Molto tempo prima che gli esseri umani comparissero nel mondo, questo era abitato da mammiferi ormai scomparsi; in ogni continente vivevano numerosi branchi di varie specie, e gli erbivori di grosse dimensioni divenivano la preda di carnivori altrettanto enormi. Oggigiorno, l’Africa è l’unico continente in cui abbia trovato il proprio habitat ideale ancora una parte di quella antica varietà di animali selvatici: basti pensare alle 85 specie di antilopi, alle tre specie, e numerose sottospecie, di zebre, così come alle giraffe e ai bufali, ai rinoceronti neri e bianchi, ippopotami ed elefanti. Gli uccelli e gli animali appartenenti ad altri generi che abitano l’Africa non sono certamente meno sbalorditivi, ma è sicuramente la grande varietà di mammiferi che rende così speciale il continente.
Nella Repubblica Sudafricana, all’interno del Kruger National Park, può ancora essere ammirata una parte di quell’antica abbondanza. Il parco ospita 20 delle specie di antilopi africane, da una popolazione di 150.000 esemplari di impala al raro roano, ed esemplari di tutti gli altri erbivori africani di grandi dimensioni. Tra i carnivori di dimensioni simili si possono contare leoni. leopardi e ghepardi. così come iene e dingo.
Un cudù maggiore (a sinistra) caccia nel bosco, uno dei molti ambienti che caratterizzano) il Krugen. Il parco ricorda il periodo in cui alcuni mammiferi dominavano il mondo, e in esso vive una grande varietà di animali selvatici.
Come fecero i grandi mammiferi africani a salvarsi dall’estinzione, mentre quelli di altri continenti, come ad esempio l’America settentrionale, erano notevolmente diminuiti se non addirittura completamente estinti? Una ragione che sarebbe in grado di spiegare il fenomeno potrebbe essere data proprio dalle caratteristiche ambientali africane: il continente è sicuramente meno ospitale per gli esseri umani, specialmente per gli Europei, in modo particolare a causa dei parassiti del sangue, come ad esempio la zanzara della malaria oppure la mosca tse-tse. Fino agli anni più recenti, tali creature privavano completamente l’uomo della possibilità di insediarsi nelle aree più estese.
Gli Ippopotami (a sinistra) trovano un ambiente umido ideale sulle rive del fiume Olifante
La sorprendente varietà di mammiferi dipende in parte dal fatto che alcuni, come ad esempio zebre e gnu, migrano in determinati periodi per seguire la vegetazione che cresce dopo le piogge, mentre altri sono sedentari. La stessa vegetazione è molto varia, in quanto il Kruger National Park vanta da solo una ricchezza così elevata da dare vita ad almeno 35 paesaggi, ognuno dei quali è caratterizzato da una vegetazione completamente differente. Le varie specie di erbivori fanno uso di altrettanti tipi di vegetazione, facendo così in modo che gli animali seguano un’evoluzione differente. I carnivori sono anch’essi specializzati a seconda della scelta del cibo: i cacciatori solitari, come leopardi e ghepardi, scelgono prede di dimensioni più piccole rispetto alle loro, mentre coloro che cacciano in gruppo, come leoni, cani e iene, riescono perfettamente a cooperare per attaccare animali di grosse dimensioni, come zebre e bufali. Solo gli elefanti sono al sicuro da qualsiasi forma di predazione, grazie non solo alle loro dimensioni, ma anche al fatto che sono abituati a cooperare tra loro e che sono dotati di grande intelligenza.
Gli animali cacciatori cercano il proprio cibo anche tra la carne di animali già morti; dopo di loro sopraggiungono i cosiddetti spazzini, mangiatori di carogne, come avvoltoi e marabù, mentre i roditori che si cibano delle ossa e un gran numero di invertebrati fanno sì che nulla vada perso nel cadavere dell’animale. Ma questo equilibrio stupendamente bilanciato necessita ancora di cure attente, persino in un’area che abbia le dimensioni del parco Kruger.
