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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

 

Leadership e organizzazione scolastica

Web scuola - 6 febbraio 2003

06/02/03 - Come esercitare la leadership a scuola? Quanto pesano i vissuti personali? Esiste una leadership al femminile?

La precarietà del posto di lavoro, sempre più frequente in tutti i campi, comporta difficoltà crescenti anche nei rapporti tra dirigente e personale della scuola. Il luogo di lavoro perde  così la funzione di argine contro le ansie che le relazione sociali producono negli individui. Tale ruolo di barriera era stato individuato da Elliott Jacques negli anni ’50, ma nell’attuale situazione del mercato del lavoro essa non sembra valere nemmeno in quelle realtà tradizionalmente  più legate al concetto di posto fisso. Il rischio per tutti è quello di restare fortemente invischiati nelle componenti emotive delle relazioni con le altre figure professionali e gli utenti. Oppure c'è il pericolo  di ridurre il lavoro ai suoi aspetti formali.

In entrambi i casi il dirigente, investito da un’onda emotiva che non riesce più a gestire né a contenere, ha la tentazione di defilarsi per fronteggiare l’agitazione che serpeggia tra il personale, una tensione talvolta connotata da una certa aggressività. Può emergere così una tendenza latente a spersonalizzare i rapporti con il corpo docente, frapponendo tra la propria ansia legata al compito e quella altrui una serie di figure intermedie (amministrative e dello staff dei collaboratori) chiamate a fare da filtro più che a garantire, attraverso un esercizio responsabile della delega, una migliore organizzazione della scuola.      

Orientamento della leadership

L’esercizio della leadership si orienta al compito o alla relazione. Il primo caso è  più efficace quando la situazione è al massimo o al minimo controllo situazionale; nei gradi intermedi, invece,  è preferibile adottare il secondo. Gli studiosi, tuttavia, ritengono che non esista un modello unico e valido per tutte le situazioni, ma che sia importante esercitare diversi stili a seconda delle circostanze. Ne consegue che nell’esercizio della leadership la capacità di adattamento e quella di “saper leggere” le situazioni assumono un’importanza fondamentale.

Stili di leadership

Esiste una classificazione che individua tre stili di leadership: democratico, permissivo ed autoritario. Per certi versi, lo stile orientato al compito può coincidere con lo stile autoritario e quello orientato alla relazione con quello democratico, ma a causa delle implicazioni di natura sociopolitica ed emotiva dei termini autoritario e democratico,  sono possibili ambiguità di interpretazione. Rispetto alla produzione di risultati,  alcuni studi sembrano indicare come più efficace lo stile democratico.

Leadership e dirigente scolastico

Gli studi di psicologia del lavoro si sono occupati poco del mondo della scuola e quasi mai delle questioni legate ai dirigenti. Esistono, però, studi stranieri che hanno messo in luce i fattori di stress legati a ruoli e compiti. Dagli anni ’80 in poi, Favretto ed altri studiosi hanno analizzato dapprima il disagio avvertito dagli insegnanti  italiani nello svolgimento del loro lavoro, per poi passare a quello dei dirigenti. Particolare attenzione è stata rivolta alla dimensione del vissuto personale.  Significativamente, infatti, se per gli insegnanti uno dei motivi di insoddisfazione era costituito dal rapporto con il management della scuola, gli stessi disagi venivano avvertiti anche dai presidi, nell’esercizio di compiti per i quali spesso si sentivano inadeguati

A fronte di una realtà lavorativa sempre più complessa e di un ruolo dirigenziale particolarmente impegnativo, infatti, veniva, e viene tuttora, lamentata la mancanza di adeguati strumenti e di discrezionalità. E occorre anche ricordare che, indipendentemente dal ruolo ricoperto, a partire dal ’68 chi lavora nella scuola ha perso progressivamente di prestigio agli occhi della società.

La scelta dello stile appropriato

La scelta del modello di leadership da adottare si confronta con difficoltà che derivano dalla funzione stessa della scuola e dalla sua struttura organizzativa.
Uno stile orientato al compito può incontrare ostacoli perché non sempre compiti e finalità dell’organizzazione sono chiari: più indefiniti sono, più aumentano le difficoltà. Chi è il cliente della scuola? A chi bisogna rendere conto? Quali perfomance privilegiare? E come misurarle? Qual è il punto di equilibrio tra i valori collaborativi e quelli competitivi? Status e ruolo delle varie componenti dell’istituzione scolastica sono  adeguatamente definiti?

