con umanità
i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri.
Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle
genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni
che le impongono, sono crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare
coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una
nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come peccato
mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che
comandano un « genocidio ».
2314 « Ogni atto di guerra che
indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste
regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa
umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato ».
Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di
commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare
atomiche, biologiche o chimiche.
2315 L'accumulo delle armi sembra a molti
un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari.
Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la
pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte
severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la
pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle.
L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove
impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; ostacola lo sviluppo
dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause di
conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.
2316 La produzione e il commercio delle armi toccano
il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le
autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di
regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a breve
termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i
conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico
internazionale.
2317 Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di
carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che
dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano
incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per
eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare
la guerra:
« Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno
sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma,
in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi
vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola
divina: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in
falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non
si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Is 2,4) ».