Avvoltoi intorno ad una carcassa e iene maculate che cacciano nella Savana
Al giorno d’oggi, la teoria biologica e la tecnologia moderna (l’osservazione aerea, l’utilizzo di frecce intinte di anestetici e di vaccini, e il controllo via radio) dimostrano un atteggiamento di grande praticità: gli animali più rari possono essere salvaguardati anche ricorrendo a regolari dosi di vaccino, mentre altri, che tendono alla sovrappopolazione, vengono selezionati. Gli elefanti, ad esempio, sebbene si riproducano molto lentamente, si moltiplicano rapidamente in quanto non subiscono gli attacchi di predatori. La selezione potrebbe sembrare “innaturale”, ma in passato le popolazioni di elefanti furono molto probabilmente aumentate e diminuite in modo drastico, forse a intervalli di secoli, proprio come i lemming al giorno d’oggi, che seguono un ciclo triennale.
Il Kruger esemplifica gran parte dei problemi che devono risolvere al giorno d’oggi gli ambientalisti: è di dimensioni notevoli ma non illimitato, e cosi tutto quanto si trova all’interno dei suoi confini deve essere tenuto sotto controllo, pena una forte pressione ai limiti naturali del parco. Si tratta di una zona esposta e molto debole da un punto di vista politico, sociale ed economico, in quanto si trova sotto la costante pressione di minatori e contadini. Il Kruger sopravvive solo grazie agli sforzi umani, e in particolare dipende da molte migliaia di turisti che lo visitano ogni anno. Potrebbe comunque risultare un’impresa molto difficile mettere d’accordo così tante persone, ma la futura sopravvivenza del Kruger è di importanza vitale per il benessere del pianeta: nondimeno, la sua conservazione non è e non sarà mai, una scelta facile.
L’abitudine dei governi sudafricani di classificare e segregare la popolazione basandosi su quattro razze differenti - bianchi, neri, coloureds e asiatici - valse allo stato l’ostilità di gran parte del mondo. Tuttavia, persino queste divisioni contribuirono a semplificare notevolmente le differenze storico-culturali fondamentali esistenti tra i vari gruppi etnici. Di questi quattro gruppi razziali ufficiali, nessuno è comunque caratterizzato da una certa unità omogenea.
Il gruppo più esteso, i neri, raggiunge all’incirca i 24 milioni di individui e comprende i pochi San (Boscimani) rimasti e i Khoikhoin (Ottentotti), che abitano le aree occidentali del Sudafrica e del deserto del Kalahari. Il gruppo predominante è certamente rappresentato dalle tribù di lingua bantu che, a partire da 1500 anni fa, migrarono verso la parte meridionale e quella orientale del Paese. Tra queste tribù sussistono tuttora differenze significative nell’ambito culturale, e dagli anni Sessanta, nelle ambizioni politiche. Ogni tribù si batte per conseguire la propria indipendenza, ma il sistema interno confina i neri in aree ben definite e li classifica, spesso arbitrariamente, come appartenenti a una tribù specifica. All’incirca il 51% dei neri che vivono in Sudafrica è insediato in queste aree.
I guerrieri Zulu (a sinistra) ricordano le tradizioni dei loro antenati. Gli Zulu sono tra i gruppi etnici più numerosi del Sudafrica ed esercitano i! proprio potere politico attraverso il movimento Inkatha.
Le tribù più importanti nella provincia del Capo comprendono gli Xhosa, i Tembu, i Pondo. i Bomwana, i Venda e gli Tswana. Nel Natal, patria della tribù Zulu. il movimento Inkatha del capo Mangosotho Buthelezi rappresenta al giorno d’oggi le ambizioni politiche di questa tribù un tempo dedita esclusivamente alla guerra. Il Natal ospita inoltre i gruppi Swazi e Fingo, mentre gli Ndebele, un tempo abitanti questa zona, migrarono verso nord nel Transvaal poco prima del Grande Trek, allontanati dal territorio natio dalla minaccia di una guerra con gli Zulu. Nel Transvaal vivono anche i Pedi e i Lovedu, mentre i Sotho sono insediati nel Lesotho e nello Stato Libero dell’Orange. In termini di popolazione gli Zulu formano il maggior gruppo etnico, con gli Xhosa, i Sotho e gli Tswana che rappresentano altre tribù di una certa importanza.
