L'infanzia rubata di Maria:

VIOLATA E MALTRATTATA


La storia di Maria è un pugno nello stomaco. E’ brutta, cruda, è cattiva tanto da togliere il fiato.

E' giusto scriverla e forse è anche giusto leggerla per rendersi conto di rara realtà a volte sospettata, spesso

pubblicata solo quando i fatti divengono oggetto di un' inchiesta giudiziaria.

Anche in quei casi, però, c’è il rischio di fare più attenzione alla vicenda dell’imputato che non a quella della

vittima.

Maria ha undici anni e non è ancora donna. E’ pronta, con il grembiule addosso, per andare a scuola.

Ha già vestito e preparato i due fratellini più piccoli per l’asilo e per questo è in ritardo, come ogni mattina.

La mamma è già via, al lavoro. Il papà invece è ancora a casa e ha due occhi strani.

Ha il viso tirato. "Forse è arrabbiato, o forse vuole picchiarmi e farmi male" pensa Maria.

Il papà la prende e le strappa le mutandine. Poi le fa un male tremendo. Maria dice soltanto ‘Ahi!’ poi chiude

gli occhi e cerca di trattenere il fiato per sentire meno male.

Maria ha paura...il papà non dice una parola. Ha fretta ed è violento. Ogni suo gesto è furioso. Poi tutto

finisce e Maria corre fuori di casa per scappare a scuola. "Guai a te se parli!" le urla dietro il padre.

Maria è seduta sul suo banco, ma è come se non fosse lì. Sta pensando a quello che è appena accaduto.

Chiude gli occhi e contemporaneamente chiude le gambe, strette, strettissime. E’ senza mutandine perché il

papà gliele ha strappate e poi l’ha mandata via con un calcio ed un urlo.

Intanto la maestra la chiama e la richiama "Maria, Maria, ma dove sei con la testa? Cerca di stare un po’

attenta, sei sempre così distratta! Su, portami il quaderno dei compiti".

Maria resta ferma, impietrita. Il quaderno dei compiti lei non ce l’ha. "Ma possibile che nessuno a casa badi a

te? Tuona la maestra - è inutile che io chiami tua madre, tanto non si presenta. La prossima volta farò

chiamare tuo padre!"

Maria vorrebbe sprofondare. Si vergogna perché ha dei genitori che non badano a lei e tutti, compresa la

maestra, continuano a rinfacciarle proprio questo.

A Maria salgono le lacrime agli occhi. Ma blocca subito ogni sentimento. Si fa forte. Serra strette le gambe e

anche le labbra. Tace. "No non dirò niente a nessuno, altrimenti il papà si arrabbia". Di nuovo la rabbia

dolorosa della bambina non riesce ad uscire, ad esplodere. Perché mai Maria dovrebbe parlare se tanto tutti

sanno tutto? Perché parlare se tutti pensano che Maria sia pigra, svogliata, poco volenterosa e sognatrice?

Perché parlare se tanto nessuno può difenderla? Maria si sente una disgrazia, un peso, una bambina messa al

mondo per sbaglio.

Ogni giorno spera che al papà capiti qualcosa di brutto, che muoia in un incidente o altro, ma ogni giorno si

deve rassegnare alla sua insopportabile presenza.

Anche quella sera papà è tornato a casa e già sta urlando contro la mamma, con la solita bottiglia di vino

davanti, perché la mamma ha preparato soltanto una pasta. La sta insultando, le dice che è un'incapace, una

buona a nulla. Maria in quel momento vorrebbe solo scappare, ma non può...Maria ha un rivolo di sangue che

le scende tra le gambe. Chiede un asciugamano alla mamma e con quello asciuga il sangue.

La mamma le dice: "Ti sono arrivate le tue cose. Adesso devi stare attenta a non rimanere incinta".

"Se rimani incinta, ti ammazzo" aggiunge il papà.

Oggi Maria è seguita dai servizi sociali e vive in una famiglia affidataria che l’aiuta a superare i

traumi e a ritrovare l’Amore, quello vero.

Scrivetemi e pubblicherò con immenso piacere le vostre Poesie, i vostri Pensieri, i vostri Racconti...

penelope.sm@libero.it

               

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