Racchiude
l'ambiente piu' vasto del Palazzo Pubblico essendo stata a lungo destinata
alle riunioni del Consiglio Generale della Repubblica. Fu anche la sala
da dove prese avvio il ptrogramma di decorazione del Palazzo, attraverso
l'opera, fra l'altro, piu' nobile e grandiosa, la "Maesta'"
di Simone Martini. L'impresa fu iniziata attorno al 1312, quando Duccio
di Buoninsegna aveva terminato da poco la sua grandiosa pala di analogo
tema ("Maesta' in trono fra Angeli e Santi")
per l'altare maggiore del Duomo, un'opera che riscosse al tempo un enorme
consenso, venendo riconosciuta come uno dei capolavori piu' alti che l'uomo
avesse saputo produrre. Simone era allora un giovane artista, praticamente
agli inzia di una carriera che poi sarebbe stata luminosa anche per la
fama che gli procuro' quell'incarico. Realizzo' infatti un sublime dipinto,
dove la grandiosita' dell'impianto si sposa con la preziosita' di ogni
pur minimo dettaglio. Ma principalmente l'opera incarna la nuova mentalita',
cortese e avanzata della Siena del tempo, quella celebrata nelle rime del
Petrarca che di Simone fu grande amico. Non a caso fu scelta la Vergine
come soggetto della prima impresa decorativa del nuovo Palazzo: si voleva
testimoniare la speciale devozione che i senesi hanno avuto, in ogni tempo,
verso la Madre Celsete, e che ogni anno si rinnova da tempo immemorabile
attraverso la celebrtazione della Festa piu' amata e famosa del mondo:
il Palio. La Madonna e' posta al centro della figurazione, assisa su un
trono regale ed e' circondata dai Santi. Inginocchiati in primo piano
due angeli le porgono cesti di fiori, mentre i Santi senesi, le presentano
suppliche affiche' protegga la sua antica citta'. La Vergine rassicura
gli interlocutori, vigilera' su Siena, ma ad una condizione:
"Diletti
mei ponete nelle menti
che
li devoti vostri preghi onesti
come
vorrete voi faro co(n)tenti
ma
se i potenti ai debili fien molesti
gravando
loro o con vergogne o danni
le
vostre oration non son per questi
ne
per qualunque la mia terra inganni".
Si tratta quindi
di un primo richiamo a quel "Buon Governo" che poi diventera' impegno costante
per gli amministratori cittadini. Realizzata su una parete che rimase a
lungo a contatto con l'esterno e dipinta con una cura poco adatta alla
tecnica a fresco, che presuppone invece tempi rapidissimi d'esecuzione,
fu necessario per Simone ridipingere quasi tutta la superficie, appena
sei anni dopo, introducendovi non trascurabili innovazioni, a seguito di
una maturazione stilistica velocemente acquisita grazie alle fondamentali
esperienze di Napoli e Assisi. Sulla parete opposta alla "Maesta'" Simone
realizzo' nel 1328 un altro suo celebre capolavoro "Guidoriccio
da Fogliano". Il dipinto faceva parte di un gruppo di figurazioni
analoghe che avevano il compito di testimoniare il successo della politica
espansionistica dello Stato senese in quegli anni. Si tratta di un tema
assai insonsueto, che coincide in qualche modo con la nascita della "pittura
di cronaca" concepita a conferma e supporto della realta' e della politica
e non piu' soltanto come intermediazione tra l'umano e il divino. L'affresco
e' stato recentemente oggetto di una diatriba sulla sua autenticita' che
ha conosciuto anche episodi di sperticata passione, finora poco consueti
nella Storia dell'arte. Si può confermare che il dipinto, almeno
nelle sue parti originali, e' di altissima qualita' e che sia la maestria
stilistica, sia la tecnica esecutiva ci riconducono ineccepibilmente alle
qalita' di Simone. Sotto al "Guidoriccio" e' stato rinvencuto una ventina
d'anni indietro un altro affresco di tema analogo, anch'esso di eccelsa
mano, raffigurante "Due personaggi e un castello". Il fatto che l'opera
sia stato presto ricoperta da uno strato di intonaco ci fa mancare qualsiasi
tradizione attributiva. Dopo un vivace dibattito le posizioni piu' serie
e documentate riferiscono il dipinto all'ultima attivita' di Duccio, la
cui attivita' di freschista, finora poco nota, e' stata recentemente riconosciuta
in numerosi episodi nel territorio senese. L'affresco fu probabilmente
wliminato, insieme alla maggior parte degli altri, raffiguranti le terre
e i castelli conquistati da Siena, perche' si ritenne di sostituirli con
il grande "Mappamondo" di Ambrogio
Lorenzetti, ormai perduto da tre secoli e di cui ci manca una descrizione
soddisfacente, anche se si preume che contensse l'immagine della citta'
al centro, circondata dal suo Stato e, a sfumare, tutte le altre terre
conosciute. Della elaborata macchina girevole, consistente in un grandissimo
disco di legno e cartapecora, non restano che le impronte impresse dall'uso
sulla parete ma la sua memoria ha fatto si' che alla Sala venisse assegnato
il suo nome. Sotto al "Guidoriccio" il Sodoma dipinse, nel 1529, due dei
quattro Santi protettori senesi: "San Vittore" e "Sant'ansano" (un'altra
protrettirice di Siena e' Santa Caterina). Sulla parete davanti alle finestre,
nella parte alta, sono raffigurate la "Battaglia della Val di Chiana" ad
opera di Lippo Vanni (1363) e la "Battaglia del Poggio Imperiale" contro
i fiorentini, dipinta da Giovanni di Cristofano Ghini e da Francesco d'Andrea.
In basso si trova invece una Galleria dei piu' venerati Santi senesi: "San
Bernardino" di Sano di Pietro, eseguito nell'anno della sua canonizzazione
(1450), "Santa Caterina" del Vecchietta e "Beato Bernardo Tolomei", fondatore
degli Olivetani, del Sodoma (1530 ca.).