Per le donne Ndebele ( a destra) l’iindzila, anelli di ottone pieno e rame, un tempo identificava lo stato matrimoniale. Pitture murali geometriche, adornano molte abitazioni Ndebele.
La maggior parte della popolazione nera che vive nelle aree rurali parla solo il dialetto della propria tribù, ma i neri che vivono in città spesso utilizzano un altro dialetto oppure l’afrikaans o l’inglese, le due lingue ufficiali del Paese. Nelle zone minerarie, in cui sono insediati molti lavoratori provenienti da Lesotho. Botswana, Mozambico e Zambia, Zimhahwe e Malawi, una lingua comune conosciuta con il nome di fanagolo viene utilizzata come principale mezzo di comunicazione.
I neri inurbati nei vasti ghetti delle periferie (township) ai limiti delle città industriali, i lavoratori immigrati e i domestici nelle residenze private tendono tutti a conservare lo spirito di appartenenza alla propria tribù, nonché gli idiomi e i costumi che caratterizzano i! loro gruppo etnico. Se nascono in città generalmente adottano uno stile di vita occidentale, persino scegliendo l’inglese o l’afrikaans come lingua principale. La formazione dei vari bantustans negli anni Settanta non ha modificato questa tendenza.
La popolazione bianca, che ammonta all’incirca a 5 milioni di persone. consiste principalmente di Afrikaner, discendenti da Olandesi, protestanti francesi e coloni tedeschi, e Inglesi, i cui antenati erano prevalentemente di origine anglosassone. La popolazione bianca comprende anche un gran numero di Portoghesi, un tempo colonizzatori di Angola e Mozambico. I bianchi sono uniti da un forte senso nazionalista. ma esistono anche notevoli differenze, riflesse nel dominio britannico nel mondo degli affari e nel controllo degli Afrikaner per quanto riguarda la politica e il governo. Coloro che parlano afrikaans, gli Afrikaner, rappresentano all’incirca il 60% della popolazione di razza bianca, mentre gli abitanti di lingua inglese sono il 40%1. L’afrikaans è una forma semplificata di un dialetto olandese parlato dai primi coloni, e comprende una piccola porzione di parole tratte dalla lingua inglese: mentre l’inglese del Sudafrica comprende un esiguo numero di parole afrikaans. La maggior parte dei bianchi è bilingue. ed entrambe le lingue sono requisito essenziale nelle scuole dei bianchi. La grande maggioranza della popolazione bianca vive nelle città, dove conduce una vita comoda, e spesso ha al proprio servizio almeno un domestico nero, asiatico o Coloured. Nel tempo, i primi contatti tra coloni olandesi, schiavi importati e KhoKhoin diedero vita al segmento della popolazione che è attualmente conosciuta come coloureds o, visto che per la maggior parte vivono ancora nella provincia del Capo, Coloureds del Capo. Attualmente i coloureds sono per la maggior parte impiegati come operai e artigiani, oppure nelle proprietà terriere, o ancora come contadini. La comunità asiatica comprende i discendenti degli Indiani che vennero portati nel Natal nel corso del XIX secolo come lavoratori irregolari destinati alle piantagioni di cotone. Un secolo dopo gli Asiatici ammontavano a circa 400.000, una grande maggioranza dei quali viveva come commercianti a Durban o nelle estreme vicinanze. Oggigiorno, molti sono riusciti a migliorare la propria posizione divenendo dottori, avvocati o industriali.