Lo stile relazionale non pone meno problemi: gestire una situazione tenendo conto di istanze affettive è complesso. Una situazione di confusione, in cui sono molti i bisogni a cui far fronte, ma poche le risorse, genera grandi ansie nel dirigente che si trova spesso solo a decidere, soprattutto se opera in un contesto che  scansa le responsabilità e che il Capo d’istituto percepisce come un gruppo compatto. Un insieme di persone impegnato a formulare richieste senza però farsi carico fino in fondo delle conseguenze delle proprie scelte.  

 Il contributo della psicoanalisi delle istituzioni

La psicoanalisi delle istituzioni, teorizzata da Franco Fornari intorno agli anni  Sessanta,  trova nella presenza di alcuni codici affettivi una sorta di DNA che orienta il nostro comportamento in maniera del tutto inconscia. Ad esempio, Fornari individua l’esistenza di un codice materno, ovvero di una modalità di comportamento propria della madre, che è innata e del tutto funzionale alla sopravvivenza del bambino.

Dopo aver identificato i codici, Fornari dà origine ad un metodo attraverso il quale cercare di individuare se e come questi codici siano presenti nelle istituzioni. In caso affermativo, in presenza, ad esempio, del codice materno ci troveremmo di fronte ad una situazione in cui l’istituzione cerca di accogliere tutti, dedicando più spazio all’appartenenza che alla competenza, tenendo in gran conto la relazione.

Di converso, il valore dell’area paterna attiene ad un codice che, per definizione, cerca di favorire l’indipendenza e l’autonomia: rispetto alla diade madre-bambino, infatti, il padre si trova su un versante che deve favorire la separazione e la crescita. Inoltre, essendo escluso dalla diade, il padre porta dei valori diversi che introducono nella realtà l’elemento competitivo e l’elemento della separazione. E’ evidente che i termini paterno e materno usati in questo contesto sono ambigui e che possono portare ad un’eccessiva semplificazione. Fornari, tuttavia, afferma che entrambi i codici appartengano in ogni caso a tutte le persone, indipendentemente dal loro sesso.

Psicoanalisi e istituzione scolastica

Tornando allo specifico dell’istituzione scolastica, i valori di riferimento dell’area paterna sarebbero entrati in crisi perché è in crisi il concetto di autorità che si fonda più sulla gerarchia e meno sulla dimensione affettiva. In misura analoga, la  componente materna sarebbe in difficoltà perché una scuola che deve rispondere a mille bisogni non riesce a tenere il ritmo delle richieste, dovendo comunque far fronte al problema della selezione, ovvero ad un valore tradizionalmente attribuito all’area paterna.

In questo contesto, poi, sorge il problema di una "scuola seduttiva". La capacità di sedurre, quindi la capacità di condurre a sé, è tradizionalmente attribuita al codice femminile. La scuola di oggi, però, ha un problema: da un lato deve essere selettiva perché le viene richiesto di non puntare solo sull’appartenenza ma anche di certificare delle competenze. Nel contempo, ogni istituto è costretto a sviluppare una capacità seduttiva in periodo di iscrizioni, perché in regime di autonomia e di concorrenza è necessario attrarre alunni e famiglie. In un tale contesto, le due dimensioni risultano contraddittorie.

Fornari prospettava per le istituzioni sane un equilibrio basato sulla “buona famiglia interna” costituita da padre, madre e figli, in cui le istanze del codice del bambino, che vuole tutto e subito, vengono mediato dalle figure genitoriali. Secondo Fornari, infatti, ogni codice serve in una data situazione, ma il suo uso all’infuori di essa comporta dei problemi: alcuni codici, ad esempio, non favoriscono l’individuazione perché si fondano più sull’appartenenza che sulla competenza, come nel caso del codice materno o di quello dei fratelli, che sta alla base di molte esperienze di gruppo. Di converso, un eccesso di codice paterno potrebbe portare a forme di autoritarismo.

La confusione dei ruoli

Nella scuola, esiste forse una crisi dell’istituzione  prodotta alla confusione dei ruoli, una situazione che, d’altro canto, riflette la confusione dei ruoli presente nella società. Se poi consideriamo che  i genitori investono molto sui figli, ma in maniera a volte decisamente contraddittoria, ne consegue che il preside si trova a dover gestire tutte le proiezioni delle ansie e delle difficoltà della famiglia. La scuola, inoltre, ha il problema di avere una forte vocazione di accoglienza, tolleranza  e capacità di sopportazione tipicamente materna, ma di dovere recuperare nel contempo autorità e autorevolezza. Un compito decisamente ingrato in un’epoca in cui sull’Istruzione regna un perenne stato di incertezza, anche in presenza di regole teoricamente precise. A dimostrazione di tutto ciò, basti pensare al reclutamento del personale: le graduatorie o i concorsi dovrebbero essere disciplinati da norme certe, eppure sono oggetto di contenziosi continui ! Le difficoltà di un dirigente, quindi, hanno a che fare con la necessità di recuperare una visione più chiara del ruolo e del contesto in cui svolge le proprie funzioni.

Governare il cambiamento

Alcuni autori, tra cui Quaglino in Leadership, nuovi profili di leadership per nuovi scenari organizzativi, edito da Cortina nel 1999, sostengono che i modelli di leadership degli anni ’70 e ’80 risultano oggi superati.  Ora si opera costantemente in un quadro di forte incertezza ed è sempre più necessario acquisire una capacità di gestire le sfide che emergono improvvisamente,  giorno dopo giorno. Senza punti fermi, i nuovi leader sono costretti a muoversi in una dimensione che non favorisce la dimensione progettuale, soprattutto a lungo termine. Si tratta, quindi, di realizzare il governo del cambiamento, senza venirne travolti e senza cadere, al contrario, in un immobilismo paralizzante. Un compito che non si presta a facili soluzioni e che richiede creatività e capacità di gestire lo stress.

  Manager e leader: concetti diversi

In un lavoro del 1985, Leader, autonomia della leadership le quattro chiavi della leadership affettiva, pubblicato in Italia da Franco Angeli (1993),  Bennis e Nanus rilevano che la leadership, come l’amore, è qualcosa che tutti conoscono ma che nessuno sa definire con esattezza. I due autori operano una distinzione tra manager e leader molto utile in un'epoca in cui si parla di preside-manager.

Il leader è colui che ha una visione complessiva del progetto, maturata attraverso un attento lavoro di ricerca e di ascolto: fissa le mete e sa spiegare agli altri perché è importante cercare di raggiungerle. Il manager, invece, ha il know how e cerca le soluzioni per realizzare gli obiettivi. Tale distinzione tuttavia, se attuata sotto forma  di contrapposizione netta tra le due figure, risulta inattuabile sia nelle piccole e medie aziende sia in realtà come la scuola, in cui è la stessa persona ad assumere su di sé gli incarichi di tipo dirigenziale.

 Leadership e differenza di genere

Esistono modelli maschili e femminili di leadership? Si tratta di un aspetto della questione che andrebbe probabilmente studiato con maggiore attenzione.Il pensiero della differenza sessuale, però,  ha mostrato che finché le donne devono adeguarsi ad un astratto modello neutro, che in realtà è un modello maschile, negano la propria soggettività. Infatti, invertendo i ruoli, un uomo non sarebbe mai adeguato se dovesse adattarsi ad un paradigma femminile e gli sforzi per aderire a tale stereotipo sarebbero per lui frustranti ed inutili. Per le dirigenti, la sfida è quindi complessa: conquistare spazio in un ruolo tradizionalmente maschile può, in alcuni casi, comportare ancora oggi una parziale rinuncia alla proprio modo di sentire le cose.

Dirigere nella differenza

Nel contempo, però, nella scuola di oggi è fondamentale la riflessione sul ruolo genitoriale, e in questo ambito le donne possono dare un importante contributo. Infatti, come ha sottolineato a più riprese la filosofa Luce Irigaray, si tratta di un problema che la donna, indipendentemente dalla propria scelta rispetto alla maternità, è costretta a porsi  per il solo fatto di avere, a differenza dell’uomo, un corpo capace di generare.  Inoltre, in una società in cui si proiettano sui figli ansie, desideri e contraddizioni e in cui la scuola diviene una sorta di ricettacolo di istanze più diverse, la figura femminile è importante perché capace di offrire uno sguardo diverso, attento a coltivare la relazione e la mediazione.    

 

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