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1918 Nasce a Mbahashe 1939 Si iscrive a Fort Hare, a giurisprudenza 1942 Si iscrive alla Witwa-tersrand University 1944 Fonda I’ANC Youth League 1947 Diventa segretario della ANC Youth League 1952 Viene bandito 1956 E' processato per tradimento 1961 Massacro di Sharpeville. Viene dichiarato lo stato di emergenza Mandela è arrestato 1963 E' condannato all'ergastolo 1990 Viene liberato |
Le tradizionali credenze religiose dei San e dei KhoiKhoin si basano sulla fede in entità celesti, mentre le tribù nere delle campagne seguono molto spesso il culto degli antenati, a cui vengono immolati sacrifici officiati dai capitribù. Ad alcuni membri della tribù, in modo particolare alle donne, vengono talvolta attribuiti poteri paranormali. I neri inurbati sono, al contrario, in genere di fede cristiana, in modo particolare anglicani o metodisti, così come la maggior parte dei coloured, sebbene il gruppo che viene definito come Malesi del Capo sia di fede musulmana. La maggior parte degli asiatici segue ancora il credo musulmano o indù, mentre gli Inglesi appartengono generalmente alla Chiesa anglicana. Gli Afrikaner per la maggior parte appartengono alla Chiesa olandese riformata, che presenta forti tendenze nazionaliste, da cui proviene un notevole supporto all’apartheid. Infine, anche la comunità ebraica riveste una certa importanza.
Prima della scoperta dei giacimenti di diamanti e, successivamente, delle riserve aurifere alla fine del XIX secolo l’agricoltura rappresentava virtualmente la più importante forma di sostentamento per le numerose comunità sudafricane. L’industria mineraria, tuttavia, sostituì immediatamente l’agricoltura come voce principale dell’economia, e il Paese divenne rapidamente la più importante potenza economica del continente africano. La crescita fu particolarmente intensa tra gli anni Cinquanta e Settanta, periodo durante il quale il governo incoraggiò attivamente lo sviluppo industriale interno e favorì investimenti in Sudafrica da parte delle compagnie straniere. Dal punto di vista del governo sudafricano, i vantaggi del Paese erano rappresentati dalla quantità e dalla diversità di minerali di particolare importanza per lo sviluppo industriale e di grande valore, e nella pronta disponibilità di manodopera a basso costo. Il boom economico che ne seguì rallentò in parte durante la fine degli anni Settanta e negli anni Ottanta, quando una serie di scioperi organizzati dai lavoratori, i cui sindacati erano stati recentemente legalizzati, fu organizzata nei settori economici più importanti, quali quelli dell’industria mineraria e dei trasporti. Nella stessa epoca l’abbondanza di manodopera non specializzata iniziò a essere controbilanciata dalla carenza di tecnici specializzati, provocata soprattutto dalle decisioni governative di reinsediare la popolazione nera in altri territori. Poiché il malcontento popolare era in costante aumento, molti investitori stranieri decisero di imporre condizioni ben precise per continuare i propri finanziamenti nell’industria sudafricana, oppure ritirarono tutti i loro investimenti come forma di protesta nei confronti dell’apartheid.
L’industria
aurifera
(sopra) nel Witwatersrand .......
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L’industria mineraria, soprattutto l’estrazione aurifera, rimane tuttora la voce principale dell’economia della Repubblica Sudafricana. L’oro attrasse ingenti somme di capitale straniero nei primi anni di questo secolo, investimenti che servirono a finanziare lo sviluppo dell’estesa linea ferroviaria che raccorda il Paese, e sovvenzionarono la creazione di manufatti. Il Sudafrica produce ancora la maggior parte della quantità aurifera mondiale.
Minatori lavorano la superficie rocciosa nel Witwatersrand, l’area ricca di giacimenti auriferi situata attorno a Johannesburg. Lo sviluppo del Sudafrica si basò ampiamente sulle riserve aurifere.
Anche l’estrazione dei diamanti è tra le più fiorenti del mondo e, assieme all’ex Unione Sovietica, il Paese controlla il mercato mondiale di queste pietre preziose. Tra gli altri minerali che rivestono particolare importanza nell’industria estrattiva vi sono carbone, rame, platino, uranio, vanadio, asbesto, fosfati, ferro, cromo, manganese e calcare, ma numerosi sono anche i depositi di argento. Il carbone riveste un significato particolare per il Sudafrica in vista della sua decisione di produrre petrolio dal carbone: sebbene alquanto costoso, il processo riduce drasticamente la necessità di importare prodotti petroliferi da Paesi con cui le relazioni commerciali potrebbero risultare sensibili ai mutamenti politici. Il Sudafrica è inoltre una nazione in cui l’industria ittica ha assunto un ruolo molto importante, in quanto esporta grandi quantità di pesce e aragoste, che si trovano in abbondanza nelle acque al largo della costa. Sempre al largo, a circa 200 chilometri dalla foce del fiume Orange, un vasto deposito di gas naturale, scoperto durante gli anni Settanta, si trova sotto il fondo marino.
Altre fonti di riserve naturali sono tuttavia molto più scarse. L’acqua, ad esempio, è fornita in quantità minima in gran parte del Paese. Molti fiumi si prosciugano annualmente, così che se le piogge non sono sufficientemente abbondanti si verificano spesso stagioni siccitose. Le tre dighe sul fiume Orange, che costituisce la fondamentale risorsa idrica del Paese, sono una notevole fonte di elettricità.
L’uva produce i rinomati vini della provincia del Capo, ma i contadini devono irrorare accuratamente le vigne (a sinistra). Le fattorie forniscono frutta, verdura e prodotti lattiero-caseari, sebbene la lana sia la principale voce delle esportazioni.
Nonostante la necessità di irrigare i campi, gli agricoltori sudafricani forniscono cibo in quantità quasi sufficiente per sfamare l’intera popolazione. Tra i raccolti più importanti vi sono mais, grano, uva, arance, canna da zucchero, mele, sorgo, ananas, patate e tabacco. Nonostante questa abbondanza, la lana rappresenta ancora oggi una delle voci principali delle esportazioni, e il Paese è tra i maggiori allevatori di pecore a livello mondiale. Altri prodotti importanti comprendono carne di manzo, uova e latte, mentre i vini sudafricani godono di notevole fama in tutto il mondo. Gli agricoltori bianchi possiedono generalmente grandi proprietà terriere o fattorie modello, utilizzano metodi molto moderni e vendono una gran parte dei propri prodotti. Al contrario, i contadini neri che vivono nei bentustans hanno appezzamenti molto più piccoli, e lottano spesso per strappare alla terra prodotti che servono esclusivamente per la propria sussistenza.
A causa delle sanzioni economiche attuate dai Paesi stranieri, l’industria sudafricana si è basata sull’autarchia e le fabbriche, la maggior parte localizzate nelle aree industriali di Città del Capo, Durban Johannesburg, Pretoria e Port Elizabeth, producono virtualmente tutti i manufatti necessari al Paese. I prodotti principali comprendono ferro e acciaio, abbigliamento e tessili, armi e munizioni, macchinari e veicoli a motore, prodotti chimici e beni lavorati. L’industria manifatturiera impiega all’incirca il 23% della forza lavoro complessiva, e contribuisce con il 25% circa al prodotto interno lordo del Paese.
La Germania, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Giappone, la Svizzera e gli stati limitrofi africani rappresentano i principali partner commerciali della Repubblica Sudafricana, e le principali importazioni comprendono prodotti petroliferi, chimici e manufatti.
Nel complesso. l’economia è alquanto forte, ma soggetta alle fluttuazioni causate dalle mutevoli attitudini internazionali nei confronti del governo sudafricano, e delle sue scelte politiche. Negli anni Ottanta, una rapida diminuzione del valore della moneta nazionale, il rand, ha contribuito a provocare un’ascesa dell’inflazione e un incremento del livello di disoccupazione, in modo particolare tra la popolazione di colore. I motivi economici contribuirono anche in buona parte agli scontri civili che si verificarono alla metà degli anni Ottanta. Successivamente, il governo eliminò una parte delle restrizioni legali che operavano sulle attività lavorative della popolazione di colore e vennero persino consolidate le imprese di alcuni imprenditori neri.
Ultimo aggiornamento: dicembre 2000
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